Il
corpo
debole,leggero,che ha sopportato decadi di esperienze
differenti,passando da un incantesimo ad un altro come fossero pagine
di un libro molto ampio e pieno di conoscenza. Lucilla pensava a
questo mentre aiutava il mago a tornare a palazzo,come da lui chiesto
così pacatamente e affettuosamente,come un maestro che
chiede
sostegno all'allievo,anche se i due operavano la magia in due maniere
perfettamente diverse e la traevano da fonti differenti.
“Come vi sentite
adesso nobile Lucilla?”chiese il mago all'improvviso.
“Come? Io sto
bene,i dolori di ieri non sono così' forti
è....”
“Sapete bene che
non mi riferivo a quello di dolore...siete ancora arrabbiata?”
“Ecco,io....no e
solo che....”
Non
sapeva cosa
dire,o meglio,sapeva cosa voleva dire,ma non era adatto ai modi e al
verbo di un principessa. Non se la sentiva di dire che voleva
bruciare quell'arpia dalle ali metalliche,invocare a se il potere di
Apollo per scioglierla come un mucchietto di neve in una giornata di
torrida afa.
“Si,sono ancora
arrabbiata.”,disse lei limitandosi a quello.
“E
comprensibile,d'altronde chi non si arrabbierebbe per aver udito
parole tanto ingiuste sul proprio padre. Imperatore o meno che sia.
Voleva provocarvi e ci stava riuscendo. Vi direi di essere
più
accorta,ma so per certo che non mi ascoltereste,in questo siete
uguale a vostro padre.”
“ Ed è un bene?”
“Senza dubbio.”
Già,suo
padre,il
precedente imperatore Flavio Equo IV,discendete della gens Flavia e
l'uomo che governava Nova in una posizione per nulla facile.
Ricordava quando diversi anni fa,nel tempo in cui la vita era
tranquilla e pacifica suo padre,quando non era impegnato a fare il
sovrano era un uomo come tanti altri,addirittura meglio. Lucilla lo
ricordava alto,snello e con corpo agile e vigoroso,dato anche la sua
carriera militare e il suo intervento personale in molte
campagne:contro le selvagge tribù di orchi provenienti dalle
steppe
nord-occidentali,patria di popoli nomadi,che si spostavano in massa e
tutte insieme sembravano così grandi da formare intere
nazioni.
Oppure contro l'impresa contro Meneo, un drago che devastava intere
città sulle montagne della regione dei cinque cancelli,dove
si
diceva che conducevano verso gli inferi e che li aveva mobilitato un
armata per porre fine a quel disastro. Lui stesso aveva prestato
soccorso,le genti rimaste coinvolte nel terribile scempio e si diceva
che lo stesso imperatore si mosse per primo per cercare tra le
macerie gli sventurati colpiti da quella calamità alata. Ma
nel
quotidiano era un uomo colto e istruito,che preferiva la pace alla
guerra,il dialogo alle armi. Ricordava di come quando era piccola era
abituata a sfuggire alle grinfie della severa,ma buona balia e che
subito,quando poteva andava alla ricerca del padre e lo trovava
sempre intento a leggere qualcosa nella biblioteca,che in
realtà
consisteva in una stanza da lettura con un solo,ma grande scaffale di
scuro ebano,colmo di pergamene,i cui argomenti spaziavano dalla
storia,alla commedia,fino alla filosofia,di cui il padre sembrava un
forte sostenitore. Non erano poche le volte che accorreva nella sala
e gli correva incontro per stare con lui quando poteva,visto che
spesso era lontano nella capitale,da dove teneva le redini
dell'impero. Dalla luce della stanza ricordava dell'aspetto del
genitore: i capelli erano neri con qualche ciuffo bianco dovuti al
passare degli anni,aveva gli occhi marroni,un naso un po' grosso e
una barba folta,ma ben curata che gli circondava la bocca,com'era di
moda ad Argos. Lui non si spazientiva di quelle entrate a sorpresa
nei suoi attimi di riposo ed era sempre pronto ad accoglierla quando
veniva da lui,correndogli incontro,con le braccia spalancata e un
sorriso caldo e radioso,proprio come la luce del sole.
