La
sera portava in sé la quiete.
Il silenzio dell’autunno, rotto soltanto dal fruscio del
vento e
dal crepitio delle foglie cadute a terra, assieme allo scoppiettio
della legna nel camino, era tutto ciò che riusciva a sentire
in
quel momento.
Era difficile che nell’enorme castello in pietra non ci fosse
alcun rumore, nessun brusio di domestici né frastuoni
provenienti dalle cucine, eppure quando era ormai notte e tutti gli
abitanti si erano ritirati nelle loro stanze, quel silenzio era totale,
riempiva chi restava sveglio fin nelle ossa.
E, a quell’ora, l’unico a non aver ancora preso
sonno era il padrone della dimora.
A Enji Todoroki la notte non era mai piaciuta. Era popolata da fenomeni
che non comprendeva, per questo preferiva il giorno, quando ogni cosa
era avvolta dalla luce del sole, ed era chiara, palese. Forse era
proprio ciò che non riusciva a spiegare che lo irritava
maggiormente.
Però il silenzio gli era sempre piaciuto. Riusciva a
trovarlo
solo di notte, quando tutti intorno a lui riposavano, ed erano quelli i
momenti in cui riusciva a ragionare con maggiore lucidità.
E, nell’ultimo periodo, aveva un disperato bisogno di
riflettere.
Non era facile essere il sovrano di un regno così vasto come
il
suo, ma si era impegnato da sempre per raggiungere il suo scopo, e se
adesso era il più influente tra i governanti delle lande
circostanti lo doveva probabilmente a tutti quegli anni di sacrifici.
Il suo perenne cipiglio furioso non gli procurava grande
popolarità o affetto da parte dei popoli, ma di quello non
se ne
era mai curato troppo.
Il suo problema, tuttavia, era che tutto il potere e
l’influenza
che aveva accumulato nel corso degli anni comportavano anche gravose
responsabilità. Era onorato di farsene carico, ma
più il
tempo passava e più queste avevano cominciato lentamente a
sottrargli ore di sonno.
Così, lentamente, le sue preoccupazioni avevano cominciato a
mangiucchiargli il cervello, a togliergli sollievo e riposo, al punto
che quelle questioni di cui si occupava di giorno finivano per
riempirgli i pensieri anche la notte.
Si chiedeva quale fosse stata l’ultima volta in vita sua in
cui
si fosse sentito in pace. Con se stesso, con il regno, con il resto del
mondo. Era sempre stato al centro di un’enorme battaglia, e
ora
all’orizzonte se ne profilava una ancora più
grande.
A questo pensava, tenendo in una mano un calice di vino, mescendo
lentamente quel liquido scuro come sangue, ruotando appena il polso e
applicando lo stesso movimento al recipiente vitreo.
Da secoli, i territori del mondo erano divisi e affidati al controllo
di eminenti governanti. Nel corso degli anni, alcuni di loro erano
riusciti a conquistare e sottomettere altre regioni, annettendole a
quelle che già possedevano. I suoi vessilli ricoprivano
più della metà dei territori conosciuti, e questo
gli
aveva garantito il prestigio che aveva sempre ambito. Quando era il
momento di prendere una decisione importante, il suo parere aveva
notevole peso.
Adesso, però, si stava avvicinando qualcosa di troppo grande
e fuori dalla portata di qualsiasi monarca.
Enji portò il calice alle labbra e bevve un sorso di vino.
La
bevanda aveva un sapore intenso, corposo, e l’aveva sentita
scivolare giù per la gola.
Aveva bisogno di riflettere…
Peccato che, evidentemente, il destino non fosse della sua stessa idea.
Aveva sentito dei colpi picchiettare alla finestra, e si era ritrovato
subito ad alzare nuovamente le palpebre, sottratto dalle sue
riflessioni. Aveva ruotato il capo, lanciando uno sguardo alle proprie
spalle, ritrovandosi a intravedere una figura che ben conosceva.
Un giovane dai capelli e gli occhi dorati lo guardava,
dall’altro
lato del vetro. Si teneva le braccia strette attorno al corpo, cercando
di ripararsi dal gelo della notte, mentre sul suo volto campeggiava il
solito sorriso fin troppo scaltro.
Probabilmente chiunque altro si sarebbe spaventato nel vederlo
comparire a svariati metri d’altezza – la sala da
pranzo in
cui si trovava adesso era in uno dei piani superiori del castello
–, nel cuore della notte e soprattutto fluttuante a
mezz’aria, ma non Enji, che era ormai abituato a quasi tutte le sue
stranezze.
Comprese le grosse ali vermiglie, dalle quali proveniva la piuma che,
da qualche minuto a quella parte, aveva continuato a impattare contro
la vetrata.
