Darkraria, Regno di Ombre [INTERROTTA] di Mixxo (/viewuser.php?uid=405451)
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Darkraria Cap5
Toshi poté dire di sentirsi meglio solo quando, a braccetto con
Kama per sostenerla, aveva messo piede fuori dall’ospedale con le
sue gambe. Un po’ barcollante e con delle fitte al ventre ad ogni
passo, ma riusciva a camminare da solo. Respirò l’aria a
pieni polmoni, finalmente non permeata di disinfettante, o di qualsiasi
roba usassero per curarli.
Ai piedi della breve scalinata, Chariot li aveva guardati per un
istante, poi aveva salito le scale e si era messa dall’altro lato
di Kama, aiutandola a rimanere in piedi. «La confraternita dei
relitti dovrebbe stare insieme.»
In quel momento Toshi si sentì stringere il braccio da Kama.
La strada di ritorno verso casa costeggiava la zona dell'attacco della
cavia di Clare. Toshi sentì le ferite pulsare. Tra gli schiavi
che lavoravano per rimuovere le macerie e la ricostruzione, Toshi
notò qualche cristallo di quelli che erano attaccati al corpo
della comandante Galactrix.
«...Certo che è stata una scocciatura fino all’ultimo, eh?»
Chariot fece un sorriso sghembo. «Yeah, una terribile esistenza.»
Toshi si voltò verso Kama. Era assorta a fissare i cristalli
rimasti in giro. Le diede un buffetto sulla guancia. «Non ti
facevo tipa da gioielli.»
Kama scosse la testa. «Sento che sono innaturali.»
Chariot soffocò una risata isterica. «Non sai quanto.»
Improvvisamente Toshi si sentì formicolare la mano, la agitò un po’ per far passare quella sensazione.
“Sintomo delle ferite probabilmente. Dovremmo andare a casa.”
Toshi strinse per le spalle Kama che distolse lo sguardo, e si
incamminò per la strada di casa. Quando capì che i passi
che sentiva erano solo di due persone si voltò.
Chariot era ad occhi spalancati, concentrata su un punto specifico delle macerie.
«Chariot?» la chiamò Toshi. La ragazza fece qualche
passo incerto nella direzione che stava guardando, stabilizzò la
camminata ed allungò il passo.
Toshi e Kama si guardarono confusi.
«Hai idea di che cosa stia facendo?» chiese Toshi. Kama scosse la testa.
Dopo aver spostato qualche pietra, Chariot afferrò qualcosa tra
le mani. Rimase a fissarla per un momento che sembrò
un’eternità, poi si voltò: tra le mani una di
quelle strane gemme a forma di stella.
Chariot camminò lentamente verso gli altri due, occhi sulla
gemma, bocca leggermente aperta che borbottò una frase con voce
flebile.
«Chariot?»
«Ecco, ha valore, questa. Un sacco.» Chariot strinse la
gemma. «È sorprendente che Seira l'abbia tenuta con
sé fino all'ultimo...»
I due rimasero a fissare la gemma. Era bianca, con diverse striature di
azzurro, ma nei punti dove le dita di Chariot entravano in contatto era
di un color grigio-argento.
Il momento d’incanto venne interrotto da uno schiocco ed un grido di dolore seguito da un tonfo.
Toshi si girò: un giovane dall’aspetto malridotto era a
terra, senza forze per muoversi, aveva uno spesso collare nero attorno
al collo. A passi rapidi si avvicinò a lui un uomo armato di
frusta che lo guardò con aria schifata e rabbiosa.
«Che fregatura, è già andato.» Alzò
una telecomando e premette un tasto. Avvenne tutto in fretta: il suono
del metallo che tagliava la carne, la testa che rotolava via dal corpo,
la pozza cremisi che pian piano si allargava dal collo, dove il collare
metallico stava ritraendo una serie di lame che si riaprirono
lentamente rivelando la parte mozza.
«Tu pulisci e rimettiti al lavoro.» L’uomo fece un
cenno ad un altra schiava che si accucciò a terra e con mani
tremanti e singhiozzando prese il cadavere del ragazzo e con fatica
iniziò a spostarlo.
«Zitta e muoviti!»
Lo schiocco nell’aria della frusta ed il grido di dolore fecero
scuotere la testa a Chariot. «Devo andare. Scusate.»
Prima che Toshi potesse aggiungere altro vide la ragazza scappare via verso la zona portuale.
«Possiamo... tornare a casa?» Domandò Kama con lo sguardo basso.
Il resto della strada era stato silenzioso, interrotto da qualche passo più incerto che minacciava di farli inciampare.
