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al di sopra delle nuvole, Medoh si stabilizza progressivamente in
orizzontale, la gravità cessa di attrarlo verso le pareti
reclinate
e Link cade in ginocchio e annaspa per strapparsi di dosso la cinghia
che regge la spada e lo scudo ma che in questo momento lo soffoca. Si
lascia rotolare al suolo. Ha le nocche spaccate in
profondità, le
unghie incrostate di sangue e di terra, e i muscoli del suo braccio
ululano di dolore non appena li tende. È salvo,
però.
«Hai
avuto bisogno di me, eh, Link?»
Non
ha neppure la forza di alzare la testa. Ruota gli occhi all'indietro
per guardare il Campione dell'aria che si staglia su di lui a
soppesarlo dall'alto in basso.
Se
Revali non fosse venuto a salvarlo, sarebbe morto.
Dovrebbe
dirgli grazie, vorrebbe chiedergli perché è
venuto fin là e se ci
è venuto solamente per salvare lui, ma la sua bocca non ha
voce e
comunque parlare con qualcuno che non ha voglia di ascoltare, in
questo momento, è troppo faticoso.
Revali
odia che non gli si risponda, ma il suo orgoglio è troppo
forte
perché egli possa darlo a vedere.
«Credevo
che non ti fosse permesso lasciare la principessa» prosegue
con
studiata indifferenza per provocarlo e costringerlo a rispondere.
Che
strana idea che deve avere di lui questo guerriero altero e
selvatico, che lo vede come uno schiavo al servizio della
principessa. Link serve Zelda perché in lei serve Hyrule. Il
suo
posto è là dove Hyrule gli ordina; e quando le
sentinelle lo hanno
avvertito che un gruppo di Hinox stava calando dalle montagne di
Oldin verso la foresta dei Korogu, Link ha schierato le guardie a
custodia del palazzo e ha cavalcato verso nord. Zelda non avrebbe
lasciato il suo laboratorio per ore o forse per giorni. Hyrule aveva
bisogno di lui più di lei.
La
situazione a nord del palazzo non era quella che gli avevano
descritto, però. Le avanguardie avevano parlato di pochi
Hinox
calati a valle in cerca di cibo, ma i Lynel erano troppo intelligenti
per lasciarsi sfuggire un'occasione del genere quando questa gli si
presentava così, spontaneamente. Vedendo gli Hinox scendere
dai
monti, hanno intuito le loro intenzioni e li hanno seguiti a un paio
d'ore di distanza per approfittare della loro forza bruta. È
stato
proprio per la loro cautela nel seguirli a distanza che le sentinelle
non li hanno visti. Sono rimasti nascosti sulle colline, tra la
vegetazione, a spiare la battaglia attraverso le fronde. Solo quando
Link ormai pensava d'esser quasi a metà del lavoro, mentre
gli Hinox
barcollavano e si confondevano e cozzavano gli uni con gli altri in
preda al panico e al dolore, i Lynel sono scivolati fuori dagli
alberi per terminare l'opera. Il cielo si stava incupendo e
rannuvolando e tuoni lontani rimbombavano dietro le montagne come
colpi di cannone. Degli Hinox Link non s'era mai dato troppo
pensiero; ma i Lynel – quelli sono un'altra storia.
È
stato dopo ore dall'inizio della battaglia, quando i Lynel ormai lo
stavano accerchiando sempre più da vicino e le fronde non
erano più
sufficienti a nasconderlo, che Link ha visto saettare nell'aria raggi
lontani. Alzando gli occhi, Link ha visto le larghe ali di Medoh
solcare l'aria. Chissà per quale ragione, Revali era venuto
a
salvarlo.
In
ginocchio sul pavimento, Link continua a respirare affannosamente
perché non sa che dire. Rimane a guardarlo a occhi sgranati
nel
buio, senza dir nulla, ad aspettare che sia lui a rompere il silenzio
e a dire qualcosa mentre Medoh si solleva al di sopra delle nuvole.
Revali però non parla, ha già parlato anche
troppo, e Link fruga
nella sua mente in cerca di qualcosa da dire.
«Come
sapevi dov'ero?»
«Uhm?»
Congiungendo le braccia in petto con uno schiocco di disprezzo,
Revali lo soppesa dall'alto come se quella domanda lo deludesse
alquanto. Tuttavia pare considerarlo meritevole almeno di quest'unica
informazione. «Pruna. Ti ha tracciato con quella.»
