Find your mirror

di MusicAddicted
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Ehmm sono passati mesi, quindi non so se qualcuno ricorderà ancora questa storia, ma … è tornata.


Grazie a tutti per i vostri commenti bellissimi <3 giuro che poi rispondo, sono un bradipo.

 

cover-fym

 

 

Capitolo III: Mirror
 

 

“Oh, avresti dovuto vederlo, Bella, Olivander era così disperato, e come frignava mentre le sue cianfrusaglie di legno andavano a fuoco!” faceva il resoconto Barty delle sue malefatte di quella notte, ridacchiando soddisfatto.


Erano nella Stamberga Strillante, un pub di un clan nemico, gli Auror, che gli uomini di Lord Riddle avevano ridotto in macerie.
 

Anche Barty e Bella avevano preso parte a quella vendetta, ovviamente, e nonostante quel locale non fosse più stato aperto al pubblico, loro due lo avevano rimesso in sesto, con quel che bastava a loro per renderlo accogliente: alcol, per Barty e un pianoforte per Bella.
Non che lo sapesse suonare, ma Thomas Riddle sì e qualche volta, sapendo che sarebbe rimasto solo un loro segreto, le suonava qualche romanticheria sdolcinata e lei lo deliziava col suo canto.


Ed è proprio su quel pianoforte che Bella se ne stava semisdraiata, in posizione da sirena, ad ascoltare l’amico, stupenda e letale, col suo vestito nero, aderente, con un lungo spacco che le scopriva una coscia e un bustino complicato fatto di stecche di balena e ricami in pizzo.
 

“Mi sarebbe piaciuto assistere alla disperazione di quel vecchiaccio,” rise sguaiata lei, scuotendo la testa di ricci scuri, folti e indomiti. “Se non fosse che anche io avevo il mio bel da fare.” cantilenò, con fare da bambina viziata.

“Che hai combinato?” le chiese Barty, dietro al bancone, mentre riempiva un boccale di acqua calda e l’altro di whisky prima di dargli fuoco con un fiammifero.
Si divertiva molto a preparare quel cocktail scenico che aveva soprannominato Firewhisky.

 

“Hai presente quella smorfiosetta di Pansy Parkinson che faceva sempre gli occhi dolci al mio Thomas?” chiese retorica lei, prima di proseguire. “Beh, diciamo che ora ne potrà fare solo uno di occhio… e nemmeno così dolce!” sogghignò soddisfatta.
 

“Cazzo, sei la solita psicopatica!” ridacchiò Barty, mentre travasava con attenzione il liquido da un boccale all’altro, creando una spettacolare lunga fiamma azzurra in proporzione diretta alla loro distanza. “E comunque, son passati più di tredici anni ormai, ma Lord Riddle ancora non ti ha infilato l’anello al dito!” la rimbeccò, dispettoso come un gatto, con la lingua che batteva contro i denti.


“Sta’ pur certo che mi infila ben altro quando ci scateniamo sotto le lenzuola, anzi, no, il più delle volte non ci serve nemmeno un letto!” si vantò lei, con la fierezza di una leonessa.
 

Particolari così piccanti avrebbero potuto sconcentrare l’abile Death Eater dalla sua pericolosa attività, ma non accadde, perché lui una risposta del genere se l’aspettava e le sue pulsioni verso Lord Riddle le aveva spente da un pezzo.

Non che le occasioni gli fossero mancate.
Thomas Riddle, soprattutto sulla scia di un successo ottenuto, quando Bella non era con lui, era solito festeggiare coi suoi uomini fino a sbronzarsi e da lì alle advance verso il suo braccio destro il passo era molto breve, ma Barty non gli aveva più dato modo di compierlo, lasciando che sfogasse la sua libido con la prima prostituta disponibile.
Non se lo meritava Bella, che non lo avrebbe mai dovuto sapere.
Ma soprattutto non se lo meritava lui.

