This
may-be romantic
[Phil]
“Dunque, se non erro… una volta superato questo
cancelletto verde, dobbiamo procedere per circa cinque minuti e
dovremmo
esserci.” Occhiali da sole sul naso ed espressione
concentrata, Conor guidava
con lentezza e cautela sulla stradina accidentata, cercando di evitare
le buche
più profonde. La sua modesta auto non era certo un
fuoristrada e arrancava
parecchio sul terreno irregolare di quelle vie di montagna.
Guardai fuori dal finestrino con una leggera preoccupazione:
attorno a noi si estendeva soltanto vegetazione verde e rigogliosa,
facevo
fatica a immaginare che a un certo punto in mezzo a quel bosco sarebbe
sbucata
una baita; nulla sembrava lasciar intendere che quello fosse un luogo
civilizzato.
Ma il mio ragazzo sembrava piuttosto sicuro di ciò che
stava facendo, quindi decisi di non pormi troppi problemi e di
affidarmi a lui.
“Cazzo!” esclamò Conor dopo qualche
istante, abbassando
bruscamente il volume della radio.
“Che succede? Ci siamo persi?” mi allarmai.
“No… è che ho dimenticato di chiedere a
Steven se nella
casa ci fossero dei ventilatori o qualche altra fonte di fresco!
Insomma,
d’accordo che siamo in montagna e in teoria dovrebbe fare
meno caldo, ma è pur
sempre agosto” spiegò in tono vagamente disperato.
In effetti un sole rovente picchiava con insistenza da
ore sul parabrezza dell’auto e nemmeno l’aria
condizionata impostata al massimo
pareva in grado di fargli fronte.
Ci riflettei su per qualche istante, poi accennai un
sorriso rassicurante. “Beh, io credo che con le finestre
aperte non staremo
così male.”
“Ma noi non dormiremo con le finestre aperte.”
Gli lanciai un’occhiata interrogativa. “Come
sarebbe a
dire?”
“Vuoi davvero correre il rischio che un branco di
cinghiali si intrufoli nel nostro letto durante la notte?”
sbottò Conor,
portandosi indietro una ciocca biondo scuro con un gesto nervoso.
Scoppiai a ridere di gusto. “E tu credi che i cinghiali
abbiano interesse a entrare in casa nostra dalla finestra?”
“Hanno inseguito Steven e John fino alla baita;
potrebbero fare questo e altro!”
Evitai di fargli notare che si era trattato solo di un
cinghiale e che non aveva senso usare il plurale: quando il mio ragazzo
si
metteva qualcosa in testa e cominciava a fare il melodrammatico, era
del tutto
inutile discuterci. Mi frugai in tasca ed estrassi le chiavi
dell’abitazione,
che Steven aveva decorato con un simpatico portachiavi a forma di hot
dog.
Io e Conor eravamo profondamente grati al nostro amico;
quando aveva scoperto che eravamo diventati ufficialmente una coppia,
il
biondino ci aveva mostrato fin da subito il suo entusiasmo, arrivando
addirittura a offrirci la baita della sua famiglia per qualche notte. A
detta
sua si trattava di un posto romantico e tranquillo, dovevamo assolutamente
trascorrerci almeno un weekend.
Avevamo sempre rifiutato per non approfittarci della sua
gentilezza, finché Conor non aveva concluso la sessione
estiva all’università e
avevamo cominciato a guardarci attorno per festeggiare e goderci un
po’ di
meritato relax insieme.
“Ecco, dovremmo essere arrivati!”
annunciò Conor,
rallentando e accennando a una piccola struttura dalla forma regolare,
nascosta
in parte dalle fronde dei grandi alberi e dagli arbusti che la
circondavano.
Allungai il collo per osservarla meglio, curioso. “Sembra
carina.”
“Ed è tutta nostra” aggiunse lui, con un
tenero sorriso
che gli andava da un orecchio all’altro e che metteva in
evidenza le fossette
sulle sue guance.
Mi veniva voglia di inchiodarlo al sedile e
mordicchiargli dolcemente quel viso da bambino che mi faceva perdere la
lucidità ogni volta, ma mi costrinsi a resistere e aprii lo
sportello: avevamo
ben tre giorni per dedicarci l’un all’altro e farlo
con tutta la comodità che
in genere non avevamo.
Mi misi in piedi e mi stiracchiai: la mia schiena aveva
sofferto per il viaggio in auto durato diverse ore. “Direi
che è il caso di
entrare, vedere com’è la baita e poi scaricare i
bagagli. Che dici?”