La
tavoletta Sheikah, certo. Link abbassa lo sguardo sul proprio fianco
e dice a se stesso che avrebbe dovuto arrivarci da solo – e
subito
dopo si risponde che non c'è alcun modo di anticipare la
mente di
quella ragazza.
«È
stata la principessa a chiederti...»
«Zelda
non sa della tua assenza» taglia corto Revali. È
stranamente
infastidito dalle sue domande, e Link prova la sensazione che
vorrebbe sentirsene fare delle altre e lui invece stia ponendo tutte
quelle sbagliate. «Pruna ne ha parlato solamente con me.
Nessuno a
parte noi due ne sa niente, perciò puoi stare
tranquillo.»
Non
era alle sanzioni per la sua indisciplina che Link stava pensando
quando gli ha posto la domanda, e un po' gli dispiace che Revali lo
ritenga capace di una bassezza del genere. Tuttavia parlare e
difendersi gli parrebbe peggio ancora che non dir nulla.
Revali
non parla più. Gli sfila di fianco in silenzio in un fruscio
di
piume che sfiorano la sua pelle e lo ignora deliberatamente per un
po' per dedicarsi ai comandi di Medoh. Link rimane in ginocchio a
cercare di regolarizzare il proprio respiro, cogli occhi socchiusi,
sentendo dentro di sé che quella conversazione tra loro
è conclusa.
Quando
le sue ginocchia sono di nuovo in grado di reggerlo, Link si alza con
cautela, puntellandosi alla spada, e si avvicina ai grandi varchi sui
fianchi di Medoh. La tempesta che aveva presentito durante la
battaglia è scoppiata, ma il colosso sacro la sta sorvolando.
È
già stato a bordo di Medoh prima d'ora, ma si è
trattato soltanto
di brevi voli di calibrazione ed esercitazione durante i quali Revali
aveva sdegnosamente acconsentito a che accompagnasse la principessa;
ma a una così vertiginosa altezza, e da solo con lui, mai.
Prova un
così gran desiderio di saper volare, in questo momento,
mentre si
affaccia al di sotto delle grandi ali di Medoh e tutto di sotto a lui
le nuvole nere ribollono e lampeggiano i fulmini, e il vento gelido
gli brucia in viso come ghiaccio. Tutta al di sotto di quelle nubi,
c'è Hyrule.
«Se
cadi, non aspettarti che venga a salvarti» lo ammonisce
Revali da
dietro. È ricomparso d'improvviso, superbo e marziale, colle
ali
ripiegate dietro la schiena. È il suo modo alquanto pungente
di
dirgli di stare attento, ma Link si limita a rimanere in silenzio.
Non gli risponde.
«La
tempesta è troppo vasta» prosegue Revali
freddamente ignorando il
suo silenzio. «Non possiamo atterrare, mentre volare senza
punti di
riferimento a terra è troppo rischioso, perciò
sorvoleremo la zona
in circolo finché non avremo di nuovo visibilità.
Spero che tu sia
d'accordo con me.»
Quella
domanda lo diverte. «Ho voce in capitolo?»
«Certo
che no» ribatte Revali dandogli le spalle.
La
tempesta non accenna a placarsi. Stanno volando in circolo ormai da
ore. Tra poco farà buio, ma Revali non sembra
preoccuparsene, e
Link, di conseguenza, non se ne dà pensiero.
Ha
buttato il suo mantello in un angolo per farsene un mezzo giaciglio
per poter almeno riposare un po' il capo; ma ha provato ad
addormentarsi per una decina di minuti, poi si è rimesso a
sedere e
si è trovato qualcosa da fare. Di dormire non se ne parla,
è troppo
agitato; e poi non vuole che Revali lo veda esposto e vulnerabile
mentre dorme.
Link
è un guerriero e un soldato e di perder tempo non sarebbe
capace
neppure volendolo, perciò si sfila a cintura e le armi e le
dispone
ordinatamente di fronte a sé.
È
sempre ammirato dal modo in cui la Spada che esorcizza il male
resiste inalterata alle battaglie. Prima di brandirla, quando era
ancora un soldato dell'esercito e brandiva la vecchia spada di suo
padre, che pure era un'arma formidabile, non era così:
bisognava
affilarla e lucidarla e stare attenti ai traumi. Ma questa spada che
gli ha dato il Grande Albero, questa no. Una volta ripulita dal
sangue e dalle viscere, la spada torna splendida e fiammante come
quando brillava in mezzo alla radura.