Enji era stato quasi tentato di lasciarlo lì. Alla fine,
però, s’era alzato, andando ad aprire la finestra.
Se possibile, il ragazzo gli aveva rivolto un sorriso ancora
più grande.
«Buonasera, mio re», si era introdotto,
conciliante.
«Posso entrare o il mio destino è quello di
rimanere qui
fuori a morire di freddo?»
Il solito fare
melodrammatico, si era ritrovato a valutare tra
sé il re.
«Entra», aveva concesso, quasi ringhiando, con un
tono cupo.
Gli occhi del ragazzo erano stati attraversati da scintille impazienti
e, l’istante successivo, le grosse ali s’erano
mosse,
spingendo in avanti il corpo esile. Non appena l’aveva visto
entrare, pentendosi già di averglielo permesso, Enji
s’era
limitato a richiudere la finestra. Non l’avrebbe mai ammesso,
ma
effettivamente l’aria che entrava da fuori era gelida
–
l’inverno, in fin dei conti, era alle porte.
Nel mentre, il nuovo arrivato aveva attraversato la stanza saltellando,
fino a raggiungere il camino. Una volta giunto lì davanti,
restando in piedi, aveva allungato le braccia verso l’alto,
stiracchiandole pigramente, facendo probabilmente qualcosa di simile
anche con le ali, che si erano dispiegate alle sue spalle. Il calore
delle fiamme sembrava avere un effetto benefico su tutto il suo corpo.
«Mh…» Il ragazzo aveva chiuso
gli occhi, come
incantato. «Sono giorni che viaggio senza sosta, sono
esausto.
Sento tutto il corpo indolenzito, le braccia, le gambe, le
ali…»
Enji era tornato a sedersi, recuperando dal tavolo il calice di vino.
«A volte mi domando ancora perché continuo a farti
lavorare per me», aveva commentato, con aria rassegnata.
Il ragazzo aveva spostato lo sguardo subito nella sua direzione,
osservandolo con quegli occhi dorati e liquidi, sempre così
pieni di ammirazione. Ammirazione di cui, per la maggior parte delle
volte, Enji non sapeva neppure se sentirsene degno, seppure certamente
lo lusingasse.
«Come perché?», aveva domandato,
avvicinandosi al
tavolo quasi trotterellando. «Nessuno sarebbe in grado di
muoversi così rapidamente attraverso i tuoi
territori.»
Era vero. Come sempre, del resto.
Keigo Takami, questo il nome di quel ragazzino impertinente, era
entrato nella sua vita facendo un gran baccano, e vi faceva ormai parte
da diversi anni. Lo aveva conosciuto in uno dei territori
più a
ovest del regno, e sebbene la sua popolazione fosse alquanto
belligerante e non gli avesse mai giurato completamente
fedeltà,
quel ragazzino si era messo al suo servizio fin dal primo momento.
Non lo aveva mai deluso.
Keigo si era seduto sul tavolo, sottraendogli il calice di vino dalle
mani con un gesto rapido.
«Posso?»
«No.»
«Ottimo.» Il ragazzo si era portato il calice alle
labbra,
prendendo un gran sorso e assaporandolo con gusto e lentezza. I suoi
occhi dorati continuavano a fissare Enji con
quell’espressione
furba, che ogni volta finiva per farlo innervosire. «Come mai
sveglio a quest’ora tarda della notte, mio re? I soliti
pensieri che ti angustiano?»
Enji aveva sbuffato sonoramente, per poi poggiare il gomito sul
bracciolo della sedia e adagiare una guancia sul palmo della mano
aperta. Come ogni volta, era rimasto affascinato dalle ali del ragazzo.
Non era una rarità che, nel loro mondo, vi fossero creature
bizzarre, dalle più stravaganti peculiarità. Le
ali di
Keigo, però, avevano qualcosa di unico, ipnotico, ed Enji
non
era mai stato immune al loro fascino. Fin dal loro primo incontro non
era riuscito a fare a meno di restare incantato da quelle ali dalle
piume vermiglie, rosse come sangue, o come fiamme, e ogni volta perdeva
il conto del tempo che passava a rintracciare tutte le sfumature che si
rincorrevano al loro interno. Le loro capacità, poi, erano
incredibili: poteva percorrere in volo in brevissimo tempo distanze
che, per degli uomini a piedi, avrebbero richiesto forse mesi di
marcia. Inoltre, le piume erano affilate e tutto sommato resistenti, il
che le rendeva una buona arma sia in attacco che in difesa.
