Sette secondi
[Mare]
«Papà, papà! Dai, alzati!»
Shavo sbatté le palpebre e indirizzò al figlio maggiore
un’occhiata stralunata.
Erano le tre del pomeriggio, la spiaggia era piuttosto
quieta e quasi tutti i presenti stazionavano sotto gli ombrelloni o si erano
spostati al chiosco poco distante in cerca di un po’ di fresco.
Il bassista non era da meno e, dopo aver lasciato Daron e
John a giocare a racchettoni sul bagnasciuga, si era gettato sul telo in spugna
ed era quasi crollato addormentato.
Non fosse stato per gli insistenti richiami dei suoi figli.
«Che c’è?» bofonchiò, sbadigliando rumorosamente.
«La facciamo la catena?» strillò Shavo Dylan, saltellando
sulla sabbia e indirizzandone buona parte sull’asciugamano del padre.
«Sì, la facciamo?» rincarò Hayk, il fratello minore,
imitando esattamente le stesse mosse dell’altro bambino.
Shavo era disperato: non sapeva cosa l’avesse spinto a
proporre quella dannata giornata al mare con i ragazzi della band e tutti i
loro figli al seguito.
Aveva pensato di lasciare alle loro compagne un po’ di tempo
per rilassarsi, fare shopping e staccare dalla solita routine famigliare, ma se
n’era pentito non appena aveva messo piede in spiaggia.
Lanciò un’occhiata a Serj, il quale se ne stava comodamente
seduto su una sedia da regista arancione a leggere il giornale.
«Papà, papà!»
La vocetta del suo figlio maggiore gli trapanò ancora una
volta i timpani.
«Shavo, adesso no! Non avete ancora digerito, dovete
aspettare ancora mezz’ora prima di entrare in acqua» replicò stancamente.
«Mettetevi sotto l’ombrellone, altrimenti vi bruciate e vostra madre poi se la
prende con me!»
Shavo Dylan, in tutta risposta, rise forte e si batté sullo
stomaco. «Io ho digerito, senti!» Detto questo, si esibì in un rutto per niente
realistico. «Allora? La facciamo la catena?»
Il bassista si passò una mano sulla fronte sudata e sospirò,
desiderando ardentemente di tornare a casa e dimenticarsi di quella dannata
giornata.
«Fra un po’, ho detto che è ancora presto!» ripeté.
«No, dai! Emma e Lia sono già in acqua, non è giusto!»
strepitò indignato Hayk, scalciando altra sabbia in direzione del padre.
«Smettila, hai capito?! Emma e Lia non hanno mangiato il
gelato e hanno finito di pranzare prima di voi!» sbraitò Shavo.
«Non è vero!» urlò Shavo Dylan. «Facciamo la catena, ce
l’avevi promesso!»
«Piantatela, state facendo un chiasso infernale!»
«Ma noi vogliamo fare la catena!» replicarono in coro i
bambini, puntandosi le mani sui fianchi e fulminandolo con lo sguardo.
Shavo si chiese come facesse Serj a rimanere concentrato e
impassibile in mezzo a tutto quel delirio, e quasi quasi invidiava John e Daron
che si divertivano insieme e non dovevano avere a che fare con due mocciosi
assatanati come i suoi figli.
Li amava più di quanto amasse se stesso o qualsiasi altro
essere vivente al mondo, ma certe volte lo facevano davvero impazzire e non
sapeva come gestirli.
Quanto avrebbe voluto che Sonia fosse al suo fianco!
«Perché non aiutate Rumi a scavare la piscina?» propose,
sempre più esasperato.
«No, Rumi è noioso!» esclamò Shavo Dylan.
«Infatti, noiosissimo!» rincarò il fratello minore.
«Non offendete il vostro amico, certe cose non si dicono!»
li rimproverò il padre.
«Ma è vero!»
«Basta così! Mettetevi all’ombra e aspettate ancora
mezz’ora, chiaro?»
«No, vogliamo fare la catena!»
A Shavo si annebbiò la vista e per un attimo temette di
perdere il controllo, poi individuò Serj che se la rideva sotto i baffi, il
giornale posato in grembo e gli occhiali scuri sugli occhi.
«Portali a fare la catena, così la smettono. No?» suggerì il
cantante in tono ironico, lanciando uno sguardo a suo figlio Rumi che giocava
tranquillo sotto uno degli ombrelloni.
«Ma sei impazzito? Faccio sempre quello che vogliono, ma
stavolta non sarà così!» affermò il bassista convinto, rimettendosi disteso sul
proprio asciugamano con tutte le intenzioni di ignorare i bambini che ancora
gli saltellavano accanto.