Lo
scudo, pazienza, è da buttare. Link prova per qualche
istante a
pulirlo dal sangue e dal fango per valutarne le condizioni, ma
già
facendovi pressione con la mano avverte che si è prodotta
una
profonda incrinatura al centro, sotto il colpo dello spadone di un
Lynel che gli ha fatto vibrare il braccio e forse ammaccato una
costola. In effetti, a ripensarci e a toccarsi il costato, è
molto
probabile. C'è da ringraziare questo scudo se i suoi organi
sono
ancora integri – almeno per il momento.
Quanto
all'arco, non gli dispiacerebbe riuscire a salvarlo: ha l'aria un po'
vissuta, ma lo ha servito fedelmente a lungo, e non è facile
per lui
trovarne uno con cui si trova bene.
«Quell'arco
fa schifo» decreta solennemente Revali alle sue spalle.
Ecco,
appunto. Link
socchiude gli
occhi per un momento per trattenere la brutta risposta che gli sale
alle labbra, inspira profondamente e prosegue il suo lavoro in
silenzio. Revali è sopra di lui, alle sue spalle, e
sorveglia il suo
operato con occhio critico.
«E comunque, sta per
rompersi. Ti
conviene sostituiro prima che ti abbandoni in battaglia.»
«Non è
così facile sostituirlo»
ribatte Link sforzandosi di mantenere la calma. «È
l'arco in
dotazione all'esercito.»
«Vai in armeria e
fattene dare un altro.
Sei il Campione della principessa.»
«Non mi riferivo a
quello» sbuffa Link
alzando lo sguardo su di lui. «Io sono mancino. Ci sono archi
con
cui mi trovo male.»
Questa è la prima
volta che ha la
soddisfazione di vedere Revali ammutolire.
«Non vi ho mai
prestato attenzione»
replica sussiegosamente, perché affermare che non sia
importante è
di certo meno umiliante che ammettere di aver tralasciato un
dettaglio. Poi, dopo un momento, aggiunge in modo del tutto inatteso:
«Lasciami vedere» e protende le mani verso di lui.
Questa volta Link non potrebbe
parlare
neppure se lo volesse. È talmente impreparato a questo gesto
che gli
porge l'arco e rimane a guardarlo a occhi sgranati.
È un momento molto
strano. Revali si
siede al suo fianco a gambe incrociate, si pone l'arco sulle
ginocchia e inizia a piegare, tirare e saggiare con una maestria tale
da lasciarlo incantato. Al suo fianco, seduto a guardarlo, Link si
sente affascinato e impotente come un bambino che osservi il padre
riparargli un giocattolo.
«Perché
sei andato a combattere senza
dirlo a nessuno?» chiede Revali senza guardarlo.
«Le avanguardie
avevano comunicato che
un branco di Hinox stava scendendo dalle montagne.»
«Non avevi ricevuto
ordini. Sapevi che
non costituivano un pericolo immediato. Spesso scendono ad
abbeverarsi e cacciare, ma poi risalgono verso le pendici del monte
Morte, e là non abita nessuno.»
«Avrebbero potuto
anche deviare verso il
Bosco dei Korogu.»
«Era improbabile, e
comunque la nebbia e
il bosco li avrebbero protetti.»
«Avrebbero potuto
sradicare gli alberi e
lasciarli esposti. E poi, il fiume è quasi in secca: se si
fossero
accorti che era guadabile e lo avessero attraversato, sarebbero stati
a mezza giornata di marcia dal castello.»
Revali incassa la
ragionevolezza delle
sue argomentazioni senza replicare, continuando a lavorare sull'arco.
Fa appena un cenno di sì con la testa. «Allora
perché sei andato
da solo?»
Non
sei immortale,
gli ripete
continuamente Zelda. Revali forse usarebbe parole diverse; direbbe
qualcosa del tipo non sei invincibile. Per
quanto lo riguarda, però, i due significati sono
equivalenti. Link
si stringe nelle spalle e risponde: «Perché era
una mia scelta e
non avevo il diritto di mettere in pericolo nessuno.»
«Non avresti dovuto
comunque lasciare la
principessa.»
«Zelda era al sicuro
nel suo
laboratorio» conclude Link semplicemente. «Hyrule
no – Hyrule non
era al sicuro. Io devo andare dove serve a Hyrule.»
