14 Febbraio
Itadori era in ritardo, come sempre, ma anche il professor Gojou lo
era, come sempre, quindi non è che ci fosse tutto quel gran problema.
Nobara, Megumi e Junpei sedevano già ai propri posti nell’aula per
la prima ora di lezione e trasalirono allo sbattere della porta
scorrevole contro lo stipite.
«Eccomi!». Itadori irruppe nella stanza con un sorriso radioso e la
voce troppo alta di almeno due ottave per essere primo mattino.
Nobara gemette e continuò a scorrere la bacheca di Instagram,
Fushiguro corrucciò l’espressione e gli rispose con un verso
strascicato senza staccare gli occhi dalla tiepida giornata
incorniciata dalla finestra.
Junpei, invece, si girò verso di lui e gli sorrise composto.
«Itadori, siediti prima che arrivi il professore o ti sgriderà di
nuovo...».
«Tranquillo, mi perdonerà almeno per oggi!». Il ragazzo aveva con sé
il proprio zaino, ancora più gonfio del solito. Lo poggiò sul proprio
banco e tirò fuori da esso quattro scatolette.
«Nobara! A te piacciono con ripieno alla fragola vero?».
«Che vai blaterando… Oh!». Gli occhi di della ragazza brillarono
come gioielli. Si alzò di scatto e prese il pacchetto che Itadori le
stava porgendo. La scatoletta aveva la base rosa ed era coperta con del
cellophane trasparente chiuso da un fiocco in pendant con la
confezione; all’interno vi erano sei cioccolatini al latte a forma
quadrata. Di colpo, la ragazza si fece seria e i suoi occhi viaggiarono
per un momento a Junpei. «Itadori, mi dispiace, ma non posso
accettarli».
Il ragazzo rise. «Ah, non preoccuparti, Kugisaki! Li ho fatti per
tutti!».
«Per tutti?».
«Certo!». Itadori mostrò le altre scatole e posò sul banco di Megumi
quella blu scuro. «Al caffè, poco dolci!».
«Grazie...». Anche Megumi era piuttosto stupito. «Non sapevo ti
dilettassi in cucina».
Itadori poggiò sulla cattedra un pacchetto celeste, con dei
cioccolatini bianchi dai quali spuntavano dei pezzetti di mandorla. «Me
lo ha insegnato mio nonno».
Nobara ridacchiò. «Io non credevo nemmeno ti ricordassi di San
Valentino! Hai un lato romantico!».
Itadori la udì a stento. Si fermò davanti al banco di Junpei e anche
a lui porse una scatola. La sua era un po’ più grande delle altre,
rossa e chiusa dal cellophane iridescente e un fiocco scarlatto più
gonfio e soffice.
Junpei lo prese con mani gentili: al suo interno c’erano ben dieci
cioccolatini a forma di cuore, con sopra delle decorazioni con del
cioccolato di colore più scuro a formare dei graziosi ghirigori o
motivi geometrici.
Itadori si portò la mano al retro del collo. «Fondente al sessanta
per cento e topping al settanta. Ti piace, vero?».
«Sì, sono i miei preferiti». Junpei sorrise. «Grazie, Itadori».
L’altro arrossì e spostò il peso da un piede all’altro. «Figurati,
li ho fatti con piacere». Si schiarì la gola con un colpetto di tosse e
tornò in tutta fretta al proprio zaino. «Scusate, vado a portare gli
altri ai senpai! Torno tra poco!».
Nobara e Fushiguro fissarono Itadori che se la dava a gambe proprio
nel momento clou di un’impeccabile dichiarazione, sconvolti.
Era da mesi che quei due giocavano a un eterno struggersi fatto di
intensi sguardi, sorrisi complici, un leggero sfiorarsi e zero rispetto
dello spazio personale. Itadori era riuscito a creare l’occasione
perfetta e non l’aveva sfruttata! Che idiota!
Megumi si portò una mano alla fronte. «Per quanto ancora dovremo
sopportare quei due, Kugisaki?».
