Il nostro tempo pt.2
• N.d.A. in fondo alla pagina. Buona lettura!
Il nostro tempo
Parte 2
14
Che cosa ho fatto?
Kaito se lo
era domandato più e più volte nel corso di quei sette
anni, ma mai come in quel momento, quando mancava ormai poco,
pochissimo all'inizio
(o alla fine)
di tutto.
Sarebbe
voluto tornare indietro nel tempo, proprio nell'istante in cui aveva
dato la schiena a Ryoga, per poggiare le mani sulle sue stesse spalle e
far voltare il diciottenne che era stato verso quel ragazzino che aveva
un disperato bisogno di lui. Avrebbe voluto smuovere quelle gambe
tremanti e indirizzarle verso la giusta meta senza più alcuna
esitazione. Avrebbe voluto urlare nelle sue stesse orecchie e far
vibrare i timpani di tutte quelle azioni che non era riuscito a
compiere quella sera che, lo ricordava come se fosse il giorno prima,
aveva un buco nero al posto del cielo stellato.
(Va' da lui).
(Non esitare).
(Non lasciartelo scappare).
(Datevi una possibilità).
Alla fine,
però, aveva ceduto all'arrendevolezza, lasciandosi andare nel
senso opposto. Si era allontanato da Ryoga pensando fosse un addio,
credendo di porre la parola “fine”
a tutto quanto ancor prima che sbocciasse, quando invece la sua vita si
era tramutata in sette anni di agonia. Quando tornava a Heartland City
per le festività o le brevi vacanze estive, era come se Ryoga
non esistesse: lui non si faceva vedere mai e Kaito a sua volta non
chiedeva mai di lui, nonostante Yuma avesse tentato più e
più volte di renderlo il fulcro di diverse discussioni – e
in ogni caso finiva comunque per informare Kaito riguardo più o meno tutto
–, non lo cercava mai né lo aveva mai chiamato di sua
spontanea volontà.
E allora quelle tre parole
(“Sei un codardo”)
trovavano un
saldo appiglio da qualche parte nella sua mente, riecheggiando in una
nenia sfiancante dal retrogusto acido della verità: era vero,
era proprio un codardo. Aveva paura perché sapeva di aver
commesso un errore imperdonabile, forse anche irrimediabile e,
più di ogni altra cosa, aveva realizzato che sette anni
addietro, nonostante lo volesse, non si sentiva ancora pronto.
E che tra loro, l'unico veramente pronto era Ryoga. Era sempre stato
lui, col suo voler sovrastare ogni scoglio e ogni montagna con
tonnellate di caparbietà tipiche dei ragazzini della sua
età.
Kaito aveva
ricominciato a camminare già da un po', avvicinandosi sempre
più al punto di incontro – il locale sulla spiaggia e la
musica che si diffondeva nell'aria erano sempre più presenti nel
suo campo percettivo.
A un tratto
si domandò se avessero potuto farcela davvero, sette anni
addietro, se solo lui non se ne fosse andato in quel modo. Magari
nell'ultimo inverno ormai passato avrebbero già festeggiato il
loro settimo anniversario. Ryoga non avrebbe avuto la febbre e
sarebbero usciti la sera, perdendosi per le vie di Heartland City
illuminate da infinite stelle cadute per sbaglio sulla Terra. Durante
la primavera Ryoga lo avrebbe trascinato di peso all'acquario della
città e, anzi, perché no, magari tutte quelle creature
marine le avrebbero potute vedere dal vivo da qualche parte nel mondo, solo loro due, durante le vacanze estive.
(Quanti “Ti amo” avrebbero potuto dirsi in sette anni?)
(Quante volte avrebbero potuto baciarsi, abbracciarsi, litigare per poi fare pace e prendersi in giro?)
(Quanto tempo avevano perso senza più avere modo di riavvolgere
il nastro e tornare al momento in cui tutto era finito per invertire la
rotta e farlo diventare il loro bellissimo punto di inizio?)
