Io ricordo una Vigilia di Natale

di GiunglaNord
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Capitolo 6
 
 
La Promessa Dell'Alba
 
La geografia del buio
È una stanza dipinta di nero
Un mare d'ansia dove annega il pensiero
Io ti parlavo ma in realtà̀ non c'ero
La geografia del buio
I consigli poi ti servono a zero
Fino a che il falso si sovrappone al vero
Fino a che il piombo copre tutto il cielo
Ed è facile caderci dentro
Più̀ di quello che pensi
Basta un movimento
Sbagliato
Per toglierti il fiato
È come camminare nel labirinto bendato
Senza trovare l'uscita
Cercare di dare una spiegazione a tutto in questa vita
Che alla fine per intero non può̀ essere capita.
 
(…)
 
Tratto da “La geografia del buio”- Michele Bravi-
 Album “La geografia del buio”- 2021
 
 
 
 
“Da dove cominciamo, caposcuola Granger?” Disse Malfoy, il volto atteggiato in una smorfia sardonica.
 
Hermione continuava a fissarlo incredula, sbalordita. Non riusciva a riordinare gli eventi che l’avevano condotta a quella incresciosa situazione.
Contò mentalmente le volte che aveva avuto uno scambio di opinioni con Malfoy: cinque o sei in tutto e mai particolarmente piacevoli o memorabili. E adesso se lo trovava davanti con la sua faccia da schiaffi e la prospettiva di passare almeno un’ora e mezza insieme.
Respirò rumorosamente, in preda ad una collera difficilmente controllabile: come aveva potuto la McGranitt farle quello scherzo? Come? E soprattutto, perché?
 