Già,era bei
tempi quelli. Ma ora era del presente che doveva preoccuparsi e della
sua missione per cercare il Demiurgo. Era giunta fino ad Aegis
rischiando la propria incolumità per cercare sicurezza dalle
uniche
persone che appoggiavano apertamente la sua causa e la sua
missione,ed ora che era al sicuro non sapeva più come
procedere.
Sentiva su di se tutto il peso della responsabilità di
quell'intoppo
sul loro viaggio e non sapeva più come procedere. Non aveva
indizi
su come fosse fatto questo demiurgo,su quale fosse la sua vera
natura,su che aspetto si sarebbe dovuta aspettare di trovare.
Niente,niente di niente. Ed era anche per questo che era giunta fino
ad Aegis,oltre alla protezione avrebbe ottenuto la conoscenza e per
acquisirla sapeva a chi rivolgersi.
“Mago,so che state
facendo di tutto per la mia salvaguardia e per questo vi sono molto
grata. Ma....”
“Senti il bisogno
di proseguire il prima possibile vero?”
“Devo sapere se i
nostri nemici non siano in vantaggio su di noi e che non siano
riusciti ad entrare in possesso di una qualunque cosa non li abbia
avvicinati al Demiurgo,se non esserne entrati direttamente in
possesso. Ho bisogno di lasciare questa città il prima
possibile.
Non oso immaginare se uomini come Silla riuscissero a mettere le mani
sul Demiurgo prima del nostro arrivo. No non posso
permetterlo,io...”
“Calmatevi
altezza. Sapevo che non vi sareste mai trattenuta a lungo nonostante
la nostra proposta di ospitarvi in città,almeno fino a
quando la
situazione con Nova non sarebbe migliorata. Ma i nostri nemici sono
più determinati che mai e Silla più di tutti.
Proprio per questo
non ho smesso con le mie ricerche riguardo alla locazione del
Demiurgo. Abbiamo molto di cui parlare e pochissimo tempo per
organizzarci.”
“Di cosa state
parlando?”
“Ti spiegherò
tutto,ma prima dobbiamo rivolgerci al consiglio.”
Impiegarono
un po'
di tempo per giungere di fronte alla porta del palazzo,dove le truppe
in armi attendevano ansia celata,l'esito dello scontro,nella speranza
che in quell'occasione si potesse risparmiare un bagno di sangue.
Erano uomini fedeli alla patria,che per quanto piccola potesse essere
ricambiava i suoi difensori con una vita libera e abbondante,nessuno
era schiavo ad Aegis e nessuno avrebbe permesso che ciò
accadesse,nemmeno alla nazione più potente del mondo,che di
fatto
geograficamente circondava l'intera città-stato,ma in quanto
a
realtà politica e potenza indipendente poteva contare come
una
nazione a parte. Passarono attraverso i soldati il più
velocemente
possibile,passando in mezzo alle file composte degli opliti in
armatura pesante,senza neanche sfiorarle da come erano perfettamente
posizionate. Lucilla teneva stretto a se il mago e passando tra i
soldati tornò a sentirsi al sicuro,seppur solo in
parte,perché loro
non erano come i suoi compagni di viaggio,i suoi accompagnatori,come
Gordlack e Nym,come Braxus,come Milziade...già,Milziade.
Pensò a
lui più di tutti gli altri e gli venne in mente di nuovo
quell'immagine che aveva visto la scorsa notte. Una città in
fiamme,urla di gente disperata e un aquila dorata. Sapeva benissimo
cosa volesse dire e Nova in qualche modo c'entrasse con quel
mercenario,ma perché una visione? Perché mai
Apollo le aveva
mandato una visione tanto orribile e chi era quell'uomo,che a quanto
pare era stato in grado di tenere testa ad un intera legione e
uscirne illeso? Più ci pensava e più considerava
l'impresa degna di
una leggenda,come quelle degli eroi del passato,quelle epiche figure
senza tempo che narravano di uomini e donne dalla capacità
straordinarie,che con le loro gesta esaltavano il meglio della loro
natura imperfetta e la mettevano al servizio di un bene superiore.
Guardò le armature oplitiche dei soldati e le venne in mente
che
quando era giunto dinnanzi a lei indossava vesti e protezioni
simili,persino la spada aveva un aspetto simile a quelle di quei
soldati che tenevano come arma di riserva e anche adesso,con la spada
e l'armatura nuova,lo stile delle protezioni ricalcava il loro stile.
