Bryce

di heliodor
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Offerta infame

Bryce si mescolò a quelli che si erano radunati vicino all’ingresso. Maggart e altri tre cavalieri erano discesi lungo la strada raggiungendo la valle. Si spostò dove la visuale del fianco della collina le permetteva di cogliere uno scorcio delle pendici. Una figura sostava in sella a un solo cavallo.
Sono partiti in dieci, si disse. Ed è tornato solo uno.
Maggart e i suoi raggiunsero il cavaliere solitario e scambiarono alcune parole. Lo stregone fece un cenno con il braccio verso la cima della collina. Il cavaliere venne scortato fino all’ingresso, dove Bryce poté vederlo in viso.
Fino a quel momento aveva sperato si trattasse di Vyncent, ma il viso tumefatto di Jehla Metz cancellò quella speranza. La strega aveva un occhio gonfio, il labbro superiore spaccato e la guancia destra segnata da una ferita ancora aperta.
Appena oltre l’ingresso venne aiutata a smontare da cavallo e adagiata a terra. Bryce tentò di avvicinarsi ma la folla e i cavalieri di Maggart tennero tutti a distanza tranne Artesia e gli altri comandanti.
La strega si chinò verso Jehla e le due scambiarono alcune parole.
“Nella mia tenda” sentì dire alla comandante.
I cavalieri di Maggart sollevarono Jehla e la aiutarono a raggiungere la tenda al centro del campo.
Bryce tentò di avvicinarsi ma venne respinta di nuovo.
“Jehla” gridò verso la strega.
Lei alzò gli occhi verso di lei e scosse la testa.
Bryce lottò per avvicinarsi ma finì per essere trascinata dalla folla. Riuscì a liberarsi e guadagnò un punto libero dove l calca era minore.
Elvana la raggiunse. “Ho sentito dire che è tornato qualcuno del nostro gruppo” disse.
Bryce annuì senza distogliere gli occhi da Jehla. Solo quando sparì insieme ad Artesia e gli altri nella tenda del comandante guardò Elvana al suo fianco. “È Jehla” disse, come se quello spiegasse ciò che stava accadendo.
“Era sola?”
“Sì.”
“E ferita.”
Bryce non rispose.
Elvana scosse la testa. “Non è un buon segno” disse con tono cupo.
Bryce deglutì a fatica. “Forse è solo tornata indietro perché era ferita.”
“Yan non l’avrebbe mai lasciata andare da sola” disse Elvana.
Ha ragione, pensò Bryce. Yan non l’avrebbe permesso.
La sua mente lavorò ad altre spiegazioni.
“L’avrà mandata indietro per avvertirci di aver trovato l’acqua” disse cercando di convincersi di quella spiegazione. “È stata attaccata dai rinegati ma è riuscita a fuggire.”
Elvana fece schioccare le labbra. “È una sciocchezza e lo sai anche tu. Yan non l’avrebbe mai mandata da sola. Ricordi quello che dice sempre? Due mantelli insieme sono un’armata. Un mantello da solo è un bersaglio.”
“Lo so quello che dice Yan” ringhiò Bryce. “Non serve che me lo ricordi.”
“Scusa” disse Elvana. “Sono preoccupata anche io per loro, ma cerco di non illudermi. È successo qualcosa di brutto.”
“Vorrei essere in quella tenda ora” pensò ad alta voce.
Divash le raggiunse. “Avete visto Jehla? Era conciata davvero male.”
Elvana annuì. “Tu che cosa ne pensi?”
“Finché non usciranno dalla tenda e ci diranno qualcosa, possono esserci diverse spiegazioni. E nessuna di esse mi piace. Hai notato quelle ferite?”
Bryce si accigliò.
“Non sembravano causate da uno scontro con un mantello” disse Divash. “Sembrava Elvana dopo che l’hai pestata per bene l’altra sera.”
“Non mi ha pestata” protestò la strega. “L’ho solo lasciata vincere per non frale troppo male.”