“Granger, possiamo muoverci? Vorrei tornare nel mio dormitorio il prima possibile.” L’appellò nuovamente Malfoy, le braccia incrociate in segno di noia e impazienza.
Hermione si sforzò di non  proferire verbo, perché se avesse parlato non sarebbe riuscita a controllare la sua lingua e non aveva davvero le forze per sobbarcarsi anche una discussione all’ultimo sangue con Malfoy.
Si costrinse a distogliere lo sguardo da quella maledetta faccia e indirizzandosi verso l’uscita, rispose in un soffio: “Torna nel tuo covo di vipere, Malfoy. Dirò alla McGranitt che sei stato perfetto come accompagnatore e darò cinque punti alla tua casa.”
Draco fissò per qualche secondo quella fragile schiena allontanarsi e quando la vide quasi oltrepassare la grande porta urlò: “Te lo scordi Granger! Non correrò il rischio di vedermi appioppare un richiamo formale, capisci anche tu che non me lo posso permettere.”
Hermione fermò la sua fuga, perché di questo si trattava, e si girò di nuovo.
Malfoy le era già alle spalle.
“Ti prometto che non accadrà niente di simile. Lasciami in pace.” C’era una nota disperata nel suo tono di voce che arrivò a Malfoy sotto forma di fastidio.
“Vengo con te. Chiuso il discorso. Dimmi cosa dobbiamo fare e facciamola finita!” Rispose il ragazzo duro.
“Non capisco perché dovrei passare la vigilia di Natale in tua compagnia, Malfoy!” Fece l’altra resa furiosa da quella continua e assurda insistenza.
“Non mi sembra che tu abbia qualcuno al tuo fianco con cui condividere queste ore, Granger, anzi mi sembri piuttosto sola al momento. Com’è che non sei insieme ai tuoi amichetti? Ti hanno fatta fuori?” Disse l’altro con un ghigno e con la mano destra chiusa, prudentemente, sulla bacchetta nascosta nella tasca dei pantaloni.
Il viso di Hermione si fece ancora più pallido, anche se Malfoy non l’avrebbe mai creduto possibile.
“Malfoy, vorrei dirti che sei disgustoso, ma non ne vale la pena. Se proprio ci tieni a fare il cagnolino a passeggio, cosa che ti riesce bene come sappiamo entrambi, accomodati pure.” Disse l’altra gelida e con tono cattivo. Un tono che Draco non le aveva mai sentito e che gli chiuse la bocca dello stomaco.
La guardò un istante e poi, abbassando la voce ad un sussurro roco, disse: “Molto bene, vedo che negli anni qualcosa ti ho insegnato: colpire dove fa più male e umiliare l’avversario. Fammi strada.”
Hermione rimase sinceramente colpita da quella verità e aprì la bocca a vuoto un paio di volte per poi girarsi e mettersi in moto.
Camminarono a passo spedito verso il primo piano, in perfetto ostile silenzio. Il castello era immerso nella penombra delle fiaccole, ma qua e là festosi addobbi natalizi spargevano una morbida luce per i corridoi.
Erano talmente poche le persone presenti che entrambi erano consapevoli dell’inutilità di quella ronda. Ma ciò nonostante continuavano a marciare come se ne andasse della loro stessa vita. E forse era davvero così: Hermione metteva un passo dopo l’altro per fuggire ai propri demoni, mentre Draco le stava alle calcagna per costringerla, senza sapere bene perché, ad affrontarli. Il suo cervello macinava piani e li disfaceva alla velocità della luce: certo non si era aspettato una piacevole chiacchierata tra amici, ma neanche un bagno di sangue. Hermione da parte sua aveva deciso di ignorare la sua presenza.
Perlustrarono velocemente il primo livello e imboccarono le scale per andare al secondo, ma queste, senza alcun preavviso presero a cambiare. Con piccoli gemiti i due ragazzi si attaccarono saldamente al corrimano e quando infine si fermarono si guardarono brevemente, spaesati.
Malfoy ne approfittò per rompere il silenzio: “Dove diavolo siamo?”
Hermione colta alla sprovvista, rispose soprappensiero: “Non ne ho idea! Era da tempo che non mi capitava di vedere le scale muoversi.”
“Non ci rimane altro da fare che andare a controllare, allora.” Disse Malfoy superandola con decisione.
Hermione parve rendersi solo allora consapevole della sua presenza: “ Ehi! Aspettami!”
Malfoy rallentò impercettibilmente il passo e Hermione gli si mise al fianco.
Avanzarono per il percorso deciso dalle scale e salirono per un bel pezzo fino a giungere in un ampio pianerottolo buio. Accesero contemporaneamente le bacchette per fare luce e di fronte a loro trovarono una nuova scala che si inerpicava nell’oscurità circondata da pareti stondate.
“Deve essere una delle torri… un’entrata secondaria forse?” fece Hermione in un sussurro.
Alle loro spalle le scale si mossero ancora: erano in trappola! Non c’era più modo di tornare indietro.
Entrambi sobbalzarono e Malfoy bofonchiò: “Ma che accidenti succede! Tornate qui!”
Hermione sollevò gli occhi al cielo:” Non risolverai nulla chiamandole, Malfoy! Torneranno quando ne avranno voglia. Proviamo ad andare avanti, magari ci sarà modo di scendere, anche se non vedo come.”
Malfoy la guardò male, arrossendo nel buio: “Certo, saputella dei miei stivali. Prego! Dopo di lei!”
“Sempre un cuor di leone, Malfoy!” Ringhiò l’altra spazientita. Lo superò con una spallata e prese a salire.
Non c’erano finestre da cui guardare fuori per orientarsi e, nel silenzio e nel buio, l’ascesa sembrava infinita.
Giunsero infine in quella che sembrava un’ aula: il primo a rendersi conto di dove fossero fu Draco che non seppe trattenere una sorta di gemito.
Hermione si girò in allerta verso di lui, la bacchetta già alzata: “Che c’è!?” Disse rapida.
“Da qui si va alla Torre di Astronomia” rispose Malfoy a bassa voce e il viso esangue che riverberava nel buio.
Hermione sulle prime non comprese il motivo del suo smarrimento, ma qualche istante dopo l’evidenza di quelle parole la colpì come uno schiaffo.
Draco imprecò ad alta voce: non c’era modo di tornare indietro. Erano bloccati nell’unico luogo al mondo in grado di precipitare Draco Malfoy nel terrore. Il luogo dove era iniziata la sua discesa verso l’inferno. La testa cominciò a ronzare furiosamente e tutto prese a vorticare in scie indistinte di colore.
 