Non era combattere però ciò che spingeva
principalmente
Enji ad avvalersi dei servigi di Keigo. Come aveva detto anche il
ragazzo, nessuno riusciva a muoversi tanto rapidamente quanto lui e, se
si trattava di viaggiare attraverso territori vasti come quelli in
possesso di Enji, allora Keigo era la persona che faceva al caso suo.
Poteva portare in quei luoghi messaggi in tempi straordinariamente
brevi o, come in questo caso, recapitarli al suo re.
«Non ti offro vitto e alloggio per divagare», aveva
tagliato corto. «Dimmi quello che hai scoperto.»
«Dritto al punto come al solito, eh?», aveva
commentato il
ragazzo. Aveva posato il calice – sul quale si era premurato
di
poggiare le labbra nello stesso punto di quelle del suo re –
sul
tavolo, dopodiché era sceso e aveva mosso alcuni passi
attraverso la stanza. «D’accordo. Purtroppo non
porto buone
notizie. Come sospettavamo, le voci che parlano di nemici in
avvicinamento al confine nord del regno sono vere. Dapprima si sarebbe
trattato di pochi elementi di scarsa rilevanza, ma col passare del
tempo si sta tramutando in un gruppo più organizzato, al
momento
impegnato a stringere alcune alleanze.»
Le preoccupazioni erano subito tornate ad affacciarsi nella mente di
Enji. Aveva sentito parlare di persone dalla forza straordinaria ordire
una ribellione nei suoi confronti, e temeva che, seppure fosse riuscito
a radunare un numero di uomini superiori a quello dei nemici, le loro
forze non sarebbero bastate a sopraffarli.
«Non è tutto», aveva ripreso Keigo, con
un tono
grave così insolito per lui. «Alcune delle persone
con cui
ho parlato mi hanno detto di aver sentito che la loro intenzione
è quella di attaccare prima che l’ultima neve si
sciolga.»
Il volto di Enji s’era incupito maggiormente. La primavera
sembrava così lontana, ora che il lungo inverno era alle
porte
ma il mite autunno non gli aveva ancora lasciato del tutto il posto,
eppure, se pensava a tutto quello che c’era da preparare per
scampare a un assedio, a una battaglia, a qualsiasi scenario avesse in
serbo per loro il destino, il tempo che rimaneva a loro disposizione
gli sembrava così poco…
Keigo si era voltato, turbato dal silenzio del re. Si era aspettato,
conoscendolo, che gli avrebbe subito impartito degli ordini, delle
disposizioni su come muoversi, magari gli avrebbe chiesto di viaggiare
fino a qualche regno vicino per convocare degli alleati, oppure di
organizzare le difese del palazzo. Invece, cercandolo con lo sguardo,
lo aveva trovato ancora immobile sulla sedia, pensieroso,
l’espressione corrucciata.
Keigo aveva riflettuto, ritrovandosi a constatare che non
l’aveva mai visto così preoccupato.
Il ragazzo, che, mentre camminava, era tornato a fermarsi davanti al
grande camino che la stanza ospitava, era tornato indietro sui propri
passi.
«Mio re», l’aveva richiamato gentilmente,
inginocchiandosi dinanzi a lui, quando si era ritrovato nuovamente al
suo cospetto. «Non tormentarti con questi pensieri, non
stanotte.
Domattina avremo modo di riflettere su quale sia la strategia migliore
da attuare. Adesso però devi rilassarti, altrimenti non
sarai
abbastanza lucido per approntare un buon piano.»
Enji aveva posato gli occhi cerulei in quelli grandi e dorati di Keigo.
Come sempre erano luminosi, completamente votati a lui, e non vi era
traccia di incertezza. Quando diceva di non sapere perché
gli
permettesse ancora di restare a corte, Enji mentiva in primo luogo a se
stesso. Nessuno riusciva a infondergli sicurezza quanto Keigo, nessuno,
a parte lui, sembrava capirlo veramente.
Il re si era lasciato sfuggire un sospiro stanco.
«D’accordo», aveva concesso infine.
«Bene», aveva concordato Keigo. Poi, rassicurato,
il suo
sorriso era tornato a distendersi. «Anche perché
dovrai
anche organizzare un banchetto per festeggiare il mio
ritorno…»
«Te lo puoi scordare», aveva negato seccamente Enji.