Che fosse solo una coincidenza? Non aveva tempo per pensarci,altro
occupava i suoi pensieri. Giunsero di fronte all'ingresso della torre
e subito il grande portone si aprì alle due piccole
figure,che la
oltrepassarono,ritirandosi all'interno della sua fortissima
struttura.
“Bene,ora potete
lasciarmi andare.”
“Ma non stavate
male?”
“Per i nostri
sgraditi ospiti si,ma questa messinscena e durata abbastanza.”
Lucilla
non disse
una parola e delicatamente lasciò la presa sul vecchio corpo
dell'incantatore. Appena si staccò il mago tornò
ad appoggiarsi al
suo bastone con più forza,mantenendo comunque quell'aspetto
pieno di
mistero e di dignità che lo circondavano.
“Seguitemi
altezza,il consiglio ci sta aspettando.”
“Per quale
ragione?”
“Lo vedrete
presto.”
Si
diressero alla
pedana mobile e subito la pedana iniziò ad alzarsi. Piano
dopo
piano,sezione dopo sezione,sempre più in alto,sempre
più vicino
alla cima,si fermarono ad un piano prima dell'ultimo,dove risiedeva
la sala del consiglio e del presidente di Aegis. Il piano presentava
a prima vista come un luogo abbastanza stretto,c'era solo un piccolo
corridoio,largo a malapena per farci stare quattro persone.
Nell'angusto passaggio erano presenti i quattro membri del consiglio
cittadino, ognuno era fermo di fronte a quello che sembrava uno
spesso portone di pietra,molto simile a quello presente al pian
terreno,tuttavia presenta una sola differenza. Questa non presentava
nulla sulla superficie,nessuna incisione,nessuna runa,lettera o glifo
di sorta era presente sulla pietra. Solo spoglia,naturale,roccia
lavorata. Nulla più che questo. Tutti e quattro i membri del
consiglio si voltarono verso i due arrivati e chinarono un rispettoso
inchino verso la ragazza.
“Nobile
Lucilla.”,disse Kemuti con tono pacato, “Ci
scusiamo per il
disturbo,ma con il poco tempo che aveva a disposizione per la vostra
presenza alla firma della tregua e il trambusto di ieri,oltre alla
vostra convalescenza era necessario farvi venire qui il più
presto
possibile.”
“Qui?Perché cosa
c'è qui?”,chiese lei confusa.
“Ci troviamo di
fronte alla porta degli archivi principali del palazzo. Crediamo che
qui sia celato un indizio per trovare la locazione del
Demiurgo.”
La
ragazza non
riuscì a credere alle sue orecchie. Sapeva bene cosa aveva
sentito,ma farselo dire così di punto in bianco aveva un che
di
inaspettato. Era giunta ad Aegis per un riparo e un luogo sicuro dove
sostare e forse se ne sarebbe andata con qualcosa di più di
un
semplice aiuto da parte dei suoi sostenitori.
“Bene
signori,apriamo.”
Tutti
e quattro i
membri del consiglio si avvicinarono alla parete di fronte a
loro,poggiarono la mano destra sulla pietra con il braccio ritto e
immobile e infine recitarono tutti le medesime parole.
“Nella libertà
vivo,nella pace credo,nella giustizia confido,nella speranza
persisto.”
Lucilla
lo aveva
sentito bene. Non riusciva a credere alle sue stesse orecchie,queste
parole le aveva già udite,da un altra persona,una che aveva
amato
con tutta se stessa e che da lei era stata ricambiata. A stento
riuscì a parlare,quelle stesse parole che da tanto tempo
aveva
dimenticato ora riecheggiavano dal profondo della sua mente,come il
grido di un aquila che si propaga tra i monti.
“Mago. queste
parole erano....erano di....”
“Di vostro
padre....Il suo ricordo per la gente di questa città
è ancora
vivido nella loro memoria.”
La
lastra di pietra
si smosse,sprofondando nel pavimento e liberando così la
strada per
la meraviglia che giaceva dall'altra parte. Dal corridoio riusciva a
vedere quello che sembrava uno scaffale pieno di pergamene e dietro
di essa altri corridoio con altri scaffali.
“Prego
principessa,seguitemi.”
Il
mago le fece
strada ancora per pochi passi e la ragazza ancora muta nella sua
incertezza lo seguì. Pochi metri da percorrere e quando
entrò
dall'altra parte vide ciò che aveva già osservato
da quel piccolo
spazio,ma stavolta più in grande e in tutta la sua gloria.
