"Beware
the fury of a patient man."
-
John
Dryden
-
Counting
bodies like sheep
2001
"Le
squadre Bravo e Delta non sono rientrate."
Alex
solleva appena il mento, fissando una cartina stropicciata e
ingiallita.
"Della
squadra Alpha solo tre sono sopravvissuti."
Inclina
il viso, seguendo con gli occhi due nomi - Coșmarul,
Romania.
Stuart
si schiarisce la voce, togliendosi gli occhiali e rivolgendole uno
sguardo teso, cupo.
"E
le loro condizioni si possono definire particolari."
Alex
si volta, guardandolo.
"Credo
sia meglio li veda di persona, Master Alex."
Nella
voce di Stuart l'inquietudine sovrasta ogni altro sentimento.
2009
All'inizio
non si era preoccupato; perché farlo, in fondo?
Non
era una sprovveduta e nemmeno una fragile ragazzina indifesa.
Era
arrivata nel villaggio vestita come una di quelle modelle da
copertina, tutta oro e sorrisi smaglianti, un po' troppo taglienti
agli angoli.
Così
sei tu a darmi tanto disturbo, l'aveva
apostrofato.
A
ridurre i miei uomini in grumi di carne e metallo, aveva
riso, battendo le mani tra loro.
A
irritarmi e rovinarmi le giornate, aveva
continuato, camminando in mezzo agli avanzi di macchine e carri
armati su delle scarpe assolutamente
inappropriate.
Cling.
Sussulta,
colto di sorpresa dal rumore della spia di fine agglomerazione.
Appoggia
i piedi sul pavimento, alzandosi e fissando il calendario.
23
marzo.
Domani
la chiamerà; sì, domani, si ripromette, scivolando con
le dita lungo il martello e lì lasciandolo.
Il
domani sarà già troppo tardi.
2001
Keith
la fissa senza davvero vederla; ruota gli occhi nelle orbite, aprendo
e chiudendo le dita della mano ancora attaccata al polso.
Alex
si inclina verso il suo petto, alzando appena un sopracciglio.
"Crediamo
sia una sorta di reattore energetico." comincia a spiegare
Stuart, spingendosi gli occhiali sulla radice del naso e indicandogli
il pettorale sinistro.
"Gli
hanno asportato tutti gli organi vitali e inserito parti meccaniche
funzionanti: cannule biocompatibili e altri elementi che stiamo
ancora controllando."
Alex
si abbassa ulteriormente, premendo
il copricapo in acciaio e strappando
a Keith un grido agonico, straziante.
Stuart
annota qualcosa a margine, imperturbabile.
"Lo
è." gli dice poi, infilando l'unghia nello spazio tra la
calotta cranica e la placca metallica.
"Un
reattore." specifica, indicando il globo luminescente e pulsante
conficcato
nella
carne infiammata del torace.
Stuart
annuisce, continuando a scrivere.
Alex
si rialza, intrecciando le dita dietro la schiena.
"Ammirevole.
Grezzo, ma notevole. Forse un po' troppo rustico
per i miei gusti."
Keith
digrigna i denti, si morde la lingua - sulle labbra esplodergli
bolle di sangue e saliva.
Alex
lo fissa ancora qualche secondo, blandamente infastidita.
"Preparami
la sala operatoria: condurrò io stessa la dissezione."
"Vuole
che prima lo terminiamo o..."
Alex
solleva una mano, scuotendo la testa.
"Tecnicamente
è già morto." ribatte, studiando il lungo taglio
verticale che attraversa Keith dalla gola al pube "Mi serve
lucido." prosegue, osservandone i tic involontari, le piccole
scosse elettriche che sembrano animargli le gambe, il braccio
rimasto.
E
poi verrò a prenderti, figlio di puttana.
Le
terre dell'est non le hanno mai portato altro che miseria e
delusione.
2009
"La
tua fidanzatina ti ha lasciato?" squittisce Angie e l'istinto di
schiacciarle
quella
testa rotta e pallida si fa enorme.
"Non
hai qualche bambola con cui prendere il tè?"
Angie
ridacchia, sobbalzando in grembo a Donna.
"No:
tu
sei
più divertente."
"Prova
a pensarlo dal fondo di un pozzo e con venti metri di merda addosso."
Donna
inclina il capo verso la spalla ed Angie tace - rimane immobile tra
le sue braccia, morta.
"Madre
Miranda..."
La
stanza sembra flettersi, il metallo scricchiolare - tutto
si
addensa attorno a lui, alla sua rabbia.
"Se
le hai detto qualcosa..."
"No."
mormora una voce e non è Angie - non questa volta.
Le
pentole ricadono a terra con un clang
secco, rotolando ai loro piedi.
Donna
ne raccoglie una, posandola sul tavolo e appoggiandovi contro Angie.
"Non
mi hai mai detto il suo nome."
Heisenberg
la fissa da sopra il bordo degli occhiali, tace.
"Devo
tutto a Madre Miranda."
Un
suono di gola, derisorio.
"Ma
non ti avrei mai tradito."
Perché
siamo una famiglia,
sono le parole che rimangono sospese tra loro, schiacciate tra i
denti, sotto la lingua.
"Non
è mio fratello."
"Oh,
ma davvero? E dire che vi assomigliate così
tanto: saranno state le branchie a trarmi in inganno. O i piedi
palmati."
"Forse
le è successo qualcosa." suggerisce Donna, quieta -
spaventata da se stessa.
"L'immortalità
non appartiene ai corpi; Miranda dovrebbe capirlo."
Karl
tamburella con le dita sul bordo del tavolo, assorto.
"Ha
vissuto troppo a lungo per rendersene conto."
"Tutti
muoiono, Karl: è una questione di tempo."
Donna
tormenta un filo penzolante dalla manica, arrotolandoselo più
volte attorno l'indice.
"Anche
tu?"
Heisenberg
si volta, incrociando lo sguardo vuoto di Angie - il silenzio di
Donna.
"Lo
sto già facendo, Karl."
La
tragedia è, d'altronde, un affare di famiglia.
2001
Sotto
luci asettiche e bianche il volto di Alex è freddo, lontano;
simile a quello degli idoli antichi, sgretolati ormai dal tempo e dal
vento.
Non
c'è più di umano in Keith, se non un involucro di carne
e pelle che ancora cammina e
grida
e
soffre.
Stuart
posa un vassoio sulla scrivania alle sue spalle, schiarendosi la
voce.
"Le
ho portato la cena, Master Alex."
Alex
libera un piccolo hum
di
gola, assorta.
"Vista
l'ora ho pensato che un tè caldo e un sandwich di pane
integrale e prosciutto crudo fossero appropriati."
Alex
cataloga i pezzi estratti dal costato di Keith - cannule, ingranaggi,
ruote dentate e persino una piccola turbina.
Stuart
aspetta, osservandola lavorare - la precisione con la quale taglia,
incidendo tessuti, muscoli.
Ne
studia il profilo elegante, durissimo - i capelli che le sfiorano
appena le orecchie, più corti sulla nuca.
"Un
parassita." lo sorprende la sua voce, ovattata dalla mascherina.
Stuart
si avvicina, indossando un paio di guanti e mantenendosi a debita
distanza.
"Non
sono le parti meccaniche a tenerlo in vita; non solo, almeno."
continua, stringendo tra le dita una massa rosata e dalla quale
protrudono molteplici nematodi.
Stuart
socchiude gli occhi, mettendo a fuoco i vermi che si allungano
verso di lui, cercandolo.
Alex
ne schiaccia uno tra le dita, arricciando le labbra.
"Non
è un parassita; non del tutto." prosegue, lasciando che i
nematodi si aprano
nell'aria,
ritraendosi poi all'interno del grumo pulsante che assomiglia a un
feto.
"Dobbiamo
analizzarne un campione." suggerisce Stuart, attento a non
farsene toccare.
Alex
tace, rigirandosi tra le mani quella strana e nuova forma di vita.
"E
non gli piaccio per
niente."
dice poi, riponendolo dentro un recipiente sterile.
"Forse
è la presenza del virus a disturbarlo, Master Alex."
"Forse."
concorda lei, sigillandolo.
Il
parassita posa le sue propaggini lungo la parete in vetro,
lasciandovi bave traslucide e umide.
Alex
lo fissa ancora qualche istante, perplessa - incuriosita.
Il
Progenitore ruggisce
e
il parassita sembra quasi gridare.
2009
Raggiungere
Coșmarul
dovrebbe essere impossibile.
Eppure
lei c'era riuscita.
Addentrarsi
nel villaggio senza allertare Madre Miranda una missione suicida.
Ma
né Alcina né Moreau si erano mai accorti di lei.
Si
siede nell'erba alta, poco lontano dalla fabbrica - da quel buco
d'acciaio e cemento che chiama casa.
Il
cielo è sempre nero sopra Coșmarul;
una membrana scura priva di stelle e speranze.
Heisenberg
lo fissa senza davvero vederlo, ascoltando il ritmico rollio delle
macchine in azione, gli ansiti della fonderia.
"Un
elicottero come quello risveglierebbe persino i morti."
"Oh,
ma a quanto pare la tua signora è sorda, oltre che cieca."
Non
è la mia signora, le
aveva risposto, irritato.
Non
è niente
per
me,
aveva ringhiato, spezzando il sigaro tra le dita e sollevando il
martello nella sua direzione.
"Uno
spirito libero, uhm?"
E
aveva sorriso
quella
donna vestita di bianco, i fianchi stretti
in una giacca dal taglio moderno, affilato.
"Io
non sono come loro."
No,
aveva
concordato lei, studiando le sue creature con una curiosità
viscerale, fin troppo acuta.
No,
ma se ostacolerai un'altra delle mie squadre ti trascinerò a
forza fuori da questo buco e ti mostrerò che il mondo è
un posto in cui la tua Miranda è il minore degli orrori,
l'aveva minacciato, negli occhi una scintilla rossastra e che mai
aveva
visto negli altri.
Non
in Donna, nascosta dietro mille e mille voci di bambola; non in
Alcina, così piena di sé da aver perso coscienza del
proprio potere, dei propri limiti.
Heisenberg
non le aveva creduto,
perché
avrebbe dovuto?
Alex
si era abbattuta su di lui senza pietà, mettendo a nudo un
orizzonte di cui Miranda lo aveva privato troppo
a lungo.
La
fabbrica continua nel suo incessante mormorio - costruisce, monta,
assembla, nasce;
il dolore era stata la cifra nella quale si erano (ri)conosciuti.
2001
Lei
aveva mandato altri uomini, lui li aveva assemblati.
Lei
aveva insistito,
lui si era mostrato un creatore instancabile e stravagante.
Lei
era rimasta in silenzio due settimane, asciutta di parole e soldati;
lui aveva creduto d'averla stancata: forse persino vinta.
Snap.
Tra
le sue dita il collo del lycan si piega di lato, slabbrandosi lungo
la linea in cui le sue unghie (oh, così curate;
così
pulite)
affondano, bagnandole il polso di sangue e saliva.
Plotch.
Heisenberg
la studia in silenzio, appoggiando la testa del martello a terra.
"Erano
almeno cinquanta."
"Piccoli
cani rabbiosi." ribatte lei, neutra.
"Hanno
ucciso puttane come te per anni."
"Forse
avrebbe dovuto ucciderne di
più;
se questo è il massimo che il vostro parassita
può
fare non mi stupisce siate ancora con la merda fino alle ginocchia."
Heisenberg
inspira, fissandola; dilata le narici e lei sorride,
scoprendo
una chiostra di denti affilati e spietati.
"Coraggio;
dimmi che odore senti. Che lezzo
mi trascino dietro oltre quello rivoltante di questi bastardi
pelosi."
Sangue
e una nota speziata che non conosce. Il freddo di una terra simile
alla sua, neve e cuoio.
La
donna getta di lato il corpo del lycan, lungo il bavero del blazer
bianco bave rossastre e lucide.
Qualcosa
di più profondo, nascosto: umido, caldo. Appiccicoso.
Dolciastro.
Heisenberg
si abbassa gli occhiali sulla punta del naso, snundando un canino.
"Sei
malata."
La
donna solleva il mento verso l'alto, piegando le dita ad artiglio -
amplia il sorriso e non c'è nulla di allegro in lei, di soave.
"Questo
fetore
è quella della decomposizione."
"Strano;
avrei detto di aver indossato Bulgari oggi."
Heisenberg
socchiude gli occhi, seguendone i movimenti - un profilo così
fuori
posto in mezzo all'erba alta e ingiallita di Coșmarul.
"Potresti
essere il mio esperimento migliore."
"Oh,
davvero?" ribatte lei, camminandosi attorno "E cosa
vorresti farmi, Karl
Heisenberg?
Impiantarmi un generatore al posto del cuore? Un paio di cesoie nella
mano destra e un trapano industriale in quella sinistra?"
Karl
rimane interdetto dal fatto che conosca il suo nome, recupera in
fretta, seguendola con la coda dell'occhio.
"Già,
so cosa sei: chi
eri
prima di Miranda."
Heisenberg
arriccia le labbra sui denti, da terra sollevarsi schegge di metallo
e piccole scariche elettriche.
La
donna si ferma, osservando incuriosita il fenomeno.
E
c'è meraviglia nel suo sguardo; c'è qualcosa di diverso
mentre il metallo si piega
e assume la forma di centinaia di frecce.
"Sei
maleducato." lo apostrofa poi, sfiorando con l'indice una punta
acuminata.
"Sei
rozzo e anche volgare." aggiunge, posando gli occhi sul suo
viso.
Heisenberg
apre le dita, espande il proprio potere attorno a loro - i capelli
della donna arricciarsi lungo la nuca, sulla fronte.
"Ma
sei intelligente: abbastanza da sapere che Miranda è pazza."
Karl
arcua appena l'anulare, il mignolo; aspetta.
"E
che il mondo là fuori è molto più grande di lei
e del suo rimpianto."
Clang.
Clang, clang, crash.
La
donna fissa un'elica caduta a pochi centimetri dalla sua scarpa,
tace.
Dalla
foresta si alza un latrato, poi un altro, seguito da un terzo -
infine una cacofonia di ululati e pianti.
"Il
mio nome sarebbe Alexandra."
Karl
solleva il viso verso il suo, incerto - ancora sospettoso.
La
donna abbozza un sorriso quieto, quasi invisibile.
"Ma
tu puoi chiamarmi Alex."
conclude,
tendendogli la mano sporca di sangue.
Nella
sua stretta le dita di Alex sono incredibilmente calde.
2009
"Da
parte di Master Alex."
Heisenberg
fissa il carteggio che l'ometto piccolo e grigio gli sta porgendo,
nel petto la preoccupazione mutare in confusione e infine in rabbia.
"Chi
cazzo
sei?"
L'ometto
si spinge gli occhiali lungo sulla radice del naso, impassibile.
"Master
Alex ci teneva a mantenere la sua parte dell'accordo: sono gli ultimi
risultati sui revenant."
Heisenberg
solleva il mento di scatto, strappandogli di mano la cartella e
puntandogli un dito contro.
"Non
hai risposto alla mia domanda, vecchio:
chi cazzo sei?"
L'ometto
non batte ciglio, fissandolo con uno sguardo a metà tra il
comprensivo e il triste.
"Master
Alex mi aveva detto del tuo temperamento:
che era prono agli scatti di rabbia e alla delusione."
Karl
digrigna i denti, vibra
- e con lui ogni singolo rottame abbandonato nella piana circostante.
L'ometto
sospira, continuando a rivolgergli quello stupido
sguardo
compassionevole.
"Mi
ha anche detto che lei sa cos'è
il
dolore; che lo prova ogni giorno, ogni ora."
Heisenberg
inspira, accartoccia i fogli tra le dita senza accorgersene.
L'ometto
osa
picchiettargli
l'indice sul petto, là,
dove il Cadou aveva estroflesso le sue orrende bocche.
"C'è
stato un lutto nella vita di Master Alex."
Karl
tace, incerto.
L'ometto
scuote la testa, premendo le labbra tra loro.
"Master
Alex ce la farà." mormora poi, quasi più a se
stesso "Lei resisterà. Vivrà."
Ma
a che prezzo?
Karl
apre la bocca - chi?
-
l'ometto emette un sospiro tremulo, affranto.
"Non
posso dirglielo, signor Heisenberg."
Uno
dei soldati scende dall'elicottero, imbracciando il fucile: comincia
a calare la notte su Coșmarul
e la terra ha fame
-
sempre.
L'ometto
solleva il viso verso il suo, mostrandogli un profilo stanco, forse
persino più vecchio di quanto avesse valutato.
"Tornerà."
Silenzio.
"Ma
forse noi non saremo più qui, signor. Heisenberg."
Il
latrato dei lycan copre ogni altro pensiero.
2001
"Io
non ti conosco."
Alex
lo guarda da sopra la spalla, alzando un sopracciglio.
"Nemmeno
io."
Karl
sfrega il pollice sul sigaro spento, fissando il tabacco sgretolarsi
e cadere.
"Ah
no? Eppure sai un sacco di cose sul mio conto e sui figli di
Miranda."
Alex
si rigira tra le mani una chiave inglese, studiandola come se fosse
una cosa nuova, aliena.
"I
tuoi fratelli e sorelle."
"Non
lo sono."
Alex
libera un piccolo hum
di gola, beffardo.
"Ma
siete stati creati per questo." prosegue, voltandosi "Per
essere una famiglia."
La
superficie metallica del tavolo trema,
i
soldat ruotano il capo all'insù - occhi ciechi, privi di luce.
"Siamo
fottuti
esperimenti." ringhia Karl, incapace di contenere la propria
frustrazione "Cavie, null'altro che topi di laboratorio per
quella stronza piumata."
Alex
gli rivolge un'occhiata seria, intensa.
"Il
parassita."
Karl
schiaccia il sigaro nel palmo della mano, tace.
"Dove
si trova?" gli domanda, e dalla catena di montaggio provengono
suoni raschianti, duri.
Alex
avanza, una placca di metallo le blocca prima una caviglia, poi
l'altra.
Muove
le dita attorno a sé Heisenberg, incatenandole i polsi, il
collo - serrandole il bacino in una stretta che è sicura le
stia incrinando due costole.
"Avrei
dovuto ammazzarti subito." mormora, fissandola.
"Avresti
dovuto." ribatte lei, lasciando che si avvicini fin quasi
sfiorarle il viso.
"Sono
ancora in tempo."
"No,
non lo sei." risponde lei, sicura - ridicolmente
tranquilla.
Karl
sorride suo malgrado, Alex lo imita, ed è allora che qualcosa
gli
trapassa il fianco, strappandogli un gemito sorpreso.
"Che
cazzo...?"
Friiiip.
Karl
chiude le dita attorno a una scaglia di metallo, la sta strappando
dall'addome quando lo raggiunge una seconda, poi una terza.
Plotch.
Si
abbassa, scansando la quarta - recupera la posizione, snudando i
denti.
"Non
avresti dovuto farlo."
"Già."
lo deride lei, i polsi adesso liberi, il giogo che le aveva stretto
al collo spezzato
e
gettato ai suoi piedi.
"Ti
ammazzo."
Alex
flette il ginocchio destro, rompendo le sue catene come fossero nulla
-
il sinistro, infine il ceppo attorno la vita.
"Uhm.
Puoi provarci: è da tanto che nessuno ci tenta più."
Karl
sembra valutarla con una nuova attenzione, annusando l'aria attorno a
sé e cogliendo di nuovo quell'odore secco, speziato.
"Cosa
sei?"
Alex
si toglie il blazer ormai rovinato, buttandolo dietro di sé.
"Con
cosa
sei infettata?"
Alex
si pulisce le braccia dal nero dell'olio di cui ogni attrezzo sembra
intriso, stretta in una camicia trasparente e che continua a farla
sembrare una fottuta
modella
di quelle riviste nascoste dal Duca.
"Oh,
questa è la domanda giusta, Karl." ridacchia lei,
fissandolo.
Heisenberg
coglie la pupilla di Alex contorcersi e assottigliarsi, diventando
uguale a quella dei serpenti in caccia - l'iride esplodere
e
bagnarsi di un rosso torbido, quasi nero.