- L’amore non fa per me, non più, almeno, sono solo frivolezze. Voglio servire il nostro Signore al meglio delle mie possibilità.- rimuginava, prima di spegnere i cocktail così ottenuti e posarli sul bancone.


Bella scese dal pianoforte e sinuosa come sa esserlo una donna certa del suo fascino, si avvicinò al bancone a prendere il suo bicchierino.

 

“Sai perchè tu ed io andiamo così d’accordo, ragazzino?” mormorò lei, prendendo i primi sorsi.
 

Barty avrebbe spaccato una bottiglia di vetro, usandola per sgozzare chiunque si fosse azzardato a chiamarlo ‘ragazzino’, ma non Bella, e non solo perché lei  aveva qualche anno più di lui.

E poi c’era una sorta di affetto quasi fraterno nel modo in cui lei usava quell’epiteto.

 

“Perché tu sai stare al tuo posto.” continuò lei, pungolandolo sul petto con un dito.

 

“Lui sta dove lo metto io, Bella.” esordì Lord Thomas Riddle, entrando proprio in quel momento. “Sapevo che vi avrei trovato qui. A voi non piace andare alla Testa di Porco, dove si recano sempre tutti. Perché voi non siete tutti. Voi siete i migliori e siete miei.” continuò, appoggiando le spalle allo stipite della porta, lo sguardo sicuro di sé, come quello che aveva appena affermato. 

 

Il passare del tempo non aveva fatto altro che conferire a Thomas Riddle ancora più fascino, con la sua aria da uomo vissuto e il modo in cui increspava la fronte quando era pensieroso o preoccupato, beh, lo rendeva semplicemente irresistibile.

 

“Mio Signore,” fece un inchino rispettoso Barty.

Bella avanzò verso il Boss, baldanzosa.

 

“Io però sono un po’ più tua di lui, non è vero, Thomas?” miagolò, cingendogli il collo con le braccia esili.


Thomas le sorrise.

 

“Oh, Bella, tu sei la mia Musa, la mia metà, il mio tutto.” la strinse per i fianchi Lord Riddle, per tirarla più a sé e darle un bacio che dire che dava spettacolo sarebbe stato un eufemismo.

 

-Oh sì, vallo a dire alla puttana che ti sei scopato giusto ieri a Brixton!- pensò Barty, alzando gli occhi,approfittando del fatto che quei due erano troppo persi l’una nell’altro per badare a lui.

 

“Vieni, mia diletta; lascia che ti suoni qualcosa,” disse Thomas, prendendo posto al pianoforte.
 

Bella si abbandonò su uno dei comodi divanetti di velluto rivestiti di raso, per godersi ogni momento.
Barty preferiva concentrarsi sul suo drink.
Del resto quello spettacolo non era di certo rivolto a lui.

Lord Riddle suonava proprio come regnava su quella città: con padronanza, maestria, dedizione e cura in ogni dettaglio.

 

Quelle stesse mani che più volte si erano macchiate di sangue, quelle stesse dita che si erano serrate attorno a più colli, strangolando le sue vittime, in quel momento scivolavano placide e serene sui tasti bianchi neri, con la delicatezza di un poeta.


“Barty,” lo chiamò il Boss, non appena ebbe concluso anche l’ultima nota.


“Sì, mio Signore?” si mise all’erta il giovane gangster.


“I Weasley continuano ad alzare le loro insopportabili creste rosse, serve qualcuno che impartisca loro un po’ di disciplina.”

“Non serve che mi diciate altro, Lord Riddle, ci penso io, vado subito alla Tana e…”

“Non ora, Barty,” lo fermò in tempo il suo capo. “Ci puoi andare domattina, forse è anche meglio, li trovi tutti al completo.” lo consigliò. “E, mi raccomando. Che sia solo un avvertimento Per ora. Non è ancora il caso di mietere vittime.”

 

“Come volete.” approvò il suo sottoposto.

“Va’ pure a riposare,” lo congedò Lord Riddle. “Bella e io credo ci intratterremo qui ancora un po’,” aggiunse, lanciando uno sguardo malizioso alla sua fidanzata che sogghignava, carica di aspettative.