Bryce la ignorò e tornò a concentrarsi sulla tenda. L’ingresso era aperto e Maggart si stava guardando attorno come se stesse cercando qualcuno. I loro sguardi si incrociarono per un istante e subito dopo lo stregone venne verso di lei. Si fece strada a spintoni tra la folla fino a raggiungerla.
“Vieni” le disse con tono perentorio.
Bryce lo guardò perplessa.
“Vieni con me ho detto” disse Maggart.
“Che cosa succede?” chiese Elvana.
“Tu fatti da parte, strega della notte” le intimò lui.
Elvana gli scoccò un’occhiataccia ma fece un passo indietro.
Per Bryce fu come destarsi da una specie di sonno. “Fai strada” disse a Maggart.
Lo stregone la guidò fino alla tenda e poi all’interno. Il piccolo spazio era occupato da quattro comandanti, Artesia e Jehla, oltre che da Maggart e lei stessa.
Quando mise piede nella tenda tutti gli occhi si volsero verso di lei.
Bryce guardò Jehla. “Come stai?”
La strega chinò la testa in avanti.
“E Yan? Il gruppo?”
Non osava chiedere di Vyncent per non far capire agli altri che cosa stesse provando in quel momento.
“Jehla Metz” disse Artesia. “Ripeti a Bryce quello che hai detto a noi.”
Jehla annuì e alzò la testa. I suoi occhi erano lucidi. “Hanno ucciso Yan e altri due mentre stavamo bivaccando poco fuori dalla valle.”
Bryce ebbe un tuffo al cuore.
Yan è morto, si disse. Come il povero Gamal. Almeno ora saranno insieme, se l’Unico vorrà essere clemente con loro.
“Chi erano gli altri due?” chiese ricacciando indietro un groppo nella gola che le impediva di respirare.
“Alkam e Ljba” rispose Jehla.
Il cuore di Bryce riprese a battere come prima.
È vivo, si disse. Vyncent è vivo.
Ma non era sicura che stesse bene perché Jehla sembrava ansiosa di aggiungere altro.
“Hanno catturato gli altri, me compresa” proseguì Jehla.
“Chi?” le chiese.
“I rinnegati” disse Maggart irato. “Chi altri potrebbe averlo fatto. Lascia che Jehla prosegua, principessa. È importante e ti riguarda da vicino.”
Bryce si accigliò ma tacque, trattenendosi dal fare altre domande.
Jehla deglutì a fatica e disse: “Ci hanno portati al loro campo. Non so dove si trovi, ero bendata durante tutto il viaggio, ma non è lontano dall’ingresso della valle. Potrebbero essere già passati mentre parliamo, non lo so.” Scosse la testa e le lacrime le rigarono le guance.
“Jehla Metz” disse Artesia con tono perentorio. “Se ti metterai a piangere ti pentirai di non essere ancora prigioniera dei rinnegati.”
La strega annuì e strizzò gli occhi trattenendo le lacrime. “Il loro comandante disse di chiamarsi Azaril.”
Tra i comandanti si alzò un mormorio sommesso.
Artesia gettò loro un’occhiata furiosa. “Ne abbiamo già discusso. Ora lasciatela finire.”
Jehla sembrò riguadagnare un po’ di coraggio. “Siamo rimasti con loro per tre giorni, poi Azaril ha ordinato che venissi liberata. Mi ha mostrato i soldati e i mantelli al suo comando schierati.”
“Quanti erano?” chiese Bryce.
“Almeno quarantamila lance” disse Jehla. “E trecento mantelli.”
Sono il triplo di noi, pensò Bryce. Lanciò un’occhiata ai comandanti e riconobbe nelle loro espressioni la stessa preoccupazione che aveva attanagliato lei.