Il
Cadou che è in lui si rattrappisce in se stesso e geme.
2009
Era
stato il cognome a colpirlo per primo, poi il viso - così
simile
al suo.
"Qualcosa
di suo interesse, lord Heisenberg?" gli domanda il Duca e
davanti a lui il profilo durissimo di un uomo lo fissa dalla prima
pagina di un giornale di cronaca europea.
"Ah,
quello:
pare
ci sia stato un bel tafferuglio laggiù in Africa."
Karl
afferra il giornale, avvicinandolo al volto - studiandone i
lineamenti, la piega aspra delle labbra, quasi derisoria.
"Un
certo terrorista voleva distruggere il mondo: ci pensa, lord
Heisenberg? Potevamo morire tutti."
"Madre
Miranda non vuole questo genere di cose nel villaggio." mormora
lui, del tutto distratto dalla foto.
Il
Duca sobbalza sui cuscini, scuotendo una mano nell'aria.
"Oh,
ma non deve saperlo per forza, no?"
No,
pensa
Karl, percorrendone le guance con il pollice.
"Omaggio
della casa, lord Heisenberg; è ancora quasi
fresco
di stampa."
Gli
occhi di Heisenberg scattano verso l'alto, leggendo la data.
11
marzo 2009
Dall'altra
parte di una foto a colori gli occhi di Albert Wesker sono uguali a
quelli di Alex.
2001
"È
interessante."
"Il
parassita, Master Alex?"
"Anche."
ribatte lei, neutra.
Stuart
annuisce, continuando nel suo lavoro di ricucire il braccio della
donna alla spalla.
"È
volgare e terribilmente
primitivo,
ma ha del potenziale." prosegue Alex, attenta a non farsi
toccare dalla bocca del nematode.
"Coșmarul
è isolata dal continente da almeno un secolo, Master Alex;
certo non può chiedere la sua eleganza tra i paesani del
luogo."
Alex
arcua appena un angolo delle labbra, fissando con uno spillo sul
vassoio l'ultimo nematode del parassita.
"Adulatore."
"Dico
solo il vero, Master Alex."
Stuart
richiude la ferita con un nodo serrato, allineando poi la mano al
polso.
"Ha
cercato di uccidermi."
"Deduco
abbia fallito."
Alex
incide la superficie del Cadou, socchiudendo gli occhi dietro le
lenti di protezione.
"È
forte; credo manipoli l'elettricità e con essa il metallo."
Stuart
sceglie un filo da sutura in polipropilene per il polso; elastico, ma
con una buona tenuta; scarsa capillarità e inerte.
"E
odia la sua creatrice."
Stuart
ricomincia a cucire, ascolta.
Alex
solleva i tessuti del Cadou, vi trova dentro solo muffa e altra muffa
- un cuore pulsante di nematodi arrotolati in loro stessi.
"Madre
Miranda, la chiamano."
Stuart
si concentra sull'operazione che sta eseguendo, cerca di capire dove
le parole di Master Alex vogliano arrivare - di precederle,
ed essere pronto a ciò che verrà.
"Ho
già letto di lei, Stuart."
Alex
usa la pinza sul cuore del Cadou, arricciando il naso quando i
nematodi vi si arrotolano attorno.
"Nelle
lettere private di Spencer."
Cling.
Stuart
posa l'ago, spostando le mani lungo il bordo del tavolo autoptico.
Alex
rimane china sul Cadou, negli occhi un'espressione indecifrabile,
dietro al quale sa
nascondersi una rabbia antica, sorda.
"Micorriza,
lo definiva."
Usa
dei perni per bloccare i lembi della muffa, scostandosi appena dalla
scrivania.
"Una
forma di mutualismo tra il micete e il vegetale infettato."
"E
quello ne sarebbe il prodotto?" le domanda Stuart, disgustato da
una creatura così sgraziata.
Alex
incrocia le braccia al seno, studiando in silenzio il Cadou.
"No;
questo non è il Micorriza, ma una sua emanazione creata da
Miranda."
"Grossolano."
"Come
lei." mormora Alex, caustica.
"Il
dottor. Spencer ha sempre avuto la pessima
abitudine di circondarsi di persone talentuose, ma dozzinali."
"James
Marcus non lo era e nemmeno Daniel."
"Infatti
il primo è morto e il secondo..."
Stuart
lascia che le parole si spengano, scivolando tra di loro come un
pensiero molesto, che punge
e
ricorda a entrambi un tempo diverso - lontano.
"I
Quattro Signori sono stati impiantati con questo Cadou." spiega
poi Alex, voltandosi.
Stuart
posa lo sguardo sul parassita, alzando un sopracciglio.
"Già:
quella cosa è dentro
di
loro."
"Anche
nel signor. Heisenberg?"
Alex
schiocca la lingua contro il palato, accavallando le gambe.
"Soprattutto
in
Heisenberg, Stuart: il Cadou ha affondato le sue radici nel petto,
infettando i tessuti muscolari e dotandolo di un organo simile a
quello dei pesci elettrofori."
"Gliel'ha
detto lui o..."
Alex
inclina il capo verso la spalla, abbozzando un sorriso furbo -
crudele.
"Diciamo
che quando io divento curiosa
so dove mettere le mani, Stuart."
Il
cadavere sul tavolo autoptico sussulta, Stuart gli rivolge a malapena
un'occhiata, dandogli solo qualche colpetto sul fianco.
Il
Cadou protende un nematode verso l'alto, lasciandolo poi ricadere
all'indietro, ormai privo di forze.
Sotto
la camicia in seta e organza le ferite di Alex hanno appena smesso di
sanguinare.
2009
"Cosa
stai leggendo?"
Karl
arrotola il giornale, nascondendolo dentro il cappotto.
"Porno."
Moreau
si ferma, confuso.
"Cosa
sono?"
"Qualcosa
che tu
non
potresti fare comunque." sibila Karl, stizzito.
Moreau
sembra aggrottare le sopracciglia - non si può mai dire con
quella pelle cadente e verdastra - scrollandosi poi nelle spalle e
sedendosi al suo fianco.
"Madre
ha detto che presto Eva rinascerà."
"Lo
dice sempre." borbotta Karl, premendosi il giornale contro il
fianco.
"Ma
lo farà davvero." puntualizza Salvatore, sputacchiando
saliva e acido.
Heisenberg
arriccia le labbra sui denti, disgustato dal lezzo che proviene dal
corpo rigonfio di Moreau.
"Cos'è
questo odore?"
Alex
si era sollevata dalle cianografie, fissandolo.
"Quale?"
"Questo."
insiste Karl, indicandola.
Alex
avvicina il naso al colletto della camicia, annusando.
"È
un profumo, Heisenberg."
"Lo
so: ormai conosco il tuo."
"Inquietante."
ribatte Alex, riprendendo in mano la penna e tornando al suo studio.
Heisenberg
le si avvicina ulteriormente, inspirando con forza.
"No,
ce ne è un altro."
Alex
annota qualcosa a margine del progetto, sottolineando come il
generatore abbia bisogno di più cavi per convogliare l'energia
anche alle gambe del soggetto.
Si
inclina verso di lei e Alex si immobilizza, rivolgendogli uno sguardo
in tralice, attento.
"È
strano: sembra speziato, quasi esotico. E c'è del rum, forse
persino una punta di legno."
Alex
lo fissa in silenzio, guardinga.
"Sei
troppo abituato alla puzza di merda dei lycan e a quella di olio
bruciato della tua fabbrica."
Heisenberg
la ignora, elaborando ogni sfumatura di quel sapore nuovo -
aggressivo, che la circonda come un sudario.
"È
ovunque." prosegue, inclinandosi appena all'indietro "Non
lo percepisco solo nei capelli o sulla tua giacca, ma è sotto,
Alex:
nella pelle."
Nessuna
risposta.
"Forse
ho fatto la domanda sbagliata."
Alex
persevera nel suo silenzio, adesso del tutto concentrata su di lui.
"Non
cosa,
ma chi
è,
Alex." dice, e c'è una sicurezza nella sua voce che non
lascia spazio ad altra replica.
Anni
dopo quell'odore le si aggrapperà addosso come una morte
liquida e rovente.
"Non
ne sei contento, Karl?"
"E
poi sarai libero, Karl."
"Di
cosa?"
"Che
Madre ha detto che presto saremo una famiglia completa."
"Siamo
stati preda di vecchi stupidi e avidi, Karl: dei loro sogni bagnati,
di ossessioni che ci hanno reso bambini schiavi, adulti mostri."
Heisenberg
si alza, accendendosi un sigaro e inalandone grosse e ampie boccate -
tutto
pur
di soffocare quel fetore rivoltante.
"Saremo
tutti liberi, Karl."
Aveva
ragione Donna: sperare era il veleno degli sciocchi e lui l'aveva
bevuto fino all'ultima goccia.
2002
"Chi
è, chi è, chi è?" squittisce Angie,
dondolando sulle sue gambette di legno e ceramica.
Heisenberg
si massaggia una spalla, sciogliendo un nodo di muscoli e tensione.
"Eddai!
Dimmi chi è." si lamenta Angie, aggrappandosi ai suoi
pantaloni.
"Levati
di mezzo o ti fracasso quella brutta faccia che ti ritrovi."
mastica lui, sollevando il pesante scarpone da lavoro.
Angie
strilla, correndo in braccio a Donna.
"Vuole
uccidermi, vuole uccidermi."
Karl
piega le labbra in una smorfia, Donna accarezza il capo di Angie,
consolandola.
"È
solo curiosa, Karl." mormora poi la signora di Casa Beneviento,
così piano che quasi non riesce a sentirla sopra il rullio
della macchine.
"Be',
dille di farsi i cazzi suoi."
"Io
non ho il cazzo, idiota."
Heisenberg
si volta di scatto, sgranando gli occhi.
Angie
incrocia le braccia rachitiche al petto, sbuffando.
"Giuro
che ti faccio a pezzi e poi ti ficco dentro i miei soldat facendoti
passare dal culo."
"Ah.
Provaci." lo sfida la bambola e Karl sa
che
sotto sotto è Donna a parlare - la parte più nascosta
di lei, quella che potrebbe
essere una forza inarrestabile se solo ci riuscisse.
"Angie,
smetti di disturbarlo." chiosa Donna, cucendo un nuovo vestito
per la sua ultima creazione.
"Prima
deve dirmi chi è la bella signora bionda."
"Non
so di cosa tu stia parlando."
Angie
ciondola verso di lui, fissandolo da sotto in su.
"La
donna; quella vestita come una di quelle signorine moderne, pantaloni
stretti e camicie trasparenti."
"Non
mi dice nulla."
"L'ho
vista uscire dalla tua fabbrica."
"Hai
le allucinazioni."
"Ho
pensato di averle: la signorina è troppo bella per te."
"Disse
il mostriciattolo con i vermi nel cervello."
"Madre
Miranda non vuole estranei nel villaggio."
"Infatti
non ce ne sono." ribatte lui, asciutto.
Angie
si mette le mani sui fianchi, piccata.
"Lascialo
stare." interviene Donna, richiamandola a sé "Non
esiste nessuna bella donna bionda, Angie."
"Ma
io l'ho vista."
pigola lei, lagnosa.
Donna
solleva il capo velato verso di lui e Karl riesce a percepirne lo
sguardo ferito, stanco.
"Forse
ricordi com'eravamo, Angie."
La
bambola apre la bocca, richiudendola subito dopo.
"A
volte la memoria fa strani scherzi, piccola mia." mormora poi
Donna, accogliendola sulle proprie ginocchia e stringendola a sé.
"La
memoria è il fondamento dell'essere, Karl: tutto ciò
che siamo. Che saremo."
"Ma
io l'ho vista." ripete Angie, chiudendo gli occhi e cominciando
a piangere - il dolore di Donna la naturale estensione di quello
della sua bambola.
"Sai,
ho avuto anche io dei fratelli e delle sorelle."
Heisenberg
le osserva in silenzio, tra le dita il martello improvvisamente
pesante - greve.
"Ed
erano come gli scherzi della natura che ha creato Miranda?"
"Non
lo so; sono tutti morti davanti ai miei occhi."
Angie
posa il capo contro il petto di Donna, sul tavolo un vestitino rosa
cucito a metà.
"Tutti?"
"...
no. Uno no."
Tra
le costole - dove una volta c'era il suo cuore - il Cadou consuma,
instancabile.
2009
"Come
si chiama?"
"Chi?"
"Tuo
fratello."
Nel
silenzio delle antiche rovine Karl studia il suo viso con
un'intensità vorace, quasi rabbiosa.
"Non
ha un nome così interessante."
L'articolo
dice che è morto in una zona autonoma dell'Africa, il Kijuju.
"Toglimi
questa curiosità."
Il
bioterrorista più ricercato dalla BSAA. L'ombra dietro la
caduta dell'Umbrella; la mente di molteplici complotti a livello
internazionale.
"...
Albert. Si chiama Albert."
Heisenberg
è la prima volta che lo vede e gli toglie il respiro notare
quanto
sia
duro il suo viso - crudele
sotto la luce bianca della luna.
"E
ci vai d'accordo?"
"...
sì."
Aveva
la stessa età di Alex e potrebbe essere davvero
suo
fratello se non gli avesse raccontato le loro vere origini.
"Una
famigliola unita e felice, uhm?"
Capelli
biondi, occhi artici, da lupo - un naso dritto, labbra sottili,
piegate in una smorfia derisoria.
"No.
No, non direi."
Karl
ne percorre il profilo in punta di dita, sul fondo di quella pupilla
un vuoto che sembra volerlo inghiottire - divorarlo
vivo.
"Cos'è?
Il fratellino maggiore ottiene sempre tutte le attenzioni?"
Si
siede su una roccia innevata, assorbito dai proprio pensieri - dalle
sue parole.
"Non
sono invidiosa di lui; non potrei mai esserlo."
"E
perché? Non è questo che fanno i fratelli e sorelle?
Litigano e poi fanno pace e poi litigano di nuovo?"
Ripiega
l'articolo in parti più piccole, incassando il capo tra le
spalle - attorno a lui solo silenzio e pietra.
"C'è
stato un lutto nella vita di Master Alex."
"Che
manica di fottuti nel cervello che siamo, Alex." ridacchia lui
senza alcuna allegria.
"Albert
è un uomo intenso,
Karl. Difficile. Tu sei semplice al confronto, lieve."
"Ne
parli come se fosse il tuo amante, Alex."
Coșmarul
tace, fredda e vuota come le tombe d'entrambi.
2002
Il
comando è
un'attitudine in
Alex; un riflesso spontaneo.
Nella
sua parte di mondo lo fa sorridendo e stringendo mani - soffocando
uomini piccoli
e
stupidi,
come ama sempre ripetere.
"Non
che le donne siano da meno." gli dice, scorrendo con lo sguardo
lo schermo di quello che ha chiamato cellulare.
"Alcina
Dimitrescu, per esempio." prosegue, ignorando il ringhio dei
lycan "Tutta chiacchiere e distintivo: le piace pensare di
essere migliore in quanto femmina,
ma è stupida come tutti gli altri."
"E
l'uomo-pesce." aggiunge, alzando un sopracciglio e premendo il
pollice sui tasti "Innamorato di Vivien Leigh e del roquefort."
Alex
arriccia il naso, infastidita.
"Puzza
quasi quanto lui." specifica, infilandosi il telefono in tasca.
"E
tu sei più intelligente?"
"Indubbiamente."
Heisenberg
si solleva dalla pressa che sta cercando di riparare, fissandola da
sopra la spalla nuda.
"Arrogante
stronza."
"Oh,
siamo già ai petit
nom."
Heisenberg
aggrotta le sopracciglia, confuso.
Alex
gli restituisce uno sguardo divertito, per nulla ferito.
"Se
non sai cosa vuol dire chiedilo al tuo amico francese."
"Piuttosto
mi compro un fottuto dizionario."
"Ottimo:
la tua ignoranza è un insulto quotidiano."
Heisenberg
si volta, lasciando galleggiare attorno a lui martelli e schegge di
metallo.
"Parli
sempre come un libro stampato o sai anche colloquiare
normalmente?"
"Intendi
a grugniti come i tuoi soldat o a latrati come i lycan?"
"Sarebbe
uno spettacolo interessante."
"Vedermi
grugnire?"
"Latrare."
Alex
arcua un angolo della bocca, trattiene un sorriso.
"Malpropre,
Karl."
Heisenberg
si pulisce le mani in uno strofinaccio logoro, sul fondo della
pupilla una scintilla sfacciata, furba.
"Aux
femmes parfois aime baiser comme ça." (1)
Alex
si porta una mano al petto, fintamente
offesa.
Heisenberg
snuda i denti in un sorriso ruvido, impacciato.
Tra
di loro giochi rotti e infanzie rubate.
2009
Potrebbe
essere un fantasma; uno spettro venuto a ricordargli che ogni
promessa muore in quella terra di neve e roccia.
C'è
un sole debole in cielo, asfittico - che tinge l'erba alta di un
colore malsano, infetto.
Non
ci sono uomini alle sue spalle, né quello strano ometto con
gli occhiali dalla montatura argentata e gli occhi intelligenti.
Se
estende il suo potere fin oltre i confini della fabbrica può
percepire un lontano ronzio, il quieto clangore delle parti
metalliche di un elicottero - probabilmente atterrato oltre il fiume,
verso la valle.
La
guarda in silenzio, le mani in tasca e gli occhi nudi, privi delle
solite lenti scure.
Ed
è lei
-
la donna che ricorda - e allo stesso non lo è più.
"Sei
mesi."
"Hai
ricevuto i dati sui revenant." mormora Alex, come se bastasse.
Heisenberg
sposta il peso da un piede all'altro, fissandola.
"Cosa
si dice in questi casi?" le chiede, e Alex è
improvvisamente sottile - e dovrebbe saperlo
dato
che l'ha vista consumarsi
anno
dopo anno, abiti sempre più stretti,
occhi sempre più ossessionati.
Alex
apre la bocca, richiudendola subito dopo.
"Ha
ricevuto quello che meritava." dichiara allora Karl, asciutto.
"Solo
un imbecille può pensare che sganciare una bomba biologica sul
mondo sia una soluzione ragionevole." aggiunge, nella voce una
nota rabbiosa - frustrata.
Alex
lo guarda, non dice nulla - aspetta.
"Quel
virus gli ha fottuto il cervello."
"Stai
parlando di mio
fratello."
mormora lei, colpita fisicamente
dalla
perdita, dalle sue parole.
Heisenberg
si scrolla nelle spalle, estraendo un sigaro dalla tasca del
cappotto.
"Se
credi abbia torto allora sei una povera cretina come lui. O come
tutti quegli uomini che dicevi di saper manipolare e schiacciare."
Alex
sbatte le palpebre una, due volte; per un attimo ha come
l'impressione stia per andarsene: voltarsi e non tornare mai
più,
tornando a nascondersi nella sua preziosa isola in cui è
venerata quasi quanto Miranda.
Si
era sbagliato.
"Mio
fratello. Un idiota." ripete, quieta - troppo.
"Già."
ribatte lui, avvicinando la fiamma alla punta del sigaro.
"Tu."
sibila lei, fissandolo come se potesse ucciderlo solo con lo sguardo
"Tu;
un fottuto scherzo della natura. Poco più di una bestia
riempita di muffa e vermi, l'equivalente di una montagna di merda
pubblica."
Heisenberg
inspira, liberando tra i denti serrati uno sbuffo di fumo.
Alex
ride, ed è un suono aspro,
di
vetro e ossa rotte.
"Voi."
mastica poi, avanzando a grandi passi "La troia succhisangue, le
sue stupide figlie; quell'aborto uscito da una scopata sbagliata tra
un pesce e un essere umano."
Karl
inclina il mento verso destra, abbozzando un sorriso.
"La
vedova piangente e la sua bambola merdosa." prosegue, ormai a
pochi passi da lui.
Alex
si ferma e adesso può vederla bene - il volto pallido,
scavato; la pelle tesa sugli zigomi, gli occhi grondanti rosso e
rosso.
