Figli di un Domani Perduto

di Mercurionos
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Capitolo 24 – Il Super Torneo della Leggenda, Parte 3 – Anno 2, 13/18 Termidoro
 
Gipeto lo guardò allontanarsi, lui che indifferente si faceva strada nel mare di persone, spintonando tutti quelli che lo guardavano giusto un poco guerci. I canti e il chiasso si ammutolirono nella sua testa mentre guardava la chioma di Vegeta danzare lentamente nella calca, un’oscura, splendente fiamma nera. Forse per il caldo, forse per il baccano ottenebrante, immaginò un’armatura spuntare all’improvviso sulle spalle del ragazzo (durante il torneo, Vegeta preferiva abbandonare il corpetto, che a dispetto della morbidezza limitava i suoi movimenti, a dir suo), ma di un colore diverso da quella dell’istituto, non gialla dorata, bensì sull’avana, sopra una corazza nera, con una tuta di un blu raffinato, verso il cobalto; le gambe del ragazzo, e Gipeto era sicuro di averle intraviste nonostante la folla, vennero rapidamente nascoste da un drappo bianco di seta finemente decorata; una pesante piastra ingioiellata apparve sul suo petto, la vide chiaramente, nonostante il saiyan gli mostrasse le spalle; e infine  quell’alta figura, che non era più Vegeta, non il ragazzo che aveva incontrato l’anno addietro, si ammantò di rosso, sotto uno spesso mantello. E voltò il capo.
 
Vegeta si era sentito osservato, più del solito. Il sogno cessò, e Gipeto tornò a vedere il saiyan in mezzo alla folla strepitante, così com’era e così come lo aveva conosciuto l’anno precedente. I loro occhi, neri e neri quelli del saiyan, neri e gialli quelli del rapace, si incontrarono per un istante. Vegeta lo squadrò serio, quasi con l’intento di minacciarlo. Come faceva con tutti, d’altronde. Gipeto non diede a vedere la propria confusione, e tornò a concentrarsi sul campo di battaglia: era arrivato il momento di un nuovo scontro.
 
La giornata proseguì, vessata da un sole sempre più bollente e inesorabile, e la sezione A perse i suoi primi membri. Per pura comodità di trama, e per non rendere un vero inferno il lavoro degli animatori, i cadetti della sezione ebbero la decenza di eliminarsi tra di loro: Chidoru, che incredibilmente era riuscito a farsi notare dall’imperatore che tanto adorava, si fecce buttare fuori dal ring in pochi secondi, incapace di reagire ai pesanti attacchi di Kiwi; Radish invece, per il suo stesso stupore, mise fuori combattimento Frida, che reputava, e forse continuò a reputare, un’avversaria difficile da inquadrare per quei suoi modi freddi e distaccati.
 
Con l’arrivo della sera la calca si dissolse pian piano, ebbra per tutta l’azione a cui aveva potuto assistere. Gratis, per giunta! I saiyan si riunirono in fretta, e altrettanto velocemente svanirono in direzione dei dormitori. Qualche loro compagno, in mezzo alla confusione, fu sicuro di aver visto Vegeta complimentarsi con gli amici, e pure sorridere allegramente. Ma forse si erano sbagliati, tra la stanchezza e la calura, e neppure avevano voglia di pensare quale nefasto presagio potesse indicare un sorriso dell’irascibile principe dei saiyan.
 
Il giovedì malefico rincarò la dose: l’aria pareva aver preso fuoco. Il solo pensiero di lasciare il dormitorio fece sudare i tre saiyan. Veloci si infilarono le tute, ma l’armatura no, quella non gliela avrebbe fatta indossare nessuno, con quell’afa travolgente. Appena lasciarono l’edificio il molesto frinio degli insetti assaltò le loro orecchie. Nonostante la distanza della foresta, dietro alle colossali mura del N.I.S.B.A. e poi ancora lontana centinaia di metri, la baraonda senza fine sembrava una risposta a tono al rumore prodotto dagli spettatori delle eliminatorie il giorno precedente.
 
Passò qualche istante e nel muto cortile apparvero anche Abo, Cado, Kiwi, Mirk e un’altra cadetta della sezione A, ma sembrava che nessuno la conoscesse. Uniti ai saiyan, formarono il gruppo dei partecipanti agli ottavi di finale. A meno di Patty, che era stata eliminata dalla sconosciuta proprio negli ultimi scontri del mercoledì, si trattava delle stesse persone che avevano raggiunto gli ottavi nel torneo del primo anno. Vegeta e Kiwi furono i primi ad accorgersene, ma non seppero se essere contenti o delusi dalla cosa. Un enorme tabellone, appeso sopra al portale d’ingresso, mostrava gli abbinamenti per gli scontri del giovedì, ma non c’era nessuno in giro ad ammirarlo.
 
Poco dopo si palesò anche Gipeto che, grazie ai successi dei suoi studenti, era rimasto l’unico rappresentante dei responsabili dei club di combattimento. Non disse nulla e si limitò a indicare il cielo con lo sguardo, prese il volo, così tutti lo seguirono verso l’alto. Fu un piacere indescrivibile per i cadetti potersi librare nel cielo limpido, abbandonare la terra rovente e tuffarsi nell’invisibile frescura d’alta quota, tra flutti di vento e rari e gelidi scogli di nuvola.
 