Una
gigantesca sala piena di scaffali di legno,dove vi erano adagiati in
gran numero pergamene,libri,papiri,tavolette di cera lacca e persino
di pietra e argilla,che non erano più in circolazione da
migliaia di
anni. La luce del sole entrava nella sala per mezzo di alte
finestrelle ricavate dalla spessa roccia di cui la torre era
fatta,donando un atmosfera simile a quelli che si percepiva
all'interno di un tempio o di un sacrario di qualche genere. E li
,tra tutte le cose,mentre si dilungava ad osservare gli scaffali e i
tavoli da lettura,tra le numerose targhe in bronzo che indicavano
ogni argomento di un determinato scaffale e l'intonaco bianco e
azzurro della gigantesca stanza,lo vide,li tra le tante cose da
ammirare e contemplare,lei lo rivide li,non in carne e ossa,ma in
marmo,in una posa calma e rilassata. Suo padre,Flavio Equo IV. Era
stato ritratto in una statua a grandezza naturale posta in una
nicchia sul muro. Era stato scolpito mentre vestiva una semplice
toga,come amava fare quando era a casa sua in campagna e teneva
stretto in una mano una pergamena aperta e nell'altra uno stilo,forse
con l'intenzione di scrivere. Lucilla sapeva che suo padre era un
uomo che a tempo perso scriveva i suoi pensieri sui rotoli o le
pagine bianche,cosa che faceva appena ne aveva il tempo,insieme alla
lettura dei sapienti del passato. Ritrovarlo li,così lontano
da casa
e anche se era soltanto una statua di pietra ,gli infondeva un calore
nel cuore che era pari a quella del sole,se non più forte e
più
intensa. Sotto la scultura c'era un iscrizione in latino.
“Agli uomini e
alle donne,che hanno preferito convivere con i popoli che
sottometterli,di amarli e rispettarli più che piegarli e
conquistarli. Possa essere questa città un Egida per tutti
gli
abitanti del mondo.”
Lesse
come rapita da
quella frase. Si,quelle erano parole che sue padre avrebbe potuto
pronunciare dato lo stile e la forma con quale erano state incise
nella pietra.
“Dunque mio padre
è stato qui?”
“Voi cosa sapete
di Aegis?”,chiese il mago in maniera enigmatica.
“So che prima del
dominio di Silla era una città dell'impero e che nei tempi
antichi e
stata una città molto importante nella difesa dei territori
di Nova
quando ancora non aveva raggiunto lo status di impero,ma a parte
questo so poco.”
“Vedete nobile
Lucilla,Aegis in argosiano si può tradurre con egida,che
sarebbe lo
scudo della dea Atena,o Minerva per il culto noviano,ma voi siete una
sacerdotessa e queste cose le sapete meglio di me. Ufficialmente il
nome Aegis è stato dato a questa città a
testimonianza che tutti
coloro che cercassero un luogo dove vivere felici,in una
città nella
quali tutti si sarebbero sentiti al sicuro. Ma questa è una
storia
che va bene per la maggior parte delle persone. No,la verità
di
questo luogo,di questo archivio,di tutta Aegis e della stessa
democrazia che qui è nata a origine dalla parola stessa che
fa da
nome alla nostra città. Aegis.”
“Non riesco a
seguirvi.”
“C'è una cosa che
dovete sapere su questa città. Quando venne costruita,circa,
sette
secoli fa,prima di essere una metropoli era solo una piccola
cittadina arroccata tra i monti. Non era un luogo importante e a
malapena qualcuno si sarebbe degnato della sua esistenza. Poi,quando
Nova era ancora una repubblica decise di espandersi,notando i
vantaggi che questa zona di montagna possedeva,tra cui le miniere di
quarzo,per la realizzazione di oggetti magici è le fertili
valli
sottostanti e le foreste,che sembravano distribuire legname a non
finire decisero di costruire una città. Prima
però dovevano
occupare la zona,a quel tempo popolata da tribù di
centauri,grifoni
e numerose tribù barbare nella zona. Le spese militari e gli
uomini
inviati al fronte furono esorbitanti,ma alla fine riuscirono
nella...colonizzazione,se così possiamo definirla. Una volta
insediati,i soldati che scelsero di vivere qui portarono con se le
loro famiglie e altri cittadini giunsero in questo luogo con la
speranza di trovare nuova fortuna alla frontiera. Fin qui nulla di
strano, una normale spedizione di conquista finita nella costruzione
di una città. Ma quello che in pochi sanno e che tra i nuovi
arrivati,si celavano tra di loro numerosi accoliti di una setta
segreta di illuminati,rivolta allo studio e alla contemplazione di
tutte le materie che avessero a che fare con la logica e la
matematica,ma più di tutto al centro delle loro ricerche
c'era un
elemento che li ossessionava più di tutto il resto. Il
Demiurgo. Non
si sa molto su di loro,una delle cose che sappiamo e che costoro
erano conosciuti come Pitagorici.”