Bellissima.
"Quella
puttana di Miranda; la troia personale dei sogni bagnati di Spencer.
Le strapperò la lingua e gliela ficcherò su per il culo
mentre chiederò a quei bastardi dei lycan di giocare con le
sue viscere."
Heisenberg
si umetta le labbra, studiandola con attenzione.
E
brucia,
Alex
- di nuovo.
Ha
perso, Alex, eppure eccola qui - ferita, vinta.
Viva.
Heisenberg
lascia cadere la cenere del sigaro a terra, guardandola.
"È
una promessa, Alex?"
Lo
farai davvero?
"Io
distruggo,
Karl: nulla in me è fatto per concedere la vita."
In
noi.
Heisenberg
fa per riportarsi il sigaro alla bocca, viene fermato dalle dita di
Alex sulle sue, che stritolano
e lo riducono a nulla più di capa e tabacco.
"Non
era un idiota."
"Non
era nemmeno tuo fratello." ribatte lui, neutro.
Silenzio.
Nel
cielo si arrotolano nubi grigiastre e gonfie, all'orizzonte i primi
squarci di luci e il rumoreggiare dei tuoni - un borbottio costante,
che si riverbera sotto i loro piedi, nel petto.
La
rabbia di Heisenberg basterà per entrambi.
2002
Il
sospetto non smette mai di grattare,
corrodendogli gli angoli della mente.
Il
dubbio
lo rende nervoso, vittima di se stesso.
La
osserva risalire dall'altra parte del campo, il viso nudo dinnanzi il
vento di Coșmarul.
"Uno
scambio equo: tu lasci che prenda ciò che mi serva dal
villaggio e io ti aiuto con la tua piccola ribellione nascosta."
Heisenberg
inspira l'ultima boccata di fumo, la vede toccarsi la mano sinistra,
dove sa
esserci
un gioiello che non cambia mai.
"Hai
già dimostrato di poter scavalcare le mie difese piuttosto
facilmente: perché non prenderlo e basta?"
Alex
getta un'occhiata ai lycan attorno a lei, scivola sui corpi mutati
con un interesse clinico, acuto.
"Sei
uno dei quattro Signori di queste terre; la tua dipartita si
noterebbe."
E
crede
non ci sia paura in lei, Alex; questo è quello che raccontano
i suoi gesti, le sue azioni.
"E
a te cosa importa di quello che nota Miranda?"
Avrebbe
potuto ingannarlo; ci era quasi riuscita, in fondo.
"Niente,
ma non è così che agisco: che mi è stato
insegnato."
"Piccola,
subdola, volpe."
Quando
si era scontrata con lui l'elettricità si era addensata come
un grumo di rumori e forza,
arrotolandosi tra di loro e facendogli rattrappire
la
pelle sulle braccia.
"Io
prendo i campioni dal Micorriza; tu ci guadagni i risultati dei miei
test."
"E
una volta che l'avrò uccisa non temi possa venire a cercarti?"
Non
temeva il dolore fisico, né il sangue; non si nascondeva
dietro una bambina morta o nel suo alto castello d'avorio e ossa.
"No."
Perché
non ci sarò più,
era stata la frase che aveva percepito rimanere lì,
sospesa
nel silenzio.
Alex
lo raggiunge alle porte della fabbrica, sollevando il viso verso i
comignoli fumanti.
Heisenberg
getta il sigaro nella neve, schiacciandolo con lo stivale.
Le
tende una mano, aprendo con uno scatto secco del polso le porte alle
sue spalle.
"Cominciamo?"
Alex
posa lo sguardo sulla sua mano e stringe.
2009
La
morte ti dona, aveva
detto una volta Miranda alla Dimitrescu.
La
morte ti ha resto più bella, aveva
aggiunto, ammirandola come un insetto inchiodato alla carta colorata
di un quadretto.
Alex
lavora sull'ultimo soldat jet con una precisione maniacale - occhi
lucidi, pelle così tesa sugli zigomi che ha quasi paura
potrebbe squarciarsi
da un momento all'altro.
"Stai
uno schifo." le dice, incapace di usare altre parole.
Alex
lo ignora, controllando i collegamenti tra l'encefalo e i nervi del
braccio.
"Se
svieni non correrò a raccoglierti dal pavimento."
aggiunge, rigirandosi il sigaro tra le dita.
Il
soldat apre una palpebra di scatto - un riflesso involontario - Alex
gliela richiude senza neppure sollevare lo sguardo dal cranio
scoperchiato.
"Non
dovresti essere qui."
Sospira,
fermandosi e artigliando i bordi del tavolo operatorio.
"Sei
così magra che posso vederti attraverso."
Tac,
tac. Tac, tac. Un'unghia che batte ritmicamente sulla superficie
metallica, nessun'altra reazione.
"Tra
te e le moroaice non vedo poi molte differenze."
Alex
schiocca la lingua contro il palato, chinando il capo.
Heisenberg
si avvicina, inspira - attorno a lei un odore denso, appiccicoso.
Di
sangue e cenere.
"Vai
a casa, Alex." mormora, ed è la cosa più vicina
alla gentilezza che riesca a dirle.
Alex
solleva il capo, rivolgendogli uno sguardo che conosce - che ha visto
tutti i giorni nello specchio per anni.
"Non
ho una casa." ribatte, quieta.
"Quell'isola
da cui..."
Alex
scaraventa un martello contro la parete, cogliendolo di sorpresa.
"Non
è una casa, Karl: non è niente."
sibila, ed è nuda la sua mano - all'anulare sinistro una
fascia di pelle più chiara, leggermente schiacciata.
"Nemmeno
questa." replica lui, guardandola.
Alex
scivola con gli occhi lungo le travi in acciaio, i mobili un po'
storti, la confusione ordinata in cui solo lui era capace di trovare
qualcosa.
"Il
reattore."
Heisenberg
la fissa, tace.
"Non
è sufficientemente ventilato. In un corpo umano se l’ipotalamo
smette di funzionare allora anche la temperatura corporea si altera:
in questo caso è il Cadou a surriscaldarli e a farli
esplodere."
Alex
lo invita ad affiancarla, indicando uno spazio tra i due emisferi
cerebrali.
"Se
ti senti male..."
"Lo
so, lo so: mi lascerai sbavare sul pavimento."
Heisenberg
si rimette in tasca il sigaro, accennando con il mento al divano
logoro sulla sinistra.
Alex
segue il suo gesto, le labbra tirarsi
in
un sorriso tiepido, riservato.
La
morte non ti dona,
Alex,
vorrebbe
dirle, ma la fabbrica attorno a loro ruggisce e
il tempo corre e
tutto combatte sempre
contro gente come loro e...
Non
c'è pietà per i mostri in questo mondo, Karl.
Il
viso di Albert Wesker ne è uno spietato monito.
2002
"Come
hai saputo di questo posto?"
Alex
passa al foglio successivo, studiando i suoi progetti con uno sguardo
incuriosito, sorpreso.
"Il
villaggio, intendo."
"Ho
le mie fonti."
"In
una collaborazione non bisognerebbe essere sinceri l'uno con
l'altro?"
Alex
arcua appena un angolo della labbra, gettandogli un'occhiata veloce.
"Ma
io lo sono, Karl:
candida
e onesta come una di quelle vergini che piacciono tanto ad Alcina."
Heisenberg
libera una risata stentorea, chiassosa.
"Certo:
e io sono il santo che tutti venerano in questo buco di merda."
Alex
richiude il fascicolo, fissandolo da sopra la spalla.
"No,
ma sei un ingegnere di un certo talento."
Karl
si zittisce, riservandole uno sguardo sospettoso, guardingo.
"Ti
ho fatto un complimento; dovresti dire oh,
grazie mille Alex: come sei gentile."
"Mi
prendi per il culo."
"Affatto."
"La
cosa più carina che mi hai mai detto è stato ti
sei pettinato oggi, Karl?"
"Ma
era vero: mi sembravano più in ordine. I tuoi capelli,
intendo."
Heisenberg
inclina il mento verso il petto, a metà tra il divertito e il
dubbioso.
Alex
si volta, quel giorno stretta in un tailleur blu scuro - la giacca
abbandonata sulla sedia vicina, sotto
uno
gilet dai bottoni dorati.
Ed
è un contrasto che lo colpisce ogni volta; la signorina bionda
vestita moderna, come la chiama Angie, e lui,
cuoio
e metallo.
"Allora
grazie,
Alex."
Alex
si flette in un mezzo inchino, abbozzando un sorriso beffardo.
"Prego,
Karl."
"La
mia domanda non cambia, tuttavia."
"Neppure
la mia risposta."
"Allora
proviamo con questa." inizia lui, alzandosi "A cosa ti
serve il fungo?"
Alex
segue i suoi movimenti con lo sguardo, negli occhi ancora quella
scintilla divertita, che lo fa sentire in parte lusingato, in parte
uno strano animale da esibizione.
"Per
raggiungere l'immortalità, ovviamente."
"Ah,
giusto." ribatte lui, intrecciando le mani dietro la schiena
"Conquista l'immortalità, uccidi i tuoi nemici, domina il
mondo: una cosa del genere, suppongo."
"Quelli
non sono i miei sogni." replica Alex, e dietro
gli
sembra di scorgere un'altra frase lasciata in sospeso.
Heisenberg
comincia a camminarle intorno, studiandola.
"L'hai
definito un parassita schifoso;
hai detto che è disgustoso
quello che fa alle persone."
Alex
raddrizza la schiena, per nulla intimorita dalla sua presenza.
Heisenberg
si ferma, inclinandosi verso di lei - così vicino da poter
vedere il pulsare
dell'arteria
nel collo, un segno sbiadito di denti sulla spalla, vicino la nuca.
"Perché
lo vuoi, Alex?"
"Per
essere libera."
Karl
tace, Alex inclina il viso verso di lui, fissandolo.
"Da
cosa?" insiste lui, il metallo della stanza vibrare,
sollevandosi.
Alex
indurisce lo sguardo e qualcosa
cambia in lei - si trasfigura e assume le sembianze della bestia che
aveva incassato e restituito colpi il loro primo, vero, incontro.
"Potrei
farti la stessa domanda."
"Sai
già la risposta."
Da
quella puttana di Miranda e dalla sua ossessione che chiama destino.
"Non
mi piace essere tenuto all'oscuro delle cose, Alex." mormora
lui, chinandosi fin quasi sfiorarle i capelli.
"È
negli angoli ciechi che si nascondono i pericoli peggiori."
prosegue, gli oggetti metallici presenti nella stanza arrotolarsi
attorno a loro, sfiorandole le caviglie, i fianchi.
Alex
ne blocca uno, stritolandolo
tra
le dita.
"Non
sono io il nemico, Karl: non oggi."
"E
domani?"
Alex
si volta, le labbra stese in un sorriso predatorio, che sembra
divorarle l'intero viso.
Heisenberg
non batte ciglio, ricordando come
si fosse strappata dall'addome un tubo in acciaio largo trenta
centimetri.
"Sei
un mostro, Alex: proprio come me."
"Lo
so."
"Lì
dentro," le dice, battendole il dito poco sotto la gola "c'è
qualcosa di profondamente
sbagliato; che ti fa decapitare un lycan con una mano sola e
sopravvivere a un'esplosione altrimenti letale."
"C'è
chi l'ha chiamata la prossima
evoluzione nel genere umano."
Karl
tace, attorno a loro l'elettricità grattare
la pelle, le ossa.
"E
tu ci credi?"
Silenzio.
La
verità è ancora troppo pesante per entrambi.
2010
"Sei
tu la signorina moderna?"
Alex
posa lo sguardo su una bambola dal viso rotto,
il collo piegato in una posizione innaturale.
"Sei
tu o no?" insiste la piccola bambola, correndo verso di lei in
un insieme di clic clac legnosi.
"E
tu da dove cazzo spunti fuori?" bercia Karl, superando Alex e
frapponendosi tra lei ed Angie.
"E
levati!" strilla la bambola, ricordandole una bambina dell'isola
mentre le tagliava
la calotta cranica da viva e il virus esplodeva,
facendole scoppiare il cuore.
Heisenberg
la sposta con un piede, scuotendo la gamba quando Angie gli si
arrampica lungo i pantaloni, simile a un ragno dalle zampe lunghe e
disarticolate.
"Sì."
sorprende entrambi rispondere Alex.
La
bambola si volta, una mano alla cintura di Karl e l'altra ben salda
dietro il ginocchio.
"Se
intendi la straniera, sì, sono io."
Heisenberg
si volta, Alex gli rivolge uno sguardo quieto, distante.
La
bambola salta giù dalla gamba di Karl, raccogliendosi la gonna
logora alle caviglie.
"Oh.
Oh, ma sei bellissima."
Alex
la studia in silenzio, notando il velo bianco, la scollatura a cuore
dell'abito da sposa ormai grigio.
"Anche
la mia mamma è bellissima."
Karl
deglutisce, aprendo e chiudendo la bocca senza saper cosa dire.
"Vuoi
conoscerla?"
"So
già chi è." la prende in contropiede Alex,
fissandola "Donna Beneviento."
La
bambola sbatte le palpebre una, due volte - clac clac; clac clac.
"Sei
una spiona."
"A
volte."
"Madre
Miranda non tollera estranei."
"Lo
so."
La
bambola sembra non capirla e le rivolge uno sguardo confuso,
preoccupato.
"Sei
venuta per farci del male?"
Alex
apre la bocca - sì
-
scuotendo poi la testa.
"No."
mormora, posando lo sguardo sulla piana ricoperta di avanzi metallici
e vecchie macchine belliche.
Angie
ciondola verso di lei, guardandola da sotto in su.
"Tu
stai male." le dice poi, i nematodi del Cadou arrotolarsi
attorno la guancia in porcellana, lungo il piccolo collo.
"Molto."
aggiunge, saltellando fino a salirle sulle scarpe con le sue.
Alex
lascia che la bambola le tocchi una coscia, il polso - si arrampichi
sulla spalla, toccandole più volte il viso.
"E
sei fredda."
La
bambola inclina il capo a destra, interdetta.
"Tu
sei morta."
esala, nella voce una nota spaventata, acuta.
Heisenberg
scivola tra l'una e l'altra con lo sguardo, il pesante martello che
vibra
tra le sue dita, pronto a scagliarsi contro Angie al primo accenno di
aggressività.
Alex
tace ed Angie nasconde il volto tra le mani, rattrappendo le dita ad
artiglio.
"Oh,
e sei così triste; così tanto
triste." pigola, singhiozzando.
Alex
afferra la bambola da sotto le ascelle, appoggiandola nel terreno
asciutto e polveroso.
"Quella
cosa
dentro
di te ti sta mangiando." geme Angie, scuotendosi tutta.
Karl
assume una posizione d'attacco, Alex solleva una mano, fermandolo.
La
bambola grida,
ed è la voce di Donna a infrangere il ronzio della fabbrica,
la disperazione di chi conosce la solitudine e il suo corollario.
"Oh,
ma lui non c'è qui, non
c'è."
cigola, strattonando entrambi i lati del velo.
La
bambola si curva all'indietro, assumendo una posizione a ponte.
"Quella
cosa."
ripete, e i nematodi si rattrappiscono in loro stessi "Quella
cosa." esala, contorcendosi un paio di volte e raddrizzandosi
con uno schiocco secco.
Heisenberg
le ha ormai raggiunte, il martello stretto
tra
le dita, sul viso un cipiglio contrariato, nervoso.
"Andiamo."
le dice Karl, afferrandole un polso senza pensarci - tirando,
e percependo quanto
sia leggera adesso Alex.
Angie
sobbalza con le spalle, trafitta da un dolore che il virus amplifica
- estende come le propaggini velenose di una malattia chiamata
evoluzione.
"Quella
cosa!"
urla
ancora, un puntolino biancastro nel mezzo di una radura bianca e
gialla.
Karl
continua a camminare mentre sotto la pelle il Cadou brucia.
2003
È
furioso; no, è devastato.
Alex
lo osserva schiumare
davanti
alla notizia in mondovisione - l'Umbrella
U.S.A. viene considerata colpevole di tutti i capi d'accusa, dai
crimini contro l'umanità alla tortura; dalla bancarotta
fraudolenta a... -
aprire e chiudere le dita attorno i braccioli della poltrona,
frenetico.
"Bastardi."
sibila Spencer, inspirando con forza.
"Figli
di puttana." aggiunge, battendo i denti tra loro.
Alex
incrocia le mani dietro la schiena, divarica le gambe, raddrizzando
la schiena - lo affianca nella sua posa preferita, da soldatino e
tiranno.
"Lasciateli
berciare." dice, serena.
"Che
si prendano ciò che resta di un'azienda fallita."
prosegue, per nulla scalfita dalle foto che scorrono sullo schermo.
Spencer
si volta, fissandola con uno sguardo acquoso, febbrile.
Alex
solleva il mento, indossa il simbolo rosso e bianco dell'Umbrella
come una medaglia - sul bavero sinistro della giacca, poco lontano
dal cuore.
"L'immortalità
è un premio ben più alto della loro piccola
vendetta."
Ma
non la tua, vecchio.
Spencer
tace, davanti a lei i corpi mutilati di Raccoon City - orfani
piangenti, branchi di cerberi sbavanti e vittime
di
cui ricorda a malapena il nome.
Dentro
di lei il virus si solleva e ride.
2009
È
una donna ossessionata, Alex.
È
una donna che gli ricorda Beneviento, alcune volte Miranda - ma è
diversa
da
loro, una femmina spietata e che taglia e taglia e taglia.
Non
arretra, Alex, non si ferma; prosegue fino alle prime luci dell'alba
a incidere e
aprire
e
collegare e ricomincia poi tutto daccapo.
Vuoi
un esercito?, gli
aveva chiesto.
Io
posso dartelo, gli
aveva promesso.
Vedi,
tu usi le persone morte, e per quanto questo ti faccia onore non
saranno mai come quelle vive,
aveva
aggiunto, ridacchiando in quel suo modo strano, fuori tempo.
Heisenberg
sospira, massaggiandosi la fronte e chiudendo gli occhi quando la
prima folata di vento lo colpisce dritto in faccia.
Alex
gli è subito dietro, trascinando un soldat per il gancio come
fosse niente
-
ed è ridicolo come sia piccola
al
suo confronto, esile.
"Riproviamo."
Karl
butta un'occhiata critica al lycan incatenato in mezzo al campo,
afferrandola per un gomito.
"No."
Alex
ruota appena il viso verso il suo, neutra.
"Dobbiamo
verificare..."
"Ho
detto di no."
ripete lui, snudando i denti.
Il
soldat ai suoi piedi si agita, allungando le mani verso la placca
metallica che gli copre gli occhi.
Alex
posa lo sguardo sul punto in cui le sue dita si chiudono attorno il
suo braccio, fissandole.
E
c'è una flessione
in
Alex: uno spostamento che Karl riesce a rilevare grazie
all'elettricità che si addensa in lei, vibrando tra le sue
costole, lungo la spina dorsale - giù,
tra le cosce, fino alla punta dei piedi.
Il
soldat mugghia
qualcosa e Alex gli conficca le unghie direttamente nella carne
scoperta del collo, arpionandolo a sé.
"Morirai."
E
a te importa qualcosa?, vorrebbe
chiederle.
Gli
occhi di Alex sono cerchiati di scuro e adesso, nella la luce
spietata del giorno, può vedere il colorito malsano del suo
viso, le macchie di sudore sotto la camicia trasparente, lungo la
schiena.
"Morirai."
ripete, e c'è qualcosa di nuovo in lei - di rotto.
Karl
apre la bocca, sta per dire qualcosa quando Alex si piega in avanti,
liberando una risata stridula, che induce il lycan ad arretrare e a
pisciarsi addosso.
Il
soldat strattona, cerca di scappare - Alex affonda ancora di più
le dita nel suo collo, tirandone fuori cavi elettrici e arterie
mollicce.
"Tutto
muore." stride,
occhi enormi, allucinati.