La quiete durò per pochi istanti, poi la voce di Shavo Dylan
riempì nuovamente l’aria. «Hayk, all’assalto!» strillò.
Nel giro di una manciata di secondi il bassista si sentì
completamente investire da una tempesta di sabbia, tanto che fu costretto e a
mettersi di scatto in piedi.
Tremante di rabbia, strinse i pugni e incenerì i figli con
occhiate truci, ma i bambini schizzarono subito via, diretti come schegge verso
il bagnasciuga.
«Dove credete di andare?!» sbraitò, andando dietro ai figli.
Era completamente ricoperto di sabbia, pareva una cotoletta
impanata pronta da friggere, e fu costretto a gettarsi in acqua per potersi ripulire.
Riemerse completamente infreddolito e tremante e trovò Shavo
Dylan e Hayk che se la ridevano sulla riva, dandosi di gomito e prendendosi
apertamente gioco di lui.
«Vedrete cosa vi farà vostra madre quando glielo
racconterò!» li minacciò a gran voce.
«Ehi, Roger Federer dei senzatetto, che cazzo fai?»
Shavo udì la voce di Daron che, intento a rincorrere la
pallina in plastica blu elettrico, inveiva contro John che l’aveva colpita con
troppa forza e l’aveva spedita fin troppo lontano.
«Grazie per il complimento, Rafa Nadal! E no, Malakian, il
mio non è un complimento: stai perdendo i capelli proprio come lui!» replicò
prontamente il batterista, agitando la sua racchetta in legno in direzione
dell’altro.
Vicino ai due tennisti da spiaggia improvvisati,
stazionavano le bambine, intente a guardarli e a fare il tifo per l’uno o per
l’altro a seconda del momento.
Shavo osservò sua figlia e si ricordò improvvisamente che
doveva spalmarle nuovamente la crema solare per evitare che si scottasse;
incenerì i suoi figli maschi con l’ennesima occhiata, poi tornò a passo di
marcia verso gli ombrelloni.
«Papà, uffa!» udì piagnucolare Hayk.
Si chinò a recuperare il tubetto di crema dalla borsa a
righe orizzontali bianche e nere, sbuffando rumorosamente sotto lo sguardo
sempre più divertito di Serj.
«Fratello, perché non vieni anche tu a fare la catena
anziché prendermi per il culo?» sibilò, brandendo la confezione in plastica
come fosse un’arma.
Il cantante si strinse nelle spalle e sollevò un sopracciglio.
«Mio figlio non me l’ha chiesto, guarda com’è tranquillo» commentò serafico.
«Grazie al ca…»
«Papà!» strillò per l’ennesima volta Shavo Dylan,
afferrandolo saldamente per un polso e trascinandolo ancora verso la riva.
Il bassista lanciò un’ultima occhiata disperata a Serj, poi
raggiunse il bagnasciuga seguito dai suoi figli maschi.
«La catena! La catena!» strepitò Hayk, alzando le braccia al
cielo.
«Prima mettiamo la crema, su» esalò Shavo, sedendosi in riva
e battendo accanto a sé sulla sabbia umida. «Coraggio, Lia, vieni!» chiamò a
gran voce.
La sua figlia minore, ancora intenta a seguire con passione
la partita a racchettoni tra Daron e John, sobbalzò e prese la sua amichetta
per mano, trascinandola dal padre.
«Mettiamo la protezione, vieni.»
«Anche Emma?» chiese Lia con un dolce sorriso.
«Certo, anche Emma. Sedetevi vicino a me» le incoraggiò.
Le due bambine obbedirono e Shavo fu grato che per una volta
qualcuno gli stesse dando retta.
Cominciò a spalmare la crema sui corpi accaldati delle piccole,
sentendole ridere e squittire per il contatto con il contenuto fresco del
tubetto.
«Papà sta vincendo, lo zio Daron è scarso!» esclamò Emma,
incrociando le braccia sul petto.
Shavo ridacchiò, riconoscendo nella bambina una delle
tipiche pose di John. «Davvero?»
«Sì, guarda quanto colpisce forte la pallina!»
«Papà, tu non giochi a tennis?» chiese Lia.
«No, lui deve fare la catena con noi!» tuonò Shavo Dylan,
schizzando le due bambine insieme a Hayk.
Emma e Lia strillarono contrariate e si alzarono per
rincorrere i maschietti, mentre Shavo si batteva una mano sulla fronte e
tentava di richiamarli all’ordine per spalmare la crema a tutti.
Fu una vera e propria impresa, dal momento che i suoi figli
maschi continuavano a importunare le bambine e a comportarsi in maniera insopportabile.