Hermione lo vide accartocciarsi su se stesso, in ginocchio sul pavimento: le mani a coprirsi le orecchie, quasi che delle urla disumane gli stessero dilaniando il cervello, gli occhi serrati.
La ragazza rimase sbalordita e pietrificata a quella misera vista: si sentiva  incapace di dire o fare qualsiasi cosa.
Sembrava che Malfoy stesse rivivendo nella sua testa i fatti sanguinosi della notte in cui Silente era stato ucciso; la notte in cui  aveva deciso di far entrare i Mangiamorte, e la morte in persona, a Hogwarts.
Un pensiero le attraversò la mente e le fece stringere le nocche fino a sbiancarle: se lo merita, solo Godric Grifondoro sa quanto se lo merita di stare male e soffrire.
La ferocia di quel pensiero, così poco da lei, la fece sobbalzare e vergognare di sé stessa.
Scosse la testa come per liberarsene, cercando in fondo al suo animo quella compassione che aveva provato insieme a Harry sulla tomba dei suoi genitori.
Sciolse le mani da quella stretta furibonda e timidamente, incerta e malferma, cominciò ad avvicinarsi.
“Malfoy?” Disse impercettibilmente.
“Malfoy?” Ripeté a voce più alta. Il ragazzo però non diede cenno di averla sentita.
Hermione inspirò profondamente e con grande coraggio e sforzo, si inginocchiò a qualche passo di distanza dal giovane.
Stettero così per un tempo che non seppe quantificare, al buio, nel silenzio scalfito di tanto in tanto dai gemiti del ragazzo.
Hermione captava delle parole e, tra le altre, una piccola frase la colpì: mi dispiace!
Doveva avere davanti l’immagine di Silente: Harry le aveva raccontato che l’uomo aveva cercato di farlo desistere dai suoi propositi, di convincerlo ad affidarsi all’Ordine, ma che Malfoy, piangendo, aveva svelato che il Signore Oscuro aveva promesso la morte di tutta la sua famiglia in cambio di un fallimento.
Il nodo di odio in fondo allo stomaco di Hermione si allentò.
Con voce più chiara e tranquilla lo chiamò di nuovo: “Draco!”, sorprendendosi lei stessa di aver osato pronunciare il suo nome.
Quel nome scoppiò come deflagrazione e riuscì in qualche modo a superare l’orrore che Malfoy si era avvolto attorno come un sudario.
Lo vide riaprire brevemente gli occhi da cui scapparono fuori pesanti lacrime: non la guardava, ma almeno era un primo passo.
Deglutendo vistosamente, Hermione ripeté l’esperimento: “Draco, per favore, respira con me… guardami e respira con me. Ti sentirai meglio.”
Il giovane scosse la testa rabbiosamente, le mani sempre alle orecchie: “Non capisci… loro dicono cose e lui, lui non si difende…” mormorò tra i singhiozzi.
“No Draco, non c’è nessuno. Sono allucinazioni… sono solo un parto della tua mente. Guardami, per favore. Guarda me!” rispose Hermione con una certa urgenza.
Lei sapeva cosa stava provando, perché anche lei era stata vittima di quegli incubi ad occhi aperti che la precipitavano nell’immobilità e nella paura. Che le mozzavano il respiro, le facevano tremare le vene, inducendola a supplicare degli dei a caso di mettere fine a quello sgomento. In qualunque modo.
“Ti prego, ti prego. Ascoltami!” Instette la ragazza, facendosi più vicina, ma senza osare toccarlo per timore di scatenare qualche reazione nervosa.
 