Aveva sbagliato tutto. Tutto, tutto, tutto.
Aveva sbagliato ogni cosa. Aveva trascorso gli ultimi due anni
all'estero e l'unico bagaglio culturale che si era portato a casa era
la consapevolezza che una vita senza Ryoga lo stava pian piano
uccidendo.
Aveva fatto
ritorno a Heartland City con l'intenzione di restare, questa volta per
davvero. Aveva terminato gli studi, era pronto per affacciarsi al mondo
del lavoro e voleva ripartire proprio da lì, perché le
opportunità c'erano e non aveva più motivo di ignorare il
volere del suo cuore spaccato a metà.
Se Ryoga
avesse ribaltato la situazione e gli avesse detto che era ormai troppo
tardi anche solo per provarci, lo avrebbe accettato.
Se Ryoga
avesse acconsentito a incontrarlo solo per dirgli che dopo sette anni
era ormai inutile avere dei ripensamenti, che lui era già andato
avanti da un pezzo con la propria vita e che non era minimamente
interessato a dare al loro rapporto una possibilità, Kaito lo
avrebbe capito e se ne sarebbe fatto una ragione. Dopotutto,
era stato il primo tra i due ad aver sbagliato e non aveva motivo
alcuno di opporsi alle decisioni prese da Ryoga.
E se proprio
doveva essere onesto, c'era una microscopica parte della sua coscienza
che sperava ardentemente in questo: che almeno Ryoga fosse andato
avanti, dimostrandosi più forte di lui. Che non avesse atteso
sette anni invano, cercando qualcuno che non arrivava mai… ma
che era arrivato ora.
Kaito si
fermò, guardandosi intorno. Era finalmente giunto a
destinazione. C'erano diverse persone che non conosceva, alcune
che stavano entrando nel locale e altre che stavano uscendo per sorseggiare i
drink fuori, magari a un tavolo o in riva al mare. E poi… e poi c'era Ryoga.
Intento a
fumare una sigaretta mentre, di fronte a lui, Yuma gli stava
raccontando qualcosa in maniera concitata con un cocktail in mano che
oscillava pericolosamente da una parte all'altra – e tra una
sorsata e l'altra.
Ryoga,
notò Kaito, annuiva sempre prima di prendere una boccata di
fumo, sinceramente interessato a ciò che Yuma gli stava
sciorinando senza mai fermarsi e poco ci mancò che ciò
che restava del cocktail gli si rovesciasse addosso, rovinando la
t-shirt rossiccia che indossava. Poi Ryoga lo bloccò, buttando
il mozzicone direttamente nel bicchiere e
(«Shark, non lo avevo ancora finito!»)
(«Ma va, è rimasto solo il ghiaccio» – e
sì, sghignazzava ancora allo stesso modo)
Yuma
alzò gli occhi al cielo, incrociando lo sguardo con quello di
Kaito nel momento in cui li riabbassò, bloccandosi
definitivamente. Aprì la bocca più e più volte,
senza però articolare alcun suono. Un baluginio di
felicità si riflesse sul suo volto contornato ancora da
un'espressione incredula, come se fosse stato ritratto nella tavola di
un manga. Ryoga gli sventolò una mano davanti al volto, cercando
di riportarlo alla realtà, ma Yuma gli afferrò il polso,
facendo un segno col capo in direzione di Kaito.
Fu lì
che Ryoga si voltò, accorgendosi finalmente di lui. I suoi occhi
blu scuro si sgranarono in un meraviglioso slow motion, come un buco
nero che inghiotte una stella riducendola in polvere.
(Era bellissimo).
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Kaito aveva smesso di articolare pensieri sensati nella mente da quando aveva visto Ryoga
(da quando aveva realizzato che non era più il ragazzino di sette anni addietro).
