La regina perduta

di Streganocciola
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                                                          LA REGINA PERDUTA






Non ce l’avrebbe fatta, e lo sapeva.


Eppure, i suoi piedi continuavano a correre, la tunica bianca che volteggiava come un fantasma dietro di lei, il rombo di tuono che pareva provenire dalle viscere della terra. E probabilmente era così.


Era tutta colpa sua. Aveva avuto l’opportunità di redimere il suo popolo, di seguire le orme del padre, di portare a compimento la sua opera e di riconciliarsi con gli Elfi e i Valar. Invece aveva dato il colpo di grazia al suo regno, non si era opposta al matrimonio con quel mostro e aveva lasciato che un demonio si insinuasse nella loro bella città, nella sua corte, spargendo il suo veleno sotto forma di parole di miele.


Cominciò ad arrampicarsi. Era persa, lo erano tutti loro. Ma lei voleva vivere, forse, se fosse sopravvissuta, avrebbe potuto ricominciare da zero.


Un immenso sciabordio la indusse a voltarsi. Spalancò gli occhi per l’orrore. Una gigantesca onda, crestata di bianca spuma e di un limpidissimo verde stava avanzando verso di lei.


Allora, un singhiozzo flebile, gravido di paura e rimorso, sfuggì alle sua labbra e si perse nel fragore dell’acqua.


Udiva le grida dei suoi sudditi, quei sudditi che avrebbe dovuto proteggere e che invece aveva contribuito a dannare per l’eternità.


Pochi secondi e alle urla del popolo si aggiunsero le sue. Tutte si persero nell’infuriare delle onde, i loro corpi vennero intrappolati per sempre in una tomba d’acqua. E del glorioso reame di Numenor rimasero soltanto i ricordi dei pochi e superstiti e il dolce suono delle antiche canzoni.


Ma di colei che avrebbe dovuto essere regina, non rimase nulla. Sarebbe sempre stata una delle innumerevoli vittime sprofondate nell’abisso.




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