Little
green-dressed glittery elf
“Ragazzi, ma per il 25 sera avete programmi?”
domandò
Phil mentre riponeva il suo basso nella custodia.
Un’altra giornata di prove era andata e i componenti dei
Nothing But Thieves potevano ritenersi abbastanza soddisfatti: si
sentivano
sempre più affiatati, nonostante la formazione si fosse
completata da poco, ma
ancora non avevano fatto significativi passi avanti per quanto
riguardava la
stesura di nuovi brani.
“Io no… potremmo andare al cinema tutti
insieme” propose
Price.
“Uh, io ci sto! Sapete già che film
danno?” si entusiasmò
subito Dom, lisciando fieramente il suo maglione di Natale dei Twenty
One
Pilots. Da quando era cominciato quel periodo festivo, si presentava
una volta
sì e l’altra pure con quel capo
d’abbigliamento.
“Ehm… veramente io il 25 non posso, ho un
impegno”
intervenne Conor.
“Mmh… un impegno? E con chi?”
insinuò Dom, avvicinandosi
al cantante con un ghigno malizioso.
Lui incrociò le braccia al petto. “Che te ne
importa?”
“Beh, ma almeno il 26 ci vediamo, vero? Dobbiamo
festeggiare il tuo compleanno” affermò Joe,
intento a indossare il giaccone.
Conor abbassò lo sguardo. “No, non posso nemmeno
il 26.”
“Ma come?!” protestò Price deluso.
“Il 27?” rilanciò allora Phil.
Il viso rotondetto del cantante era ormai diventato rosso.
“Sentite: non posso
né il 24 sera, né il 25, né il 29,
né qualsiasi altra sera. È un periodo
incasinato, okay?” sbottò con una leggera isteria
nella voce.
Phil aggrottò le sopracciglia; non l’aveva mai
visto
così, ma che gli prendeva?
“Conor… cosa ci nascondi?” chiese Dom, a
metà tra il
divertito e il preoccupato.
“Niente. Non vi nascondo niente. Possiamo semplicemente
vederci di pomeriggio?” ribatté Conor evasivo, ma
la sua fretta nel cambiare
discorso smentiva le sue stesse parole. Senza soffermarsi a guardare
nessuno,
si avviò verso l’ingresso della sala prove e
indossò il giubbotto.
“Ma di pomeriggio abbiamo le prove”
obiettò Phil.
“Festeggeremo alle prove. Cosa cambia?”
“Che cazzo ti sta succedendo?” domandò
Dom, sempre più
confuso.
“Niente. È che non mi piace festeggiare il mio
compleanno.”
“Non è vero, l’hai sempre
festeggiato” lo contraddisse
Joe. Forse poteva fregare Phil e Price, che lo conoscevano
relativamente da
poco, ma non lui e Dom.
“E poi sono vent’anni, si compiono una volta
sola”
aggiunse Phil deluso.
Conor sospirò, passandosi una mano tra i capelli
scompigliati. “Sentite… non posso. Ho tutte le
sere impegnate. Anche se non
riuscissimo a festeggiare il mio compleanno, non mi
deprimerò né mi suiciderò.
Scusate ma adesso è tardi, ne riparliamo in un altro
momento. A domani!” li
liquidò infine, lasciando la sala prove in fretta e furia.
Nella stanza calò il silenzio e tra i quattro ragazzi
presenti volarono occhiate basite e confuse.
“Che cazzo ha adesso?” borbottò Dom.
“Se non lo sapete voi, che lo conoscete da anni.”
Price
si strinse nelle spalle, si stiracchiò e poggiò
le bacchette sul timpano prima
di alzarsi dalla batteria.
“Dobbiamo scoprirlo” affermò Phil.
“Ovviamente” concordò Joe.
“Troveremo un modo per fargli sputare il rospo”
dichiarò
solennemente Dom.
Era la vigilia di Natale e Dom, come da tradizione, non
aveva ancora comprato nemmeno un regalo. Non lo faceva apposta;
semplicemente
il tempo scorreva, lui evitava fino all’ultimo di andare in
giro per negozi o
centri commerciali e alla fine si rendeva conto all’ultimo
momento che il 25
dicembre era dietro l’angolo.