Il Ryoga
ventunenne era più muscoloso e più alto di una decina di centimetri, aveva i
capelli un po' più lunghi – in quel momento legati in una
coda alta –, aveva uno squalo tatuato sul braccio sinistro,
indossava una collana con il dente sempre di uno squalo – e forse
della stessa specie tatuata – come ciondolo e, forse, aveva anche
un piercing alla lingua.
Il Ryoga
ventunenne si portava sicuramente appresso degli strascichi di
ciò che era stato un tempo, ma erano ben celati sotto la canotta
nera e i pantaloni chiari.
(C'erano strati e strati e strati di cicatrici invisibili, là sotto).
(Invisibili, ma che facevano comunque un gran male).
Kaito lo
osservò mentre si riprendeva dallo stupore iniziale e, dopo aver
alzato gli occhi al cielo a causa dei continui incoraggiamenti da parte
di Yuma – il quale era, con ogni probabilità, il
più agitato fra i tre –, avanzare verso di lui, con le
scarpe che affondavano un poco nella rena e le mani che affondavano
altrove, nelle tasche dei pantaloni.
«Ehi» disse Ryoga, fermandosi a pochi passi da lui.
«Vuoi bere qualcosa o preferisci evitare di vedere Yuma
collassare da un momento all'altro?»
(Ovvero: ci allontaniamo da qui che forse è meglio, che ne dici?)
(E sì, aveva un piercing alla lingua).
Kaito abbozzò un sorriso. «Sì, credo sia meglio lasciare in pace Yuma».
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'Cause without you I'm a disaster
(The moment you go)
And you're my ever after
(Just thought you should know)
Camminarono per qualche minuto nel mutismo più assoluto,
allontanandosi pian piano dal locale, dai cocktail e dalla musica
estiva. Erano alla ricerca di un posto tranquillo perché, ne
erano consapevoli entrambi, i marosi che si stavano scatenando dentro
di loro facevano già abbastanza frastuono.
Sembravano
estremamente tranquilli, se osservati da un'occhiata superficiale,
apparendo come due persone qualunque che camminavano in riva al mare.
Due amici. Due conoscenti. Due perfetti estranei.
Ryoga si
bloccò all'improvviso, decretando silenziosamente di aver
raggiunto una distanza soddisfacente da tutti i rumori del mondo.
C'erano solo le piccole e timide onde del mare a creare un sottofondo
quasi soffuso che si miscelava con il venticello serale che sbuffava
ogni tanto. Erano arrivati a destinazione. E Kaito si fermò con
lui.
«Vedo che non sei cambiato di una virgola in questi sette
anni» disse Ryoga, le mani sempre affondate nelle tasche dei
pantaloni. «A parte l'altezza, intendo. Sei sempre tutto d'un
pezzo».
«Tu invece sei cambiato molto rispetto a sette anni fa»
rispose Kaito, come se si fosse incantato a osservarlo.
«Già, credo di essere cresciuto.
Anche se resto comunque più basso di te». Nel dire
ciò, Ryoga gli si avvicinò, annullando la distanza tra i
loro corpi di pochissimi centimetri. «Sette anni fa arrivavo
più o meno qui» proseguì, liberando una mano per
sfiorargli le labbra con le dita.
Kaito
trattenne il respiro. Ora Ryoga riusciva a guardarlo negli occhi senza
dover necessariamente alzare il capo – e Kaito abbassarlo.
Diamine, era davvero cresciuto.
Ryoga
compì qualche passo indietro e dal suo sguardo Kaito comprese
che lo stava facendo a malincuore. «Comunque,» riprese il
discorso, il braccio che penzolava lungo il fianco, «Yuma mi ha
detto che hai terminato gli studi».
«Sì».
«E che hai vissuto due anni all'estero. A Londra, se non erro».
«Esatto. Tu, invece? Come procedono gli studi in Biologia?»