Heisenberg
inspira, viene colpito fisicamente
dal
suo dolore, dalla sua disperazione - un grumo di sentimenti che
assumono la forma di una tempesta elettrica.
Le
dita di Alex vanno sempre più giù - strappano,
e intanto arrotolano, sembrano comporre una melodia invisibile con
ciò che resta del soldat.
"Voi
non mi ascoltate mai."
grida, voltandosi e staccando
la
testa del soldat dal corpo.
Karl
allunga il braccio dietro di sé, richiamando il martello - la
pupilla di Alex sottile, nerissima.
"Voi."
ripete, puntandogli un dito contro "Patetici, piccoli,
uomini. Pensate di poter vincere. Di aver ragione. Che il vostro
fottuto
piano sia perfetto e che tutto andrà come previsto."
"Così
mi ricordi quella puttana dal culo grosso di Alcina." ribatte
lui, rassicurato dalla presenza del martello tra le dita.
Alex
solleva il mento, mostrandogli la piega tenera della gola.
"Tu
non sai cosa sono, Karl."
Heisenberg
tace, perché no,
non lo sa. Perché per tutti quegli anni Alex ha portato
addosso l'odore di un'altra storia, un altro uomo - ne era intrisa
così
a fondo da dargli la nausea, sotto la lingua un sapore aspro, di
sangue e follia.
"Potrei
liberare questa cosa
che è dentro di me come tutti i vostri hocus pocus e
distruggere Miranda in poche ore, forse minuti."
Il
lycan uggiola, Alex non gli presta alcuna attenzione.
"Ma
non puoi." mormora lui, fissandola.
Nessuna
risposta.
"Perché
ne moriresti; perché quella cosa
è instabile e ti sta mangiando pezzo dopo pezzo, gustandoti."
Alex
arriccia le labbra sui denti, spostandosi appena sulla sinistra.
"Tuo
fratello è stato un idiota; io non lo sarò."
Per
un istante - un respiro - Alex sembra spegnersi, l'aria cadere,
il
mondo fermarsi.
Snap.
Heisenberg
si porta una mano al petto, trafitto da un dolore costante, vorace.
Cosa...?
Solleva
lo sguardo, incrociando quello di Alex - rosso e rosso.
"Si
chiama Progenitore." sussurra, allargando le braccia attorno a
sé.
"Ed
è l'origine di tutte le cose." conclude, sorridendo senza
allegria.
Anche
della tua.
Il
Cadou riconosce un nemico che è già dentro di lui.
2003
"I
tuoi nuovi giocattoli?"
Alex
abbozza un sorriso a metà, ridacchiando quando le sue dita le
percorrono il fianco, la curva del seno.
"No:
non i miei."
Wesker
si solleva sui gomiti, sporgendosi oltre la sua spalla.
"Tre
metri di altezza, anemia aplastica incrementata dal Cadou: il
soggetto richiede continue assunzioni di sangue o carne."
comincia a leggere, liberando un piccolo hum
di gola, divertito.
"È
più alta persino del Nemesis."
"Lo
so."
Wesker
posa il mento nell'incavo del suo collo, socchiudendo gli occhi.
"L'hai
vista dal vero?"
"Non
ancora." risponde Alex, osservando Wesker spostare con l'indice
e il mignolo le foto di Donna e Moreau.
"Affascinanti
creature."
"Non
la penseresti così se avessi annusato anche solo per un
secondo questo
qui." ribatte lei, indicando Moreau.
Wesker
ride,
e
quel suono le si riverbera lungo la schiena, nel petto.
"Il
suo film preferito è Via con il vento e ama il roquefort:
praticamente Fabron nei suoi giorni migliori."
Alex
scuote la testa, sospirando alla pressione delle sue dita tra i
capelli, lungo la nuca.
"Sei
crudele."
Wesker
schiocca la lingua contro il palato, baciandole un angolo della
bocca.
"Sono
equo."
specifica lui, disegnando piccoli cerchi attorno il suo ombelico,
sopra il pube.
Alex
intreccia le dita alle sue, reclinandosi all'indietro e
accartocciando sotto i piedi i dati di Moreau, quelli di Alcina.
Wesker
l'accoglie contro il proprio corpo senza remore, quel momento uno dei
pochi in cui entrambi si sentiranno vittoriosi e liberi
- forse persino felici.
L'Umbrella
è fallita, Spencer con lei: possiamo vivere, Albert.
Le
cartelle cadono a terra con un tonfo quieto, attutito dalla moquette
bianca - il profilo algido di Alcina, quello velato di Donna.
Wesker
raccoglie i file rimasti, si sofferma sulla maschera dorata di
Miranda - l'H.C.F.
è stata contatta dall'azienda di Bailey, Alex. A quanto pare
le idee di Spencer non era tutte sue.
- il sorriso beffardo di Heisenberg.
"Lui
è quello interessante." mormora, studiandolo con
attenzione.
Alex
si siede sui talloni, allungandosi oltre la rima dei fogli.
"Karl."
gli dice, picchiettando con l'indice sulla sua foto "Il Cadou ha
creato un vero e proprio organo elettroforo dove è stato
impiantato, ovvero nel petto. Si è connesso al sistema nervoso
e lo rende capace di percepire e manipolare i campi elettrici, nonché
i metalli conduttori."
Wesker
sposta lo sguardo da sinistra e destra, leggendo con attenzione le
informazioni raccolte da Alex.
"Le
sue facoltà intellettive sono integre e i suoi soldat mostrano
segni di una certa eleganza
creativa."
"Uhm."
"Detesta
Miranda."
Wesker
si volta, guardandola.
"E
questo immagino lo abbia posto direttamente in cima alla tua
classifica."
Alex
incrocia le braccia sotto il seno, sorridendo.
"Come
mi conosci bene."
Wesker
scopre appena i denti, tornando poi a fissare la foto di Heisenberg -
gli occhi grigi rivolti davanti a sé, tra le labbra un sigaro
appena acceso.
"Cosa
sa di te?"
"Lo
stretto necessario."
Wesker
continua a contemplare con una certa insistenza il dossier su
Heisenberg, scorrendo con il pollice lungo il bordo pagina.
"Il
Cadou però reagisce al virus."
Wesker
alza appena un sopracciglio, aspetta.
"Credo
sia dovuto ai siti HERV, ma non ne sono sicura: finora sono entrata
in contatto solo con dei campioni prelevati dai soldat morti e con
Karl."
"Karl."
ripete Wesker, premendo la k
contro
il palato.
Alex
gli mostra un'espressione divertita, furba.
"Ha
del talento."
Wesker
tace, posando poi il carteggio sul comodino.
"Immagino.
Sa
almeno cosa sia una doccia?"
Alex
rotea gli occhi al soffitto, spingendolo poi tra lenzuola - umida tra
le cosce, nel cuore.
Per
un istante - un ingannevole
momento
- il futuro non fa più alcuna paura.
2009
Progenitore,
l'aveva
chiamato Alex.
È
già dentro di noi,
aveva aggiunto, lasciandosi cadere sul divano.
Ha
contribuito all'evoluzione dell'intera razza umana e ciò che
rimane di lui giace in sequenze silenti nel DNA chiamate HERV,
gli aveva spiegato, neutra - troppo.
Heisenberg
si tocca il pettorale sinistro, percorrendo la cicatrice
dell'impianto - una linea lunga e frastagliata di pelle arrossata ai
bordi, slabbrata e che lo taglia fino all'ombelico.
"Fa
male." lo raggiunge la voce di Alex.
"È
una domanda?" replica lui, nella voce una nota arrochita dalla
stanchezza.
"No."
ribatte lei, slacciandosi la camicia e arrotolandone le maniche sulle
braccia.
Karl
la osserva dallo specchio mostrargli la pelle pallida dei polsi,
quella del petto, priva di ferite, imperfezioni.
"Siamo
stati ibridati
per
essere la nuova razza, io e mio fratello."
Alex
mantiene lo sguardo fisso nel suo, attorno le labbra piccole rughe
d'espressione che non ricorda d'aver mai visto.
"Il
Progenitore non lascia segni, lesioni: penetra
in te e attiva queste sequenze, rendendoti degno o indegno."
Heisenberg
percepice l'eco delle parole di Miranda, del suo delirio - e la
rabbia divampa,
bruciandogli la gola, il respiro.
"Una
famiglia, diceva
Spencer. Siete
una famiglia, ripeteva."
I
miei bellissimi figli, chiosava
invece Miranda.
Alex
schiocca la lingua contro il palato, scuotendo la testa.
"Non
ho alcuna cicatrice che riveli la mia natura, Karl: che mostri il mio
dolore. Siamo stati scelti
per
essere perfetti, privi di segni o crepe. Siamo l'avanguardia di un
nuovo mondo."
Heisenberg
si tocca istintivamente il viso, là,
dove una rete di ferite è ormai diventata una ragnatela
pallida e che indossa come una maschera.
"Spencer
fu un allievo di Miranda." gli rivela, e Karl può sentire
chiaramente il proprio stomaco collassare, i testicoli ritirarsi tra
le cosce.
"Gli
mostrò il Micorriza, spiegandogli la sua natura, le sue
potenzialità." sussurra, alzandosi e avvicinandosi.
"E
Spencer tornò a casa con un sogno - noi."
prosegue, adesso a pochi centimetri dalla sua schiena.
Karl
cerca i suoi occhi nello specchio e li trova trasparenti, così
azzurri da ricordagli quelle rare giornate di sole a Coșmarul.
"La
mia storia ha le tue stesse radici." conclude, affiancando il
proprio braccio al suo - pelle immacolata e sulla quale può
vedere le vene pulsare
al
ritmo del suo cuore.
"Mi
ha già colpito e sai
che
nulla rimane sul mio corpo: né morso, né squarcio."
"Ma
fa male." afferma lui, chiudendo le dita attorno il suo polso e
misurandone la differenza.
Alex
solleva il viso verso il suo, quieta.
"Sempre."
In
ogni momento.
"E
non smette mai."
"Non
può." gli dice Alex, abbozzando un sorriso triste "Siamo
tutti esperimenti, Karl: alcuni più riusciti degli altri."
"E
tuo fratello..."
"Lui
era perfetto."
ribadisce lei "Compatibile. Integro. Magnifico."
Ma
è morto.
"Eppure
non è qui."
"No."
"Quindi
sono tutte stronzate."
Alex
libera un suono a metà tra la risata e il singhiozzo,
toccandolo per
la prima volta senza l'intento di difendersi o allontanarlo.
"Ecco
un altro tuo talento, Karl: riesci sempre a racchiudere il nocciolo
della questione in poche parole."
Heisenberg
accenna un sorriso sbilenco, posando la mano sulla sua.
"Alcina
direbbe che sono un rozzo maleducato."
"Lo
sei." asserisce Alex, guardandolo "Ma lei è come
Albert: incapace di arrendersi alla verità."
La
fabbrica ascolta le loro parole in silenzio.
2003
Lo
schema è tutto lì, davanti a loro; un insieme convulso
di rimpianti e agonie, tragedie personali elevate a scala mondiale.
C'era
una volta una donna che perse la sua bambina,
Alex
intreccia le dita dietro la schiena, fissando il villaggio da sopra
il crinale.
e
pianse la donna; pianse così a lungo che il Dio Oscuro rispose
alle sue preghiere e la rese la sua serva più fedele.
Karl
l'affianca, gli occhiali nella tasca della camicia e un sigaro già
acceso tra le labbra.
Mia
figlia, supplicava la donna; ti prego, mia figlia, chiedeva.
"Qualcosa
di tuo interesse?"
Alex
solleva il mento ed Heisenberg nota quanto
parli il suo corpo - dalla rigida posa militare che assume quando
irritata al sorriso affilato
che
concede ai suoi esperimenti prima di inciderli
e
catalogarli in una serie di barattoli.
Tua
figlia è qui, rispose il Dio Oscuro, indicandosi il ventre.
Vienila
a prendere; sacrificane mille per averne solo uno, le disse,
magnanimo.
"Il
castello Dimitrescu."
"Ah,
quello:
vanto e meraviglia di Alcina."
Alex
compie un passo in avanti, si sporge oltre il bordo della collina -
rimane in bilico sul ciglio del baratro.
"Pacchiano."
risponde invece lei, asciutta "E la sua retorica del sangue di
vergine e bla bla bla; noiosa."
Karl
inspira, fissandola di sbieco.
"Lei
ama definirsi una femmina alfa."
Alex
libera un suono asciutto, secco, simile al legno che si spezza.
"Non
ne ha mai vista una." mormora, spazzando la piana con lo
sguardo.
"Il
villaggio non offre molta competizione
per il ruolo."
Alex
lo fissa da sopra la spalla, neutra.
"Miranda
non vuole che conosciate nulla al di fuori di questo buco, eppure lei
è libera di andare dove più le piace."
Karl
la guarda in silenzio, la punta del sigaro accendersi di un rosso
tenue, morbido.
"Sai
come so di voi, Karl?"
mormora lei, arrotolando il suo nome sulla lingua - tingendolo di un
colore osceno,
indecente.
L'erba
dondola quieta attorno le loro caviglie, nell'aria un vago sentore di
tabacco e metallo.
"Miranda
è strisciata
fuori
dalla sua tana e un'azienda l'ha contatta per ottenere un pezzetto di
sua figlia. O di quello che lei crede esserlo."
Se
presta molta attenzione può percepire i lycan correre nella
boscaglia sotto di loro, grattando con le unghie i sentieri rocciosi.
"Un'azienda
che ha chiesto aiuto a una persona che io
conosco."
Karl
lascia che il sigaro si consumi fin quasi a metà, blandendo il
viso di Alex in volute sottili, grigiastre.
"E
questa persona
gliel'ha
dato. E ha visto il Micorriza. O Dio Oscuro, come lo chiamate qui."
Un
fruscio, seguito da uno scalpiccio duro,
pietra che sfrega altra pietra.
Alex
si avvicina, togliendogli il sigaro dalle dita e rigirandoselo tra il
medio e l'indice.
"Mammina
cara ha
compiuto il suo bel numero di viaggi fuori di qui alle vostre spalle.
E adesso là,
nel
mondo, un'azienda sta creando bambini con questa muffa."
Karl
preme le labbra in una linea sottile, attorno a loro sollevarsi
marmitte, scarti di metallo - persino la ruota di un vecchio camion.
"Per
sua figlia."
Alex
annuisce, annusando la punta del sigaro.
"Oh,
questo lo crede lei:
l'azienda ne vuole solo fare delle perfette armi da combattimento."
"Poetico."
"Vero?
L'ho pensato subito anche io." ridacchia Alex, percorrendo
l'etichetta dorata del sigaro - un Montecristo 1935 Dumas, cubano.
Heisenberg
la osserva portaserlo alla bocca, gettando un'occhiata annoiata ai
paesani che ritornano al villaggio gravati da numerosi secchi
d'acqua.
"Eppure
non sei diversa da loro."
Alex
inspira, arcuando un angolo delle labbra.
"No;
anche io ho sperimentato su innumerevoli persone, fottendomene
delle
loro storie, di chi lasciavo orfano o vedovo."
Il
latrare dei lupi si sovrappone a quello più forte dei lycan -
la notte si addensa agli angoli del villaggio, spingendo le persone
ancora nei campi a rientrare in fretta e senza guardarsi indietro.
"Stai
dicendo di essere come Miranda?" la deride lui, percependo lievi
mutamenti nel suo campo elettrico, in
lei.
"Sono
come Miranda, Karl?" replica lei, toccando l'anello che porta
all'anulare sinistro come per accertarsi che sia ancora lì,
con lei.
Heisenberg
la contempla in silenzio - mentre butta
fuori il fumo nell'aria fredda di Coșmarul,
negli occhi un'espressione lontana, assorta.
Sono
capace di rovinare una generazione intera per riportare in vita chi
amo?
L'ossessione
li ha resi tutti affamati di troppo.
2009
"Là
fuori è Natale." gli dice all'improvviso, fissando il
soffitto della fabbrica.
"Là
fuori ha
un nome." ribatte lui, studiando l'atlante che gli ha portato -
così tanti nomi, possibilità.
"Sushetovanie."
mormora Alex, intrecciando le caviglie sul bracciolo del divano.
Heisenberg
alza un sopracciglio, cercando il nome nelle pagine finali
dell'atlante.
"Non
la trovo."
"Non
è nelle mappe." gli spiega lei, la voce poco più
di un bisbiglio.
"Oh,
un luogo segreto: così da te."
la blandisce lui, voltandosi.
Alex
libera un piccolo hum
di gola, osservando la luce della fornace aprirsi in tante schegge
colorate sul soffitto.
"È
un bel posto?"
"No."
"A
cosa assomiglia?"
Alex
distende un braccio verso la finestra, indicando il buio oltre il
vetro.
"Al
villaggio." mormora, quieta "Era un'isola del vecchio
blocco sovietico, come la Romania."
Karl
appoggia i gomiti sullo schienale, divaricando leggermente le gambe.
"Erano
alla fame quando arrivai, portando con me risorse, mezzi, denaro."
prosegue, ruotando le dita nell'aria.
"E
promesse; tante
promesse."
Heisenberg
inclina il capo verso la spalla, ascolta.
"Sacra
Signora, cominciarono a chiamarmi. Oh,
la nostra Santa, dicevano.
Oh,
ti prego, aiutaci,
imploravano."
Karl
deglutisce, sovrapponendo il profilo di Miranda a quello di Alex e
non riuscendo comunque a farli coincidere.
"Ma
io l'ho fatto davvero;
aiutarli,
intendo. Ho costruito scuole, ospedali. Ho riaperto le miniere,
fornendo lavoro ed esportando il metallo in Europa, verso l'azienda
di mio fratello per il suo progetto nascosto."
Alex
riporta il braccio al petto ed è così
pallida
- esangue - da ricordargli crudelmente una delle sue cavie per i
soldat.
"E
poi li ho uccisi."
Heisenberg
non è bravo in queste cose; nessuno dei due lo è, in
fondo.
Sono
solo bambini mostri, creature sgraziate
che considerano il cuore un peso - un ostacolo inutile, gravoso.
Alex
si volta, fissandolo.
"Non
c'è alcuna differenza tra me e Miranda, Karl, se non quella
che io
sono peggio. Più motivata, più spietata, più
feroce."
Più
sola.
"Lo
so."
Alex
abbozza un sorriso a metà, sincero.
"Eppure
eccoti qui."
"Eppure
eccomi qui." ripete lui, togliendosi gli occhiali e guardandola.
La
coscienza è il prezzo per la propria vendetta.
2004
"Hai
un odore diverso, bambino."
"Tu
no: puzzi sempre di arroganza e vecchio."
ribatte lui, toccandosi la tesa del cappello.
Alcina
solleva il mento, sprezzante.
"Cos'è?
Il Duca ti ha per caso regalato un profumo?" continua, ignorando
la sua provocazione.
"No,
ma potrei sempre proporne uno per le tue figlie." la deride
Karl, scuotendo la mano davanti a sé "Sanno di carne
morta e stupidità."
Alcina
irrigidisce la linea delle spalle, piegando le labbra in una smorfia
stizzita, quasi comica.
"Non
ti toccherebbero neanche con un dito."
"Come
se mi interessasse scoparmi un cadavere."
Angie
muove la testa dall'uno all'altro, sbattendo tra loro le piccole
mani.
"Ooooh,
Karl e Alcina litigano, Karl e Alcina litigano!" squittisce,
estasiata.
Donna
apre appena le braccia, lasciando scivolare la bambola a terra, dove
si esibisce in un grottesco balletto di gioia.
"Sei
solo un miserabile:
un uomo che segue prima il cazzo della ragione."
Heisenberg
appoggia le braccia sullo schienale della panca, snudando i denti.
"E
cosa vuoi fare al riguardo? Tagliarmelo come fai ai disgraziati che
capitano attorno il tuo castello? O preferisci giocarci prima un
po'?"
Karl
si inclina in avanti, ampliando quel suo sorriso storto e beffardo.
"Provarci,
stronza: vieni nella mia fabbrica e vediamo cosa riesco a fare con
quelle tue disgustose
figlie."