Nobara sospirò e aprì la propria confezione. «Spero poco o giuro che
li prendo a martellate in testa finché non rinsaviscono». Si girò per
parlare con Junpei, ma le venne la nausea: il ragazzo sorrideva in
maniera stupida e aveva delle malcelate lacrime a pizzicargli gli
angoli degli occhi mentre ancora fissava il regalo. Ma si può
essere così ciechi, Itadori?! Per il momento si sarebbe contenuta
e avrebbe affogato i propri dispiaceri nel cibo.
Crunch!
Però! I cioccolatini erano davvero ottimi!
***
14 Marzo
«Bleargh! Ha un sapore orribile!». Kugisaki mosse la testa in
un’espressione schifata e mise le braccia a croce davanti a sé.
«Nemmeno questo va bene, Junpei!».
«Ok, ci riprovo…».
Junpei vestiva un grembiule verde acqua e teneva i capelli legati in
una bassa e piccola coda di cavallo, il lungo ciuffo tenuto a bada da
delle forcine. Davanti a lui, un campo di battaglia. La cucina del
campus della scuola era sporca come se Junpei ci avesse sgozzato una
maledizione dal sangue al cioccolato fondente ottantacinque per cento e
interiora di peperoncino, menta, zenzero, sale grosso, limone, arancia,
ciliegia, zucchero, latte e chissà cos'altro.
«Eppure ho assaggiato le prelibatezze di tua madre, Junpei!». Nobara
continuava a scuotere la testa. «A quanto pare essere bravi ai fornelli
non è ereditario».
Junpei fece spallucce e si mise a far sciogliere nel pentolino
un’altra stecca di cioccolato fondente. Non si sarebbe arreso!
«Perché non li compri direttamente al market o in qualche
pasticceria?». La ragazza poggiò il fianco contro il lato del bancone
di lavoro, attenta a non sporcare la divisa scolastica di cioccolato.
Lui abbassó lo sguardo. «Non sarebbe la stessa cosa… Voglio farli
io, come lui ha fatto per me».
Nobara fece roteare gli occhi e approfittò dell’attenzione di Junpei
verso la regolazione del fuoco per rubare uno dei cioccolatino con
ripieno ai frutti di bosco che aveva fatto lui poco prima. Trattenne a
stento un mugolio di piacere. Erano tutti così buoni! Deliziosi!
«Vedrai che se continui a provare ti verranno squisiti, prima o poi».
Ah, sfruttare le doti culinarie di Junpei fingendo che i cioccolatini
fossero disgustosi era davvero una mossa da stronzi, ma Nobara aveva
dovuto passare un altro mese a vedere i suoi due compagni continuare a
dar sfoggio di goffi tentativi di approccio. Insomma, glielo dovevano,
in qualche modo.
«Che succede, Nobara?».
La voce di Megumi alle proprie spalle fece venire un colpo alla
ragazza. Si girò di scatto, sfoggiando un sorriso sporco di cioccolata.
«Fu-Fushiguro!».
Anche Junpei si girò verso di lui. «Ciao, Fushiguro. Sto facendo dei
cioccolatini...».
«Lo vedo...». Il tavolo era pieno di formine di ogni tipo e
altrettanti cioccolatini dai gusti più ricercati. «Devi averne ricevuto
molti a San Valentino, se ne hai così tanti da rendere...».
Junpei arrossì. «In realtà non mi stanno venendo granché bene, per
fortuna Nobara mi sta facendo da assaggiatore».
Megumi guardò in tralice la ragazza e afferrò un cioccolatino grigio
dalla forma tonda, pareva proprio una perla.
Lo mise in bocca e gli si sciolse sulla lingua, liberando un sapore
da fargli andare in visibilio le papille gustative. Aprì gli occhi di
scatto. «Ma è b–».
Nobara gli tappò la bocca con entrambe le mani. «Terribile, vero? Ma
quello è uno dei primi! Poi è migliorato!». Nobara lo fissò con occhi
severi e poi lo liberò. «Piuttosto, tu e Itadori non rientravate
tardi?». La sua domanda in realtà sarebbe dovuta essere: “Piuttosto,
non ti avevo detto di portare Itadori fuori, cosicché voi due non vi
impicciaste nel mio giorno di sgarro dalla dieta?!”.