Fermatisi davanti al cancello in ferro della dimora di Toshi, il ragazzo ci appoggiò la mano sopra.
«Certo che ci son troppi silenzi ultimamente.»
Kama abbassò lo sguardo sulla mano, provò a piegarla ma
non riuscì ad ottenere più di un lieve tremolio.
Toshi aprì il cancello per entrare nel breve vialetto.
Appoggiò l’altra mano sulla spalla di Kama.
«Ehi...»
La giovane alzò lo sguardo.
«Troveremo un modo, ok?» Toshi sorrise rassicurante.
Probabilmente più che preoccuparsi dei silenzi in sé
avrebbe dovuto preoccuparsi dei motivi del silenzio. ”Kama non
era mai stata ferma, ed ora che è forzata a rimanere a riposo
è in crisi... dovrei trovarle un modo per distrarsi? Ma
cosa?”
Kama si diresse verso la porta, poggiò la mano sulla maniglia
per entrare. Toshi la vide bloccarsi, la mano tremarle vistosamente
mentre cercava di stringere la maniglia ed infine rilassarsi. Kama mise
l’altra mano su quella dolorante che portò al petto.
Toshi passò dritto ed abbassò la maniglia. «Mia signora...» disse con un mezzo inchino.
Kama non lo degnò di uno sguardo, passò dritta a testa bassa e salendo le scale scomparve al piano di sopra.
Rimasto sull’uscio, Toshi appoggiò una mano sullo stipite.
“In effetti è difficile distrarsi se anche le azioni
più semplici sono negate.”
Entrò nella stanza. E si stravaccò sul divano del
salotto. Una nube di polvere si sollevò pizzicandogli il naso.
“Impolverato.”
Toshi starnutì poco dopo. Passò un dito sul divano. Uno strato di polvere grigiastro rimase sul polpastrello.
“Qualcuno che pulisca ogni tanto non sarebbe male nemmeno.”
Sfregò l’indice ed il pollice tra loro e si alzò
dal divano.
«Kama sto andando-»
Fermatosi sulla porta della stanza della ragazza Toshi si bloccò.
La stanza era ridotta al minimo, Kama non era tipo da possedere
più di quello che le serviva, perciò il mobilio della
camera era ridotto ad un armadio per gli abiti - o meglio, per le
uniformi – uno per l’armeria personale della ragazza, ed un
letto semplice, sul quale ora si trovava la giovane. Rannicchiata, ogni
tanto aveva dei lievi tremolii.
Toshi si avvicinò per guardarla meglio. In vita sua, era
capitato spesso di vederla dormire, teneva a fare otto ore di sonno
giornaliere, ma che ricordasse non l’aveva mai vista tremare.
Tese la mano verso i suoi lunghi capelli corvini, esitò un
istante prima di appoggiarle la mano sulla testa e darle una carezza.
Chiusasi la porta alle spalle iniziò a camminare lentamente vero l’area delle navi.
Uno schiavo. Uno schiavo era quello che gli serviva. Pulire la casa,
assistere Kama nella sua situazione, cose che una volta rientrato in
servizio non avrebbe potuto fare.
«Hmm... magari uno schiavo no.» Pensò ad alta voce.
“Se Kama non riesce nemmeno a stringere qualcosa in mano potrebbe
cercare di approfittarsene. Meglio una donna, biologicamente sarebbero
alla pari almeno.”
Accanto all’area delle navi, vi era la zona commerciale. Si
attivava quando le truppe tornavano da una missione, i soldati spesso
raccoglievano bottini di varia natura: spezie, pietre preziose,
manufatti, reperti scritti con le informazioni sulle civiltà, ma
soprattutto schiavi.
Vi era una specifica persona che si era messa davanti a tutti in
quell’ambito. Tsukihito era un giovane che sembrava lo stereotipo
del mercenario uscito da un’opera fantasy: diverse cicatrici per
tutto il corpo, una benda su un occhio, un abbigliamento composto da
una maglietta smanicata nera che lasciava in bella vista le braccia
muscolose, pantaloni larghi pieni di tasce, un paio di stivali sempre
sporchi di fango, ed un mantello nero sbrindellato negli anni.
Stava di spalle alla porta della sua struttura, sede della sua
“attività”. Braccia incrociate ed un ghigno a
metà tra il canzonatorio ed il maligno, a fissare la ragazza
poco più bassa di lui.
«Ti ho detto che per i soldati semplici e le spie di basso livello non è rimasto niente.»
«Eddai, come avresti fatto se non avessi fatto da target per il
mostro della settimana?» Chariot fece una risata debole.
