Il piccolo principe

di flatwhat
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   "Chi era quello?"

 

"Non parlare, Oscar. Conserva le forze."

 

"Ozpin." Una fitta di dolore gli attraversò il petto. "Chi cazzo era quello?"

 

La voce nella sua testa sospirò.

 

"Tyrian Callows. Almeno, dalla descrizione che ci hanno fatto gli altri, sembrava lui."

 

"Bastardo." Oscar digrignò i denti in una smorfia di dolore e rabbia. "È per colpa sua che Qrow sta male."

 

"Sì. E ora stiamo male anche noi. La sua Semblance ha il potere di ignorare l'Aura altrui. E sembra che la nostra Aura, benché abbia curato di peggio, non sia abbastanza per questo veleno."

 

Merda, merda, merda.

 

E l'aveva pure colpito al petto, proprio dove aveva già i segni di una pallottola e di fulmini.

 

"Che cazzo." Finiva sempre così.

 

"Gli altri saranno qui a momenti." La voce di Ozpin stava assumendo una certa urgenza. "Rilassati, ma senza addormentarti."

 

Oscar tossì. Un grumo di sangue e bile gli macchiò il guanto.

 

"Fantastico." Sibilò tra i denti. "Sto morendo."

 

"Non stai morendo." Lo riprese, severo, Ozpin. "Ascoltami e fa' quello che ti dico."

 

Stizzito e agonizzante, Oscar provò ad alzarsi ma le braccia non ressero il peso del suo corpo. Cadde con un tonfo, ma non sentì nemmeno il dolore della botta. Forse il suo mento stava sanguinando, ma adesso aveva ben altri pensieri per la testa.

 

"Merda."

 

"Ah." Oscar rise amaramente. "Poi mi sgridi se dico le parolacce."

 

"Oscar. Non devi chiudere gli occhi. Assolutamente."

 

Erano così pesanti…

 

"Oscar." Chiamò ancora la voce. "Lascia che usi la magia per curarti."

 

Oscar tossì. Non riuscendo a parlare, espresse il suo disappunto col pensiero.

 

Ma se lo fai, ci fonderemo di più. Non voglio.

 

"Preferiresti morire?" La voce si incrinò leggermente. Come se Oscar gli stesse infliggendo una ferita altrettanto dolorosa.

 

Forse, pensò.

 

"Oscar. Ti prego."

 

Chiuse gli occhi. Aveva tanto sonno...

 


 

Tutto attorno a lui era bianco. Pura luce.

 

Si sentiva leggero.

 

"Oscar." Chiamò la solita voce.

 

Oscar, fluttuando, si girò. Riconobbe l'uomo davanti a lui.

 

"Non è troppo tardi." Disse l'uomo, pallido come un cencio. "Possiamo ancora..."

 

Ma Oscar si girò nuovamente e prese a fluttuare sempre di più.

 

Ozpin lo chiamava.

 

"Oscar! Non posso seguirti da quella parte! Torna indietro!"

 

La sua voce si faceva sempre più distante.

 

E più Oscar galleggiava, meglio si sentiva.

 

Forse era così che doveva andare.

 

Da qualche parte, dietro di lui, Ozpin aveva cercato di rincorrerlo ed era caduto. Ma Oscar non riusciva neanche a voltarsi.

 

Vide dei volti che gli erano familiari.

 

Una ragazza con i capelli rossi.

 

Penny.

 

Suo padre, sua madre.

 

Suo padre lo guardò fisso in volto e poi parlò.

 

"È davvero questo che vuoi, Oscar?"

 

Improvvisamente, Oscar cominciò a sentirsi pesante.

 

No, aspetta…

 

Jaune, Ruby e le altre non erano da quella parte. Erano ancora vivi.

 

Non posso andarmene così...

 

Devo tornare dai miei amici.

 

Si voltò. Stava lasciando qualcuno indietro.

 

E non posso lasciarlo solo.

 


 

Ozpin era caduto in ginocchio, sulla dura superficie di roccia gelida che rappresentava la sua reincarnazione.

