Di un gelato crema e stracciatella la colpa fu

di Yurippe
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“Aah, non c’è niente di meglio di un bel gelato in questa giornata primaverile!”

Serena Belzenia uscì tutta felice dalla gelateria Crucchi di Roma, con un bel cono gelato crema e stracciatella

In quella giornata calda di metà aprile la giovane si era recata in biblioteca per studiare storia, scienze e tedesco, tre bei mattoni. Come ogni anno i prof del Liceo Linguistico Visconti di Roma si svegliavano da aprile in poi dal letargo in cui parevano essere stati durante tutti gli altri mesi dell’anno, riempiendoli di verifiche e interrogazioni a tutto andare, tre mesi di stress erano quelli, altro che relax!

In questo modo, la giovane si ritrovava a studiare tutti i giorni non appena arrivava a casa e anche tutto il weekend, senza sosta e quasi dimenticandosi di mangiare, fino a che uno dei genitori non la trascinava a tavola per i capelli, senza contare le volte che si era addormentata sui libri.

Anche quel venerdì pomeriggio, come ogni giorno, si era recata in biblioteca per studiare, ma, dopo cinque ore filate di studio intenso aveva deciso che per quel giorno aveva ripetuto abbastanza.

Così aveva preso baracca e burattini ed era corsa in gelateria, per comprare una gustosa merenda.

Serena non era mai stata la prima della classe, però se la cavava e dava del suo meglio, quell’anno più degli anni scorsi, dove aveva preso a studiare dal primo giorno e costantemente. In fondo quello che stava frequentando non era un anno qualunque ma era il quinto, quindi presto avrebbe avuto la maturità.

Cinque anni di liceo erano stati tanti, e nemmeno bellissimi, quindi non intendeva perdere un altro anno lì dentro, voleva diplomarsi e salutare tutti, compagni e professori.

Ma, mentre percorreva le vie del centro per dirigersi a casa, ecco che accadde il fattaccio: era appena scesa dal marciapiede per attraversare la strada, quando, un tombino, che era proprio lì davanti a lei, non venne visto dalla ragazza che ci inciampò sopra.

Nel farlo si sbilancio’, non cadde, per fortuna. Ma, accadde un'altra cosa, che forse era anche peggio: nello sbilanciarsi lo fece tutto il corpo, compreso il braccio con cui teneva il gelato che…finì rovinosamente sulla giacca di pelle del povero malcapitato di turno.

“Ma porca la miseria! stai un po’attenta, razza di deficiente!”

A urlare in quel modo tanto incazzato, quanto maleducato, era un giovane che a occhio e croce non doveva avere più di venticinque anni.  

Era un tipo mingherlino, dagli sbarazzini capelli rossi, dove posati stavano degli occhiali da sole scuri e gli occhi azzurri. Quelle due cose erano le uniche che spiccavano in tutto il nero di cui lui era circondato: a partire dal vestiario composto di giacca di pelle, dove ora, proprio al centro, stava una vistosa macchia di gelato e pantaloni con borchie dello stesso colore, inoltre, come se i vestiti non bastassero, era seduto su una grossa moto da corsa della Kawasaki, anch’essa nera.

A sentire tali parole, dette con quel tono irritante, il primo istinto della figlia di Gabriel fu quello di rispondere a tono, ma, sapeva che con certe persone non ne valeva la pena, c’era solo il rischio di abbassarsi al loro livello, o di finire in una discussione infinita o chissà cosa altro di peggio.

 Quindi optò per la soluzione diplomatica.

“Mi scusi, non l’ho fatto apposta. Vede quel tombino? Ecco, io ci sono inciampata e nello sbilanciarmi purtroppo il mio gelato è finito addosso a lei, è stato un incidente, non c’è bisogno di reagire in questo modo!”

Dopo quelle parole passarono diversi secondi di silenzio tra i due, un silenzio strano, dove lo sconosciuto dai capelli sbarazzini la fissò negli occhi, con uno sguardo strano che mise a disagio la nephlim, in quanto sembrava la stesse studiando. Come se stesse cercando qualcosa…o qualcuno.

Dopo quei dieci secondi, che parvero un eternità, il ragazzo prese parola, in maniera alquanto scocciata e sventolando una mano davanti.

“Va bene, va bene, scuse accettate. Chiudiamola qua e sparisci!”

Serena non se lo fece ripetere due volte e non avendo alcuna voglia di perdere altro tempo con quell’individuo attraversò velocemente la strada.

Ma fu quando gli passò davanti che qualcosa di strano avvenne: il ragazzo dai capelli rossi, mentre si accendeva una sigaretta, la avvertì: la grazia angelica.

Un po’ sorpreso tolse l’accendino da davanti, rimanendo con la sigaretta in bocca, per poi girarsi verso la fonte della grazia avvertita… non ci poteva credere, era la ragazzina del gelato…era lei la nephlim, l’aveva trovata!

Egli infatti non era un ragazzo normale, lui era Michael, l’arcangelo del fuoco e detentore della spada di dio.

Come mai si trovava sulla terra? Semplice: era alla ricerca della figlia di Gabriel, l’arcangelo dell’acqua e di Valentina, la reincarnazione terrena di giustizia. Insieme i due avevano dato vita a una nephlim, un ibrido tra un umano e un angelo, cosa che in paradiso era assolutamente vietata.

Michael era stato tra i primi ad andare loro contro, pur essendo Gabriel suo fratello.

I due, insieme alla bambina, scapparono, per salvarsi e soprattutto salvare il frutto del loro amore.

Diciassette anni erano passati …come poteva non averci pensato? Quei traditori si nascondevano proprio a Roma, la città eterna, aveva sempre avuto la soluzione sotto mano!

Ma ora l’aveva trovata e tuto grazie a un gelato crema e stracciatella. Mamma mia, era proprio vero che a volte erano proprio gli oggetti più impensabili a cambiare tutto.

A quel punto l’arcangelo del fuoco ghignò, per poi togliersi la sigaretta dalle labbra, e, buttando fuori il fumo, disse delle parole. Parole che avrebbero dato l’inizio al tormento per Serena e i suoi genitori:

“Finalmente ti ho trovata…Serena Belzenia!”

 





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