«Guarda che è l’una, a che ora dovevamo tornare?».
Né Nobara, né Junpei si erano accorti che si fosse fatto così tardi.
Ci voleva tempo tra lo sciogliere il cioccolato, metterlo in posa nella
formina, aspettare che raffreddasse e occuparsi del topping. E ne aveva
fatto davvero parecchi…
«Dunque anche...».
Itadori comparve in cucina come una furia. «Ehi! Spuntino di
mezzanotte? Nobara, poi non ti lamentare se… Oh! Cioccolatini!».
Nessuno riuscì a fermare Itadori dall’assaggiare una piramide
spolverata di cocco. «Per la miseria! Ma è ottimo!».
Tutta l’ansia che attanagliava lo stomaco di Junpei esplose come una
bolla di sapone. Erano ottimi?! Ma se Nobara... Ah.
Capito l’inganno, Junpei scoccò uno sguardo di fuoco alla compagna
di classe, la quale decise per una ritirata strategica, dunque si mise
in bocca cinque cioccolatini e, ancora con le guance tonde come un
criceto, sollevò il pollice per Junpei, afferrò Megumi per il polso e i
due svanirono dietro la porta, chiudendosela alle spalle.
Itadori e Junpei ignorarono la rocambolesca uscita di scena dei due.
Il cuoco si diede doppiamente dello stupido: come aveva fatto a
fidarsi di Nobara?! e, soprattutto, come aveva potuto avere così tanta
ansia di fare bella figura?! Dopotutto, Itadori aveva mangiato delle
dita mummificate, i suoi cioccolatini non potevano essere peggio di
quello schifo! «Li ho fatti io, per il white day, sono contento ti
piacciano».
«Wow, Junpei… Sei davvero molto popolare!». Itadori rise o almeno si
sforzò di farlo. «Se ne avanzasse qualcuno...».
«In realtà, puoi averli tutti».
Itadori sbatté più volte le palpebre. Junpei stava raccogliendo
tutti i cioccolatini sparsi tra bancone da lavoro, tavolo e frigo su di
un bel piatto, creando un’invitante pila. Alla sommità di essa posò un
fiocco fatto con delle lamine di cioccolato, creato in precedenza. Con
mani un po’ tremanti, poggiò il piatto sul tavolino accanto all’altro
per paura che cadesse tutto in terra. «Grazie per i dolci di San
Valentino, ti prego, accetta il mio regalo».
Itadori sorrise, gli occhi umidi dalla commozione. «Non me lo
aspettavo… Grazie, Jun...».
Prese dalla pila un cioccolatino bianco a forma rettangolare e lo
mise tra i denti da uno spigolo. «Lo dividiamo?». A ogni sillaba il
dolce ballava tra le sue labbra piene.
Junpei sorrise di rimando e si gettò tra le braccia dell’altro,
perdendosi in un bacio così dolce da fargli girare la testa, anelato
dalla prima volta in cui aveva incontrato Itadori.
Finito il cioccolatino, Itadori allungò la mano per prenderene un
altro da condividere, ma dovette liberare le proprie labbra da quelle
dell’altro, con uno schiocco umido che riecheggiò per la cucina. «Jun…
non c’è odore di bruciato?».
«Il pentolinooo!».
Dal buco della serratura, Nobara osservava i due alle prese con il
cioccolato flambé – in effetti quello mancava...
Itadori e Junpei avevano aspettato troppo tempo per una cosa che
volevano entrambi, che due stupidi.
«Domani mi faranno entrambi da portaborse a Shinjuku mentre faccio
shopping, così mi ripagheranno per essere stata un perfetto cupido».
Megumi, seduto in terra accanto a lei, con la schiena contro la
porta, sospirò. «L’hai fatto solo per mangiare a scrocco...».
Nobara si limitò a guardarlo male, poi continuò a spiare i suoi
amici, che ridevano come due scemi per il fondo della pentola
completamente bruciato.
No, non lo aveva fatto solo per quello… ❤