Conor lasciò l’abitacolo a sua volta e si diresse
cautamente verso l’ingresso, come farebbe un esploratore
interessato a studiare
un animale potenzialmente pericoloso, poi si voltò verso di
me. “Hai tu le
chiavi?”
Lo raggiunsi e gli porsi l’oggetto che avevo in mano.
“Nel caso avessimo fame…” commentai
ironico, indicando il portachiavi a forma
di panino.
Conor sorrise e se lo rigirò tra le dita. “Tipico
di
Steven. Ehi, Dom sarebbe invidioso di questo oggettino!”
Ridacchiai a mia volta, poi spostai lo sguardo dal mio
compagno al paesaggio che ci circondava: era talmente bello che pareva
un sogno,
i rami si intrecciavano sulle nostre teste dando vita a suggestivi
giochi di
luce, mentre una brezza fresca e pulita ci accarezzava nonostante la
calda
giornata di inizio agosto.
Col cuore colmo di gioia mi accostai a Conor, che ancora
armeggiava con le chiavi ed era sul punto di aprire la porta, e gli
afferrai il
polso per bloccarlo.
Lui sollevò il capo e mi scrutò con
curiosità. “Ehi.”
“Ehi” ripetei con un filo di voce, per poi
trascinarlo
più vicino a me e fargli posare la schiena contro il mio
petto. “Guarda in che
posto meraviglioso siamo finiti.”
Lui si abbandonò completamente contro di me e
gettò
appena il capo all’indietro, mugolando piano. “E
nessuno potrà venire a
rompere.”
Lo strinsi più forte. “Possiamo svegliarci la
mattina,
aprire la finestra e vedere questo panorama splendido.” Mi
interruppi per
posargli un bacio tra i capelli, poi sussurrai a un millimetro dalla
sua pelle:
“Possiamo fare delle passeggiate… possiamo fare
tutto quello che vogliamo”.
“E se incrociamo i cinghiali?”
“Ti proteggo io da loro” mormorai con un leggero
imbarazzo nella voce. Facevo ancora un po’ di fatica a
lasciarmi andare ed
esprimere i miei pensieri liberamente, Conor era in grado di portare
fuori una
parte romantica di me che non avrei mai pensato di possedere e dovevo
ancora
farci l’abitudine.
Lui si rigirò nella mia stretta per catturare le mie
labbra in un bacio lento e carico di significato. Lo accolsi subito
nella mia
bocca e immersi le dita tra i suoi capelli schiariti dal sole, col
cuore che
batteva a mille nel mio petto.
Forse non mi sarei mai stancato – non mi sarei mai
abituato – di stare con quel ragazzo meraviglioso.
Dopo qualche istante lui si ritrasse e ridacchiò appena,
in quella maniera musicale e dolce che mi faceva sempre tenerezza.
“Andiamo,
prima di sfociare in atti osceni in luogo pubblico!”
“Veramente qui non c’è
nessuno” gli feci notare.
“Non è vero, è pieno di gente”
ribatté ironico lui,
accennando a due uccellini che pigolavano dentro il loro nido qualche
metro
sopra le nostre teste.
Mi strinsi nelle spalle e osservai il mio ragazzo che si
accingeva a girare la chiave nella toppa e aprire lentamente
l’uscio. Un
istante più tardi lo richiuse di scatto e si
voltò, una smorfia indecifrabile
sul volto; la sua pelle aveva assunto un colorito verdognolo.
Gli lanciai un’occhiata basita e interrogativa.
“Phil…”
“Sì?”
“Dev’esserci un cadavere lì
dentro.”
Strabuzzai gli occhi e mossi qualche passo avanti. “Un
cadavere?! Che stronzata…”
Sapevo che spesso Conor tendeva a esagerare.
“Non sto scherzando, c’è un odore
terribile lì dentro!”
insistette lui, la voce più alta di un’ottava.
“Andiamo, è normale che ci sia puzza di chiuso,
non mi
sembra il caso di farne una tragedia: apriamo tutto e in pochi minuti
risolviamo la situazione.” Lo liquidai con un gesto e
afferrai deciso la
maniglia, per poi spalancare la porta; fui costretto però a
indietreggiare
quando un fortissimo tanfo nauseabondo mi riempì le narici.
“Ma che cazzo…”
“Te l’ho detto!”
Richiusi la porta, sconcertato. “In che razza di posto ci
ha spedito Steven? Ci commette gli omicidi qua dentro?”
Sul volto delicato di Conor si era dipinta un’espressione
corrucciata, pareva indeciso se dare di matto o pensare a una possibile
soluzione.