Così nel tardo pomeriggio, approfittando del fatto che le
prove con la band erano state sospese, decise di recarsi al centro
commerciale
per lo shopping sfrenato dell’ultimo minuto; fortunatamente
Phil, che era
ancora in cerca di alcuni pensierini, si era offerto di accompagnarlo.
Si respirava un’atmosfera di festa: le vetrine erano
costellate di lucine e decorazioni rosse e oro, nell’aria si
diffondevano
canzoni natalizie colme di campanellini e coretti in stile gospel, un
sacco di
gente sciamava da una parte all’altra dei grandi anditi
portando buste rosse
con la scritta Merry Xmas. Uno scenario carino
quanto apocalittico.
“Per Price secondo te può andare bene un
videogioco?” si
chiese Dom, scrutando con interesse l’ingresso di un negozio
di videogames.
“Perché no?” Phil annuì
convinto. “Non so i suoi gusti,
quindi prendigli qualcosa che è piaciuto molto a
te.”
I due entrarono, il chitarrista fece il suo acquisto e si
poté ritenere piuttosto soddisfatto.
“Allora,” cercò di fare mente locale
mentre passeggiava
senza meta per il centro, le buste che frusciavano tra le sue mani,
“per Conor
il maglione, per Joe le nuove corde della chitarra, per Price il
videogame, per
mamma il profumo, per papà lo spazzolino
elettrico… manca il resto dei parenti.
Cosa posso prendere a tua madre?”
Phil si guardò attorno in cerca di ispirazione.
“Non ne
ho idea, lo sai che mamma ha gusti complicati… una
sciarpa?”
“Gliel’ho regalata anche l’anno
scorso” replicò Dom,
sollevando il tono di voce per sovrastare una musichetta di Natale
sparata a
tutto volume.
Erano giunti in un punto più largo, presso una delle
uscite del centro commerciale, in cui era stato allestito un enorme
albero
stracolmo di lucine. Tutt’attorno si era radunata una folla
piuttosto nutrita,
composta prevalentemente da bambini con i propri genitori al seguito.
“Che cazzo sta succedendo? Danno birra gratis?” Dom
allungò il collo per cercare di vedere.
Phil fece qualche passo avanti. “Pare che stiano vendendo
stelle di Natale. E forse danno le caramelle ai bambini.
C’è pure Babbo
Natale.”
Dom allora si illuminò e schioccò le dita.
“Una stella di
Natale! Ecco cosa posso regalare alle zie e alla nonna! Anche
se… non so se
sono psicologicamente pronto per affrontare la fila interminabile e
tutto
questo casino.”
“Dai, non ti lamentare: magari ti regalano pure le
caramelle” scherzò Phil, dandogli di gomito.
“Che coglione!”
Dom e Phil si misero in fila e ammazzarono il tempo
guardandosi attorno e commentando comportamenti e abbigliamenti della
gente.
“Ma secondo te quanto lo pagano per travestirsi da idiota
e venire immortalato in centinaia di selfie con i bambini?”
domandò Dom,
accennando al povero Babbo Natale che veniva sommerso di marmocchi
urlanti.
L’uomo stringeva in mano un sacco pieno di caramelle e le
distribuiva a tutti
coloro che gli stavano intorno.
“Siamo sicuri che lo paghino? Magari è un
volontario”
replicò Phil.
“No, dai, non scherziamo! Se facessi qualcosa del genere,
pretenderei almeno duemila sterline per tutto il
periodo natalizio!” Il
chitarrista affinò lo sguardo. “Ma chi le vende le
stelle di Natale? Babbo
Natale non ne ha nemmeno una in mano…”
“Vedi quei tizi vestiti di verde accanto a lui? Sono i
folletti, gli aiutanti di Babbo Natale; le stanno vendendo
loro” spiegò Phil,
accennando ad alcune sagome seminascoste dalla calca.
“Ah, non li avevo notati!”