Lo stadio apparve all’orizzonte, grande e tutto bianco, come un’isola squadrata nel mare verde. Gipeto si avvicinò al gruppo che più o meno coeso volava alle sue spalle e disse: “Gli scontri non si svolgeranno in contemporanea, quest’anno. Ci sono pervenute delle lamentele, e quindi è stato deciso di farvi combattere uno dopo l’altro. I primi a combattere sarete tu, Kiwi, e Pump. È tutto chiaro?” Annuirono tutti. Vegeta un po’ meno degli altri, Pump proprio per niente. “Benissimo.” Concluse comunque Gipeto, e a poco a poco cominciarono tutti a scendere verso il terreno.
 
“Ack! Ma qui fa un caldo terribile!” Appena usciti dagli spogliatoi, i guerrieri vennero investiti da una folata rovente. Lo stadio, sovrastato da un’enorme cupola di trasparacciaio da cui si poteva vedere chiaramente il sole, non era altro che un gigantesco forno, solo di un paio di gradi meno torrido rispetto all’esterno. Grossi ventilatori installati sopra gli spalti tentavano invano di mimare una debole brezza. Radish sollevò la maglietta e si asciugò il sudore dalla fronte.
“Piantala di fare il cretino, mostra un po’ di contegno.” Tuonò Vegeta.
Radish rispose a tono, vessato dalla calura: “E tu togliti almeno i guanti, stai grondando. Come fai a stare con i pantaloni lunghi, con questo caldo?”
“Io non ho caldo.” Disse Vegeta, mentre una pozza d’acqua cominciava a formarsi ai suoi piedi.
 
Radish e Pump, come gli altri combattenti, avevano optato per un abbigliamento più leggero del consueto. I pantaloni corti erano d’obbligo per non svenire dal caldo, e le ragazze avevano trovato negli spogliatoi un paio di mezze magliette che lasciavano scoperte la pancia. Mirk sventolava con foga aria nella propria direzione, ma si accorse presto di riuscire a produrre solo deboli folate calde. “Questa dannata fascia mi sta stretta…” Disse, e subito le due compagne la fulminarono con lo sguardo.
 
“Ehi, tocca a noi.” Kiwi chiamò la saiyan e si diresse verso l’arena.
“Dacci dentro.” La incoraggiò Radish.
Vegeta fu più preciso nel proprio consiglio: “Almeno prova a cavargli un occhio.”
“Sì, dai! – Continuò Mirk – Così se batto Abo me la gioco più facile!”
Pump li guardò storti: davano per scontata la sua sconfitta. Ma d’altronde, lei faceva lo stesso. Il pubblico però lo ignorava, e accolse con roboante clamore i due combattenti. Gli spalti erano pieni zeppi e al centro di uno dei lati dello stadio, nel bel mezzo di un palco dorato, tra ufficiali ammantellati e ammiragli accaldati, sedeva Freezer. Due omaccioni tutti agghindati sventolavano aria all’imperatore con lunghi ventagli piumati. Freezer si alzò un poco per vedere bene i primi due combattenti e alla vista della minuta saiyan non riuscì a trattenere un divertito risolino. Zarbon e Dodoria seguirono a ruota l’ilarità del padrone.
 
A Kiwi, però, non interessava affatto divertirsi, mettersi in mostra, né lasciare un qualche minuscolo grado di libertà all’avversaria: quando il commentatore decretò l’inizio dello scontro, tra gli schiamazzi degli spettatori, il combattimento entrò subito nel vivo. Si sentivano quasi soltanto i passi del ragazzo, che fulmineo attraversava l’intera lunghezza del ring in una frazione di secondo, con saette impazzite che sprizzavano dal suo corpo quasi sempre invisibile. Pump riuscì a malapena a ritagliarsi qualche istante per schivare i colpi del ragazzo.
 
Gipeto osservava la scena da un angolo accanto al ring, come gli altri giudici di gara, sotto la prima cerchia di spettatori in preda al delirio. Pump non avrebbe potuto vincere, questo lo sapeva bene, ma forse, soltanto forse, avrebbe potuto sfoggiare qualche tecnica interessante. Anche se, comunque vada – pensò l’uomo, mentre lo sfrigolio degli stivali di Kiwi sulle lisce piastrelle continuava a sentirsi chiaramente nonostante il baccano. – sarà il mio club a portare a casa la vittoria.
 
Note dell’Autore:
In questo capitolo volevo dare uno spazio particolare al signor Gipeto, che per ora mi sta abbastanza simpatico. Inoltre, i gipeti barbati italiani sono degli animali fighissimi, fanno una paura da morire! Nel prossimo capitolo, finalmente, scopriremo qualcosina di più su chi Gipeto sia davvero. O meglio, su chi fosse un tempo.
 
Perdo molto tempo, durante la scrittura, a immaginare le particolari movenze e i gesti compiuti da Gipeto, con le sue lunghe braccia piumate e le gambe corte. Fortuna che in Dragon Ball sanno volare! Altrimenti ogni tanto Gipeto sarebbe costretto a correre con il zampettio di un passerotto. Ma a voi lettori piace questo personaggio, perlomeno?
 
In ogni caso, grazie per aver letto, oh mia fedele dozzina. Spero di sentire prima o poi i vostri pensieri su questa lunga storia.
E quindi, chi è Gipeto? Non perdetevi assolutamente il prossimo capitolo!




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