Mi grattai la testa per qualche istante. “Beh, dovremo
pur scoprire l’origine del problema, no?”
“Dobbiamo proprio?”
“L’altra soluzione è dormire in
macchina.”
“E come pensi che sopravvivremo in mezzo a
quell’odore
di… morte?” ribatté
lui con nervosismo.
“Mmh… tappandoci il naso?” tentai.
Conor sospirò, estrasse il suo cellulare e qualche
secondo dopo fece partire una chiamata con tanto di vivavoce.
“Pronto, sposini!” esordì la voce
allegra e leggermente
stralunata di Steven.
“Che cosa cazzo hai combinato dentro questa baita?”
sbraitò subito Conor.
Il ragazzo all’altro capo ridacchiò.
“Perché, è in
disordine?”
“No, ma c’è una puzza
tremenda” intervenni.
“Ah, cavolo… e da che cosa dipende?”
“Speravamo ce lo dicessi tu!” squittì il
mio ragazzo
esasperato.
“Ehm… no, non so che dire… non
è che da qualche parte c’è
una lucertola morta? Sai, qualche volta ci sono degli animali che si
intrufolano in casa chissà come…”
Notai Conor che roteava gli occhi, quindi sospirai e mi
avvicinai nuovamente alla porta. “D’accordo, ho
capito.”
“Che fai?”
“Vado a dare un’occhiata” affermai
coraggiosamente, poi
presi un profondo respiro con l’intento di trattenerlo e
aprii la porta, addentrandomi
nella baita.
Corsi a spalancare finestra e imposte in modo da far
entrare aria pulita e luce, poi cominciai a guardarmi in giro con
circospezione. I mobili erano piuttosto impolverati e un po’
di fuliggine
macchiava il pavimento appena davanti al camino, ma nulla lasciava
intuire che
ci fosse un qualche animale in stato di decomposizione nei paraggi.
Ispezionai
meglio l’interno del camino, supponendo che la causa del
problema potesse
essersi introdotta in casa tramite la canna fumaria, ma non trovai
niente a
parte un mucchietto di cenere.
Cominciava a mancarmi il respiro, quindi fui costretto a
tapparmi il naso con una mano e prendere fiato dalla bocca.
“Cazzo…”
“Trovato qualcosa?” sentii gridare Conor
dall’esterno.
“No! Comunque sarebbe gradito un po’
d’aiuto!” Mi
affacciai alla finestra e avvistai il mio ragazzo a qualche metro
dall’ingresso,
che ancora stringeva il telefono in mano e lo trucidava con lo sguardo
mentre
Steven sproloquiava tramite l’altoparlante.
Conor sospirò pesantemente, si tappò il naso e,
con la
faccia di chi stava per andare al patibolo, mi raggiunse
all’interno; poggiò il
cellulare – ancora con la chiamata aperta – sul
piccolo tavolo presso il piano
cottura e si guardò attorno.
“Una volta, quando ero piccolo ed ero lassù in
montagna
con mia nonna per le vacanze estive… stavo dormendo e una
cavalletta mi è
saltata sul letto! Non so proprio da dove fosse entrata, ma mi sono
svegliato
con quella roba addosso…” raccontava Steven in
tono divertito.
Rabbrividii e aggrottai le sopracciglia, mentre esaminavo
con attenzione alcune mensole nei pressi della porta che conduceva alla
zona
notte. “Grazie Steven, stai facendo un’ottima
pubblicità della tua baita…”
“Beh, ma siete in montagna, circondati dalla
natura… che
vi aspettate?”
“Che cos’è questa roba?”
strillò all’improvviso Conor,
sovrastando ogni nostra conversazione.
Mi fiondai nella sua direzione e lo trovai con
un’espressione nauseata, per un attimo temetti che sarebbe
corso fuori a
rimettere per davvero; aveva le dita della mano destra ancora chiuse
attorno al
naso, mentre con la sinistra teneva il coperchio di una piccola
pentolina
depositata in un angolo del piano cottura. Lo sollevava appena e vi
sbirciava
dentro, ma non aveva il coraggio di rimuoverlo del tutto.
“Cos’avete trovato?” domandò
Steven curioso.
“È un… che cazzo è? Oh mio
dio, che schifo!” sbottò
Conor, mollando il coperchio, facendo qualche passo indietro e andando
a
sbattere contro una sedia.
Presi coraggio e diedi a mia volta un’occhiata; non
appena scoperchiai la pentola, ebbi l’impressione che
l’intensità del tanfo
fosse raddoppiata. “Sembra essere… o meglio,
sembrano i resti di quello che un
tempo doveva essere… un trancio di
merluzzo…?”