«Tutto bene. Immagino che Yuma ti abbia anche riferito che l'anno
prossimo inizierò la specializzazione in Biologia Marina».
«Sì. Mi ha anche detto che inizialmente eri indeciso se
frequentare l'università o aprire una palestra».
«Perché ho la sensazione che Yuma abbia raccontato vita,
morte e miracoli di entrambi senza che noi gli chiedessimo nulla?»
«Perché è esattamente quello che ha fatto».
A
quell'affermazione risero entrambi. E quando Kaito rivide dopo tanto
tempo Ryoga ridere, capì ancora una volta perché si fosse
innamorato di lui sette anni addietro. Ryoga pareva una creatura
sospesa tra gli abissi e l'universo; un'entità più unica
che rara dagli occhi freddi che, paradossalmente, ardevano di passione.
Ryoga era bellissimo. In ogni suo più piccolo pregio e in ogni
suo più grande difetto.
«Yuma mi ha anche detto che sei tornato e che hai intenzione di restare».
Kaito smise
di ridere, tornando a guardarlo con serietà e ritrovando nello
sguardo di Ryoga tutta la consapevolezza di cui erano pregni i suoi
occhi. «Sì, è così» confermò
infine, avvertendo la gola fattasi improvvisamente riarsa.
«E in questo tuo restare… che cosa c'è?»
(Ci
sei tu. Solo e soltanto tu. Perché questi sette anni senza di te
sono stati un inferno e ho capito che non posso vivere un altro giorno
in più senza starti accanto. In questo mio restare ci siamo noi.
C'è il nostro tempo).
Per un
attimo il mare notturno sparì, la rena si dissolse e il cielo si
tramutò in un buco nero che aveva inghiottito ogni stella. Per
un attimo Kaito tornò a sette anni addietro, davanti al Ryoga
quattordicenne che a modo proprio lo stava implorando di rimanere
lì, di non andarsene, di dare al loro amore una
possibilità. Si perse in quegli occhi spenti, in quelle gambe
tremanti, in quel corpo annichilito dalla febbre. E il cuore si
incrinò.
«C'è l'unica persona che non ho avuto il coraggio di tenermi stretta sette anni fa».
«Capisco».
Ryoga chiuse gli occhi, inspirando a fondo l'aria salmastra. E poi riprese a parlare.
«Durante le superiori per un po' ho frequentato una
ragazza» ammise. «Penso che sia una tra le poche cose che
Yuma non ti abbia detto, forse per non impensierirti».
Aprì lentamente gli occhi, lasciando scivolare ogni parola
pronunciata in un flusso di ricordi sbiaditi e contorti.
«Comunque, era una mia compagna di classe. Molto carina, devo
dire. Ci ho provato, sai? A prenderla per mano, a baciarla, a farle
qualche sorpresa, a lasciarmi tutto alle spalle…
niente. Niente di niente». Si morsicò il labbro inferiore
prima di proseguire: «Al primo anno di università ci ho
riprovato con un mio compagno di corso. Mi trovavo bene con lui e
credevo che tra noi due potesse funzionare. Finì tutto al
secondo appuntamento: mi disse che avevo perennemente la testa altrove
e che lo aveva già notato da un po', come se non facessi altro che pensare a un'altra persona anche in mezzo a un sacco di gente. Non aveva poi tutti i torti… anzi, aveva proprio ragione».
La piccola
parte di Kaito che fino all'ultimo aveva sperato che almeno Ryoga fosse
andato avanti con la propria vita si frantumò in mille pezzi,
riducendosi in polvere. E si sentì maledettamente in colpa per
le conseguenze che la sua decisione aveva portato con sé.
Lui e Ryoga
avevano condotto due vite parallele in cui avevano continuato a
scegliersi nonostante tutto. Nonostante le innumerevoli
possibilità. Nonostante l'immensità del mondo. Nonostante
i continui silenzi e tutto il dolore che il non agire aveva portato con sé.