Alcina
si alza di scatto dalla sedia, furiosa.
"Dovevi
morire, morire!"
sibila, puntandogli contro il bocchino in argento e bachelite.
Karl
apre e chiude la mano, unendo il pollice alle altre dita
nell'imitazione di una bocca parlante.
"Bla
bla bla:
la troia dal culo grosso ha detto la sua. E indovina un po'? Non
gliene frega un
cazzo a
nessuno."
Angie
libera un fischio acuto, saltellando sulla punta dei piedi.
La
Dimitrescu inspira tra i denti serrati, percependo di nuovo quel
sapore - una nota metallica di sangue, una più aromatica,
femminile.
"Se
nascondi qualcosa a Madre Miranda..."
Heisenberg
richiama a sé il martello, la cattedrale vibrare attorno a
loro - spingere Moreau a nascondersi in un angolo vicino all'altare,
Donna a guardarsi intorno.
"Sono
un figlio fedele,
Alcina."
"Certo."
mastica lei, sputando le parole "E non nascondi affatto
un
piccolo premio personale in quella schifosa fabbrica."
Heisenberg
rimane immobile, sul volto un sorriso cicatrizzato, selvatico.
Angie
si volta, sta per dire qualcosa quando è Donna a parlare -
nella sua voce una flessione morbida, timida.
"Angie,
vieni qui."
"Ma..."
Donna
solleva una parte del velo, svelando solo la metà del viso
integro.
"Vieni,
Angie: questa battaglia non ci riguarda."
La
bambola sembra confusa dalla richiesta di Donna - clac clac, clac
clac: sbatte le palpebre una paio di volte, interdetta.
Heisenberg
la fissa con la coda dell'occhio ed è Donna a restituirgli uno
sguardo quieto, lucido.
"La
signorina bionda vestita moderna è la tua fidanzata? Dai,
dimmelo dimmelo dimmelo."
Moreau
tossisce, espettorando un grumo di acido e saliva - spezzando
la
tensione con il suo raglio umido e denso.
Alcina
si ritrae nella sua sedia, umettandosi le labbra rosse, piene.
"Topolino,
topolino,
dove vai? Chissà se al Signore del metallo mancherai quando
morirai." intona, fissandolo.
Karl
rafforza la presa attorno l'impugnatura del martello, chiude la
propria mente dietro un'espressione rilassata, sardonica.
Donna
stringe a sé Angie e tace.
2010
Sono
entrambi intrappolati: adesso l'ha capito.
Si
era presentata a lui nove anni prima come una donna libera,
capace di stringere il mondo tra le dita.
Puoi
chiamarmi Alex, gli
aveva detto, sfogliando per lui una storia piena di pagine e parole -
un universo a cui era stato strappato
per
essere isolato a Coșmarul.
E
adesso comprendeva cosa
ci
avevano visto gli abitanti dell'isola in lei - perché.
Alex
non salva, non redime; non ne è capace nemmeno con se stessa.
Poteva
andare ovunque,
ma nella realtà dei fatti era bloccata in un circolo vizioso -
Uroboro,
l'aveva chiamato, grattandosi lo spazio vuoto tra l'anulare e il
medio.
Osserva
la catena di montaggio trasportare i corpi avanti e indietro per la
fabbrica, il tamburo motore ruggire
tra
i vapori della stanza, rendendo l'aria umida e appiccicosa.
"Non
sono abbastanza." mormora, ormai con lui da giorni.
Heisenberg
ha nuove rughe attorno gli occhi, ai lati della bocca; i capelli si
sono fatti ancora più aggrovigliati ed è sicuro
di
potervi scorgere altro grigio tra i fili scuri.
"Lo
so."
"Il
Micorriza la sta nutrendo ed è più forte, quella
puttana."
mastica lei, sbilanciandosi in avanti.
Karl
si stropiccia il viso, sospirando.
"Potrei
infettarli con..."
"No."
ribatte lui, durissima "Ci ho già provato."
Heisenberg
schiude le dita, guardandola in tralice.
"Il
fungo. Il Progenitore è in grado di infettarlo, ma questo lo
rende diverso - più resistente."
"Ma
potresti manipolarlo."
Alex
preme le labbra tra loro, pallida.
"Non
in queste condizioni."
Le
ruote cilindriche continuano nel loro movimento, instacabili; dal
fondo della fabbrica provenire grida agoniche, liquide.
"Sto
morendo."
Karl
la guarda e vorrebbe dire che no,
non se ne era accorto, ma sarebbe solo una ridicola
bugia.
Alex
preme la lingua nell'interno guancia, scuotendo la testa.
"So
che puoi sentirlo con quel tuo olfatto da cane: o da maniaco, devo
ancora deciderlo. Cristo,
ogni mattina mi alzo e il tanfo di morte mi schiaccia
ancora
prima d'essere abbastanza lucida da svegliarmi."
Un
uomo strilla,
spegnendosi poi un rantolo soffocato, molliccio.
Alex
dondola avanti e indietro un paio di volte, sembra quasi sul punto di
vomitare.
"Sto
per fare qualcosa
che
non ti piacerà per nulla, Karl."
Nessuna
risposta.
"Ma
se funzionerà potrei rimediare a tutto."
aggiunge, fissandolo.
Heisenberg
sposta il peso da un piede all'altro, incerto.
"Immagino
tu non voglia dirmi di cosa si tratta."
"Non
posso."
"E
come capirò se ci sei riuscita o meno?"
Alex
si umetta le labbra, ancora bella nonostante la malattia che sembra
adesso stritolarla
come
in una morsa.
"Mi
farò viva io."
"Con
quella faccia?" l'anticipa lui, e Alex si ritrova sorridere suo
malgrado.
"No.
O forse sì. Dipenderà da quanto sarà incisiva
l'impronta genetica del virus."
Karl
accarezza distrattamente la testa del martello posato contro la
ringhiera, pensieroso.
"A
chi ruberai la vita questa volta?"
Alex
si solleva, tra i seni una collana d'oro e lapislazzuli.
"Ha
importanza?"
Karl
la guarda, negli occhi una serie di emozioni confuse - alcune di
rabbia, altre di curiosità.
"Miranda
crede nella reincarnazione, non tu."
"Ma
è il motivo per il quale ho inviato qui i miei uomini anni fa,
ricordi?"
L'umidità
le ha arricciato i capelli attorno il viso, lungo il collo,
colorandole gli zigomi di un rosa sano,
che sparirà appena usciranno da quella stanza.
"Potresti
mentire; in fondo, Miranda non è un tuo problema."
Alex
picchietta con l'unghia nell'incavo del gomito, quieta.
"Ha
insegnato a Spencer molte cose; ha coltivato le sue idee, generando
noi."
sibila, indicandosi e parlando sempre al plurale.
Noi.
Io e Albert. Albert Albert Albert.
"L'ha
salvato
quando poteva distruggerlo, renderlo uno dei suoi esperimenti."
continua, chiudendo le dita a pugno.
"È
rimasta in contatto con lui per anni,
lusingando i suoi deliri, la sua follia - i bambini prescelti, gli
alfieri del nuovo mondo." bercia, nell'iride una sfumatura
rossastra, ferina.
"Io
sono quella che sono per colpa sua."
sancisce, i muscoli tendersi, i denti scoprirsi in un ringhio
trattenuto.
Heisenberg
percepisce la rabbia di Alex avvolgerlo ed ha il suo stesso odore -
metallo e
sangue; disperazione e
stanchezza.
"Io
e te siamo simili, Karl; la nostra storia ha le medesime radici,
cambiano solo le sue propaggini."
Alex
inspira e la sua furia cade
- torna a essere rinchiusa in quell'angolo sperduto della mente che
anche Karl possiede, lontano da Miranda e dai suoi fratelli
e
sorelle.
"Tornerò."
"Tornerò."
"E
se dovessi fallire? E se il tuo esperimento non riuscisse?"
"E
se non dovessi farlo?"
Alex
abbozza un sorriso sbilenco, fissandolo.
"Tornerò,
Karl: nel frattempo tieni in piedi questa baracca e costruisci
- inventa, crea."
"Allora
aspettami."(2)
"Combatti."
conclude, nella sua voce una nota feroce - assoluta.
Il
tempo non sarà mai abbastanza; per nessuno di loro.
2004
Angie
striscia tra le carcasse vuote, curiosa.
La
donna bionda moderna è qui, lo sa - lo sente.
Inzuppa
il vestito in una pozza di olio, scuotendo tutto il corpo schifata,
ma il desiderio di vederla - toccarla
- è troppo, e decide che anche gli avvertimenti di mama sono
esagerati.
"Oh,
camicia nuova? Karl,
così mi lusinghi." la raggiunge una voce profonda, così
diversa
da quella di mama.
La
risposta di Heisenberg è un cupo brontolio, di petto e gola.
"Sai,
una donna potrebbe anche innamorarsi dopo tutte queste attenzioni. Mi
comprerai dei cioccolatini la prossima volta?" ridacchia la
prima voce, ed è come sentir sgretolare il vetro, le ossa.
"Dio,
sei insopportabile."
"Me
lo dicono in tanti."
"E
hanno ragione."
"Ma
sono bella
e
questo tiene al guinzaglio molti di voi."
"Ah,
questo lo pensi tu:
sei rachitica come una di quelle modelle da rivista."
"Quali
riviste? Perché sai,
quelle porno non sono sempre attendibili e l'anatomia femminile è
un po'
esagerata
e quelle vag..."
"Cazzo,
vuoi darmi una mano qui o no?"
Angie
si appiattisce ancora di più al suolo, sollevando appena il
mento.
Rumore
di passi - i primi pesanti, indubbiamente di Heisenberg, i secondi
più leggeri, eppure ritmici, quasi militari.
"Cosa
vuoi farne? Attaccargliela al collo?"
"L'idea
era quella."
"Si
surriscalderà."
"Non
se usiamo un sistema di raffreddamento ausiliario."
"E
dove glielo vuoi mettere? Su per il culo?"
"Merda,
quanto sei volgare."
"Disse
il bue all'asino; dico, ti sei mai ascoltato? Sei tutto un merda
di
qua, vaffanculo
di
là - quella troia grassa e quel mostro vomitevole e..."
Clang.
Angie
trattiene il fiato, non sente più nulla - si azzarda a
scostare i ciuffi d'erba, spostando lo sguardo dal magazzino al corpo
centrale della fabbrica.
Ma
dove...?
"Oh,
Karl:
non è così che si tratta una donna." mormora la
prima voce, melliflua.
"Tu
sei un mostro."
ribatte Karl, ed Angie adesso può vederli chiaramente - la
donna bionda moderna vicina
a Heisenberg, le dita guantate di lui attorno al collo pallido,
sottile.
"Come
te." replica lei, ed Angie rimane incantata
dal
suo viso - da come gli zigomi si alzino sulle guance, dandole un
aspetto elegante, aristocratico.
Karl
rafforza la presa e la donna ride
- una vibrazione bassa,
che persino Angie riesce a sentir riverberare in lei.
"Te
l'ho già detto, Karl:
ho
avuto a che fare con persone peggiori di te." sussurra lei,
portandosi le dita alla gola e tirando
-
facendo pressione su quelle di Heisenberg.
"Sei
stancante." bercia lui, fissandola negli occhi - azzurri, così
trasparenti da ricordare ad Angie un cielo invernale.
La
donna schiude le labbra ed è come veder sorridere un lupo -
tra di loro pulsare
una rete elettrica che rende l'aria pungente, tagliente.
Calda.
Heisenberg
sembra studiarla ancora per qualche istante, ritraendo poi la mano e
infilandola in tasca alla ricerca di un sigaro.
"Soffocamento,
uhm? Avrei detto fossi più uno da catene e collare, ma..."
Heisenberg
emette un gemito esasperato, lanciando una serie di portiere e ruote
per tutta la piana, rischiando persino di schiacciare
l'ignara
Angie sotto una di esse.
"Permaloso."
ridacchia la donna, inclinando il mento verso il petto - addosso una
strana casacca in pizzo infilata in un paio di pantaloni che Angie
non ricorda d'aver mai visto nel villaggio.
"Rompicoglioni."
mastica lui, accendondosi un sigaro e tirandone lunghe e grandi
boccate.
Angie
si porta le mani alla bocca, ingoiando uno squittio felice: a casa
Madalina creperà
di
invidia.
2010
Gli
aveva sorriso quando le aveva detto che no,
quella canzone non gli piaceva proprio.
Nemmeno
a me,
aveva mormorato, sfiorando il coperchio del pianoforte.
Si
chiama Moonlight Sonata, aveva
proseguito, eseguendola senza nemmeno guardare i tasti.
Ma
credo che questa sia più adatta,
era stata la sua decisione, la melodia virare bruscamente verso
tonalità più cupe, tristi.
Karl
l'aveva osservata riempire lo spazio ridotto delle sue stanze con una
musica intensa, che vibrava insieme ai suoi pensieri.
Alex
preme le ultime note, ascoltando quel suono tendersi
e
infine spegnersi nel lontano borbottio dei reattori della fabbrica.
"Dove
l'hai trovato?" sussurra, quieta.
"Il
Duca."
Alex
piega le labbra in una smorfia, guardinga.
"Non
mi fido di lui."
Karl
si stringe nelle spalle, toccando un tasto, poi l'altro - ottenendo
solo un insieme sgraziato di note.
"Nemmeno
io." le ribatte, incuriosito dalla struttura del pianoforte.
Alex
solleva lo sguardo, fissandolo.
"E
perché l'hai preso? Tu non sai suonare."
"Ma
tu sì, a quanto pare."
Alex
aggrotta le sopracciglia, perplessa.
"Le
donne come te sanno sempre suonare uno strumento."
"E
tu hai dedotto fosse il pianoforte."
"O
quello o il violino." borbotta lui, ruvido.
"Avrebbe
potuto essere anche l'arpa."
"Naaah:
troppo fighetta. Ti ho sentita bestemmiare come un fabbro, Alex: ad
Alcina verrebbe un colpo secco al solo ascoltarti."
Alex
accarezza la superficie opaca della tavola armonica, assorta.
"Lacrimosa."
specifica poi, guardandolo "Il Requiem, di Mozart."
"È
quello che hai appena suonato?" le domanda lui, accendendosi un
sigaro.
"Sì."
"Era
molto triste."
"Mozart
morì prima di poterla concludere; era convinto che il
committente fosse un emissario dell'aldilà e che l'incarico
fosse in realtà quello di scrivere la messa di requiem per se
stesso."
Heisenberg
inspira, studiandola in silenzio.
Alex
si massaggia un polso, posando lo sguardo sulla punta dei suoi
anfibi.
"Quanto?"
le domanda, piano.
"Poco."
ribatte lei, cercando i suoi occhi "I polmoni ormai sono al 40%
della loro capacità e i reni stanno smettendo di funzionare;
produco sempre più cellule aplastiche che alla fine mutano e
credo che anche il fegato stia iniziando a cedere."
Karl
scrolla il sigaro verso il basso, lasciando cadere la cenere sul
pavimento.
Alex
sostiene il suo sguardo, allungando all'improvviso una mano verso la
cicatrice che gli taglia le labbra.
"Te
l'ho detto, Karl: sono stata creata per essere perfetta. Almeno
fuori."
mormora, scivolando con il pollice lungo i bordi slabbrati,
leggermente in rilievo.
"Muoio,
ma nulla in me lo dimostra."
"Una
fregatura."
"Già."
ridacchia lei, ritraendo la mano "Il tuo Cadou è più
onesto, diretto:
sopravvivete,
ma ne portate anche i segni, il ricordo."
Karl
si alza, scrollandosi la cenere dal cappotto e ignorando la
sensazione di disagio che lo sta attanagliando, rendendogli le
viscere pesanti, liquide.
"Se
il tuo piano funzionasse..." inizia, fermandosi a metà
della frase.
Alex
solleva il viso verso il suo, occhi grandi, trasparenti.
"Ho
molte cose da fare se riuscirò nella mia idea." dichiara,
alzandosi a sua volta.
"E
tra queste c'è anche riportare indietro tuo fratello?"
Alex
gli regala un'espressione indecifrabile, neutra.
"Come
immaginavo."
"Te
l'ho detto, Karl: non sono poi così diversa da Miranda."
Oh,
lo sei invece, vorrebbe
dirle lui; perché
lei era libera - umana.
Poteva
scegliere se sopravvivere al proprio dolore o procurarne altro e ha
deciso,
deturpando
tutti noi nella sua folle corsa. Rendendoci schiavi e
mostri,
vittime e
carnefici.
Allunga
invece una mano verso di lei, Heisenberg, sulla punta delle dita
macchie d'inchiostro e olio.
"Ma
la ucciderai."
"Se
non lo farai prima tu, sì."
"E
poi mi insegnerai a suonare."
Sul
fondo dell'iride di Alex si accende una scintilla divertita, giovane.
"Grazioso
come sei finiresti per rompere tutti i tasti."
"Oh,
queste mani sanno fare cose che tu nemmeno
immagini."
Alex
scuote la testa, liberando un suono a metà tra il grugnito e
la risata.
Arrendersi
non era mai stata un'opzione: per nessuno di loro.
2005
Il
branco l'annusa,
accerchiandola.
I
più giovani digrignano i denti, scuotendo il capo nell'aria
gelida di Coșmarul,
lungo il mento saliva e sangue.
Alcuni
degli anziani rimangono in silenzio, studiandola con un'intelligenza
viva
- umana.
Alex
si accosta il bavero del cappotto al viso, abbozzando un sorriso.
"I
paesani li chiamano lycan."
mormora Karl, appoggiando tutto il peso del corpo sull'impugnatura
del martello.
"Lýkos
e ánthropos." ribatte Alex, scivolando con lo sguardo su
ognuno di loro.
Karl
le rivolge un'occhiata neutra, quieta.
"Definiscono
il mondo attraverso ciò che conoscono."
Alex
annuisce, tra i capelli cristalli di neve e ghiaccio.
"Ma
in realtà sono gli esperimenti falliti di Miranda."
Uno
degli esemplari giovani schiocca
la
mandibola verso di lei, ringhiando.
"Lo
so." gli dice, continuando nella sua silenziosa valutazione.
"Ho
estratto il Cadou dagli uomini che mi hai così gentilmente
rimandato indietro." prosegue, scoccandogli un'occhiata
divertita.
"Ah,
giusto." ridacchia, curvandosi verso di lei "Ottimi
esemplari, peraltro."
"I
migliori." chiosa Alex, per nulla impressionata quando un lycan
scatta,
fermandosi a pochi passi dal suo profilo.
Heisenberg
si solleva, attraendo a sé il martello: Alex lo ferma con un
gesto placido, rilassato.
"Oh,
ma cosa abbiamo qui." sussurra, sedendosi sui talloni "Un
cane
che non sa stare al suo posto."
Il
lycan - Eugen, se ricorda bene, il figlio del fattore - dilata le
pupille, arricciando le labbra sui denti.
Karl
mantiene la posizione, gettandole un'occhiata incerta.
Alex
inclina il capo verso la spalla, amplia il sorriso - gli mostra i
denti e preme
un
suono basso, feroce, fuori dalla gola.
Eugen
inspira, dilatando le narici - lo percepisce,
e
così anche Karl.
Sangue
e metallo; feromoni e malattia.
Il
branco sembra agitarsi, dimenandosi nella neve - grattando
contro la roccia, cercando una via di fuga.
Uno
degli anziani si frappone tra lei e il branco, emettendo un suono
simile a un ululato - Uriaș Străjer, il guardiano.
"Sai,
il Cadou è solo una muffa infettata da nematodi - un verme
parassita." inizia Alex, mantenendo il contatto visivo con
Uriaș.
"Se
uno di questi cani
ti morde attraverso la saliva ti inietta una bella dose di uova di
verme." aggiunge, alzandosi "Ti entrano nel circolo
sanguigno e da lì possono raggiungere qualsiasi organo
vogliano: ecco da cosa nasce la leggenda dei vostri licantropi."
Heisenberg
solleva la tesa del cappello, la osserva fissare Uriaș come se
fosse niente
- nulla più di un insetto molesto e disgustoso.
