Più di un pezzo di carne

di lagertha95
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Torno, dopo tanto (forse troppo) tempo, a pubblicare qualcosa. E siccome sono entrata in fissa con Shingeki no Kyojin - Attack on Titan, ma non mi sento per nulla pronta a scrivere dei personaggi dei quali vorrei, in una serata di pioggia e nervosismo questo è quello che è venuto fuori. 
Devo essere sincera, io ho pianto quando Sasha è morta. Ho pianto perchè non se lo meritava, perchè Gabi è una mocciosetta esaltata (che mi ricorda l'Eren degli inizi), perchè Connie è rimasto da solo e perchè Niccolò, il dolce Niccolò, è stato abbandonato da chi più di chiunque altro ha apprezzato la sua cucina. E sì, io ho sperato che almeno un bacio, almeno un po' di vicinanza, quei due l'avessero condiviso (ed è per questo che ho messo What If, nonostante non sia così certa che sia il tag adatto). 
Detto ciò, non mi dilungo oltre, ben consapevole che questa non è la miglior storia (se così si può chiamare uno scritto di getto di nemmeno 500 parole) che mi sia mai venuta, ma considerandola il primo passo per tornare a scrivere.
Vi auguro buona lettura, 
Lagertha.


 
Più di un pezzo di carne

 
Sasha pensava e ripensava e le pareva che il tempo si dilatasse all’infinito, che si allargasse come sul petto le si stava allargando la macchia di sangue.
Aveva sempre pensato che, al momento di morire, tutta la vita scorresse davanti agli occhi, ma si sbagliava e si sbagliava di grosso.
A nessuno, nemmeno a chi moriva, fregava niente di ripercorrere la vita dal primo ricordo utile fino all’ultimo, rivedendo ogni singolo attimo, anche quello più insignificante, quello più insulso e senza valore. E infatti nessuno riviveva ogni singolo stupido attimo. No.
Davanti gli occhi castani di Sasha scorrevano i visi di chi, a modo suo, aveva avuto un valore nella sua vita: i suoi genitori, nonostante se ne fosse andata senza far mai più ritorno; Connie, che aveva amato come si ama un gemello e i cui occhi sgranati erano l’ultima immagine che era riuscita a cogliere in vita; Jean, che Dio solo sapeva se ogni tanto non avrebbe dovuto tenere quella sua boccaccia chiusa; Historia, la sua salvatrice quando le aveva portato il pane dopo quello spossante allenamento di punizione, e Ymir la guardia del corpo, innamorata forse senza speranza; e tutti gli altri, quelli del 104°, Eren, Armin, e anche Annie, Bertold e Reiner prima di capire chi fossero davvero,che aveva amato e odiato, con cui aveva condiviso lacrime e sudore e soddisfazioni. Ma erano stati tutti volti passeggeri, fugaci, come un rapido conteggio sulla punta delle dita, veloci come erano i colpi di Mikasa e del Capitano Levi in battaglia.
Il volto che aveva occupato tutto quell’infinito tempo sospeso non era di nessuna delle persone con cui Sasha avesse condiviso sul serio qualcosa. No, era il viso di un ragazzo giovane e dai capelli biondi. Un marleano dagli occhi chiari e la bocca carnosa, dalle guance che si tingevano ogni volta che qualcuno gli faceva un complimento per la cucina. E Sasha lo riempiva di complimenti ogni volta che assaggiava qualcosa di nuovo e lui non faceva altro che arrossire e allora lei rideva e piangeva mentre continuava a mangiare.
E poi alle immagini si aggiunse altro: labbra carnose e saporose di vino, elle leggermente umida di sudore misto a brodo di carne, mani callose e delicate abili tanto a maneggiare una lama affilata quanto a sfiorarle le cosce, guance morbide di chi si rasa ogni mattina odorose di dopobarba...
Ecco, era quello il volto – e l’odore e il sapore – che restò fisso negli occhi di Sasha fino all’ultimo, ultimissimo respiro, all’ultimo battito cardiaco, all’ultimo lampo di coscienza prima che ogni luce si spegnesse e ogni cosa finisse davvero e per sempre.


Niccolò. Ti ho amato più di un pezzo di carne.
 




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