«Rio e Thomas stanno insieme da quasi sette anni. Certo, hanno
avuto qualche tira e molla una volta ogni tanto, però ora stanno
insieme ufficialmente. Ricordi quando ti avevo detto che Thomas non mi
piaceva? Anche se a malincuore, mi sono dovuto ricredere. Ha dimostrato
di tenerci davvero a Rio e… cazzo, ti rendi conto? Loro ce
l'hanno fatta. E nessuno mi toglie dalla testa la convinzione che ce
l'avremmo potuta fare anche io e te, sette anni fa».
Ryoga
liberò anche l'altra mano e si portò le braccia al petto,
stringendole forte, come se lo squalo dall'aria minacciosa che aveva
tatuato sul braccio potesse proteggerlo in un qualche modo. «In
tutti questi anni ho perso il conto delle volte in cui ho provato il
forte impulso di cercare il tuo numero in rubrica e chiamarti o
inviarti un messaggio. Per dirti cosa, sinceramente non lo so, forse
anche solo per mandarti a quel paese e sfogare su di te tutta la mia
frustrazione e il mio dolore».
Si fermò un istante e Kaito notò le sue labbra tremare.
«Ma che dico… in realtà so bene cosa ti avrei
detto. Ti avrei chiesto di tornare, perché senza te…
cazzo, senza di te la mia vita è un disastro. E nonostante tutto, ho sempre avuto paura di chiamarti. Mi sono sentito così stupido… così piccolo…»
Ryoga si strinse maggiormente in quell'abbraccio vuoto, quasi volesse
diventare un tutt'uno col mare che si inscuriva sempre più, e
una lacrima solitaria gli solcò il volto. «Quando oggi pomeriggio ho
ricevuto il tuo messaggio, non potevo crederci. Ho
provato così tante emozioni in una volta sola che forse devo
ancora metabolizzarle del tutto. E ora tu sei qui. Sei qui e mi hai
detto che sei tornato per restare. E che il motivo di tutto ciò
sono io».
Kaito lo
aveva ascoltato per tutto il tempo senza mai interromperlo. In fondo
Ryoga se lo meritava: aveva bisogno di dirgli tutto quello che era
sempre rimasto sepolto sotto strati e strati e strati di dolore ed
emozioni taciute. Aveva bisogno di esporsi senza più riserva
alcuna e senza più provare alcun senso di disagio o
inadeguatezza.
(Aveva bisogno del suo tempo. E Kaito glielo avrebbe concesso senza mai fiatare).
Ogni sua
parola aveva la potenza di un bombardamento aereo pregno di
emotività repressa in procinto di esplodere. Ogni bomba che si
schiantava al suolo era in grado di sconquassargli le pareti del cuore
e farlo vacillare sempre più.
Anche lui
era cambiato. Non solo Ryoga, non solo quel ragazzino che a quattordici
anni aveva già le idee molto chiare riguardo a tante cose. Anche
Kaito era cambiato. Lo sentiva.
Ne era certo. E lo era perché aveva ormai compreso che era
impossibile cambiare il passato, che continuare a guardarsi indietro
era completamente inutile. Che ciò che non erano stati sette
anni addietro probabilmente avrebbe continuato a portare con sé
tanti strascichi costellati da lividi e cicatrici e lacrime, ma poteva
ancora avanzare, arrancare se necessario, e un giorno si sarebbe retto
in piedi da solo e avrebbe trovato la forza di correre lontano,
esplorando quel mondo che aveva sempre tenuto un piccolo spiraglio
aperto in attesa del suo arrivo.
Ciò che non erano stati sette anni addietro c'era ancora. Era ancora vivo. E lui non voleva perderlo. Non più. Perché lo aveva perso per tanto, troppo tempo.