“Cosa?!” esplose Conor.
“Un trancio di… oh cazzo, è
vero!” si illuminò Steven.
Mi voltai lentamente, sempre più allibito, e gettai
un’occhiataccia al telefono del mio ragazzo.
“Steven, tu lo sapevi?”
“Sì… cioè, non proprio! Me
n’ero completamente
dimenticato! L’ultima volta che sono stato in montagna ho
provato a cucinare
del merluzzo, ma non è venuto tanto bene e mi sono scordato
di buttarlo” spiegò
lui.
“E a quando risale quest’avvenimento?”
domandò Conor in
tono esasperato.
“Non so, qualche mese…”
“Qualche mese!” ripetei allibito. Mi veniva voglia
di
ridere, ma il contenuto brulicante e poltiglioso dentro la pentolina me
la
faceva passare all’istante.
“Ma chi è l’idiota che si dimentica il
pesce in una casa
in cui non va quasi mai?” aggiunse Conor scuotendo il capo.
“Io!” rispose prontamente Steven.
Sospirai e mi lasciai sfuggire una risatina. “Amico, ti
vogliamo bene e ti ringraziamo per averci concesso di usare la tua
baita, ma
fattelo dire: sei una frana come padrone di casa, spero che tu non
decida mai
di mettere questo posto in affitto per degli estranei!”
“E dai, poteva capitare a tutti, no? Era un tentativo di
fare una sorpresa carina e farvi trovare la cena pronta, potreste anche
interpretarla così!” tentò di
giustificarsi lui, ridendo a sua volta.
Io e Conor ci scambiammo un’occhiata eloquente.
“D’accordo, sono un idiota, scusatemi, avete
ragione!
Siete arrabbiati?” aggiunse Steven dopo qualche secondo,
stavolta in tono serio
e sinceramente mortificato.
Sorrisi: era incredibile. “No, non siamo arrabbiati. Solo
un po’ disgustati.”
“Dobbiamo sbarazzarci subito di questa cosa, prima che il
mio stomaco decida di dare il suo contributo”
sbottò Conor, correndo fuori e
respirando a pieni polmoni.
Riposizionai il coperchio in modo che chiudesse per bene
la pentola e sospirai. “Quest’odore non se ne
andrà mai.”
“E se provaste a tenere la porta e tutte le finestre
aperte?” propose Steven.
“Conor non vuole: dice che entrano i cinghiali”
ribattei
ironico.
“Sai che c’è?”
gridò il mio ragazzo, che aveva udito la
nostra conversazione. “Fanculo: questo posto puzza talmente
tanto che i cinghiali
staranno sicuramente alla larga!”
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BUAHAHAHAHAHAHAHAHAAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH MA IO BOH!
Ragazzi, ideare e scrivere questa storia per la sfida
lanciata da Evelyn è stato TROPPO TROPPO DIVERTENTE!!!!! Non
appena ho
realizzato che la location protagonista di queste due settimane sarebbe
stata
la montagna, la mia mente è tornata subito al TFOBM!AU, in
cui appunto Steven
ha una baita in montagna di proprietà della sua famiglia
– quella in cui aveva
portato John per distrarlo dalla recente rottura con Daron, chi segue
la long
principale sa di cosa sto parlando ^^
Così, quando Evelyn ha suggerito la parola
“pesce” per
questo giro, non ho potuto fare a meno di immergere la Phinor in questo
disagio, il cui artefice è il nostro disastroso biondino
Steven XD chi altri
sennò?
MI ERA MANCATO TANTISSIMO QUESTO AU E TUTTE LE SUE
DINAMICHE *_____________* tra l’altro ne approfitto per
avvisarvi che non ho
affatto dimenticato la long principale, semplicemente anche lei ha
risentito
del mio blocco degli scorsi mesi, ma è sempre nei miei
pensieri e non ho
nessuna intenzione di lasciarla a metà!
Tornando a noi… avete visto? Il weekend romantico dei
nostri cucciolini è miseramente sfumato AHAHAHAHAHAHAH o
forse è meglio dire
che si è decomposto? AHAHAHAHAHAHAHAH
Ultima notina sul titolo: spero si sia colto il gioco di
parole: may be (staccato) significa
“potrebbe essere”, mentre maybe
(attaccato) significa "forse" ^^
Grazie di cuore a chiunque abbia letto e soprattutto a
Evelyn per aver lanciato la sfida, mi sta dando una marea di spunti
interessanti e mi sto divertendo un sacco a partecipare :3
Alla prossimaaaaaa ♥
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