“Pitagorici?”,ripeté
Lucilla come ad affermare che non li avesse mai sentiti nominare.
“Si,il nome della
setta deriva dal nome del loro maestro,Pitagora,un umano,un antico
dotto e filosofo originario di Argos. Era convito che nella natura
dell'universo,tutto fosse regolamentato dai numeri e che tutto nel
creato esisteva proprio perché all'inizio della creazione
erano
presenti tutti gli elementi necessari alla creazione dell'universo e
che gli dei fossero o primi scopritori di quegli elementi
necessari,che avevano estrapolato dal caos primordiale dalla quale
derivavano. Ma nel caos non poteva esserci ordine e così
dalla
materia primordiale e dalle idee degli esseri ancestrali,ovvero le
divinità,nacque un essere,diverso da tutti gli altri
poiché era
l'unico a poter definire con precisione il posto esatto di ogni cosa.
Egli era il demiurgo.”
“Aspettate nobile
mago,io ho sempre pensato che il Demiurgo fosse un oggetto,mentre
invece è un essere vivente in tutto e per tutto,quindi
anch'esso è
un dio?”
Il
mago si portò
una mano sulla barba e iniziò a lisciarsela,come se fosse in
preda
ad un pensiero complicato da ragionare e difficoltoso da esporre.
“Stando alle
credenze di Pitagora si,ma da quello che sappiamo sul demiurgo non
può affermare con precisione esso sia effettivamente un
essere
vivente,un oggetto,un dio o qualunque altra cosa che ci sfugge. Le
poche informazioni in nostro possesso derivano da scritti,ricerche e
riflessioni di altri sapienti e pochi accennano a questa setta e per
lo più in maniera sporadica e senza certezza che queste
informazioni
siano vere,false o inesatte,la questione e molto complessa
principessa.”
Etimandro
si rivolse
alla ragazza vestita di bianco con tono tenue e delicato
“Egle,per favore
recupera il libro e la mappa.”
La
ragazza si mosse
verso una sezione dell'archivio,sparendo dietro ad uno dei grandi
scaffali della sala. Quando Egle si allontanò intervenne la
ragazza
dai capelli rossi.
“Mago,sei certo
che questa storia della setta possa essere vera? Se fosse
così
perché non abbiamo trovato prima tracce della loro
esistenza? Poi
qui ad Aegis la conoscenza della magia e molto ampia. Mi pare strano
che non n'è sapessimo nulla.”
“Se avessi la
certezza che i Pitagorici siano il gruppo di cui quei pochi parlano
allora non mi stupirei se la loro esistenza fosse nota a pochi e poi
Rhufna, non credi che sia giusto provare?”
“Non per questo
dobbiamo credere ad una storia che sembra campata per aria. E poi sai
che io preferisco l'azione,sono figlia di guerrieri del glaciale nord e
credo più nella filo dell'ascia che s dell'inchiostro su
della pergamena.”
“Forse hai
ragione,ma per ora facciamo così. Tagliare teste ora come
ora
potrebbe essere controproducente. Uno scontro a viso aperto con Nova
non sarebbe visto di buon occhio dai nostri alleati,soprattutto se
fossimo volenterosi a continuare le ostilità e sai bene che
la
tregua che ho appena firmato a nome di Midas ci garantisce un momento
di pausa per contrastare le mire di Nova. Non sarà una pace
duratura,ma ci darà il tempo necessario per garantirci un
vantaggio
in questo conflitto. Ti chiedo di avere pazienza.”
Lei
non rispose alle
parole del mago,ma sapeva che il vecchio arcanista aveva ragione.