«Kaito». Ryoga lo guardò dritto negli occhi, la
lacrima solitaria ancora fresca sul suo volto e l'abbraccio vuoto ormai
dissolto – le braccia ora ricadevano lungo i fianchi, stanche di
proteggere un cuore già tanto martoriato. «Io ho
paura».
Kaito
compì il primo passo verso di lui. Vedendo che Ryoga non
indietreggiava e non opponeva alcuna resistenza, compì anche il
secondo e poi il terzo, arrivando a pochi centimetri di distanza dal
suo corpo, dal suo cuore, dalla sua anima, da tutto ciò che
rendeva Ryoga la persona che amava.
Gli asciugò la lacrima solitaria con dita ferme e sicure
(nessuna esitazione, non più)
e ricambiò il suo sguardo.
Poterlo
toccare nuovamente dopo tanto tempo gli bruciò le interiora.
Lasciò la mano lì, poggiata su quella gota bagnata da una
nuova lacrima e gli domandò: «Di che cosa hai paura?»
Ryoga si umettò le labbra, si prese il suo tempo
e finalmente rispose: «Che un giorno te ne andrai via di nuovo. Che tutto ciò sia solo una parentesi. Che abbiamo
aspettato così tanto per niente». Chiuse istintivamente
gli occhi, nel vano tentativo di ricacciare indietro tutte le lacrime
che ancora non aveva versato. E il suo intero corpo fu scosso da
brividi famelici e beffardi. «Di tutto. Ho paura di tutto.
Perché l'unica certezza che abbiamo ora è il fatto di non
avere certezze per noi e per il nostro futuro».
Vedere Ryoga in quello stato
(così fragile e annichilito)
fu un duro colpo, per Kaito.
Quanto aveva
dovuto sopportare nel corso degli anni? Sotto quanti strati di corazza
spessa e dura aveva dovuto nascondere tutta la sua emotività?
Era davvero andato avanti così, per tutto quel tempo, con la
consapevolezza ormai certa che non avrebbe mai amato qualcun altro allo
stesso modo?
(Che cosa ho fatto?)
«Ryoga, guardami». Ryoga riaprì gli occhi e Kaito
lasciò scivolare le braccia lungo i suoi fianchi, poggiando poi
la fronte contro la sua. «Mentirei se ti dicessi che sette anni
fa non ho avuto paura di ciò che provavamo l'uno per
l'altro» sussurrò. «Questo perché non ho dato
il giusto peso ai tuoi sentimenti, cosa di cui mi pento ancora oggi.
Pensavo davvero che la tua fosse solo una cotta adolescenziale,
qualcosa di passeggero… e intanto continuavo a credere di essere
il più maturo fra i due e che avrei saputo gestire la
situazione, ma non è stato così. Anzi, ho solo peggiorato
le cose». Le mani ora vagavano sulla sua schiena, nel tentativo
disperato di sorreggerlo
(per tutte le volte in cui Ryoga aveva avuto bisogno di lui e lui non c'era stato).
Kaito
avvertì un groppo formarsi nella gola. Deglutì a fatica,
si fece coraggio e proseguì: «Questi sette anni senza di
te sono stati un disastro. Ho
conosciuto tante persone, ho creduto fermamente che sarei potuto andare
avanti con la mia vita, ma la verità è che quando
realizzavo che nessuna persona era te,
tornavo sempre al punto di partenza. Anche io ho provato spesso il
forte impulso di chiamarti… e anche io ho avuto paura ogni volta
delle conseguenze. Speravo che in questi anni almeno tu fossi riuscito
a voltare pagina e che l'unico rimasto indietro fossi io, come una
sorta di karma che avrei accettato senza opporre resistenza… ma
adesso ho davvero capito di aver sbagliato tutto, ogni cosa, sette anni
fa. Mi sarei dovuto voltare verso di te e non darti le spalle. Avrei
dovuto raggiungerti e stringerti come sto facendo ora. E avrei dovuto
dirti che era già il nostro tempo».