Qualche metro più avanti, Dom esaminò meglio gli
aiutanti
di Babbo Natale nella speranza di scorgere qualche prezzo: non aveva
mai
comprato una stella di Natale, non aveva idea di quanto potessero
costare.
“Phil!” strillò d’un tratto,
facendo sobbalzare e voltare la signora che lo
precedeva nella fila.
“Che c’è?”
“Quel folletto!” Il più piccolo
afferrò suo cugino per un
braccio e lo strattonò più vicino a
sé, in modo che potesse seguire la
traiettoria del suo sguardo.
Il bassista spalancò gli occhi. “Non ci posso
credere!”
“È Conor!”
“Ecco perché non voleva uscire con noi la
sera!”
Il cantante non si era accorto della loro presenza, intento
com’era a servire un cliente dietro l’altro;
indossava un cappellino verde a
punta che accentuava ancora di più il suo viso arrotondato e
una divisa verde e
rossa che fasciava perfettamente il suo corpo minuto. E, dettaglio non
trascurabile, era coperto di brillantini da capo a piedi.
Dom e Phil si scambiarono un’occhiata, poi cominciarono a
sghignazzare e darsi di gomito.
“Che tenero” commentò Phil con un
sorrisetto.
“Io voglio sapere quanto lo pagano per questo!”
aggiunse Dom. Poi si voltò nuovamente nella direzione degli
aiutanti di Babbo
Natale e cominciò a sbracciarsi per attirare
l’attenzione. “Conor! Conor Ryan
Mason!”
L’interpellato, liquidata una cliente, ebbe appena il
tempo di voltarsi in quella direzione e sbiancò nel vedere i
suoi amici.
Avrebbe voluto sotterrarsi, oppure raggiungerli e sbraitar loro contro,
ma in quel
momento non poteva proprio: il suo incarico lì era sorridere
a tutti e fingersi
un perfetto aiutante di Babbo Natale agli occhi dei bambini che lo
circondavano.
Dom e Phil continuarono a sbeffeggiarlo e attirare la sua
attenzione finché la fila non si smaltì e
finalmente arrivò il loro turno.
“Cosa ci fate qui?” quasi strillò il
biondino quando li
ebbe davanti.
“Ma che carino che sei, follettino!”
esclamò Dom,
allungandosi per dargli un buffetto sulla guancia.
Conor se lo scrollò subito di dosso. “Sono un
elfo, per
la precisione.”
“Ma sai che potresti usare questo outfit per i nostri
concerti? Secondo me sarebbe un successone!”
affermò Phil.
Conor distolse lo sguardo, vergognandosi sempre più per
la situazione. “Dietro di voi c’è una
fila lunghissima, quindi se siete venuti
qui solo per prendermi per il culo…”
“Ma non ti stiamo prendendo per il culo, io sono
sincero”
si difese Phil.
“E comunque le stelle di Natale le devo comprare davvero.
Me ne servono quattro, grazie.”
Mentre il cantante prendeva le piantine confezionate che
il suo amico gli aveva richiesto e le posava sul suo banchetto,
chitarrista e
bassista continuavano a osservarlo e commentare con una certa
ammirazione.
“È proprio perfetto! Vero, Phil? Ha il faccino da
elfo
che farebbe sciogliere i ghiacci della Lapponia!”
“Io l’ho sempre pensato da quando lo conosco!
Magari in
una vita precedente lo è stato davvero…”
Conor sbuffò sonoramente. “Sono quaranta sterline.
Ma poi
si può sapere perché, tra tutti i negozi e i
centri commerciali di Londra,
dovevate venire proprio qui?”
Phil alzò le mani in segno di resa. “Io non
c’entro, mi
ci ha trascinato lui!”
“E dai, Conor, che permaloso! Non c’è
niente di male. Anzi,
perché non ce l’hai voluto dire e hai fatto tanto
il misterioso?”
“Secondo voi perché? Mi vergogno! Sembro un
deficiente!
Ma finché non cominciamo a fare qualche live con la band, di
qualcosa dovrò pur
vivere.” Consegnò a Dom la busta con i suoi
acquisti e afferrò le banconote che
gli stava porgendo.