"Ma
io ho qualcosa in più."
motteggia poi, battendosi l'indice sul petto.
"Qualcosa
che persino queste bestie
riconoscono
come superiore." bisbiglia, ed è terribile
la sua voce - antica, spezzata.
Il
branco latra, ringhia - alcuni si pisciano addosso, altri dilaniano
la propria carne pur di scappare, andarsene da lì.
Da
lei.
Alex
si volta, ignorando completamente Uriaș - il suo martello
grondante
sangue
e pelle avvizzita.
"Puoi
sentirlo anche tu, vero?"
"Sì."
le conferma lui, irritato dal non sapervi dare un nome - una forma.
La
pupilla di Alex si fa liquida, invade tutta l'iride per poi ritrarsi
e assumere una forma allungata, sottile.
Da
rettile e predatore.
"Alla
fine sono tutti uguali." bisbiglia, e c'è una nota
malinconica nelle sue parole - sconfitta.
"Creati
e ibridati
per
essere bestie da monta; animali da combattimento, giochi perversi con
i quali credono
di
potersi divertire - di essere Dio."
Heisenberg
tace, negli occhi di Alex accendersi una luce rossastra, appena più
scura attorno la rima esterna.
Uriaș
abbassa il martello di colpo, Karl fa per lanciare il suo, ma
qualcosa blocca a metà quello di Uriaș - attorno la testa
le dita di Alex stringono
e brucia
quella
striscia in oro bianco e ossidiana.
Il
branco libera un suono agonico, spaventato; Alex grida,
spingendo il martello all'indietro - e con lui Uriaș.
Heisenberg
rimane in silenzio, osserva il branco disperdersi - il respiro di
Alex addensarsi in piccole nuvolette bianche.
"Fottere
e combattere; questo volevano da noi. Fottere e obbedire e morire."
Se
il Cadou gli era sembrato osceno,
il
virus di Alex gli mostra una realtà ben peggiore.
2010
"Come
si vive là fuori?"
Alex
solleva lo sguardo da un soldat zwei, le dita ancora strette attorno
il tubo del respiratore.
Karl
gesticola verso la finestra, indicando un generico là.
"Nel
mondo?" gli chiede lei, aggrottando le sopracciglia.
"Sì.
Via dal villaggio, da tutto."
prosegue, ruotando le dita in aria.
Alex
sposta leggermente il laringoscopio per visualizzare meglio la
glottide, pensierosa.
"Dipende."
"Da
cosa?" la incalza lui, osservandola lavorare.
"La
disponibilità economica. La nazione in cui si nasce. Chi si
incontra. Gli eventi casuali." elenca lei, trovando spazio e
inserendo il tubo endotracheale.
Heisenberg
sembra riflettere sulle sue parole, confuso.
"Tu
come vivi?"
Alex
controlla che il tubo sia inserito correttamente, collegandolo alla
maschera impiantata sul viso del soldat.
"Quanti
leu hai?"
Alex
ridacchia, scuotendo la testa.
"Molti."
gli dice, agganciando la maschera alle ossa zigomatiche.
"Quindi
sei ricca."
"Abbastanza
da aver comprato un isola e poter finanziare i miei esperimenti senza
problemi."
Karl
schiocca la lingua contro il palato, grattandosi una guancia.
"Fighetta."
Alex
sorride, cominciando a suturare il petto del soldat.
"Il
completo che indosso oggi costa duemila dollari."
Karl
fa un rapido conto con la mente, sputando poi una bestemmia.
"Ottomila
leu!"
"Più
o meno."
"Alcina
ti odierebbe."
"Già."
chiosa lei, scoccandogli un'occhiata divertita.
Karl
accosta a sé una sedia, posando poi i gomiti sullo schienale e
divaricando le gambe.
"E
io cosa farei là fuori?" mormora, portandosi un sigaro
alla bocca.
Alex
si ferma, guardandolo.
Heisenberg
lascia scivolare il pollice sulla ruota zigrinata dell'accendino,
inspirando con forza.
"Non
ho niente di quello che dici tu; né denaro, né
persone."
Alex
posa l'ago nella ciotola in acciaio, studiandolo con attenzione.
Karl
solleva il viso verso il suo, serio.
Che
posto c'è là fuori per quelli come noi - come me?
Se
fosse stata un'altra donna gli avrebbe detto vieni
con me.
Se
fosse stata l'eroina romantica di un romanzo rosa si sarebbe
avvicinata per abbracciarlo e consolarlo, dicendogli andrà
tutto bene; qualcosa troveremo, Karl.
Se
fosse stata diversa...
Se.
La
sofferenza è un cancro che ha svuotato il petto d'entrambi.
2006
Excella
è bella.
Ride
e si mette in posa per una foto che probabilmente comparirà
sulle maggiori copertine nazionali, al collo una Agrafe Résille
di Cartier, oro rosa diciotto carati, centodue diamanti taglio
brillante da cinque carati.
Wesker
l'affianca, umettandosi appena le labbra con un whisky invecchiato -
Benromach, 1969.
"Certo
sa come gestire la stampa." esordisce, e Alex tace, mantenendo
lo sguardo fisso su Excella.
Wesker
inclina il mento verso sinistra, dilatando appena le narici - tabacco
e metallo.
"Tu
non fumi."
"No."
ribatte lei, quieta - troppo.
Scivola
con gli occhi lungo il suo corpo, tra le pieghe di un Armani bianco
in seta - tulle trasparente e revers in raso.
Alex
si volta, guardandolo.
"A
breve riapriremo il sito abbandonato di Bailey in Africa."
"Magnifico."
mormora lei, rigirandosi tra le dita un flute ancora pieno.
Wesker
preme la lingua contro il palato, studiandola con attenzione.
"È
infantile."
"Cosa?"
"La
tua reazione."
Alex
scuote la testa, liberando un suono a metà tra la risata e il
ringhio.
"Perché
trovo che la tua sia un'idea del
cazzo?"
"Anche."
"O
perché ti stai scopando l'ereditiera dell'impero Gionne?"
Wesker
assottiglia gli occhi, irritato.
"Non
la metterei in questi termini."
"No.
No, giusto." mormora Alex, bevendo lo spumante tutto in un sorso
"Come la vogliamo mettere? Mentre ti dileggi
con
lei? O mentre le insegni a fare pompini? Ah, ecco, vedi? In realtà
sei un magnanimo
precettore."
Il
click
delle
macchine fotografiche fa da contrappunto alle parole di Alex, ferite
- furiose.
"La
Tricell ha le risorse che ci servono per..."
Alex
frantuma
il bicchiere tra le dita, lasciandone grondare sangue e vetro.
"A
me non serve proprio un
cazzo, Al."
mastica lei, trattenendosi dal colpirlo in mezzo alla sala.
Wesker
solleva il mento, irrigidendo la linea delle spalle.
"L'Uroboros
può curarti, Alex."
"No,
non può."
Wesker
si china verso di lei, sovrastandola.
"Io
non
mi sbaglio, Alex."
Tu
sì.
Alex
chiude gli occhi, stringendo a sé un pugno di cristalli
rossastri.
"È
un errore, Al." dice - supplica.
Wesker
inspira, sta per dire qualcosa quando l'applauso della folla
distoglie la sua attenzione da Alex - l'intervista
è finita, signori: ora, se volete scusarci, la signorina
Gionne ha altri impegni a cui presenziare e...
Quando
allunga le mani davanti a sé trova solo uno spazio vuoto.
2010
La
crisi lo coglie del tutto impreparato.
Un
momento prima stava discutendo con lui le proprietà del
Micorriza e di come Miranda ne fosse protetta e nutrita, il momento
successivo i denti schioccano
tra loro, producendo un suono orrendo.
Si
alza di scatto dal divano, osservandola portarsi una mano alla gola e
tossire
- sangue lungo il mento, a terra.
Alex
dilata le pupille, inspira con forza dal naso - un suono umido,
gorgogliante.
"Va
tutto bene." mormora, ma è densa la sua voce -
appiccicosa.
"È
il virus: deve essersi destabilizzato." aggiunge, serrando la
mandibola.
"Probabilmente
un gruppo di alveoli ha deciso di smettere di funzionare."
esala, piegando le labbra in una smorfia.
"Sto
morendo, Karl."
E
lui ricorda
il
dolore dell'impianto - del dono di Miranda.
Ricorda
la sensazione d'essere aperto
- rovesciato come un guanto di carne e viscere: l'orrore di poter
sentire
i nematodi scivolare lungo i suoi organi, attorno al cuore,
infilandosi in ogni anfratto, ogni angolo.
Violandolo
e togliendogli ogni dignità - ogni speranza.
Alex
deglutisce, le spalle che sobbalzano, la manica della camicia
inzupparsi di rosso e nero
-
tra le dita bave umide, collose.
"Non
puoi fare niente." lo anticipa, sul viso un'espressione furiosa
- schifata.
"Il
processo ha radici nella sintesi delle mie stesse proteine: una
catena infinita di errori." sussurra, cercando a tentoni il
cestino della carta straccia.
"E
smettila
di guardarmi in quel modo." sibila, voltandosi e sputando quello
che gli sembra una bistecca mal digerita.
Heisenberg
si alza, sedendosi dalla parte opposta del divano e aspettando.
Conosce
la vergogna, il profondo
imbarazzo
generato da un corpo che ti tradisce, rendendoti schiavo e
mostro.
Alex
trema, curvandosi in avanti con una tale forza da far cigolare
ogni vertebra, adesso visibili persino sotto la camicia sottile.
Si
tocca la cicatrice che gli percorre il pettorale sinistro,
rattrappendo le dita.
"Sei
bellissimo, figlio mio."
Alex
emette un sospiro tremulo, debole.
Karl
la guarda in silenzio, non la tocca - non fa nulla
di
quello che una persona normale farebbe, perché sa
cosa
significhi sentirsi deboli, esposti.
Vittime
e
prigionieri.
Si
dirige verso il rubinetto, dondolando le dita nell'aria e ruotando il
pomello dell'acqua fredda.
Alex
si scosta i capelli dal viso, umettandosi le labbra.
"Tieni."
le dice, porgendole un bicchiere sbeccato.
E
c'è del sangue agli angoli della sua bocca; striature che la
fanno assomigliare a un lupo appena sfamato.
Alex
accetta il bicchiere, i polpastrelli freddi, asciutti.
Karl
la guarda fissarne il fondo, sotto la lingua un odore dolciastro e
qualcosa che ormai è arrivato ad associare solo a lei
-
argan,
gli
aveva detto una volta: è
argan.
Si
siede, abbastanza vicino da intrecciare il proprio campo elettrico al
suo, sufficientemente lontano da non ferirla.
"Stavi
dicendo? Che quella muffa di merda la nutre e allo stesso tempo la
protegge?"
Alex
ne beve un sorso, due; svuota il bicchiere in un colpo solo,
respirando.
"Sì."
conferma "Una forma di mutualismo tipica dei micorriza anche in
natura. Nelle piante, per esempio, se il ph del terreno cambia e si
rende necessario cercare nutrimento altrove allora..."
Heisenberg
ascolta la sua voce rafforzarsi parola dopo parola.
2006
La
testa di un Orlov nero; a circondarla un ferro di cavallo, il nome
Heisenberg
inciso
in lettere eleganti, composte.
Alex
solleva il foglio, fissando lo stemma sotto la pallida luce del
laboratorio.
Stuart
posa accanto a lei un vassoio coperto, schiarendosi appena la voce.
"Sono
le tre di notte, Master Alex."
Alex
libera un piccolo hum
hum,
sovrappensiero.
"Le
ho portato quella che può definirsi una colazione in
anticipo."
Stuart
posa lo sguardo sulla scrivania di Alex, trovandovi una serie di
documenti in tedesco, altri ancora in rumeno.
"Il
signor Heisenberg?"
Alex
arcua un angolo della bocca, sollevando alla cieca la cloche.
"Storia
interessante?" incalza, sedendosi nella poltrona vicina.
Alex
allunga la mano verso il piatto, incontrando la consistenza morbida
di una brioche, quella liscia di una pesca.
"La
solita: imprenditore e ingegnere ha la pessima
idea
di trasferirsi nelle terre di Vlad nel 1896: costruisce una fabbrica,
fornisce lavoro alla popolazione e bla bla bla."
inizia lei, scostando gli occhi dai carteggi quel tanto che basta per
non sbriciolarsi addosso la brioche.
Stuart
si slaccia il primo bottone della giacca, ascolta.
"Arriva
la guerra, poi la spagnola. La moglie muore, così anche il suo
primogenito e la giovane nuora."
Alex
addenta la brioche, masticandola piano, assorta.
"Rimane
un bambino: poco più di un infante."
Ruota
verso di lui una foto in bianco e nero che ritrae una coppia, seduti
l'uno vicino all'altro - pelle cadente e occhi infossati dietro le
palpebre mollicce.
"È
una foto post mortem." mormora Stuart, quieto.
"Sì."
conferma Alex, raccogliendo con l'indice un rivolo di crema "
Era una pratica comune per le famiglie agiate almeno fino alla metà
del 1940."
Stuart
solleva gli occhi, guardandola.
"I
suoi genitori."
Alex
preme le labbra in una linea sottile, tace.
"Miranda
perse sua figlia nel medesimo periodo." prosegue, nella pupilla
una luce durissima, impenetrabile.
"E
trovò lui."
Alex
irrigidisce la mandibola, neutra.
"Non
proprio: trovò prima
il
Micorriza, poi la fabbrica. E Adalmar, suo nonno."
Stuart
congiunge le mani davanti a sé, studiando il profilo di Alex
in quel suo modo pacato, tranquillo.
"Fu
rubato."
Alex
schiocca la lingua contro il palato, tra le dita un tavogliolo
stropicciato.
"Fu
rubato e infettato."
specifica Stuart, fissandola.
"Immagino
che le andasse bene anche un maschio." ribatte Alex, asciutta.
Stuart
inclina il capo verso la spalla, stando ben attento a cogliere ogni
più piccolo
mutamento nelle espressioni di Alex - nel suo stato d'animo.
"Adalmar
non badò a lui; si suicidò poco dopo la dipartita del
figlio."
Alex
getta il tovagliolo nel cestino, guardando la tazza di caffè
ancora fumante, la buccia rosata della pesca.
"Sarebbe
dovuto morire nella fabbrica della sua stessa famiglia."
Stuart
sposta il peso da un fianco all'altro, chinandosi leggermente in
avanti.
"Ma
Miranda l'ha trovato e ha pensato di fargli un
favore."
mastica Alex, premendolo fuori tra i denti serrati, nudi.
"È
ancora vivo." intercala Stuart, paziente.
La
risata di Alex è improvvisa, secca.
"Certo."
bercia, tornando a fissare i fogli davanti a sé "Come me,
d'altronde."
Stuart
solleva il mento, togliendosi gli occhiali e pulendoli con un
fazzolettino bianco.
"Crede
che lei e il signor Heisenberg abbiate più in comune di lei e
del dottor Wesker?"
Alex
solleva il viso, regalandogli un'espressione confusa, interdetta.
"È
questo che sta dicendo, no? Che entrambi siete in una posizione che
non avete mai voluto, al contrario del dottor Wesker."
Nessuna
risposta.
Stuart
rinforca gli occhiali, sbattendo le palpebre.
"Mi
sbaglio?"
Alex
guarda prima il foglio alla sua sinistra, poi la foto; sorride, e non
c'è alcuna allegria in quel gesto, sollievo.
Karl
Siard Heisenberg, 10 agosto 1919 - 3 novembre 1919.
Alcune
cose assumono valore solo una volta rotte.
2011
La
fabbrica di Heisenberg è gravida di rabbia e frustrazione.
Si
erge sopra il villaggio e osserva
-
al suo interno soldati e
armi, speranze e
disperazione.
"Mi
ricorda la Torre." mormora, fissando la luce dell'ascensore
illuminare prima il numero due, poi il tre.
"Piena
di fumo e rifiuti tossici?"
Alex
mantiene lo sguardo fisso davanti a sé, immobile.
"Anche."
E
parla sempre meno, Alex, ma quando lo fa sono pesanti
le sue parole - piene di significato.
Si
è mostrata volubile almeno quanto lui - prona all'ira, alle
sue diramazioni.
Sta
perdendo pezzi, Alex; se fosse una delle sue macchine potrebbe
ripararla
-
riassestare il generatore, aumentare il liquido di raffreddamento,
persino ricalibrare la centralina elettrica.
Ma
Alex non è una macchina e pulsa
-
la sua energia irrequieta, brutale.
"Posso
sentire il tuo cervello pensare."
lo interrompe lei, guardandolo in tralice.
"Ogni
tanto lo fa; pensare, intendo."
Alex
abbozza un sorriso, spostandosi i capelli da una spalla all'altra.
Cling.
L'ascensore
si ferma, spalancandosi sul piano più profondo della struttura
- uno spazio scuro e umido, interrato di almeno venticinque metri.
Heisenberg
scivola con lo sguardo lungo il profilo di Alex, schioccando la
lingua contro il palato.
"Sai,
non ho mai capito perché ti ostini a indossare abiti del
genere in un posto come questo. Si sporcano ogni volta."
Lo
dice in un tono leggero,
quasi
due vecchi amici che chiacchierano davanti a un caffè o a uno
di quegli eclair
ripieni,
come li aveva chiamati Alex.
Heisenberg
avanza, Alex con lui - e lo stupisce ancora
quanto sia indifferente al fetore dei cadaveri, a quello metallico e
aspro della ruggine.
Un
paio di hauler si inclinano verso di lei, brandendo le loro asce
rudimentali - annusano, ritraendosi poi non appena avvertono lui.
Metallo
e tabacco: signore e padrone di quel luogo, di quelle anime.
"Abitudine,
credo." gli risponde lei, svoltando a destra "L'immagine
nel mio lavoro è tutto."
"Fuori
puliti e dentro pieni di merda?"
"Una
cosa del genere." conferma Alex, aliena
in un blazer rosso scuro, quasi sangue coagulato.
Raggiungono
la fine del corridoio, dove si apre l'arena in cui lycan e soldat si
scontrano quotidianamente - nell'aria un vago odore di adrenalina e
sudore.
Alex
chiude le dita attorno la balaustra, Karl schiaccia
sotto la suola dello stivale il sigaro, spegnendolo.
"Non
posso fornirti agenti virali per potenziare le tue creature."
inizia, posando i gomiti lungo la ringhiera "Se lo facessi
infetterebbero il Micorriza e lo renderebbero fuori controllo."
Heisenberg
la studia in silenzio, quieto - sereno
mentre sotto di loro un soldat panzer affonda il trapano a triplice
punta nell'addome del lycan.
"Inoltre
funzionano solo sui vivi." aggiunge, osservando lo scontro "E
tu lavori con i morti."
"È
la mia regola."
Alex
reclina la guancia nel palmo della mano, fissandolo.
"Onorevole."
dice, e non c'è malizia nella sua voce, derisione.
Karl
si toglie gli occhiali, concedendole uno sguardo nudo, incapace di
filtrare gran parte delle sue emozioni.
"Non
c'è nulla di onorevole
in tutto questo, Alex."
Alex
lo soppesa in silenzio, tamburellando con l'indice e il medio sulla
ringhiera.
"Non
saresti compatibile."
Crack,
plotch: il braccio del lycan si disperde nella rena in tanti
brandelli di carne e osso - attorno a loro il mugghiare del branco,
il lezzo acre della paura.
"Se
liberassi un agente virale qui,
in
questo villaggio, nessuno di voi lo sarebbe." specifica,
sollevandosi "Non che poi mi importi degli altri, ma tu,"
prosegue, indicandolo "non lo sei di sicuro."
Karl
si porta la mano al petto, regalandole il suo miglior sorriso
sarcastico.
"Così
mi imbarazzi, Alex; non sapevo di piacerti tanto."
Alex
alza appena un sopracciglio, arricciando le labbra in una smorfia.
"L'ho
già visto, Karl: quando il Progenitore infetta il Micorriza
non ne esce niente di buono."