«Ti ho salvato l'asta, distraendolo.»
Tsukihito fece un passo avanti sbattendo il piede a terra per
intimorire la ragazza, la quale si limitò ad alzare lo sguardo e
sorridere amichevole.
«Se ci tieni tanto ad entrare devi darmi qualcosa.» disse con un ghigno.
Chariot fece per aprire bocca, poi la richiuse.
«Hm-mh. Cosa?»
«Tua sorella qua dentro potrebbe essere molto interessante. Anche se è inutile, non passa inosservata.»
Toshi si trovò sorpreso nel vedere Cariot abbassarsi così
velocemente e spingersi in avanti, centrando l’addome di
Tsukihito con la spalla e buttandosi a terra con lui. La ragazza
alzò il pugno per sferrarglielo in pieno viso, ma quello del
giovane fu più rapido ad affondare nella pancia di Chariot,
strappandole un colpo di tosse. Tsukihito le mise la mano sul volto e
la schiacciò a terra, mettendosi di peso col ginocchio sul suo
sterno.
«Voi Shinomiya siede davvero patetiche, ma se vuoi proprio entrare potrei fartelo fare con un collare.»
Toshi batté le mani un paio di volte per richiamare
l’attenzione. «Ma se le fai altre cicatrici le fai perdere
il valore.»
Tsukihito si voltò. «Ancora vivo Kinzoku. Buon per te.
Finisco con questa nullità e arrivo.» Si avvicinò
col viso a quello di Chariot minaccioso. Spostò la mano sotto il
suo mento leccandosi e labbra.
«Le persone simili si riconoscono.» Gemette Chariot.
«A dir la verità son di fretta.» S’intromise
Toshi facendo i passi che gli bastavano per raggiungerli e poggiando
una mano sulla spalla di Tsukihito, il quale si voltò di scatto.
Toshi abbozzò un sorriso. «Non vale la pena di sporcarsi le mani per Shinomiya.»
Inizialmente Tsukihito tenne l’espressione contrariata, poi si alzò con un ghigno. «Già...»
Afferrò il polso di Chariot e la tirò su afferrandole il
collo per portarsela all’altezza degli occhi e sospesa di qualche
centimetro da terra. «La prossima volta il collare te lo metto
davvero, e ti tolgo il resto.»
Tsukihito la tirò di malagrazia ai piedi di Toshi.
«Fammi un favore, toglimela dalla vista e poi vieni dentro. Ho tenuto roba particolare te.»
Quando la porta si richiuse. Toshi si chinò davanti a Chariot e
le tese la mano. «È prerogativa delle spie mettersi nei
guai anche in casa?»
Chariot si tirò indietro la frangia e socchiuse l'occhio con la
cicatrice, gli strinse la mano. «No, credo che sia una cosa da
Shinomiya.»
Toshi la aiutò a tirarsi su lentamente. «Forse siete maledette.»
«Penso... di essere io il problema.»
«Un bel problema.» Toshi le fece l’occhiolino.
Accertatosi che Chariot riuscisse a stare in piedi da sola la
lasciò andare e si diresse verso il locale di Tsukihito.
«Non sparire, quando esco voglio parlare con te.»
Aperta la porta, Toshi si trovò davanti Tsukihito.
«Di qua. Ho una... sorpresa.»
Tsukihito s’infilo in un corridoio laterale poi scese le scale.
Il sotterraneo dell’edificio era disposto come una mostra
d’arte; solo che al posto di quadri o merci vi erano gabbie con
all’interno persone. Stazza, sesso, età, era presente di
tutto; dal fisico possente – probabilmente catturato in battaglia
– alle bambine piccole.
«Di qua.» Tsukihito passò tra le celle seguito da Toshi.
Nell’area in cui si trovano la luce era meno intensa, inoltre le
gabbie erano quasi tutte vuote come ad isolare quella in fondo.
All’interno di essa, una figura femminile appesa al muro per i
polsi, bloccati da anelli di metallo inseriti nella parete. Lo stesso
trattamento era stato riservato alle sue caviglie. Capelli indaco con
riflessi scuri, occhi grigio-azzurro.
Toshi spalancò gli occhi. “L-la principessa!”
«Tsukihito-»
Il darkrariano fece un ghigno, alzò la mano, le luci si accesero.
Alla luce la muscolatura era ben definita, lo sguardo di sfida e gli occhi affilati.
«Dovresti vedere la tua faccia Toshi. No, non è ancora
successo. La principessa è ancora al suo posto.»