Anche se si vedeva che gli ribolliva il sangue per i legionari dentro
la città,doveva mettere da parte la sua anima da guerriera e
rispettare il suo ruolo come membro del consiglio cittadino. Il
benessere degli abitanti,in particolar modo quelli del quartiere
nordico credevano il lei e lei non avrebbe messo in gioco le loro
vite per quella era una sua opinione personale. Dopotutto la loro era
una democrazia. Rilassò il viso e lo sguardo battagliero si
attenuò.
Poco dopo comparve Egle,con in una mano un grande rotolo di pergamena
e nell'altra un libro spesso,dall'aspetto vecchio e consunto dal
tempo e dall'incuria. Li posò su di un tavolo e il mago si
riunì
alla ragazza dai capelli castani con sguardo rapace sulla pergamena
ingiallita. Gli altri senza dire una parola si avvicinarono senza
essere chiamati e anche i loro occhi furono catturati da quei due
oggetti. Il piccolo Glomi dovette aiutarsi con una sedia per poter
vedere anche lui il contenuto posto sul tavolo.
“Bene,maestà
osservate con attenzione...”, Etimandro aprì
delicatamente la
pergamena,srotolandola,mentre l'odore della pelle antica,misto ad una
leggera sventolata di polvere investì tutti quelli attorno
al
tavolo,disturbando alcuni e intaccando per nulla gli altri. Quello
che videro era una mappa,una mappa di Orbis,il loro mondo. Orbis, una
parola in latino che voleva dire orbe,sfera,in sostanza la forma del
mondo per com'era fisicamente. Lucilla sapeva bene che quello era il
nome del mondo per come lo chiamava chi abitava nell'impero,altri
popoli lo chiamavano con altri nomi,ma erano così tanti che
generalmente si usava il nome Orbis,poiché il latino era la
lingua
più usata per estensione geografica e molti lo avevano
additato
addirittura come una lingua internazionale,cosa che era accaduta solo
con poche altre civiltà nel resto della storia. La mappa era
un
autentico capolavoro di cartografia. Vi erano state riprodotte con
esattezza tutti i dettagli fisici di tutte le terre allora
conosciute. Nova che occupava una vasta porzione del foglio era
particolarmente visibile,ma anche il regno di Amenosi,con le sue
piramidi e il vastissimo deserto,segnato con nome di Mare Sabulum,il
mare di sabbia. Più a nord,le fredde e sconosciute terre del
nord,dove foreste,steppe e climi freddi facevano da casa a popoli
altrettanto duri e brutali,alcuni ancora legati da costumi
tribali,per non dire barbari. E più a est le misteriose
terre dei
popoli orientali,terre di mercanti,razziatori e imperi
dimenticati,dove desideri di espansioni noviane attendevano ancora di
essere esauditi. Qui,insieme alla scrittura nacquero le prime
civiltà
conosciute. E con le terre vi erano segnate anche le isole e le
montagne,le strade principali e quelle secondarie,con nomi e dettagli
che solo una mente minuziosa,quasi ossessiva aveva potuto documentare
su una singola pergamena.
“Guardate
principessa...”,disse il mago mentre con la mano sfiorava il
foglio
in pelle di pecora,“Come ben sapete questo è il
nostro mondo,tutto
ciò che è segnato e stato riprodotto con grande
minuzia affinché
sei mai un membro della setta avesse avuto bisogno di spostarsi,per
un motivo o per un altro,avrebbe saputo esattamente dove
andare.”
“Capisco,ma questo
come può aiutarci nella nostra ricerca?”,chiese
Lucilla perplessa.
“Vedete nulla di
particolarmente appariscente sulla mappa? Un punto diverso da tutti
gli altri?”
La
ragazza diede un
occhiata generale alla mappa e non gli parve di vedere nulla in
particolare. Certamente erano segnati punti più grandi e
piccoli,come le città principali dell'impero e quelle
più piccole
per importanza,alcune catene montuose,laghi,fiumi,mari ma niente che
fosse stato segnato in maniera particolarmente appariscente. Lei fece
un cenno di negazione in direzione della mappa.
“Bene,perché
questa e solo una mappa...all'apparenza. Se una normale persona senza
talento nella magia risulterà solo una normale mappa,ben
fatta,ma
comunque una mappa. Ma,se invece dovessi toccarla
io,guardate...”
Etimandro
poggiò
delicatamente la mano sulla pergamena,con il palmo aperto e le dita
ben estese.