“Azaril mi disse che sapevano dove ci stessimo nascondendo e che era pronto a invadere la valle e conquistare l’avamposto. Mi disse che non voleva compiere un massacro, che era stanco di vedere tanti morti e che avrebbe fatto di tutto per evitare una inutile strage. Mi affidò un messaggio da portare ad Artesia e agli altri comandanti.” Fece una pausa, come se pronunciare le parole successive le costasse una fatica enorme. “Mi disse che, trascorsi tre giorni dalla mia partenza, sarei dovuta ornare all’avamposto e portare questo messaggio. Azaril risparmierà la nostra armata se gli consegneremo la principessa Bryce di Valonde. In caso contrario, ucciderà tutti quelli che si trovano in questo campo e i prigionieri che ha con lui.”
“Tutti fuori” disse Artesia. “Tranne Jehla, Maggart e Bryce.”
I comandanti si mossero con riluttanza verso l’ingresso. Bryce sentì i loro sguardi su di sé ma tentò di ignorarli. Uno stregone dalla lunga barba bianca la fissò prima di uscire mentre una strega sembrò volerle dire qualcosa ma poi scosse la testa e seguì gli altri.
Solo quando furono usciti Artesia trasse un profondo sospiro. “Ora” disse rivolta a Jehla Metz. “Ripeti solo a noi il messaggio di quel bastardo.”
Jehla annuì solenne. “Vuole Bryce. Se gliela consegneremo, lascerà in pace la nostra armata.”
Maggart fece un passo avanti. “Sei sicura che avesse tutti quei soldati e quei mantelli con lui? Non potrebbe averti ingannata?”
La strega scosse la testa. “Mi concesse il tempo di contare le formazioni e i gruppi di mantelli. Posso sbagliarmi di qualche decina, ma il numero è quello.”
“Dannazione” disse lo stregone. “Non riusciremo mai a resistere a un attacco” aggiunse rivolto ad Artesia.
La comandante teneva gli occhi chiusi e l’espressione assorta. “Mi serve tempo per riflettere” disse.
“Non metterci troppo” disse Maggart. “Azaril e la sua orda potrebbero essere qui tra qualche giorno.”
“Ho detto che devo rifletterci.”
“Non c’è tempo” la esortò Maggart. “Dobbiamo decidere adesso che cosa vogliamo fare.”
“Devo tornare da Azaril con una risposta” disse Jehla. “O farà uccidere i prigionieri.”
Bryce ebbe un tuffo al cuore.
“Ci serve tempo” disse Artesia. “Quanti giorni ti ha concesso di tempo?”
“Tre per venire qui e tre per tornare, ma sono riuscita a guadagnare mezza giornata sfiancando il cavallo” disse Jehla. “Quella povera bestia è quasi morta.”
“Se riusciamo a risparmiare un’altra mezza giornata” disse la comandante. “Avremo un giorno intero per pensare a cosa fare.”
“Un giorno in più o in meno che differenza vuoi che faccia?” chiese Maggart con tono polemico. “Senza considerare il fatto che Azaril potrebbe aver mentito e aver già ucciso i prigionieri.”
Bryce dominò l’istinto di prenderlo a pugni per fargli rimangiare quelle parole.
Ma sarebbe inutile, si disse. Potrebbe avere ragione. Azaril è un rinnegato e non ci si può fidare della sua parola.
“Manderemo Jehla indietro con un messaggio per Azaril” disse Artesia. “Gli proporremo una resa senza condizioni da parte nostra e ci appelleremo alla sua clemenza.”
Maggart ghignò. “Vuoi appellarti alla clemenza di un rinnegato? Di un infame?”
“Tu che cosa proponi?”
Maggart indicò Bryce. “Diamogli quello che vuole.”
Artesia evocò un dardo magico e glielo puntò contro il petto. “Potrei giustiziarti qui e adesso per quello che hai osato dire, Sadir.”
“Allora fallo” disse Maggart offrendole il petto. “Perché se non daremo a quel rinnegato la principessa di Valonde, tra cinque giorni al massimo saremo tutti morti in ogni caso.”


 




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