“Beh, la prossima volta che facciamo le prove possiamo
proporre agli altri di incidere un album natalizio: visti i
presupposti,
sarebbe un capolavoro!” commentò Dom con un
sorrisetto ironico.
“Ma vaffan…”
“Elfo! Aiutante di Babbo Natale!” proruppe una
vocina
infantile.
Conor represse le altre migliaia di improperi che aveva
in mente, si stampò un sorriso sulle labbra e
abbassò lo sguardo, trovando una
bambina col cappellino rosso e bianco sulla testa che lo fissava
ammirata.
“Dimmi, tesoro!”
“Posso fare una foto con te?”
“Ma certo!” Prima di mettersi in posa, si
voltò un’ultima
volta verso i suoi compagni di band. “Mi raccomando, acqua in
bocca. Non ditelo
agli altri.”
I due si strinsero nelle spalle e si allontanarono,
mentre l’interlocutrice di Conor cercava di estorcergli cosa
Babbo Natale le
avrebbe fatto trovare sotto l’albero.
“Andiamo, Conor ha una carriera da folletto, è perfetto!”
esclamò Dom quando furono fuori dalla fiumana di gente,
continuando a
ridacchiare tra sé.
“È un elfo, Dom” lo
corresse Phil in tono
fintamente serio. “Ehi, però non abbiamo pensato
di fargli una foto a
tradimento!”
“Cazzo!” Il cugino gli diede di gomito.
“Bene, ora che
abbiamo finito con gli acquisti più urgenti, direi che ci
siamo meritati una
bella birra… anzi, no! Porca puttana!”
Il chitarrista si era immobilizzato nel bel mezzo del
niente, così Phil fu costretto a fare altrettanto e lo
guardò stranito.
“Mi stavo dimenticando una cosa importantissima: il
regalo per te!”
Lui rise. “Lascia stare, non voglio niente.”
“Ma stai zitto!” Dom si guardò attorno
sconsolato. “Beh…
te ne devi andare. Buon Natale, buone feste, a domani!”
“Ma come, mi cacci così?”
“Mica posso comprare il regalo davanti a te!”
Il più grande scosse il capo ma fu costretto ad
arrendersi. “E va bene… ehi Dom, sai cosa mi
potresti regalare?”
Lui sollevò un sopracciglio. “Cosa?”
“Una stella di Natale!”
Era il 26 dicembre e l’umore di Conor non era esattamente
dei migliori: non avrebbe mai pensato di dover festeggiare il suo
compleanno
travestito da stupidissimo aiutante di Babbo Natale e circondato da
bambini
urlanti e signore sulla sessantina in cerca di un regalo per la vicina
di casa.
Certo, tutto sommato servire i clienti non gli dispiaceva, e dopo varie
settimane con quel costume da elfo aveva segretamente cominciato ad
apprezzarlo, ma ciò non toglieva che continuasse a sentirsi
un idiota.
Fortunatamente pareva che Dom e Phil non avessero sparso
la voce, anzi, nessuno dei suoi amici aveva sollevato
l’argomento negli ultimi
due giorni. Avrebbe preferito che nessuno lo venisse a scoprire, ma
ormai era
andata e non ci si poteva fare niente; del resto aveva tenuto in
considerazione
il rischio.
Quella sera il centro commerciale era più vuoto del
solito: Natale ormai era passato, la maggior parte dei regali era stata
comprata
e la gente era nel bel mezzo dei festeggiamenti insieme ai propri cari.
Solo
alcuni ritardatari e alcune famiglie annoiate si aggiravano tra i
negozi.
Attorno al banchetto delle stelle di Natale c’era
comunque un discreto numero di persone, tra cui molti bambini attirati
dalla
presenza di Babbo Natale. Conor non sapeva nemmeno che faccia avesse
quel
tizio, probabilmente non si erano nemmeno mai rivolti la parola
nonostante
lavorassero fianco a fianco da quasi un mese; non avevano certo tempo
da
perdere in chiacchiere.