“Casa delle
quattro verità.”
Disse
il vecchio
incantatore è il l'enorme libro si aprì da
solo,sfogliando
numerosissime pagine come se venissero spostate da un potente vento
di tempesta,veloce e intangibile,poi smise immediatamente come era
giunto e senza lasciare alcuna traccia della sua presenza. Il mago
staccò la mano dalla e con il dito indice passò
sulla parte
lasciata aperta dal vento invisibile e si fermò quando la
punta del
suo dito vecchio e scarno,quasi sovrastato dalla manica della sua
veste si fermò in un paragrafo specifico,segnata da un
grande titolo
a metà tra due spazi bianchi.
“Eccola
qua,trovata,la casa delle quattro
verità....”,disse il mago dando
una breve occhiata a tutti i presenti e soffermandosi un attimo sulla
principessa,per poi tornare sulla pagina,avvicinando il viso al libro
come se facesse fatica a vedere, “Nel luogo dove giace la
nostra
prima casa,la,dove il maestro è giunto per la prima volta,ha
piantato i semi della curiosità e li ha fatti crescere nelle
piante
del nuovo sapere,mettendo radici nella vecchia conoscenza e
incoraggiando a nutrircene per ramificare e crescere verso vette di
infinite possibilità. Da questa consapevolezza nascono
quattro
verità,quattro elementi che sono la base del nostro
mondo.”
Etimandro
finì di
parlare e giunto alla fine della frase indicò un immagine
posta in
uno spazio in bianco poco sotto le parole appena recitate. Vi era
l'immagine di una strana creatura,con il corpo da uomo,la testa di
leone e un serpente ad avvolgerne il corpo.
“Che
cos'è?”,chiese la principessa curiosa.
“Questo mia
signora è il Demiurgo,o meglio,la sua forma idealizzata. Non
ho idea
perché lo abbiano riprodotto in questa maniera,anche se
deduco che
ci sia una spiegazione simbolica dietro questa rappresentazione,anche
se mi sfugge il significato. Tuttavia,la cosa importante e che
sappiamo dove si trova il primo indizio per cercare il
demiurgo.”
“Dove?”
“Dalle poche
informazioni in mio possesso so che le prime lezioni impartite da
Pitagora furono date in una città chiamata Samo,situata
sull'isola
di Patmos.”
“Patmos? Ma è a
leghe di distanza da qui e oltretutto il viaggio non è dei
più
semplici.”
“Lo sappiamo. Ed è
per questo che abbiamo già organizzato il viaggio.
Normalmente una
spedizione simile richiederebbe tempo,risorse e spese di viaggio a
non finire. Fortunatamente non tutti vedono di buon occhio la salita
al trono di Silla e non pochi sono disposti ad aiutarci,non tutti
pubblicamente,ma confidiamo nel loro sostegno.”
“Certo,capisco.”
“Oltretutto ho
fatto preparare tutto il necessario per la vostra partenza,pur
mantenendovi leggeri e mobili,così da non rallentarvi. Ci
sono
vestiti puliti,accessori,provviste,medicinali e una scarsella da
mille scudi d'argento per le spese di viaggio e imprevisti vari.
Appena sarete pronti partite,ma non prima di esservi cambiata mia
signora. Vorrei ricordarvi che anche se questa è un
illusione di una
nobile veste,voi state indossando delle vesti per la notte.”
“Ah già...mi ero
completamente dimenticata. Appena avrò tempo
andrò a mettermi
qualcosa di più consono.”
“Tra i vostri
effetti da viaggio gli abiti non mancano. Vi chiedo scusa se il
vostro guardaroba non conterrà abiti degni del vostro
lignaggio,ma
ho preferito inserire solo abbigliamenti più consoni ad un
viaggio
che al vostro illustre lignaggio. Vogliate perdonarmi.”
“Ma no anzi sono
io che dovrei esservi riconoscente...”,Lucilla si rivolse
anche ai
membri del consiglio, “E riconoscente anche verso di
voi,verso
Midas e verso questa città. Grazie di tutto.”
I
quattro membri del
consigli si limitarono ad un ossequioso cenno del capo ricolmo di
sincero rispetto e grati di quelle parole la guardarono con rinnovata
stima.