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Quella mattina La Tana sembrava ancora più chiassosa del solito.
 

Molly Prewett Weasley, la co-proprietaria di quella locanda assieme al marito Arthur Weasley, nonché capocuoca, non la finiva più di sfornare manicaretti.
Il suo consorte cercava invano di ritagliarsi un angolino di tranquillità per dedicarsi ai suoi conti.
Bill e Charlie, i figli maggiori, nonché i più robusti, trasportavano le casse con le scorte.
Percy, con il suo spiccato senso per gli affari, trattava con i fornitori, ottenendo sempre sconti vantaggiosi.
I gemelli Fred e George erano camerieri, ma il loro vero ruolo era intrattenere i clienti con le loro battute sagaci e gli scherzi un po’ irriverenti.
Ginny, la più piccola dei fratelli, si aggirava fra i tavoli, con movimenti un po’ insicuri, ma non mancava di elargire uno dei suoi calorosi sorrisi a chiunque.

Barty li osservava tutti dal tavolo dov’era seduto a leggere un libro.

Tutti lo avevano visto entrare.
Tutti sapevano chi era e di cos’era capace.
Nessuno quindi osava andare a importunarlo con futilità come chiedergli un’ordinazione.
Tutti fingevano indifferenza, forse perché finché nessuno avesse fatto qualche movimento inconsulto, non lo avrebbe fatto nemmeno il Death Eater.

Per lo più Barty stava fissando un tavolo in lontananza, dove c’era il Weasley che andava a completare l’intera famiglia di rossi: Ron.
Anche lui era addetto ai tavoli, ma era il più sfaticato e preferiva passare il tempo a parlare con un nuovo cliente, forse un forestiero.

Più che parlare, sembrava che lo stesse importunando.
Barty decise di far maggior luce sulla vicenda, alzandosi dal tavolo per avvicinarsi un po’ di più.

 

“A me sembri tutto smidollato!" derise il forestiero Ron.


“Perché? Perché non me ne sto con le mani in mano mentre aspetto l’ordinazione?” rispose l’interpellato, con un forte accento Scozzese. “Non ci vedo nulla di male a fare quello che mi piace, come a te piace oziare o ai tuoi due amici là nell'angolo piace sbaciucchiarsi.”

Sentendosi chiamati in causa, i due smisero di baciarsi.
“Senti un po’, straniero, io e Harry ci baciamo quanto vogliamo, senza dover rendere conto di nulla a nessuno!” precisò Draco Malfoy, che in quegli anni aveva tenuto fede alla promessa fatta a se stesso da ragazzino ed era diventato un Death Eater, seguendo le orme del padre.


“Bravo, amore, diglielo,” si aggiustò i capelli e gli occhiali Harry, per la precisione, Harry Potter, il più abile ladro che la Londra di quei tempi avesse mai visto.
Tutti sapevano che era stato lui a svaligiare la Gringott, la banca più inespugnabile della capitale, ma nessuno aveva le prove per dimostrarlo e lui continuava a girare a piede libero. “Si può sapere chi sei?” domandò, stavolta rivolto al forestiero.


“Jonathan Smith, inventore, potete anche chiamarmi ‘Dottore’, piacere di conoscervi!” rispose l’interpellato, gioviale.
 

“E cos’è che staresti inventando?” si incuriosì Draco.
 

“Qualcosa che fa ding quando c’è roba!” ridacchiò Jonathan, ancora più divertito dalle loro espressioni incerte. “Okay, sarò più chiaro: quando l’avrò finito, con questo apparecchio, sarà in grado di misurare il quoziente intellettivo di una persona… però potrebbe anche infastidire le mucche, ma qui non ci sono mucche, giusto?” si accertò.

“Tu non mi sembri normale!” lo guardò stranito Harry.

“Che invenzione inutile!” disapprovò Draco, guardandolo con sdegno.

“Quo… che?!” chiese confuso Ron.