Lo sguardo di panico non era scomparso dagli occhi di Toshi, anzi
l’agitazione del ragazzo era aumentata che d’istinto fece
un passo indietro e mise mano alla spada. “Avrei preferito la
principessa!”
Ricordava quel volto, quegli occhi, e nella fattispecie, le sue
braccia. Qualche anno fa quella furia della natura lo aveva caricato
durante una missione. Quando si era svegliato, era dentro una cella
della Galactrix.
La mano sull’elsa tremò per un istante, si obbligò a staccarla dall’arma e la richiuse alzandola.
«Guarda un po’ chi si rivede.» Disse cercando di metter su un’espressione canzonatoria.
La ragazza strinse gli occhi, oltre all’astio vi era della confusione nel suo sguardo.
«Ah, sai già chi è, meglio.» Tsukihito si
appoggiò alle sbarre della prigione della ragazza. «Ha
mandato quattro dei miei all’ospedale mentre cercavamo di
sbatterla dentro.»
“Ci credo.” Pensò Toshi deglutendo. “Cazzo se ci credo.”
«Ma se Darkeeper è stata ridotta in quello stato da queste
due, non mi sorprende che abbia ridotto così quelle mezze
tacche.»
Toshi distaccò lo sguardo dalla ragazza terribile per guardare in faccia Tsukihito. «Quelle due?»
Il carceriere lo indicò la cella alle sue spalle. La prima cosa
che Toshi notò fu una cascata di capelli ribelli biondi, spalle
esili strette in un’abbraccio, le mani che spuntavano dai lati
delle braccia tremavano. Stava in ginocchio in mezzo alla gabbia
qualche lieve singhiozzo si avvertiva nei silenzi del sotterraneo.
«Ohi bionda, girati e avvicinati.» disse Tsukihito.
Il tremolio della giovane divenne più evidente mentre si alzava e si voltava.
Un viso dolce solcato dalle lacrime, due occhi verdi brillante in quel momento lucidi che rimanevano bassi.
Toshi si avvicinò interessato. «Che mi dici di lei?»
«Una delle Galactrix che abbiamo catturato prima
dell’offensiva finale. Stavano scortando il figlio di un pezzo
grosso... pensare che Darkeeper sia in debito con quella
nanerottola.»
Toshi mise la mano su una delle sbarre della cella della ragazza, la
quale aveva fatto un passo indietro appena aveva appoggiato la mano
alla sua prigione «Mi ci fai parlare in privato?»
Tsukihito ghignò. «Se te la scopi subito mi devi dare un compenso per il servizio che ti fa.»
Toshi sentì la stanza tremare, la ragazza bionda trasalì.
Toshi strinse nuovamente la spada d’istinto, si guardò
alle spalle.
«Datti una calmata, ragazza-bestia!» Tsukihito
lanciò un mazzo di chiavi a Toshi mentre premeva il piede su una
mattonella con una elaborata incisione azzurra.
La ragazza bionda si voltò dall’altra parte, una serie di
lampi seguiti da gridi strozzati di dolore provenirono dalla gabbia
davanti a lei.
Toshi sentì odore di bruciato mentre apriva la cella. Fece tutto
in fretta: girare la chiave aprire e con un passo più lungo
entrare nella prigione, dando un giro alla chiave per chiudersi dentro
con la ragazza bionda.
La vide deglutire e riaprire gli occhi per fissarlo dritto in viso.
Incerto su cosa chiedere, Toshi rimase a fissarla mentre dalla cella
accanto i lampi di luce e gli stridi della corrente si mischiavano alle
grida dell’altra prigioniera.
«Avete affrontato Kama prima di finire qui?»
«Si...» Gli occhi della ragazza passarono alla sua
compagna. L’elettricità raggiungeva il corpo della
ragazza-bestia tramite gli anelli con i quali era incatenata, sembrava
stremata, aveva gli occhi socchiusi.
«...Fallo smettere, ti prego,» mormorò la bionda.
Toshi si avvicinò alle sbarre. «Se la friggi la puoi vendere solo come contorno.»
Tsukihito si voltò di scatto con sguardo irato. Alzò il
piede dalla mattonella, e tutte le scariche ed i lampi cessarono di
attraversare il corpo della schiava. Si mise le mani dietro la testa e
fece dietrofront. «Vedi di decidere in fretta.»
Toshi aspettò che Tsukihito fosse abbastanza lontano per riprendere a parlare.
«Grazie.» lo anticipò la ragazza.
Toshi spalancò un po’ gli occhi, s’infilò le
mani in tasca ed iniziò a fare avanti e indietro.
«Nome?»
«Justice. Kaho. Quello che preferisci.»