“Come ti chiami, elfo?” Come al solito, mentre
cercava di
smaltire la fila il più in fretta possibile, un gruppetto di
bambini aveva
preso a importunarlo.
“Mi chiamo Conor” rispose pazientemente, mentre
porgeva
una piantina a una cliente.
“E come mai non sei in Lapponia, nella fabbrica dei
giocattoli di Babbo Natale?” domandò ancora il
bimbo dai capelli rossi.
“Perché a lui serviva aiuto qui e allora mi ha
chiamato.”
“E com’è il Polo Nord?”
domandò un’altra bambina.
Che diamine ne sapeva lui?
“Beh… fa molto freddo. E ci sono molte
renne” inventò,
sperando di risultare credibile.
“Elfo Conor! Elfo Conor!” strillò un
bambino più piccolo,
sovrastando le voci di tutti gli altri. “Quest’anno
Babbo Natale non mi ha
portato il regalo che volevo! Gli puoi dire che ha sbagliato?”
“Certo, vedremo cosa si può fare” lo
liquidò in fretta
Conor, per poi rivolgere un’occhiata al nuovo cliente che
aveva di fronte.
Doveva avere un aspetto terribile, devastato da quelle giornate
pesantissime.
Mentre vendeva una stella di Natale dopo l’altra, i
bambini saltellavano imperterriti al suo fianco e continuavano a
strillare a
due centimetri dal suo orecchio.
“Elfo Conor, mio fratello è stato cattivo tutto
l’anno ma
ha ricevuto una bicicletta!”
“Ma gli elfi sanno guidare la slitta o lo sa fare solo
Babbo Natale?”
“Elfo Conor, che cosa mangiano le renne?”
“Elfo, io voglio fare un selfie con te!”
Bisognava ammettere che aveva già un bel po’ di
ammiratori, molti più di quanto potesse sperare di averne
come cantante. Forse
avevano ragione Dom e Phil: era nato per essere un elfo.
Era talmente distratto da quei marmocchi maledettamente
invadenti che si accorse della presenza dei suoi quattro compagni di
band solo
quando se li ritrovò di fronte, tutti sorridenti e con un
cappellino di Babbo
Natale ciascuno sulla testa.
Per poco non gli venne un colpo e rischiò di lasciar
cadere il vaso con la stella di Natale che aveva in mano. “Ma
siete impazziti?!
Dom, Phil, avevate promesso di non dire niente!”
strillò, leggermente nel
panico. Aveva gridato così forte che perfino i bambini erano
ammutoliti,
capendo la gravità della situazione.
“Non esiste proprio che non festeggiamo il tuo
compleanno” affermò Joe, poggiando sul banchetto
un vassoio e sollevando il
coperchio; davanti agli occhi del cantante si presentò una
torta decorata con
una scritta e dei riccioli di panna sui bordi.
Fortunatamente, vedendo la situazione, Jake – un collega
di Conor, anche lui travestito da elfo – aveva fatto cenno
alle persone in fila
al suo banchetto di avvicinarsi al proprio in modo che il festeggiato
potesse
avere un po’ di tregua.
“Happy birthday to you, happpy birthday to
you…” cominciarono
a cantare i suoi amici, steccando come in tutte le canzoncine di buon
compleanno che si rispettino.
Conor si batté una mano sulla fronte, indeciso se
scoppiare a ridere, piangere di gioia o picchiarli.
“Happy birthday to Santa Claus Elf… happy
birthday to
you!”
Dopodiché i quattro esplosero in un applauso, con tanto
di bambini esultanti.
“Elfo Conor, ma quindi è il tuo
compleanno!”
“Quindi anche gli elfi compiono gli anni!”
Alla fine il cantante non poté fare a meno di sciogliersi
in un sorriso: non poteva credere che Phil, Dom, Joe e Price si fossero
davvero
presentati sul suo luogo di lavoro con una torta per lui! Erano pazzi.
“Conor, posso dirti una cosa? Sei uno schianto!”
commentò
Price con un sorriso.
“Phil, non scherzavi quando dicevi che questo potrebbe
essere l’outfit della band: è una
figata!” aggiunse Joe, circumnavigando il
banchetto per osservare meglio il vestito da aiutante di Babbo Natale.