Draco dovette compiere uno sforzo sovraumano e dopo qualche minuto di terribile lotta interiore i suoi occhi, foschi e persi, incontrarono finalmente quelli spaventati della ragazza.
“Draco guardami e concentrati solo sulla mia voce. Prendi un respiro profondo e poi lascia andare. Facciamolo insieme.”
Hermione prese un sorso d’aria e poi buttò fuori dalla bocca tutta la paura e la rabbia che ancora circolava nelle sue vene. Lo rifece due o tre volte e alla quarta vide finalmente Malfoy prendere fiato e buttare fuori.
Continuarono per un pezzo fino a quando, finalmente, le mani del ragazzo ricaddero a terra inerti e Malfoy non si lasciò cadere con la schiena sul muro. Sembrava sfinito e Hermione sapeva che lo era davvero: come se un qualche demone avesse depredato ogni sua scintilla vitale.
Anche Hermione si appoggiò con la schiena contro il muro, gli occhi chiusi e le lacrime che finalmente scorrevano a lavare la tensione accumulata.
Li riaprì dopo qualche tempo e si girò a dare un’occhiata al compagno: pareva essersi addormentato.
“Malfoy? ” Si azzardò a dire, annullando di corsa qualsiasi vicinanza venutasi a creare precedentemente.
“Sto bene… più o meno.” Lo sentì mormorare.
Hermione tacque, annuendo nell’ombra.
“Lo so che anche tu soffri di allucinazioni, Granger…” buttò lì all’improvviso il ragazzo.
Hermione sobbalzò di fronte a quella semplice verità che nella bocca di Malfoy le risuonava come un’accusa.
“Non dire sciocchezze!” Ribatté lei sulla difensiva.
“Ti ho vista: paralizzata in mezzo al corridoio del quinto piano. Incapace di muoverti, con gli occhi sgranati e le parole che uscivano strappate dalla tua bocca. Sono corso ad avvisare la Weasley: è così che ti ha trovata.” Disse lui con tranquillità, nessun tono bellicoso o di scherno ad insudiciargli le labbra.
Hermione si mise una mano sulla bocca, gli occhi sgranati.
“Già… fa effetto, no? Anche io mi sono sorpreso di me stesso, Granger. La Weasley, quando mi sono avvicinato a lei, mi ha puntato la bacchetta alla gola senza neanche darmi il tempo di parlare…” continuò Draco con una sorta di gorgoglio nella voce, una risatina repressa.
Hermione si strinse le braccia attorno al corpo e mormorò: “Non ne sapevo niente: Ginny non…”
“Ovvio… cosa poteva dirti? Quel bastardo di Malfoy ti ha aiutata? Senti anche tu quanto suona ridicolo!” La interruppe il ragazzo.
Hermione fece di nuovo silenzio, pensierosa.
“Sì, anche io soffro di allucinazioni. Molto meno, però. Madama Chips mi ha insegnato questa tecnica di rilassamento” disse infine Hermione, come se condividere quella frase le fosse costata un’intensa fatica.
“Buono a sapersi… io non l’ho detto a nessuno. In qualche modo ho imparato a gestire il terrore, ma trovarmi qui, bè insomma, non ero preparato.” Tagliò corto, chiudendo gli occhi.
Hermione continuò a fissare un punto imprecisato davanti a lei, in dubbio se dover aprire la bocca o meno. Si sentiva come se stesse camminando sulle uova.
“Non glielo avrei mai detto se non mi avesse beccata in flagrante: è stato così umiliante.” Disse infine.
“Capisco. Io non l’ho mai detto a nessuno, perché ogni minima cosa potrebbe essere usata contro me. Non voglio dare un vantaggio ai miei avversari!”
Hermione girò leggermente la testa, guardinga: “I tuoi avversari?” Chiese in tono più sospettoso del necessario.
Malfoy sospirò nel buio: “Sì, Granger. La guerra non sarà mai finita per me.”
Hermione si alzò in piedi rapidamente, come se Malfoy avesse pronunciato un incantesimo oscuro.
Il ragazzo la guardò sorpreso,  un po’ ottuso.
“Quindi, nonostante quello a cui ho appena assistito, persisti nei tuoi assurdi valori, Malfoy?” La voce della ragazza si era fatta tagliente e gelida.
Hermione sentì Draco ridere amaramente nel buio e quando lo vide alzarsi a sua volta mise mano alla bacchetta, senza rendersene conto.
Il ragazzo rimase a guardarla nella penombra, le mani lungo i fianchi.
“Granger, io non so cosa sia accaduto dentro quella tua testa tutta capelli, ma credimi se ti dico che devi fare qualcosa e in fretta. Non mi sembri più tanto sveglia come una volta ti vantavi di essere. E abbassa quel legnetto, perché sei solo ridicola. Quasi più di me, il che è tutto dire.” Sbuffò il ragazzo senza muoversi.
“Non rigirare la frittata: hai detto che per te la guerra non è finita, no?”
“Per Salazar! Il mondo magico perbene, o presunto tale, vorrebbe vedere la mia famiglia e me morti; i simpatizzanti dell’Oscuro Signore, e ti assicuro che ce ne sono ancora molti tra i maghi che tu reputi onesti e probi, ci vorrebbero vedere pure loro morti e, per finire, anche i Mangiamorte scampati ad Azkaban aspettano solo un nostro passo falso per mandarci al creatore! Questo intendevo, Granger! E se non fossi diventata la pallida imitazione di te stessa, l’avresti capito! Ti immagini cosa accadrebbe se si sapesse che rimango paralizzato dal terrore in mezzo ad un cazzo di corridoio? O che le mie notti sono una lunga agonia senza fine o, ancora, che mia madre è senza pace e senza riposo, perché, privata del suo diavolo di marito, non sa cosa farsene della vita che tanto si è impegnata a difendere?!” Gridò Draco tutto d’un fiato, ormai a pochissimi passi da Hermione.
La ragazza indietreggiò ulteriormente, fino a toccare una parete con la schiena.
Davanti a lei Draco, ansante, la fissava con rabbia e... delusione.
Sì, era delusione quella che leggeva nei suoi occhi, come se si fosse aspettato che, tra tutti, solo lei avrebbe potuto capirlo.
Si schiarì la voce per cercare di mettere insieme una risposta, ma il giovane le volse le spalle e prese a salire le scale.
 
 
 
 




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