Erano
talmente vicini che ogni tremito valeva il doppio, ogni sospiro si
confondeva e si ammassava ai suoi simili e ogni lacrima versata avrebbe
potuto coprire l'intero oceano. Erano talmente vicini che tutto, in
quel piccolo mondo che si stava costruendo pian piano, pareva
più chiassoso e amplificato.
«Sono davvero tornato per te. Avrei accettato ogni cosa pur di
rivederti ancora e parlarti finalmente a cuore aperto. So che le mie
parole non bastano e mai basteranno a colmare questi sette anni di
vuoto che ci sono stati, ma voglio che tu sappia che quando te la
sentirai, io sarò qui. D'ora in avanti ci sarò sempre,
qualunque cosa accada. Se hai bisogno del tuo tempo
per riflettere, io non sono nessuno per negartelo». Sciolse
l'abbraccio e si allontanò di qualche passo. «Questa volta
sono io che lascio andare te, senza però andarmene via. Ti
aspetterò. E qualunque sarà la tua decisione, la
accetterò».
Non gli
stava voltando le spalle come aveva fatto sette anni addietro. Questa
volta era sicuro delle sue scelte dopo essere finalmente riuscito a far
chiarezza dentro di sé.
Era tornato per Ryoga e lo avrebbe aspettato. Lo aveva giurato.
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'Cause I need to know your answer
(Just say you'll stay with me)
I want you to say you're gonna stay with me
(Just say you'll stay with me)
I die every day that you're away from me
«Allora ci ve–»
«Sei proprio un idiota».
Kaito sgranò gli occhi nell'udire quell'affermazione tanto secca e diretta.
Ryoga arricciò le labbra, le lacrime ancora fresche sul suo volto e le gambe che tremavano appena.
«Io la mia scelta l'ho già fatta sette anni fa»
disse con voce paradossalmente ferma e irremovibile. Annullò
ancora una volta la distanza tra i loro corpi e si parò di
fronte a Kaito, guardandolo dritto negli occhi. «E posso
assicurarti che non è mai cambiata. Sette anni fa ho detto di
voler stare con te e anche oggi, in questo preciso istante, voglio stare con te». Poggiò la fronte sulla sua, tornando esattamente a come erano prima.
«Io ti amo ancora. E se sei davvero tornato per restare, se davvero l'hai fatto per me, dimostramelo».
Qualcosa,
dentro Kaito, si sbloccò. Una consapevolezza senza fine fece
muovere le sue braccia verso Ryoga, stringendolo forte a sé. La
vicinanza dei loro corpi aveva ormai raggiunto il suo perfetto apogeo.
I loro respiri tornarono a essere un tutt'uno, le punte dei loro nasi
si sfiorarono per un istante e gli sguardi si incatenarono creando un
mondo completamente nuovo e meraviglioso.
«Anche io ti amo ancora» gli sussurrò a fior di labbra, prima di baciarlo.
(In quel preciso momento, qualcosa nell'universo esplose, ristabilendo ogni equilibrio).
18
So just say you'll promise me
Please, take me if you ever leave
My heart breaks with every beat
I die every day that you're away from me
Ryoga si
stava sciogliendo sempre più tra le braccia di Kaito. A ogni
bacio, a ogni sospiro, a ogni lacrima versata, a ogni “mi sei mancato” sussurrato con il cuore in mano corrispondeva un tassello di tutto
ciò che non erano stati sette anni addietro, un amore che stava
pian piano riemergendo dalle ceneri, un sentimento che c'era sempre
stato ma che non era mai riuscito ad affacciarsi alla finestra del
mondo per ammirare il sole.
Quella
notte, per la prima volta, loro due insieme divennero una cosa sola. Si
amarono e si lasciarono andare senza più alcuna esitazione,
senza più provare la paura atavica di essere inghiottiti da un
buco nero senza fine.
(Si erano finalmente ritrovati, riposizionandosi al loro punto di appartenenza).