Heisenberg
le lancia un'occhiata seria, in netto contrasto con il suo sorriso.
Il
lycan grida,
il soldat gli conficca il trapano nel cranio, spruzzando sangue e
cervella ovunque.
"Ma
posso lasciarti delle informazioni, ricerche: tutto quello che ho del
Micorriza e di Miranda. Le sue debolezze, i suoi punti deboli. Come
esce dal villaggio e perché.
L'azienda
con la quale ha lavorato, i prototipi di B.O.W. a cui sono arrivati."
Il
soldat si ferma, aspetta - calpesta ciò che resta del lycan,
scrollandosi un pezzo di intestino dallo stivale.
"E
il denaro." conclude, guardandolo.
"Sembra
un testamento." mormora lui, nessuna traccia d'ironia nella
voce.
Alex
inclina il mento verso sinistra, negli occhi la stessa scintilla
spenta di chi ha ruotato la clessidra per l'ultima volta.
I
lycan ruggiscono,
ululano
al loro compagno caduto - riempiono il silenzio, lo spazio che li
divide.
"Miranda
morirà."
"E
poi?"
"E
poi sarò libero, Alex. Come te."
Attorno
a lei l'odore della malattia si è fatto quasi dolce.
2007
C'è
qualcosa che non
va
in quello stupido uomo.
Alcina
non saprebbe dire cosa,
ma
continua a punzecchiarlo ripetutamente, sperando di ottenere una
reazione.
Angie
apre e chiude la bocca in continuazione, ma Donna sembra trattenerla
per
la prima volta in anni,
stringendola
in grembo quasi avesse paura potesse scapparle da un momento
all'altro.
Heisenberg
inspira una boccata di fumo, lasciando cadere la cenere a terra e
fissando lo spazio tra le travi del tetto.
"Madre
è in ritardo." borbotta Moreau, agitato.
Alcina
rotea gli occhi, arricciando le labbra in una smorfia disgustata.
"Taci,
mostriciattolo." sibila, alzando il mento.
"Già,
taci."
la imita Karl, fissandola "Sia mai che la signora
qui presente non ti soffochi con quel culo gigante."
"Almeno
io non puzzo di sudore e olio per motori." ribatte lei,
stringendosi il naso tra il pollice e l'indice.
Heisenberg
si abbassa gli occhiali sulla punta del naso, beffardo.
"Questo
perché hai la testa così in alto che non senti l'odore
dei tuoi piedi: fanno a gara con quelli di Moreau."
Angie
sgrana gli occhi, battendo tra loro le mani.
"Ooooh,
questa mi piace. Sì, sì, mi piace. Ancora, ancora!"
Alcina
snuda i denti, chinandosi in avanti.
"Sei
un essere disgustoso,
Karl
Heisenberg: dovrebbero tagliarti il cazzo e ficcartelo dove dico io."
"Ti
piacerebbe, eh? Magari potrebbe essere il tuo nuovo giocattolo
personale."
Angie
ridacchia, saltellando contro il petto di Donna: Moreau sposta lo
sguardo dall'uno all'altro, nervoso.
"Schifoso."
"Lo
prendo come un complimento." replica lui, reclinandosi
all'indietro e allargando le braccia attorno lo schienale della
panca.
Alcina
socchiude gli occhi, inspirando con forza - ed eccolo lì
quell'odore,
quel sottile
filo
rossastro che gli aleggia intorno, persistente.
Angie
scende dalla cosce di Donna, sgambettando verso Karl e sedendosi al
suo fianco.
Heisenberg
le rivolge un'occhiata annoiata, in parte irritata.
La
bambola si arrampica verso di lui, i nematodi arrotolarsi nello
spazio tra l'orbita e la guancia in porcellana, eccitati.
"Come
sta?"
Moreau
tossisce, fissando inquieto l'entrata della chiesa.
"Chi?"
ribatte lui, neutro.
Angie
aggrotta le sopracciglia, chiudendo di scatto la piccola bocca.
"Lo
sai."
squittisce, piccata.
Alcina
intreccia le dita tra loro, attenta.
Heisenberg
non cambia espressione, scopre appena un canino.
"No,
non lo so; e adesso, se non vuoi che ti fracassi quella bella
testolina piena di vermi..." inizia, afferrandola per la vita e
lanciandola contro l'altare, scatenando la reazione spaventata di
Donna "levati dalle palle, psicopatica di merda."
Angie
atterra in malo modo contro la pietra, liberando un versetto acuto,
quasi il pigolio querulo di un uccellino.
Moreau
si copre ulteriormente il viso, ormai vicino a un collasso nervoso -
madre,
madre, madre è in ritardo.
Donna
corre in soccorso della sua bambola, Karl cerca nelle tasche del
cappotto un secondo sigaro - il pensiero
di
Alex alla fabbrica in quel
fottuto momento
un pungolo fastidioso tra i pensieri, che gli muove una sensazione
simile
all'ansia.
E
se Miranda se ne fosse accorta? E se fosse proprio adesso
alla
fabbrica? E se avesse trovato i soldat? E se Alex si fosse scontrata
e avesse perso e...
Un
fruscio, seguito una rada pioggia di piume nerastre.
"Madre."
chiosa Moreau, tornando al suo posto vicino all'altare - tremante.
Alcina
si volta di scatto, lanciando un'ultima occhiata ad Heisenberg - la
lingua che assapora
un
odore diverso, estraneo.
Angie
piagnucola nell'incavo del collo di Donna, Miranda scivola con lo
sguardo su tutti loro - la
stronza è troppo concentrata su quella marmocchia di merda per
accorgersi di altro,
aveva ridacchiato una volta Alex - uguale a sempre.
Quando
ti vedrò morire penso sputerò sul tuo cadavere,
puttana.
Heisenberg
si tocca la tesa del cappello e sorride.
2011
Non
sa cosa
siano
stati; se fortuiti alleati o disperate creature in cerca di vendetta.
Segue
i passi di Alex scuotendo la testa, ancora incredulo
che
stia provando a insegnargli il valzer.
"Non
è difficile." mormora, contando "Un passo avanti con
il sinistro, in diagonale con il destro." continua, muovendosi
insieme a lui.
Heisenberg
è veloce a imparare - non avrebbe potuto sopravvivere tanto a
lungo senza un cervello più agile
degli
altri - e ben presto la segue senza alcuna difficoltà,
ridacchiando.
"È
ridicolo."
"Sì,
be', lo penso anche io." ribatte lei "Ma ballare è
come combattere e credo ti servirà ben più dei tuoi
soldat là fuori."
"Scarico
elettricità dalle dita e fletto
il metallo come fosse argilla: credo di essere abbastanza preparato."
Alex
solleva il viso, guardandolo.
"È
quello che mi è stato insegnato, Karl: il corpo è
un'arma, nulla più. Che sia per distruggere
il
tuo avversario o costringerlo a un
altro tipo
di resa, non cambia. È la naturale estensione del tuo essere,
un prolungamento della tua volontà."
Heisenberg
unisce i piedi, indietro con il destro, in diagonale con il sinistro
- giro di trequarti e chassé.
Alex
gli rivolge un'occhiata pensierosa, attorno l'iride una serie di
capillari rotti tradisce la sua condizione - la
pressione intraoculare sta aumentando, Karl.
"Il
tuo corpo può sopportare la trasformazione, " inizia,
ruotando insieme a lui "ma ti sconsiglio di usarla."
"È
la mia ultima opzione." le conferma, ricominciando tutto
daccapo.
"Il
Cadou potrebbe destabilizzarsi e se i colpi ricevuti diventassero
superiori alla sua velocità rigenerativa andresti incontro
alla morte cellulare." prosegue, assorta - tiepida sotto le
dita, sulla pelle.
"La
biosintesi dell'ergosterolo si bloccherebbe del tutto e se l'enzima
14αdemetilasi
ne risultasse inibito diventeresti polvere in pochi minuti e..."
Heisenberg
si ferma, fissandola mentre recupera l'equilibrio e quasi gli pesta
uno stivale.
"E
poi non ci sarebbe più niente da fare e di me resterebbe solo
un mucchietto di cristalli pieni di muffa e biomassa e bla bla bla.
Un
bel souvenir da tenere sulla mensola del camino, non trovi?"
Alex
preme le labbra in una linea sottile, contriata.
Heisenberg
abbozza un sorriso storto, si ritrae dietro un mezzo inchino e il suo
profilo migliore - quello del vincitore e dell'uomo che non teme
alcun male.
"Non
succederà."
"Fallirai."
"No."
"Sì,
e io non potrò fare niente per salvarti, Albert."
Alex
sta per dire qualcosa - lo sente, lo vede
-
ma è veloce come il frullio d'ali di un uccellino morente,
schiacciato
dall'orgoglio,
dalla paura.
"Saresti
una pessima
decorazione
da salotto, Karl." mormora poi, scuotendo la testa.
"Potresti
sempre mettermi in camera da letto; almeno mi godrei lo spettacolo."
ribatte lui, schioccando il pollice con il medio.
Negare
è l'unico modo che conoscono per scappare.
2008
Overseer
una
volta, Overseer
per sempre.
Tra
le sue dita il mondo è una fitta rete d'informazioni e dati,
segreti che si legano a verità mute e futuri che muoiono già
nel presente.
Si
erge sopra tutti loro come una divinità salvifica e pallida,
il capo cinto d'oro, negli occhi un orizzonte trasparente come le
loro preghiere.
Excella
ride,
Albert avanza
-
l'Uroboros cresce,
e
le invade il corpo come un feto deforme e grottesco.
Sanguina,
Alex, ed è sempre Albert a infliggere il primo colpo - lei
l'ultimo,
quello letale.
Che
consuma
e lascia entrambi esausti, sconfitti da loro stessi - avvolti l'uno
nella pelle dell'altro come un serpente che divora la sua stessa
coda.
Quando
l'elicottero atterra a cinque chilometri dal fiume che divide la
fabbrica dal resto del mondo lui è già lì
-
un sigaro tra le labbra e il martello al fianco.
Alex
gli getta un'occhiata interdetta, curiosa.
Il
pilota si volta, facendole un cenno con la mano - Alex lo congeda con
un gesto brusco del capo, mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé.
Karl
solleva la tesa del cappello, abbozzando un sorriso sbilenco.
"Adesso
capisco perché Miranda non ti ha mai trovata."
Il
pilota le scocca un'ultima occhiata, inclinando poi la cockpit dei
comandi e iniziando ad alzarsi dal terreno.
"Cambi
punto di accesso ogni volta." continua, incamminandosi verso di
lei.
Alex
lo guarda, neutra - addosso ancora l'odore chimico dei laboratori
della Tricell.
Heisenberg
comincia a girarle intorno, intrecciando le braccia dietro la
schiena; si ferma, dilatando appena le narici.
"Sei
arrabbiata. No, anzi: sei furiosa."
Alex
inclina il mento verso la spalla, fissandolo.
Karl
le si avvicina, quel sorriso storto ben stampato in faccia - una
maschera collaudata, sicura.
"Credo
sia inutile mentire tra di noi, uhm? Siamo partner
in
fondo, no?"
"Riluttati
colleghi." lo corregge lei, seguendo i suoi occhi mentre le
scivolano lungo il collo, fermandosi dove sa
esserci
il segno dei denti di Albert.
"La
rabbia mi è utile, Alex." mormora lui, fissandola da
sopra la rima degli occhiali "Ma non quando distrae
dall'obiettivo."
Alex
snuda i denti, indurendo la linea della mandibola - tendendola così
tanto
che è sicuro di aver sentito un muscolo schioccare.
"Non
sono io quella che si mette a lanciare pezzi di ferraglia per tutta
la stanza."
"No."
concorda lui, avvicinandosi ulteriormente "Ma sei tu quella il
cui campo elettrico è più instabile di quella
psicopatica di Donna."
"Ironico
detto da uno parla con un'elica a motore attaccata a un cadavere."
"Ognuno
ha le sue brutte abitudini." ribatte lui, il martello vibrare,
percuotendo il terreno in una serie di piccole scosse telluriche.
"Ti
sto facendo una gentilezza." sibila lei, stizzita.
"E
io la sto facendo a
te a
mantenerti la testa in linea e non dietro a chissà quale cazzo
di progetto che puzza più di una fossa comune a cielo aperto."
Alex
si volta completamente, adesso a pochi centimetri dal suo viso.
"La
mia testa è dove deve essere, Karl."
"Non
è vero." mastica lui, imperturbabile.
Alex
non risponde - non subito - e lo studia con un'attenzione malsana,
vorace.
"Non
esisti solo tu."
"Mai
detto il contrario."
"Il
mondo là fuori è molto più vasto di quello che
credi: le situazioni che sono chiamata a controllare
ti farebbero scoppiare il cervello."
Heisenberg
schiaccia la lingua contro il palato, lasciando che quell'odore
diventi un sapore - cuoio e sabbia: un vago retrogusto di legno e
rum. Solventi chimici, decomposizione e qualcosa di pungente,
viscerale.
Eccitazione
e ferormoni: un maschio e una femmina - simili, quasi sovrapponibili.
"Non
ti ho chiesto io di aiutarmi."
"No,
ma hai accettato comunque." ribadisce lei, contrariata.
Heisenberg
coglie gli ultimi scampoli di quell'odore - denso, pesante.
Che
tutto vuole e tutto prende.
Alex
raddrizza la schiena, sfidandolo
a
contraddirla ancora - a minacciare la sua posizione in cima alla
catena di comando.
"Un
patto è un patto, Alex."
Il
sole comincia a calare dietro i Carpazi, attorno a loro il cupo
fruscio dei lycan in caccia, unghie che raspano lungo la roccia, nel
terriccio.
"Ma
non sei l'unica ad avere qualcosa da perdere in questo gioco."
conclude, porgendole il braccio nell'imitazione del perfetto
accompagnatore.
Tra
di loro l'aria si contorce e brucia.
2011
Tutto
crolla, tutto muore; l'ha capito nel momento stesso in cui è
arrivata alle porte della fabbrica, una ventiquattro ore nera e
lucida al fianco.
"È
una bella giornata." gli dice, strizzando gli occhi al sole
d'agosto, caldo persino in quel buco sperduto di mondo.
"Potremmo
stare fuori." gli propone, e lui accetta, perché ha
visto, e
sebbene non sia estraneo alla morte questa volta è diverso -
fa
male.
Alex
lo guarda spostare con un gesto della mano due sedie, abbozza un
sorriso alla vista delle minuscole particelle di metallo che gli
volteggiano intorno.
Karl
si siede, mettendosi in bocca un sigaro.
È
così che te ne vai?, vorrebbe
chiederle;
nessun lampo di gloria, nessun ultimo grido di battaglia?
Alex
picchietta un paio di volte sul bordo della valigetta, pensierosa.
"Sono
per te." mormora, appoggiandogliela vicino lo stivale.
Karl
estrae l'accendino dalla tasca, fissandola.
"I
tuoi soldat sono stati utili: ho creato i revenant. Non hanno un
reattore, ma l'Uroboros funge da nucleo energetico."
Il
progetto di tuo fratello.
"Le
ricerche sul Micorriza e l'azienda di cui ti ho parlato."
prosegue, e mentre parla Karl può notare la pelle attorno la
bocca tendersi
- troppo sottile, fragile.
"Si
chiama Connections, comunque. E collaborava con l'H.C.F., una milizia
di estrazione materiale biologico di mio fratello."
Heisenberg
scivola con il pollice sulla ruota zigrinata dell'accendino,
ripetendo il movimento una, due, tre volte - fino a quando non
ottiene una fiamma.
"Ci
sono anche dei prototipi di fungicida - alcuni bloccano il suo ciclo
vitale, altri la sua capacità di nutrirsi."
Alex
ruota il bracciale che porta al polso - oro rosso e diamanti -
socchiude gli occhi al vento.
"Non
l'hanno ancora creata." aggiunge, cercando il suo viso "La
B.O.W. in grado di essere compatibile con il Micorriza. E adesso li
chiamano Mold, nel caso te lo stessi chiedendo: forme del Micorriza
modificata dalla Connections."
Karl
inspira, lascia che il fumo gli invada la gola, scivolando lungo il
palato.
Alex
lo guarda, negli occhi un'espressione quieta, limpida.
"C'è
un fascicolo in fondo agli altri."
Heisenberg
la studia in silenzio, teso.
"Lo
riconoscerai."
Alex
chiude le dita attorno il bracciolo e per un attimo avvampa
-
brucia di quella determinazione capace di distruggere esistenze
intere.
"La
scelta è tua, Karl." conclude, all'anulare sinistro di
nuovo quell'eterna
fascia
in oro bianco e ossidiana - per Alex un simbolo, per lui solo una
catena in più da chiamare con un nome diverso.
Heisenberg
le offre uno sguardo attento, riflessivo.
"La
nostra storia ha le medesime radici: cambiano solo le sue
diramazioni."
Alex
si rilassa contro lo schienale, chiudendo gli occhi.
"Non
fa poi così schifo questo posto."
"Te
ne sei accorta solo adesso?" ribatte lui, ma è priva di
forza la sua replica - stritolata da una malinconia ridicola.
Alex
solleva una palpebra, scoccandogli un'occhiata beffarda.
"Dovresti
vedere le prigioni sulla mia isola: lì sì
che
c'è davvero puzza di paura e merda."
"L'ideale
per un pacchetto vacanze tutto incluso."
"Ti
stupiresti di quanti incauti viaggiatori ho catturato nel corso degli
anni."
"Li
hai appesi per le palle alle grate della Torre?"
"Quello
è un privilegio di Alcina: non oserei mai."
chiosa, portandosi una mano al petto.
Heisenberg
schiocca la lingua contro il palato, gettando a terra il sigaro ormai
consumato.
Per
alcuni istanti c'è solo il silenzio e loro
- sotto la pelle un formicolio quieto, che si espande da Alex in
piccole ondate.
È
così che finisce?, vorrebbe
dirle - e premono
quelle
parole, sfregano contro i denti, vogliono uscire, devono,
ma...
La
mano di Alex gli tocca appena il braccio, tiepida.
Heisenberg
si volta, trovandola intenta a guardarlo - e deve essere stata più
che
bella prima di tutto questo Alex: la
signorina bionda vestita moderna,
come ripeteva sempre Angie.
"È
così che inizia, Karl." sussurra, l'elettricità
del suo corpo attraversarlo piano, senza fretta.
"Forse
non mi riconoscerai."
"Difficile
non notarti con quell'espressione sussiegosa perennemente stampata in
faccia."
"La
ucciderò."
Alex
annuisce, lasciando la propria mano sulla sua - tornando a fissare il
cielo blu di Coșmarul.
"Combatti,
Karl. Spencer è morto; che Miranda lo segua."
Heisenberg
solleva la tesa del cappello, seguendo lo sguardo di Alex - sopra di
loro nembi pallidi e attraversati da stormi di corvi.
"Tornerò."
"Oh,
ne sono certo: una rompicoglioni come te la risputerebbe pure
l'inferno."
A
pochi passi dalla fine quei ricordi saranno gli unici a non affogare
nel rimpianto.
But
you've been crying now for forever,
but
forever's come and gone.
You
keep begging for forgiveness,
but
you don't think you've done wrong.
You've
been crying now for forever,
forever's
come and gone,
my
pleading hands, your shaking head.
2021
Tutto
è bianco, freddo.
Cade
la neve su ciò che resta della fabbrica ed è una
visione sbagliata
- estranea.
Tap
tap. Tap tap.
"Esplosioni
multiple." mormora Wesker, sollevando lo sguardo.
"Sei
cariche per ogni piano." prosegue, spostando il peso sulla gamba
destra.
"L'intera
catena di montaggio è andata distrutta; la squadra Alpha sta
recuperando quanto possibile."
"3A7?"
"È
in prima linea." le risponde, quieto.
Alex
osserva l'ingresso della fabbrica fissarla come un ventre svuotato, a
terra pezzi di metallo e grumi di carne - fili di muscoli intrecciati
a ingranaggi fusi,
sciolti dal calore e dal collasso del Cadou.
"Non
lo troveranno qui." gli dice, inclinando il mento verso la
valle.