“Per rispondere a tutti e tre, tu, morettino, sai che noia la normalità? Tu, biondino, puoi anche giudicarla inutile, ma è qualcosa che prima non c’era e tra poco ci sarà. Quanto a te, rossino, il quoziente intellettivo è il grado di intelligenza di una persona, denota anche quanto il suo vocabolario sia ampio e forbito.”

“Forbi..che?!” lo guardò sconvolto Ron.

“Okay, non mi serve nemmeno ultimare la mia invenzione per capire che il tuo quoziente è un po’ bassino!”

“Hey! te lo faccio vedere io chi ha il quoziente basso!” ringhiò Ron, prima di sbattere a terra l’apparecchio che Jonathan stava ultimando, rompendolo in più pezzi.

 

Jonathan non ebbe nemmeno il tempo di capacitarsene, perché avvenne qualcosa di ancora più immediato e imprevisto.

Barty, anche se di spalle, aveva assistito all’intera scena e aveva perso la sua già pochissima pazienza.

 

L’istante seguente, la faccia di Ron era stata sbattuta con forza contro il muro.


“Facile eh, fare il gradasso con i più deboli?” ringhiò Barty, aumentando la pressione che esercitava
 

In tutto questo, Draco, non certo noto per il suo cuor di leone, aveva ben pensato di dileguarsi insieme ad Harry.
Era più un Death Eater per raccomandazione e prestigio, anziché una vera e propria vocazione come quella che aveva spinto Barty.


Inutile dire che ormai gli occhi di tutti erano su quest’ultimo e la sua vittima.

“Io non…” piagnucolò il ragazzo.

 

“Beh, Ronald, te lo do io un motivo per smetterla: se non vuoi che questo posto, la locanda dei tuoi genitori e dei tuoi duecento fratelli, salti per aria, fa’ subito le scuse a questa persona, perché sai che per rendervi la vita un incubo mi basta una parola, anzi due: Lord Riddle.” continuò la sua invettiva, per poi lasciarlo libero di riprendersi, approfittando per andare a fare un discorsetto al capofamiglia.
 

“Proprio così, Arthur, a Lord Riddle sono giunte voci che in questo posto voi fomentiate idee assurde e sovversive. Ma Lord Riddle, nella sua magnanimità, una seconda possibilità la concede sempre: questo è un avvertimento, Weasley, nonché un gentile invito a smettere, se non volete che le conseguenze siano orribili.”

Difficile stabilire se fosse più glaciale il suo tono di voce o il suo sguardo.
Così in borghese poi, vestito in abiti eleganti, pettinato e composto, faceva ancora più contrasto con la sua brutalità.


Al di fuori di Ron che era ancora impegnato a stringersi un naso probabilmente rotto, l’intera famiglia Weasley si era stretta attorno ad Arthur che si era limitato a un cenno di assenso verso il Death Eater, cosa che gli costava uno sforzo notevole, contro i suoi stessi ideali di giustizia e libertà.
 

Ma la famiglia prima di tutto.

Barty aveva fatto ritorno da Ron, che sapeva bene cosa si aspettava da lui.

 

Reggendosi il naso dolorante con una sola mano e pulendosi il sangue dall’altra mano nel grembiule, Ron si era chinato a raccogliere i cinque pezzi in cui si era rotto l’apparecchio, rimettendoli uno a uno sul tavolo.

“Mi… mi dispiace di aver rotto la tua invenzione, ti chiedo scusa…” mugugnò il ragazzo, con uno sguardo mesto.


Barty poteva dirsi soddisfatto, anche se per lo più il suo sguardo era puntato sul ragazzo, per accertarsi che le sue scuse fossero sincere.


Per tutta risposta, Jonathan si frugò tra le tasche della giacca del suo completo marrone gessato
In quelle tasche teneva dentro praticamente di tutto.

 

“Vediamo se ne ho una con me, sì!” parlò fra sé e sé, allungando un tubetto verso Ron. “Questa è una pomata di mia invenzione, usala, contiene principi attivi che velocizzeranno il processo di guarigione.” gli sorrise.