“Vostro padre era
un amico di questa città e tutti noi possiamo dire che
averlo
conosciuto di persona e stato un onore è un privilegio,non
di minor
valore che esserci confrontati con la figlia. Vi auguriamo buona
fortuna,per tutto quanto.”,disse Kemuti,che dei quattro era
quello
più incline alla diplomazia e per tanto il miglior oratore
del
gruppo.
“Ora,perché non
andate a riposare? E stata una mattina piena di emozioni e vi ho
costretta a sforzarvi più del dovuto. Non c'è
bisogno che vi
spieghi come funziona la piattaforma,una parola è vi portare
nelle
vostre stanze in men che non si dica.”
“Va bene,allora
con permesso io andrei signori.”
Tutti
i presenti
chinarono leggermente il capo verso la sacerdotessa e lei
contraccambiò,si girò e si diresse verso le sue
stanze,ma non prima
di aver dato un ultima occhiata alla statua di suo padre,che tanto
dolorosamente dovette staccarsene,anche se era solo un immagine
scolpita nella pietra . Ci impiegò pochi minuti per giungere
nella
stanza del mago,ora adibita per le sue necessità. Si
coricò a letto
e quando il suo corpo urtò contro il letto l'illusione della
veste
regale si dissolse e tornò a vedere la veste bianca usata
durante la
sua convalescenza. Con la testa poggiata sul cuscino guardò
il
soffitto e sentì la testa farsi più leggera,ora
che era lontana da
quella cerimonia,se così la si poteva definire,per la firma
della
tregua,un momento di pace forzata tra una potenza imperialista e una
piccola città indipendente che voleva soltanto proclamare la
sua
libertà. Era scesa con gli altri solo perché
doveva fare bella
figura e perché il loro nemico,Lucio Cornelio
Silla,l'imperatore, o
meglio,l'usurpatore aveva ordinato che ci fosse anche lei durante la
firma del trattato,chissà perché poi si
chiedeva,che lei ci fosse o
meno non faceva alcuna differenza. Ma le venne in mente anche un
altro fatto curioso,alla quale solo adesso,non più al centro
della
piazza,dove lei era presente solo per fare bella presenza. Quella
donna in armatura,l'aveva già vista in passato. Ricordi
sbiaditi di
un giorno catastrofico,caotico e violento. Ricordava ancora il giorno
in cui Silla era giunto in città e l'aveva raggiunta,insieme
a suo
padre e al corpo delle guardie pretoriane,che aveva il compito di
difenderli. E dietro il generale ribelle c'era lei,memoria sfumata
dell'unica donna armata in mezza a tanti uomini,se si soffermava un
attimo ricordava che anche a quei tempi impugnava due spade,ma
indossava una lorica hamata,una semplice armatura di cuoio molto
leggera,accompagnata da una mantellina rossa di riconoscimento e la
sua espressione,gli pareva diversa,sembrava più nervosa e
incerta,quasi come ogni altra ragazza in uno scenario di guerra.
Invece quella mattina si era trovata una donna completamente diversa.
L'armatura alata di puro acciaio,con alla cintola due lame
scintillanti e il volto,ma questa volta era feroce e i suoi occhi
erano colmi di una durezza e di una violenza tali che sembrava
più
un mastino da guerra che una donna. Ma quello che la sconvolse e la
fece arrabbiare,ma forse anche raggelare era il modo in cui aveva
parlato di Silla,descrivendolo come un eroe e non come un ambizioso
guerrafondaio senza scrupoli. Quello che aveva sentito nella sua voce
non era semplice lode,peggio,ma cieca devozione. Com'era possibile
che un uomo simile potesse essere obbedito,lodato a tal punto,da
spingere qualcuno a difenderlo,nonostante le sue azioni? Lucilla non
avrebbe saputo darsi una risposta a quel dilemma,ma in fondo l'impero
era grande e dentro ci viveva la gente più disparata.
Comunque ora
sapevano dove dovevano dirigersi e quale fosse la loro prossima
destinazione. Forse non era la tappa finale,ma sempre meglio che
vagare a vuoto senza direzione da seguire. Ora non doveva far altro
che aspettare che quella farsa che si teneva nella piazza finisse e
che Nym,Gordlack,Braxus e Milziade Tornasse a palazzo e discutessero
sul da farsi. Per ora avrebbe riposato fino al loro ritorno,lontana
da tutti,lontana da Nova,lontana dal male del mondo.
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