Si fermò davanti a lei fissandola. Per un istante la ragazza
tenne lo sguardo alto, Toshi ebbe il tempo di fissare il verde smeraldo
dei suoi occhi arrossati dalle lacrime, prima che li abbassasse.
«Ok, Kaho.»
Toshi le appoggiò la mano sulla spalla. La ragazza
s’irrigidì, mosse lievemente la spalla come per tirarsi
indietro. «Cosa vuoi da noi?»
Il ragazzo esitò per un momento. La trovava davvero bella
nonostante le condizioni in cui si trovava. «Sei tu che hai
ridotto Kama in quello stato?»
Kaho trattenne il respiro.
«Si.» Esalò.
«...Come?»
Chiuse gli occhi e li strinse leggermente. «Le ho sparato io. Mentre era a terra.»
«E siamo noi gli spregevoli che attaccano alle spalle...» La mano di Toshi sulla spalla si strinse per un momento.
«Non davanti a Tae,» disse con voce tremula.
Toshi batté le palpebre sorpreso. «Come?»
Kaho si strinse nelle spalle ed incassò la testa tra di esse.
«...Se devi vendicarla non- non coinvolgerla. Si limitava a
proteggerci.»
La presa di Toshi si allentò sulla spalla della schiava
«...Va bene.» Fece scorrere la mano dalla spalla, passando
al collo fino al mento della ragazza. «Quindi... siete schiave.
Prendo te?»
Kaho tirò le labbra ed annuì.
Toshi fece qualche passo indietro. «Molto bene.»
Inserì la chiave nella serratura e la fece scattare. Uscì
dalla cella e fece un cenno verso Kaho. Questa lo seguì senza
indugiare.
«Maledetto fermati!» Dall’altra gabbia la ragazza incatenata alla parete si era agitata nuovamente.
Uno dei sottoposti di Tsukihito premette la mattonella con le rune.
Nuove scariche elettriche attraversarono il corpo della ragazza.
Toshi vide Kaho girarsi un’ultima volta verso l’altra
ragazza mentre questa veniva straziata dall’elettricità.
Poi si voltò e lo raggiunse.
Toshi uscì dal negozio di Tsukihito. Kaho lo seguiva con un
collare ben stretto al suo collo ed un paio di manette ai polsi.
Toshi si fermò a metà della piazza. La mano corse
all’elsa della spada. Sfoderò l’arma e la
puntò contro Kaho.
«Ultimo desiderio?»
Kaho scosse la testa. «Dille che mi dispiace»
«Sai che è viva quindi»
«Non ho una buona mira.»
Toshi alzò la spada, Kaho rimase a guardarlo. La spada scese. Un
tintinnio metallico, la catena sottile delle manette si sgretolò
davanti alla forza del colpo.
Kaho allargò le braccia, si fissò i polsi dove le manette
erano ormai libere dalle catene. Lo guardò con le sopracciglia
aggrottate. «...Eh?»
«Anche la mia mira è peggiorata dopo che il tuo capo mi ha
spiedinato.» Toshi tirò un paio di fendenti in aria come a
saggiare la forza che riusciva ad imprimere sull’arma e quanto
potesse fare movimenti ampi prima che lo stomaco gli desse quelle
dolorose fitte che finora aveva cercato di ignorare. «Significa
che abbiamo un problema.» Frugò nella tasca recuperando un
quadratino di cioccolato incartato rimasto dall’ultimo passaggio
dal contrabbandiere e lo lanciò verso Kaho. «Con la faccia
che hai non credo rimarrai in piedi a lungo se non mangi
qualcosa.»
Il cioccolato le sbatté addosso, Kaho si chinò a recuperaro da terra. «Non... Perché?»
«Te la caveresti con poco diventando cadavere.»
Kaho rimase in silenzio.
«...Ti ho dato l’ultima cosa che avevo da parte, e mi
è venuta fame. Credo che passeremo a comprare qualcosa.»
Toshi si avviò verso la mensa, un bip
acuto ad intermittenza iniziò a sentirsi nell’aria. Toshi
si voltò. Kaho era rimasta dov’era con la bocca semiaperta
e l’aria confusa.
«Se ti allontani troppo da me salti in aria, tieni il passo.»
Note di Mixxo:
E dire che pensavo di chiudere tutto in cinque capitoli, heh...
Siamo
vicini alla conclusione della preparazione degli eventi, ormai mancano
poche "pedine" all'appello prima che il vero "gioco" inizi. Spero che
abbiate la pazienza e la voglia di proseguire questo viaggio.
Alla prossima!
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