Ron era basito, più o meno quanto Barty.

 

“Ma come? Io distruggo la tua invenzione e tu… ti preoccupi per me?”

“Oh beh, non mi ci vuole niente a riaggiustarla, anzi, magari la miglioro pure!” sorrise l’inventore. “Mi piace prendermi cura delle cose e quando riesco anche delle persone. C’è un motivo se mi faccio chiamare ‘Dottore’!” ammiccò verso di lui, schioccando la lingua.

Era così concentrato sul voler aiutare quello che poteva anche definirsi un bullo, che non aveva ancora guardato bene chi era venuto in suo soccorso.

Certo era stato violento, ma in fondo gli sembrava mosso da buone intenzioni.
Si sentiva protetto ed era una sensazione sconosciuta, che però gli piaceva.

Fu allora che Ron cominciò a guardarlo con più attenzione.

“Oh, miseriaccia! Dovevo capirlo subito…” si rammaricò, voltandosi verso il proprio aggressore. “Signor Crouch, perdonatemi…”

Jonathan era piuttosto sconcertato da come Ronald, così aveva sentito chiamarlo, si rivolgesse al quel tipo violento con tanta riverenza, chiamandolo addirittura ‘Signore.’


- In fondo avrà sì e no dieci anni più di lui, come me. Un momento. Un po’ troppo come me. Oooohhh.- aveva cominciato a guardarlo più attentamente.


“Non sapevo che il vostro gemello fosse in città…” si giustificò Ron.

“Che diavolo vai blaterando? Io non ho nessun gemel…”

 

L'ultima parola gli morì in gola, quando finalmente guardò meglio quell’inventore per il quale, fin da subito, aveva provato un’innata simpatia.
 

Erano uguali, eppure così diversi.
 

Lo stesso viso, la stessa statura, lo stesso fisico, la stessa età.
Gli stessi occhi, ma non lo stesso sguardo, forse anche perché celati da un paio di occhiali, nel caso di Jonathan: vispo e curioso il suo, folle e pericoloso quello di Barty.
Anche i capelli differivano un po’: biondo scuro quelli di Barty, castani e che sembravano in grado di sfidare ogni legge di gravità quelli di Jonathan.
Tuttavia, la differenza principale risiedeva nei loro caratteri.

C’era qualcosa nelle loro personalità che sembrava calamitarsi.
 

E nella mente di entrambi riaffiorò un ricordo che ormai avevano sepolto troppo a lungo.
Qualcosa che avevano smesso di cercare.


“Sei il mio specchio!” esclamarono nello stesso momento.


Un’altra cosa da aggiungere alle loro somiglianze era la voce, anche se con accenti e tonalità differenti, più squillante quella di Jonathan, più cupa quella di Barty.


“Tu sai dello specchio?” si domandarono, reciprocamente, sempre all’unisono, ancora più sorpresi.


 

TBC


 

Eh lo so, finale cattivello, vero?

Non era nemmeno quello che pensavo di scrivere, i personaggi (non solo i BarTen, anche tutti quelli che si sono intromessi XD) hanno fatto quel che volevano un’altra volta
Questa storia si sta allungando a tradimento, lo scoprirò anche io strada facendo dove questi due vorranno portarmi <3
Vi è piacuto? Avreste voluto qualcosa di diverso? ^^’
ah sì, va detto, quella battuta sulle mucche l’ho spudoratamente rubata da un fumetto bellissimo su Ten, mi piaceva troppo <3 , quanto al suo ‘it goes ding when there’s stuff!’ , dovevo citarlo per forza XD


approfitto per dirvi che, nel caso foste interessati, per il Flufftober ho scritto due missing moments legati ai primi due capitoli : ‘Leaf through my pages’ se vi piacciono Barty/Hermione , ‘No longer welcome’, se vi piacciono Ten/Master ;)
 

Ora che faccio il giro di tutti i miei aggiornamenti chissà quando ci torno qui ^^’, pertanto auguro a tutti BUONE FESTEEEE <3





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