«Ace! Ho fatto ace, Dolmayan, non fare il
furbo!» esplose Daron, facendo per sbattere il racchettone sulla sabbia in
segno di protesta.
«Piantala di fare i capricci, Rafa. Non era ace,
ma dove l’hai visto? E poi non abbiamo la rete, quindi non puoi essere certo
che fosse nel mio campo!» replicò il batterista, incrociando le braccia sul
petto ampio.
Shavo li osservava stralunato, finché non venne richiamato
da quegli scapestrati che volevano convincerlo a fare la catena.
Aveva cercato di ritardare quel momento fino all’ultimo, ma
ormai era impossibile gestire i bambini senza accontentarli e gli costò
ammettere che ancora una volta si stava facendo calpestare.
«Chiamo anche Rumi, aspettate!» esclamò Emma, correndo dal
figlio di Serj che ancora scavava la sua piscina sotto l’ombrellone.
«Quel pappamolle non sa neanche correre, ci rovinerà il
divertimento!» bofonchiò Shavo Dylan.
«Non è vero, è bravissimo, smettila!» lo rimbeccò la
sorellina, prendendo le difese del povero malcapitato.
Il bassista notò che Serj spalmava la crema a suo figlio,
poi il bambino li raggiunse mano nella mano con Emma.
«Allora…» Shavo sospirò. «Facciamo questa catena, va bene!»
I bambini esultarono, specialmente Shavo Dylan e Hayk che
più di tutti erano soddisfatti di aver ottenuto ciò che volevano.
Serj raggiunse il bagnasciuga, pronto a godersi la scena –
immancabilmente vestito e con gli occhiali scuri sugli occhi.
Shavo si mise in piedi di fronte all’acqua e tutti i bambini
gli si incatenarono intorno: chi gli si arrampicava sulle braccia, chi lo
teneva per le gambe e chi tirava senza pietà il suo costume.
«Tankian, fai il video!» strillò John, intento a tuffarsi
per colpire la pallina che Daron gli aveva appena spedito con un dritto.
Serj annuì con un sorriso sghembo e sfoderò il cellulare,
mentre Shavo veniva letteralmente incatenato da tutti i bimbi e trascinato fino
in acqua.
Avrebbe dovuto fare di tutto per non cadere subito in mare –
la sfida consisteva nel resistere il più a lungo possibile, visto che era praticamente
impossibile mantenere l’equilibrio – ma dopo pochi passi cominciò a inciampare.
«Corri più forte, Rumi! Sei troppo lento, uffa!» urlò Shavo
Dylan inferocito.
Il bassista si sentiva come un salame insaccato, nonostante
tutto quel gioco idiota fosse nato perché il suo figlio maggiore lo aveva
immaginato come un prigioniero disubbidiente che doveva essere gettato in mare
per essere punito.
In pochi istanti il mondo gli si capovolse attorno e si
ritrovò a impattare malamente contro la superficie dell’acqua, finendo sotto le
onde schiumose tra le grida esultanti e divertite di tutti i bambini.
«Hai fatto il conto?» sentì urlare Hayk.
«Sette secondi! Dobbiamo farlo cadere prima e battere il
record!» strepitò Shavo Dylan.
Il bassista si prese la testa tra le mani e, dopo qualche
istante di esitazione, diede le spalle alla riva e cominciò a dirigersi al
largo.
Sapeva che i bambini non l’avrebbero seguito – Hayk non
sapeva nuotare e Shavo Dylan aveva paura di stare dove non toccava – così
avrebbe avuto qualche minuto di tregua.
Si stava pentendo sempre più di aver organizzato quella
maledetta giornata in spiaggia, eppure avrebbe dovuto sapere che sarebbe andata
a finire in un modo disastroso come quello.
Quando fu a debita distanza, si volse nuovamente verso il
bagnasciuga e sospirò di sollievo nel notare l’impotenza dei bimbi che
strillavano perché volevano che tornasse indietro.
Osservò Daron e John battibeccare per l’ennesimo punto su
cui non erano d’accordo; intanto Serj sghignazzava con il cellulare in mano,
probabilmente intento a riguardare il video che aveva appena girato.
Mentre i suoi figli maschi continuavano a richiamarlo e fare
baccano, gli altri tre bimbi si erano seduti da una parte a costruire un
castello di sabbia.
Sapeva di non poter restare a lungo in quell’angolo di
quiete: la giornata non era ancora finita.
Non ne poteva più e si ripromise di non prendere mai più
un’iniziativa come quella.
Trattenne il respiro e riprese a nuotare, godendosi ancora
qualche attimo tutto per sé.
