equilibrium: fall of seraph

di Giuseppe Ricatti
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Un corridoio ampio e spazioso, di un bianco così candido da appannare lo sguardo. In fondo, un portone enorme ne segnava la fine, sigillando la parte più interna della Fortezza: la Sala del Trono, l’obiettivo di Alada. Chiusa, come d’altronde si aspettava. Ghirigori a forma di albero disegnavano una prospera vegetazione sulla sua superficie, richiamando l’antico Albero della Vita che un tempo albergava nelle vicinanze. Ricordi di un passato glorioso, così distante da poter essere comparato ad una leggenda antica e dimenticata. Non che gli interessasse troppo: non era venuto per ammirare simili inezie. Aveva un incarico più delicato da svolgere, un vero e proprio colpo di stato da portare a compimento e ciò che si nascondeva oltre quel portone avrebbe segnato l’inizio di una nuova Era. La sua.

Un colpo, un altro. La superficie vacillò, sospinta da una forza invisibile, inarrestabile. Parte del suo potere, un giochetto rispetto a ciò che era davvero in grado di fare. Non avrebbe retto a lungo, giusto qualche altro colpetto. Qualcuno dall’interno, però, anticipò l’inevitabile.

«Lasciate che entrino: sono stufo di questo trambusto!»

Affermò una voce autoritaria, seguita da una serie di voci che testimoniavano un pieno dissenso. Nulla in grado di fargli cambiare opinione, in ogni modo. Il portone si spalancò subito dopo, rivelando un salone ampio quanto un campo da calcio. Due file di colonne parallele intarsiate di diamanti e pietre preziose conducevano ad un Trono tutt’altro che austero, di un porpora regale, rialzato di alcuni gradini. Intorno, un bianco immacolato, Angelico, annebbiato da un ristretto numero di Guardie schierate fianco a fianco in una sorta di compagine difensiva. Indossavano armature placcate di un materiale sottile e riflettente, elmi ovali che sfoggiavano ghirigori intarsiati in puro oro. Sulle spalle, rese imponenti dal tronco placcato, spiccavano ali metalliche innestate artificialmente sul dorso, in netto contrasto coi lunghi tridenti impugnati con fare minaccioso. Uno spettacolo minaccioso se non si fosse trattato di creature di infimo livello, indegni nemmeno di incrociare il suo sguard

«Non muoverti o..!»

Osò asserire uno di loro, il più vicino. Non ebbe modo di terminare la frase. Con un movimento fulmineo Alada lo trafisse al torace, uccidendolo sul colpo. La stessa sorte toccò all’intero gruppo, colto alla sprovvista dalla sua dimostrazione di superiorità. Il sangue schizzò in ogni dove, deturpando il marmo della stanza, da sempre considerato sacro.

«Cosa significa questo, Alada?»

Affermò la creatura seduta sul Trono, una semplicetunica di lino indosso ad un corpo dai tratti decisi, la muscolatura massiccia di un guerriero avvezzo alla guerra. Illevil, uno dei quattro Serafini. Il suo obiettivo.

«Che è finalmente giunta l’Era del cambiamento.»

Rispose Alada, una punta di incertezza in un timbro altrimenti privo di emozioni.

«Non posso crederci: intendete davvero usurpare il Trono del Principe? Questa è follia, Alada e dovresti saperlo!»

Sbraitò Illevil, ergendosi dietro sei paia di ali che gli donarono le sembianze di un gigante, illuminando ogni anfratto della sala con una luce intensa quanto quella di un corpo celeste.

«Il Principe è solo l’eco del passato. Dovresti averlo capito: ha lasciato il suo Trono da tempo immemore, abbandonandoci al nostro destino. È giunto il momento che sorga un suo successero e quest’oggi verrà fatto il primo passo in tal senso. Uno tra noi Decadrà, fratello mio. E non sarò io.»




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