 

Non poteva andare dove era andato Oscar... Non ancora...

 

Alzò il volto dalle mani quando sentì un tocco sulla spalla.

 

"Oscar?" Osò sperare.

 

Scacciò via quella mano.

 

"Non toccarmi. Sei tu il responsabile di tutto questo."

 

Anche Ozma stava piangendo.

 

"Mi dispiace. Ma non possiamo far altro che accettare la sua decisione."

 

"Non parlare." Sibilò Ozpin.

 

"Se non altro potrà riposare in pace."

 

"Non osare dirlo!" Gridò Ozpin. "Era solo un bambino! Avrebbe dovuto vivere una vita lunga e spensierata e invece siamo arrivati noi, tu, io! A rovinare tutto."

 

I suoi pugni si abbatterono sulla fredda pietra.

 

"Non avrei mai dovuto incontrarlo."

 

Subito dopo, un altro tonfo si propagò dalla superficie.

 

"Ehi!" Era Oscar. "Smettila di dire idiozie!"

 

"Oscar!"

 

Entrambi gli uomini si gettarono su di lui, stringendolo forte, pregando che non se ne andasse di nuovo.

 

In quella dimensione tra la vita e la morte, Oscar si aggrappò con ferocia alla vita.

 

"Mi dispiace di aver detto quelle cose." Mormorò. "Ho avuto paura. Ma non me ne andrò."

 

"Non ti lascerò andare." Gli sussurrò Ozpin di rimando. "Ti ho quasi perso già troppe volte."

 

La magia lo mantenne in vita.

 

 

Quando si risvegliò, si ritrovò Nora che lo stringeva fino a farlo soffocare.

 

"Oscar!" gridava. "Maledizione, ma può essere che queste cose succedono sempre e solo a te?!"

 

Sentì la risata di Ren.

 

"Nora, non soffocarlo. Si è appena ripreso."

 

Emerald lo squadrò con sguardo torvo, ma Oscar riuscì comunque a individuare quanto fosse stata realmente preoccupata.

 

"Ti conosco da pochissimo, ma è vero che ti cacci sempre nei casini."

 

E Qrow era rimasto seduto al suo capezzale per tutto il tempo.

 

"Oscar", sospirò. "Grazie al cielo… Se avessi perso anche te, io-"

 

Questo ricordò a Oscar che doveva dire una cosa importante. Spiegò ai suoi amici quello che aveva visto tra i due mondi, o meglio, quello che non aveva visto.

 

"Ruby e gli altri sono ancora vivi, proprio come pensavamo."

 

I suoi amici ne furono tutti felici e sollevati. Qrow per poco non perse i sensi.

 

"Ora dobbiamo solo capire come fare a farli tornare." Disse Ren.


"Magari ci riusciranno anche da soli." Oscar sorrise. "Non mi stupirei. Ruby trova sempre un modo."

 

Dopo quella conversazione, decisero di uscire dalla stanza e di lasciarlo riposare.

 

"Penso che Ozpin voglia parlargli." Aveva detto Ren. Aveva visto il turbinio di petali che circondava il ragazzo. Petali di tutti i tipi e colori, ed erano centinaia come le anime che abitavano dentro di lui.

 

Però, Ozpin non gli parlò subito. Per una trentina di minuti, Oscar fu contento semplicemente di essere al sicuro nell'infermeria di Shade con la confortante presenza che aveva in testa. La ferita che Callows gli aveva inflitto sarebbe rimasta l'ennesima cicatrice sul petto, l'ennesima a cui – poteva dirlo con orgoglio – era sopravvissuto.

 

Fu lui stesso a rompere il silenzio.

 

"Mi dispiace di aver detto quelle cose." Ripeté.

 

Ozpin non rispose immediatamente.

 

"Oscar." Disse infine.

 

"Mh?"

 

"Grazie di essere vivo."

 

Oscar sorrise. Sentiva un gran calore dentro. Non erano il sollievo e la felicità di sole due anime.

 

"Qualcuno deve pur controllare che non facciate casini, no?"






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