E mentre tornava verso la riva, si rese conto che chi
pensava che andare in spiaggia fosse rilassante, sicuramente non aveva la
minima idea di cosa significasse avere due figli come Shavo Dylan e Hayk
Viktor.
😊 😊 😊
[Prompt 39: “Me l’avevi promesso!”]
Ciao a tutti e benvenuti in questa mia nuova raccolta sui
System ^^
Raccolta nata in seguito alla sfida “On Holiday” lanciata da
evelyn80 che consiste in quanto segue:
Estate: tempo di vacanze per antonomasia! Al mare, in
montagna, in città o in campagna, i mesi di luglio e agosto sono da sempre
fatti per godersi il meritato riposo dal lavoro.
E perché questo non dovrebbe valere anche per i nostri amati musicisti? Non hanno
forse anche loro il diritto a una meritata vacanza?
Ecco cosa propongo: ogni partecipante, a turno, propone un prompt relativo a
uno degli ambienti che ho elencato prima, nello stesso ordine: quindi il primo
prompt sarà relativo al mare, il secondo alla montagna e così via, e ogni
partecipante dovrà scrivere una breve storia in cui si racconta la vacanza dei
nostri musicisti preferiti. Quindi, in totale ogni partecipante dovrà scrivere
quattro storie, ambientate nei quattro luoghi di vacanza, con una scadenza di
15 giorni.
Ovviamente non ci corre dietro nessuno, e i 15 giorni di scadenza servono solo
per comunicare il nuovo prompt!
Le istruzioni che avete appena letto le ho copiate
direttamente dal primo capitolo della raccolta On Holiday
di Evelyn, che ha deciso di dedicare ai Chicago!
Ecco invece la prima storia di Soul che, invece, ha scelto i
Nothing But Thieves come band da mandare in vacanza: Chi sa correre
sulla sabbia?
Ringrazio tantissimo Evelyn per avermi coinvolto e, visto
che per la precedente sfida mi ero concentrata sui Faith No More, stavolta ho
voluto dare nuovamente spazio ai miei amatissimi SOAD!
Insomma, come potevo perdere l’occasione di cominciare con
una delirante giornata al mare organizzata per soli uomini e bambini? XD
Così come i musicisti hanno diritto di “““rilassarsi””” (ma
dove? XD), anche le loro compagne ce l’hanno, no?
Comunque, il primo prompt relativo al mare, visto che siamo
solo in tre a partecipare (io, Evelyn e Soul), ce lo siamo fatto suggerire
gentilmente da mia madre ed ecco che se n’è uscita con “catena”.
E io ho subito immaginato scenari apocalittici con i figli
di Shavo che, scapestrati e indomabili, inventavano un gioco così chiamato per
far dannare ancora di più il padre! XDD
Alcune piccole note sul testo: in realtà John, oltre a Emma,
ha avuto anche un’altra figlia – Mia – ma questa storia è idealmente ambientata
prima che lei nascesse ^^
Invece Shavo ha tre figli: Shavo Dylan (il maggiore), Hayk
Viktor (il mezzano) e Lia Rose (la minore); Serj è padre di un solo bimbo,
Rumi, mentre Daron (PER FORTUNA) non si è ancora riprodotto e spero che non lo
faccia mai AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH XD
Mentre John e Daron giocavano a racchettoni, ho nominato due
famosissimi tennisti – Roger Federer e Rafael Nadal; e John dice a Daron che
“sta perdendo i capelli come Nadal” perché effettivamente il tennista spagnolo,
anche se cerca di non darlo a vedere e usa imperterrito la sua fascetta per
giocare, sta pian piano rinunciando alla sua chioma XD così come Daron che non
è che sia mai stato esattamente un capellone AHAHAHAHAHAHAH! Sarà per questo
che ha cominciato a usare sempre dei cappelli? :P
L’ace, in linguaggio tennistico, è il tipo di punto
che un tennista fa quando lancia la pallina nel campo avversario e fa punto al
primo colpo, senza che l’altro riesca a toccarla o a replicare ^^
Il titolo della raccolta è un verso tratto dalla canzone U-Fig
dei SOAD!
E niente, spero che tutto questo disagio vi sia piaciuto e
vi abbia fatto almeno sorridere, perché io sono MORTA dal ridere mentre
scrivevo!
Grazie ancora a Evelyn per avermi coinvolto in questo nuovo progetto
e a Soul che, nonostante la sua challenge “Just stop for a minute and smile”
sia attualmente sospesa, permette comunque a noi partecipanti di continuare a
sviluppare i suoi prompt *___*
Ci sentiamo presto con la prossima storia ♥
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