La loro storia d'amore poteva finalmente cominciare.
19
Ryoga
aprì gli occhi alle prime luci dell'alba. Erano troppo impegnate
a indorare il mondo esterno con il loro calore per badare alle sue
emozioni, ma ci fu comunque un tremolio sospeso tra il cielo e la
terra, come una piccola danza, che rese il risveglio di un singolo
essere umano ancora più bello.
Cercò
di fare mente locale riguardo ciò che aveva vissuto nelle ultime
ore e, nel momento in cui avvertì la presenza di qualcuno
steso al proprio fianco, spalancò del tutto gli occhi. Il cuore
iniziò a battere celere, quasi mancassero pochi secondi a uno
scoppio impossibile da evitare, e ogni centimetro di pelle costellato
da succhiotti e piccoli morsi si scaldò, raggiungendo picchi
elevatissimi. Un placido respiro si infrangeva costante sul suo collo,
solleticandolo.
Ryoga inspirò a fondo
(Non è stato un sogno. Non è stato un sogno. Non è stato un sogno)
e si
voltò lentamente, ritrovandosi ad ammirare Kaito che ancora
dormiva accanto a lui. Il lenzuolo bianco lo copriva fino al bacino e
tutto ciò che era rimasto scoperto era un mosaico molto simile a
quello che tappezzava il corpo di Ryoga – con l'aggiunta di
qualche graffio sulla schiena, probabilmente.
Kaito era lì. Era lì accanto a lui. Era rimasto.
(Era tornato per restare).
Ryoga
incurvò le labbra in un sorriso e, dopo aver constatato che
fosse ancora troppo presto per alzarsi dal letto, si sistemò
meglio tra le braccia di Kaito, poggiando il capo sul suo petto. Chiuse
gli occhi e il coperchio del sonno si abbassò nuovamente sul suo intero corpo.
Le braccia
di Kaito si strinsero un po' più forte attorno a lui, in un
istinto di protezione dettato dall'inconscio, in un meraviglioso gesto
d'amore che non aveva bisogno di essere messo in pratica a occhi
aperti. E allora Ryoga, prima di lasciarsi completamente andare alla
sonnolenza, sorrise ancora.
Il loro tempo era arrivato.
N.d.A.
•
Cliccare su “Completa” è stato un momento davvero
particolare. Ero talmente abituata a immaginare questa storia
perennemente in sospeso che ancora non avevo realizzato di averla già conclusa da un po', ancor prima di aver (ri)pubblicato la Parte 1.
Ovviamente sono molto
felice di aver concluso anche con la pubblicazione qui su EFP,
però mi fa comunque uno strano effetto, non so bene come
spiegarmi.
•
Questa storia è sicuramente una tra quelle a cui sono più
affezionata; non è la migliore dal punto di vista stilistico,
sono la prima a dirlo, ma per quanto riguarda quello affettivo per me
ha un valore inestimabile.
Poter dare finalmente un
lieto fine a Kaito e Ryoga è stata una liberazione,
perché se lo meritavano proprio – e se lo meritava pure il
mio cervello, che per mesi ha immaginato tutti i momenti che avete
letto senza mai vederli proiettati sullo schermo del computer.
•
E a proposito, cosa ne pensate? Il loro confronto vi è piaciuto?
E la parte finale? Spero di averla resa una degna conclusione per
questa storia.
Come sempre, Without You
dei My Darkest Days fa da sottofondo per il capitolo e ci sono anche
delle parti che non vedevo l'ora di inserire – tipo che ogni
volta che le ascolto tremo, letteralmente.
Ringrazio tutti coloro che
sono arrivati fino a qui, tra chi ha letto per la prima volta questa
storia e chi, invece, ha deciso di darle una seconda possibilità
dopo essere rimasto in sospeso mesi addietro.
Grazie di cuore, davvero.
M a k o
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