Per
qualche minuto Revali non parla più, lavora solamente. Le
sue mani
si muovono sull'arco e sulla corda con una delicatezza innata che lo
incanta, e osservandolo Link si sente tanto calmo che potrebbe quasi
appisolarsi. È stranamente rilassato. Appoggia il capo
contro il
muro per riposare almeno un po' gli occhi: l'adrenalina che gli
percorreva il corpo si sta placando, e ora si sente al sicuro a
sufficienza da poter riposare. È piacevolmente intorpidito,
quasi
sul punto di addormentarsi.
«Non avresti dovuto
andare da solo. A
noi Campioni avevi il diritto di chiederlo. Serviamo Hyrule nel modo
in cui vuoi servirla tu.»
«Hai
ragione» gli concede Link che si
sente molto più bendisposto ad appisolarsi contro il muro
che a
discutere con lui. «Ma non ne avevo bisogno. Ho il mio
segreto.»
Revali trattiene una risata
gutturale.
«Non ti facevo così profondo da avere un
segreto.»
Link sbadiglia appena. La voce
di Revali
gli giunge come da una grande distanza. «Se vuoi, te lo
dirò se me
ne rivelerai uno dei tuoi.»
«Cosa ti fa credere
che io abbia un
segreto?»
Link si rigira pigramente su
un fianco. «Fai come vuoi. Un segreto per un segreto. Non
è neppure così
importante.»
Revali tace tanto a lungo che
Link non ci
pensa nemmeno più, e con la poca lucidità che gli
è rimasta
considera chiusa la questione. Il suo mantello non gli è mai
parso
comodo come in questo momento.
«Mi piacciono i
biondi. E il tuo?»
Link registra
quest'informazione nella
sua testa senza nemmeno prendersi la briga di analizzarla.
«Il mio è
che in qualche modo sopravvivo sempre. Te l'avevo detto che non era
importante.»
Revali si alza di scatto,
scaraventa
l'arco fuori da Medoh e se ne va senza nemmeno guardarlo. Link
ridacchia appena tra sé prima di addormentarsi,
perché l'idea di
averlo fatto arrabbiare lo diverte molto.
Sono passati giorni. Per
quanto gli è
dato sapere, Revali e Pruna hanno entrambi mantenuto il segreto: il
suo gesto non ha avuto conseguenze. Né Zelda né
il re sono mai
venuti a sapere della sua sortita.
Mentre studia sulle mappe la
posizione
dei Colossi entra un suo attendente a porgergli uno strano involto
che non aspettava, in silenzio, perché tutti i suoi uomini
hanno
l'ordine di non rivolgergli la parola se non in caso di
necessità.
Tuttavia l'involto non porta il sigillo del re di Hyrule,
perciò
Link inarca un sopracciglio per chiedere spiegazioni. L'attendente si
stringe nelle spalle con l'aria di non saper che dire.
«Lo ha portato un
messo Rito per voi.
Non so altro.»
Interessante. Link gli fa
segno di non
aver più bisogno di lui e lo ringrazia con un cenno del capo
per
congedarlo: vuole rimanere solo per per aprirlo.
È un arco dei Rito.
Link sorride di
piacere e di stupore sollevandolo con delicatezza: i Rito non
condividono mai le loro armi, così come i loro segreti,
perché
difficilmente ne ritengono degno alcuno. Il legno è dipinto
di
grigio chiaro e le sue estremità sono decorate come grandi
ali
spalancate. È un arco Falcone: Link lo conosce
già per averlo visto
imbracciato dai capitani a custodia della città dei Rito, ma
è
impercettibilmente diverso dal loro – è per
mancini.
Sta per richiamare
l'attendente e
ordinargli di far entrare il messo dei Rito per interrogarlo, ma non
ce n'è bisogno – c'è un biglietto
nascosto nell'involucro. Link
sorride ancora. C'è scritto:
Non
è per te, è per Hyrule.
Mi
devi ancora un segreto.
Anche
se la challenge indetta sul gruppo FB Il
giardino di EFP è terminata ormai da
un pezzo, ho
impiegato una vita a concludere questa shot, lenta come sono. Ma era
un'idea che avevo in mente da un pezzo, appena dopo aver iniziato
L'Era della Calamità, e non potevo rinunciare a pubblicarla
solo per
un piccolo ritardo!
Il
prompt scelto per la storia era il numero 15, “volevo dirti
una
cosa che non ti ho mai detto prima”, ma mi sono permessa di
rielaborarlo un po'.
Come
sempre, grazie a Fiulopis, la beta migliore del mondo!
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