“Sì, e chi ci crede che saliresti sul palco
vestito
così?” lo punzecchiò Dom.
“Eviterò di insultarvi solo perché ci
sono i bambini qui
di fronte!” bofonchiò Conor tentando di risultare
minaccioso, ma ormai non
riusciva più a trattenere le risate.
“Guarda cosa ti abbiamo scritto sulla torta!”
attirò la
sua attenzione Phil, accennando al dolce.
Conor si sporse per leggere: buon compleanno al nostro
elfo del cuore.
“Siete impossibili, davvero!”
“Elfo Conor, elfo Conor!” strepitò la
bambina di poco
prima, tirando un lembo del suo maglione verde e rosso.
“Possiamo mangiare
anche noi una fetta di torta?”
“Ma guarda un po’ ‘sti
scrocconi” borbottò Dom a bassa
voce, facendo scoppiare a ridere Price.
Conor le sorrise. “Va bene, una fettina di torta per
tutti. Ma a una condizione: dovrai scattare una bella foto a me e ai
miei
amici! Ci stai?”
La bimba annuì convinta, così lui le porse il suo
cellulare e invitò i suoi compagni di band dietro il
banchetto.
“Sai una cosa, Conor?” disse Phil, mentre si
posizionava
dietro di lui per la foto.
“Mmh?”
“Sei davvero l’elfo più buono e carino
del mondo.”
“Al mio tre dite Christmas Elf!”
annunciò la bambina a
gran voce, sollevando il cellulare davanti alla faccia.
“Uno!”
“Ma sei pieno di brillantini! Mi riempirò tutto
pure io!”
protestò Price dopo aver circondato le spalle di Conor.
“Due!”
“La smetti di tirarmi i capelli? Mi sta per cadere il
cappellino” brontolò Joe rivolto a Dom.
“Lo so, lo sto facendo apposta!”
“Tre!”
“Siete quattro idioti!” esclamò Conor,
prima di scoppiare
a ridere.
Click.
♥
♥ ♥ ♥ ♥
AUGURI CONOOOOOOOOR *________________*
E tantissimi auguri di buone feste a tutti voi,
lettoriiiiiii!!!!!
Diciamo che questa volta ho preso due piccioni con una
fava: ho portato fuori un’idea demenziale per il compleanno
di Conor (queste
storie di compleanno sono sempre peggio AHAHAHAHAHAH) e ho anche
pubblicato la
storia natalizia per quest’anno! Incredibile che, per quanto
io ami il Natale e
queste feste in generale, non avessi ancora scritto niente a riguardo!
Tra l'altro erano tipo ANNI che volevo scrivere una storia sugli esordi
dei Nothing But Thieves: questa shot è ambientata nel 2021,
quando la band si era appena formata e si stava ancora assestando;
appunto, Conor doveva compiere vent'anni, cucciolinooo *-* e, essendo
loro dei musicisti poveri e sfigati, dovevano pur trovare un modo per
guadagnarsi da vivere XD
Allora! Che ne pensato di Conor in versione elfetto
aiutante di Babbo Natale/venditore di stelle di Natale? IO ME LO
IMMAGINO
PERFETTAMENTE COME SE CE L’AVESSI DAVANTI AHAHAHAHAHAH!
CIOÈ DAI È PERFETTO!
Per questa geniale idea devo ringraziare Evelyn, che mi ha
implicitamente ispirato grazie a una sua risposta a recensione dove mi
diceva
che Conor somigliava un po’ a un folletto aiutante di Babbo
Natale – che però,
Evelyn, è un ELFO, bisogna precisarlo altrimenti Conor si
offende AHAHAHAHAHAHAH!
Non ho altro da aggiungere, quindi vi lascio la parola e
vi ringrazio tantissimo per essere giunti fin qui! :3
E ancora TANTISSIMI AUGURI a Conor, che con la sua voce è
in grado di far tremare i cuori di chi lo ascolta e con la sua dolcezza
di
farli sciogliere ♥
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