Keigo aveva riso sonoramente, grato di essere riuscito ad allentare la
tensione.
notes
allora. io non so bene da dove partire.
sono... quattro anni dall'ultima volta in cui ho pubblicato qualcosa su
questo fandom? da efp invece manco da quasi un anno. oddio, ma me lo
ricordo ancora come si usa l'editor? spero sia una di quelle cose che
non dimentichi una volta imparate, tipo andare in bicicletta--
comunque hello,
io sono aria, nice to
meet ya! se mi conoscete già, io vi chiedo
perdono per essere di nuovo qui a infestarvi con il mio disagio.
prima di tutto ci tengo a precisare che sono la persona meno costante
del mondo, ed è un dramma, soprattutto quando si decide di
partecipare al writober. una storia al giorno per tutto il mese, la
sfida è cominciare il primo di ottobre e arrivare fino in
fondo,
al trentuno. in teoria è fattibile, se uno pensa "dai, mi
scrivo
trentuno drabble, al massimo delle flash, e il gioco è
fatto",
ma no, signori, a noi qui piace complicarci la vita, per cui via di
long strutturata, con capitoli tutti collegati tra loro e di minimo
mille più
o meno parole ciascuno. sì, mi voglio molto
bene, debbo dire.
tra l'altro probabilmente sto azzardando ancora di più
perché avrei potuto scrivere su altri fandom su cui ho
lavorato
di recente, ma no, my hero academia, per di più con due
personaggi su cui difficilmente qualche anno fa avrei potuto immaginare
di fissarmi.
perché? oh, non chiedetemelo, non l'ho ancora capito con
esattezza neanch'io. la mia vita stava procedendo tutto sommato
tranquilla – nah, in
realtà quel periodo era un gran bel casino –
quando all'improvviso, sei mesi fa, boom,
congiunzione astrale favorevole e io sono finita perdutamente
innamorata di loro. cioè, principalmente di hawks,
calpestami
signore mio-- aehm.
fatto sta che me li ritrovavo –
no, forse è più corretto dire me lo ritrovavo,
tanto il colpevole dell'efferato misfatto è principalmente
il polletto
(cit) alato – dovunque.
su twitter, nella vita reale... quindi boh. in sostanza ho ripreso a
leggere il manga e adesso mi sono fissata ancora di più. voi
non
lo sapete, ma mentre sto scrivendo queste note mi è venuta
una
risata nervosa. è da una vita di tempo che vorrei parlare di
loro sul mio account twitter, perché veramente, pensarci
è l'unica cosa che mi rende felice ormai. mi hanno tirata
fuori
da un periodo orrendo, ma mi mordo costantemente la lingua e mi dico
"no, dai, lascia stare, non scatenare flame assurdi a caso". e quindi
niente, tutto imbottigliato dentro fino ad ora. assurdo, eh?
però sono felice di essere "uscita allo scoperto" col
writober.
sì, buttarmi per la prima volta a scrivere su di loro una
storia
tutto sommato lunga okay,
non è del tutto vero, ho già scritto altro, solo
che non l'avevo pubblicato è una follia, ma in
un certo senso sento che a loro lo devo.
tornando a noi, forse quello di oggi è uno dei prompt che ho
centrato di più partiamo benissimo.
ne approfitto anche per dire che, al momento in cui sto scrivendo
queste note, la storia non è ancora finita. nella giornata
in
cui questo prologo sarà online conto di aver raggiunto i
venti
prompt stilati (foreshadowing?), per cui poi dovrò
proseguire
scrivendo/editando/pubblicando contemporaneamente. ho l'ansia e il
terrore di non riuscire a concludere niente, però la trama
c'è, la voglia d'impegnarmi nel progetto pure, quindi boh,
speriamo bene. also sì, parlando della trama tornare con
un'au
non era esattamente quello che avevo in mente, ma okay, magari
più avanti ci sarà modo di rifarsi.
questa sarà la storia più lunga che io abbia mai
pubblicato, ora che ci penso. e mi dispiace un sacco (sì out
of
the blue) di aver sostituito endeavor-san
e number
one con mio
re, ma temo fosse più azzeccato al contesto.
vbb, per adesso mi fermo qui per non straparlare. vi avviso che in
questi angoletti potrebbero esserci spoiler sulla trama del manga,
visto che sto seguendo le uscite e magari il giovedì qualche
sclero a caso mi parte. con la storia invece andate tranquilli, ho
adattato all'universo alternativo alcune cose canoniche ma si tratta di
roba che comunque si sapeva già da tempo, per cui non ci
dovrebbero essere problemi. in ogni caso, per gli spoiler qua sotto
metterò accurati disclaimer, tranquilli.
grazie a tutti quelli che decideranno di seguirmi in questa follia, e
grazie soprattutto a fanwriter.it che come al solito indice iniziative
spaziali (era dalla writing week che non partecipavo, mi siete mancati,
dannati). ci vediamo domani sera –
ah, sì, uso
la lista in cui si pubblica di notte. l'ho già detto che mi
piace complicarmi la vita, sì?
see ya
aria
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