Wesker
segue i suoi occhi, scivolando lungo le pareti scavate del castello
Dimitrescu, le case combuste del villaggio.
"Io
vado." sancisce, calandosi il cappuccio bordato di pelliccia
nera sul viso "Di' alla squadra Delta di preparare
l'attrezzatura per il trasporto B.O.W."
Wesker
rafforza la presa attorno la testa dell'aspide e accetta che questa
non
è mai stata la sua storia.
2012
Angie
gli tocca appena una spalla, fissandolo triste.
"La
signorina bionda non viene più?"
Heisenberg
indurisce la linea della mandibola, tace - nella mente tutto il peso
delle verità abbandonate da Alex, la sua eredità e
fardello.
"Questo
terminale accende direttamente a una connessione satellitare non
ritracciabile; immagino uno dei tanti vantaggi di essere ciò
che sono."
La
metà destra del viso di Angie si solleva piano, mostrando
appena un accenno del parassita.
"Troverai
gran parte di quello che ti serve nei fascicoli, ma il server della
BSAA è solo online."
La
bambola apre la bocca, lasciandola sospesa a metà - incerta.
"Ci
sono nomi, date, coperture: il più importante di tutti è
Christopher James Redfield, uno dei fondatori."
Moreau
si siede sui gradini vicini all'altare, fissandoli.
"Se
succederà qualcosa inerente al bioterrorismo loro saranno i
primi a essere chiamati: loro e la Blue Umbrella."
Angie
scuote il capo, producendo un clac clac spento, malinconico.
"La
Connections non si fermerà: per adesso sono alla linea C di
produzione, ma presto passeranno alla D. Il progetto gli scapperà
di mano: succede sempre quando gli incompetenti giocano a fare dio."
"Al
cane è caduta la lingua a forza di lavarsi le palle?"
ridacchia Alcina, sollevando il mento verso di lui.
"Quando
morirò il mio nome sarà lì dentro, tra quello
degli altri bioterroristi: probabilmente accanto a quello di Albert."
Moreau
si torce le mani in preda all'ansia, rischiando di vomitarsi sui
piedi.
"Potrebbe
non chiamarsi Miranda, ma lei è lì,
Karl:
fuori nel mondo a cercare ancora quella marmocchia."
"E
alla stronza la nuova dieta a base di vergini fa male? Il tuo culo
ormai non sta più nemmeno nella sedia." ribatte lui,
reclinandosi all'indietro.
"Anche
il mio nome cambierà; il mio volto."
Alcina
arriccia le labbra in una smorfia, liquidandolo con un gesto stizzito
della mano.
"Ma
tornerò."
Angie
sposta il peso da un piede all'altro, sedendosi poi accanto a Karl -
Donna un profilo silenzioso dall'altra parte della navata.
Alexandra
Wesker.
Status:
deceduta.
Heisenberg
abbozza un sorriso derisorio, reggendo il martello su una spalla -
rassicurato dal suo peso, dalla sua forza.
Rapporto
sottoscritto da Claire Redfield e Barry Burton, rispettivamente
agente di TerraSave e collaboratore del BSAA, sezione U.S.A.
Moreau
libera un versetto acuto quando compare Madre Miranda, prostrandosi
verso la sua figura - piume di corvo e oro.
Conclusioni
finali verificate e approvate dall'agente Christopher James Redfield.
"Figli
miei."
Caso
chiuso.
Karl
la guarda e brucia.
2021
Lui
è ancora lì,
immutato come tutte le cose di prima.
Ruota
il viso verso di lei e sorride - le guance piene, gli occhi piccoli e
furbi.
"Signorina
bella." l'accoglie, dondolando sulla pancia "È un
brutto momento per fare visita a Coșmarul."
E
risponde al suo sorriso, Alex, scivolando con le dita sui portagioie
in legno e vernice, le statue a forma di capretto e altri ninnoli di
poco valore.
"Pessimo."
ribatte, sollevando tra il pollice e l'indice un cristallo verde e
giallo "Sembra sia esplosa una miniera."
"Ah,
vedo che ha letto i giornali."
Alex
si stringe nelle spalle, il virus quieto - ben nascosto tra strati e
strati e
anni
di
rabbia e delusione.
"Mi
piace tenermi informata."
Il
Duca intreccia le dita grassocce tra loro, scrutandola.
"Non
ti ho mai vista da queste parti; devi essere nuova."
"Non
sei di questo posto, uhm?"
Alex
posa una bottiglietta ripiena di uno strano liquido viola,
guardandolo.
"Sì
e no: avevo un amico da queste parti."
Il
Duca socchiude gli occhi, studiandola con attenzione.
"Coșmarul
era un villaggio molto riservato."
le dice, seguendola con gli occhi mentre si sposta verso destra,
toccando i pezzi di carne appese ai ganci.
"Lo
so." mormora lei, fermandosi "Ma anche io e il mio amico lo
eravamo." prosegue, infilandosi le mani in tasca.
"Riservati,
intendo." specifica, schioccando la lingua contro il palato.
Il
Duca si gratta un polso, allargando poi le braccia attorno a sé.
"Be',
signorina bella, il bazar del Duca è aperto per te: chiedi e
ti darò tutto quello che posso."
Alex
si toglie il cappuccio, slacciandosi il primo bottone del cappotto.
"Tutto?"
ripete, tirando verso il basso il polsino della camicia.
Il
Duca si umetta le labbra, inspira - la cerca,
ma non può trovarla perché lei adesso è diversa,
nuova:
senza
più il fetore della malattia stretto addosso come una seconda
pelle.
Alex
si scrocchia il collo - prima a destra, poi a sinistra.
"Il
cerebrum." dice - ordina.
Il
Duca aggrotta le sopracciglia, confuso.
"Non
capisco di cosa tu stia parlando, signorina bella."
Alex
snuda i denti, fissandolo.
"No?"
gli offre, divertita.
"No."
ribatte lui, adesso più incerto - guardingo.
Alex
libera un piccolo hum
di
gola, compiendo un passo verso la cassa su cui sono appoggiati tre
candelabri, un paio di libri e un cristallo dal profilo femminile,
morbido.
Paralizzato
in un'espressione di eterno dolore.
Il
Duca segue ogni suo movimento e Alex sa
che
sotto quella montagna di lardo e codardia si nasconde un verme veloce
- letteralmente.
"Come
vuoi." sussurra, e nell'istante in cui il Duca scatta
lo fa anche lei - spezza
in due le barriere della carrozza, strappandogli un occhio e metà
della faccia.
Il
Duca urla, vibra
-
e Alex schiude la bocca in un smorfia selvaggia, eccitata.
Dalla
boscaglia ciò che resta di Coșmarul
solleva il suo immondo capo e ulula.
2013
Io
non ho un passato, ma tu sì.
Ecco
cosa c'è scritto in un foglio allegato all'ultimo fascicolo.
"La
scelta è tua, Karl."
Heisenberg
fissa l'emblema di famiglia da un carteggio beige e nero, la grafia
di Alex una serie di linee eleganti, affilate.
Dal
piano di sotto i soldat continuano la loro inesorabile marcia, nel
petto ingranaggi che sono la naturale estensione del suo potere.
Io
non ho un passato,
Legge
e rilegge quelle righe, nel posacenere un sigaro consumato a metà.
ma
tu sì.
Heisenberg
afferra il fascicolo e lo ripone nel cassetto più lontano del
suo studio.
2021
Può
sentirla tra le costole, nel cuore.
La
caccia. Il sangue. Il grido di pura gioia di Alex.
Wesker
raddrizza le spalle, posando entrambe le mani sul pomello del
bastone.
L'auricolare
si accende, trasmettendogli le ultime notizie dalla squadra Alpha -
ricognizione
completata: abbiamo recuperato alcuni soldat e diversi campioni di
materiale biologico.
"Passate
al castello Dimitrescu." risponde, ricevendo un secco roger;
tra dieci minuti saremo sul posto.
Solleva
il viso verso il cielo, scuro e pieno di neve.
"Tu
non c'eri."
"No."
Si
incammina verso la fabbrica, accanto a lui le impronte del suo
fallimento - il piede sinistro che si trascina
dietro
quello destro, cicatrici e ferite che sanguinano ancora.
"Coșmarul."
Si
ferma sul ciglio dell'entrata, fissandone le pareti divelte,
immaginandola prima
-
piena di rumore e vapore e calore.
"Cosa?
Cosa è succeso a Coșmarul,
Albert?"
Plic
plic. Plic plic.
Alex
era sempre stata la più brava a mantenere le promesse.
2014
Il
mondo è andato avanti, ma lui no
-
come tutto in quel fottuto
villaggio.
"Hai
una pessima
cera, bambino." lo irride Alcina, ma lui è troppo
stanco
e incazzato per darle retta.
Lancia
il martello a pochi centimetri dalla sua testa, schiacciandole il
cappello contro la parete della chiesa.
"La
prossima volta sarà la tua faccia di merda." sibila,
sedendosi e fissandola malevolo.
Ed
è furioso,
Karl: pieno di una rabbia bollente,
che
gli ustiona la gola, il petto.
Se
aprisse la bocca ne uscirebbe probabilmente un fiotto denso e rovente
come quello delle sue fucine - forse persino peggiore.
"Animale."
ribatte lei, negli occhi una scintilla dorata, ferina.
"Puttana."
rimarca lui, e questa volta nemmeno Angie osa interromperli, ben
nascosta al fianco di Donna.
"Sei
solo uno spreco di spazio." prosegue lei, lasciando che le
unghie crescano, sfiorando il pavimento.
Karl
indurisce lo sguardo, per nulla intimorito.
"Fallo,
troia:
colpiscimi
e giuro
che
ti aprirò in due come un pesce, lanciando le tue schifose
interiora ai lycan."
Moreau
inspira con forza, trattenendo un conato dettato più
dall'agitazione che dalla mutazione; Angie pigola qualcosa,
affondando il viso nella stoffa della gonna.
"Rifiuto
umano! Non puoi parlarmi così." grida lei, sollevandosi
di scatto dalla sedia.
Heisenberg
mantiene la posizione, dal soffitto sfondato piovere bulloni e
ingranaggi sparsi - colpire
la schiena di Moreau, poi un piede ad Angie, infine Alcina,
tagliandole una guancia, il labbro.
La
Dimitrescu ringhia, snudando i denti e lanciandosi contro di lui.
Karl
si alza, evitando il primo colpo, il secondo - richiama a sé
uno scudo che è solo la portiera di una vecchia jeep
arrugginita.
"Basta!"
supplica Moreau "Madre si arrabbierà! Madre non vuole che
litighiamo. Madre..."
Alcina
non lo ascolta nemmeno, affonda gli artigli nella spalla di Karl,
estraendoli in uno schiocco umido, rossastro.
Nella
mente di Heisenberg la solitudine è ormai diventata follia.
2021
Coșmarul
è ormai un buco nerastro e combusto, ma qualcosa
è sopravvissuto, e adesso corre con lei - per
lei.
Alex
non gli concede respiro, spazio: ride
alla
sua forma mutata, gentile concessione del Cadou.
"Un
verme schifoso!" lo sbeffeggia, schiacciandogli la parte
terminale con il tallone.
"Ecco
cosa sei: un vigliacco, un traditore."
sibila, osservandolo dibattersi nel terriccio umido.
"Una
parola di qua,
una
di là:
ora
all'orecchio di Alcina, il momento dopo a quello di Miranda."
prosegue, scacciando con un gesto secco della mano le propaggini
della sua mutazione.
"Li
hai spostati
come
fossero pedine; usati come se tu, tu,"
ripete, affondando le braccia nella sua schiena e tirando
-
strappandone brani di carne e organi "avessi diritto
di sopravvivergli. Di lasciarlo morire come un
cane!"
Il
Duca geme, la colpisce ripetutamente con i suoi tentacoli rostrati,
ma nulla sembra funzionare - il bel viso distorto in una smorfia
crudele, feroce.
Alex
ne afferra uno, spezzandolo
e lanciandolo poi a un lycan appostato nella boscaglia.
"Di
tutte le creature di Miranda tu sei quello che assomiglia di più
al suo caro
Cadou."
mormora, melliflua.
"Un
sacco di merda pieno di vermi." aggiunge, chinandosi verso la
massa informe in cui si sono infossati i suoi occhi.
"Ma
guardati." ridacchia, puntando l'indice e il medio verso le
orbite "Ho sempre pensato avessi occhi piccoli e porcini."
commenta, premendo i polpastrelli e ruotandoli poi sotto il bulbo
oculare.
Il
Duca libera un verso acquoso, gorgogliante - sbatte i tentacoli e le
loro bocche verso Alex, invano.
Alex
dilata le narici, inspirando l'odore della sua paura - il sangue,
l'adrenalina.
"Ed
Ethan. Quel miserabile. Lo hai aiutato.
Lo
hai salvato." sussurra, arcuando le dita e pop!,
estraendo
gli occhi dalla loro sede.
Il
Duca apre il buco che ha per bocca - una misera
imitazione
di quello dei nematodi - e Alex è veloce e ficcarci dentro i
suoi stessi occhi, insieme a un ammasso di pietre e terra e le sue
stesse viscere, estratte prima.
"Non
te l'ho chiesto!" bercia lei, sfogando mesi e
mesi
e
anni
di frustrazione e di sensi di colpa.
Per
Albert. Per Karl. Per se stessa.
"Non
mi devi rispondere." insiste, sollevandosi "So
che l'hai fatto."
Il
Duca sposta appena il capo verso la sua voce, annaspando.
"Io
sono l'Overseer."
dice, chinandosi verso l'orecchio rimasto "È il mio
compito sapere tutto."
Il
Duca biascica qualcosa e Alex arcua un angolo delle labbra,
sardonica.
"Oh,
adesso allora hai capito chi
sono."
bisbiglia, melliflua.
Alex
congiunge le mani davanti a sé, fili rossastri e traslucidi
tra le dita, sotto le unghie.
"La
signorina bionda moderna."
chiosa, imitando Angie.
"Il
nuovo giocattolo." continua, adesso più simile ad Alcina.
Alex
gli preme le ginocchia nell'addome, lasciando che i lycan si
avvicinino, annusando il sangue, la carne.
"Alex."
conclude, nella voce una sfumatura roca, quasi
maschile
- Karl.
Il
Duca grida
quando
un lycan affonda i denti nella polpa tenera del collo, la siringa
contenente la necrotossina che protrude poco più sotto,
grottesca e ridicola
al
tempo stesso.
Alex
si rialza, allargando le braccia attorno a sé - e riconoscono
l'alfa i lycan, accerchiando gli avanzi di quella creatura così
disgustosa, ma oh,
anche
così piena.
"Squadra
Alpha: rapporto."
Rumore
statico; qualche interferenza.
"Siamo
al castello Dimitrescu; ordini?"
"La
squadra Delta ha completato la procedura di attivazione contenimento
rischio biologico?"
"Sì."
"Bene;
voglio una barella ad alto biocontenimento alla mia posizione."
"Roger.
Cinque minuti e siamo da lei."
Alex
preme l'auricolare, degnando appena di un'occhiata il corpo
martoriato del Duca.
Sono
tornata, Karl.
Quando
le voci della squadra la raggiungono è già quasi al
bazar ormai distrutto.
2015
C'è
una foto di lei nei server della BSAA.
La
connessione satellitare gli dà accesso a una quantità
di informazioni stordenti,
che
non riesce filtrare - che lo fanno sentire piccolo, stupido.
È
poco più di una bambina, Alex; scarpette lucide, un
orsacchiotto spelacchiato tra le braccia - un vestitino a balze
bianco e azzurro.
Assomiglia
già alla donna che diventerà e nei suoi occhi c'è
una rabbia assoluta,
capace
di distruggere mondi ed esistenze intere.
Una
seconda foto, luglio 1991: Alexandra Fayer, capo dell'Intelligence
Division dell'Umbrella - capelli più corti, una spilla rossa e
bianca al petto, labbra piene, derisorie.
Scivola
con il cursore sull'altro nome - Albert Wesker, dottore, ricercatore,
membro dell'Intelligence Division dell'Umbrella, ex militare nelle
forze USA, capitano della S.T.A.R.S e altri titoli che farebbero
impallidire persino quella stronza di Alcina.
Si
passa una mano tra i capelli, raccogliendoli sulla nuca con un
elastico.
Christopher
James Redfield.
Karl
lo studia in silenzio, attorno a lui il borbottio della fabbrica, il
suo battito.
Ha
una storia con Albert Wesker, il soldatino: una di quelle brutte,
che
lascia cicatrici e rimpianti; sensi di colpa e rabbia.
Posa
lo sguardo sul profilo di Redfield - un sorriso a metà,
piccole rughe d'espressione agli angoli delle labbra, attorno gli
occhi.
Torna
poi su quello di Wesker - un viso durissimo, appena più
giovane di quello che ricorda dal ritaglio di giornale.
Ugualmente
crudele: disumano.
L'unico
che non cambia mai è quello di Alex.
2021
Wesker
l'aspetta sul ciglio dell'abisso, dove una volta giaceva il
Micorriza.
È
rimasto poco delle statue dei quattro re e il pilastro centrale con i
simboli dei Lord è ormai scomparso, inghiottito
dall'esplosione.
Le
rivolge uno sguardo in tralice, quieto.
La
morte l'ha reso più cauto, attento:
il
dolore della rigenerazione adesso lo accompagna sempre,
e nei suoi occhi la colpa è diventata ormai un'emozione
costante.
Alex
lo affianca, sangue tra i capelli, lungo gli zigomi.
Wesker
allunga le dita verso di lei, blandendo con il pollice una macchia
rossastra all'angolo delle labbra.
Alex
inclina il capo verso la sua mano, posandovi la guancia.
"L'hanno
preso." le dice, la sua voce poco più di un sussurro.
"È
orribile. Un nematode sproporzionato." aggiunge, percorrendole
la linea del mento in punta di dita.
Alex
socchiude gli occhi, abbozzando un sorriso.
La
neve si arrotola ai loro piedi, il vuoto che chiama e grida
-
non smette mai.
Wesker
si volta, la mano sinistra chiusa a pugno attorno la testa
dell'aspide, la pupilla dilatata, morbida.
"È
qui che è iniziata."
"Così
pare." ribatte lei, piano.
Wesker
abbassa lo sguardo, posando lo sguardo sull'oggetto che stringe
al
petto, unghie spezzate e sporche di terra.
"L'hai
trovato." contempla, studiandolo con attenzione.
Alex
rafforza la presa attorno quella massa di metallo e carne, sollevando
il viso verso il suo.
"Sì."
"L'aveva
lui?" chiede Albert, sinceramente curioso.
"Ovviamente."
mastica Alex, aggrottando le sopracciglia "Insieme ai resti di
Alcina e a quelli Moreau."
Wesker
la trattiene a sé per la nuca, massaggiandole lo spazio dietro
l'orecchio.
"E
la bambola parlante?"
Alex
si rilassa nella sua mano, socchiudendo gli occhi.
"Anche
Angie, ma il Cadou è morto: nulla più di qualche
granello di polvere e porcellana rotta."
Wesker
libera un hum
di
gola leggero, senza malizia.
Dalla
boscaglia si alza un latrato, poi un altro: rompono
il
silenzio quei suoni, avvolgendoli in un coro di voci e ricordi.
L'oggetto
tra le dita di Alex sembra vibrare
e
Wesker può percepirne fluirne una forza diversa
-
che chiama a sé la pistola che porta nella fondina dentro la
giacca, la placca temporanea che gli sostiene il ginocchio.
Alex
lo guarda, Wesker le restituisce uno sguardo quieto - consapevole.
"Noi
non siamo dio, Alex, ma la sua evoluzione."
Coșmarul
è adesso davvero
una
tomba vuota e senza più importanza.
2016
Un
tintinnio lo distrae dal suo lavoro, facendogli sollevare il viso
dalla scheda elettronica.
Tra
gli scarti metallici coglie un balugino diverso, più chiaro;
aggrotta le sopracciglia, sporgendosi in avanti e sollevando gli
occhiali sulla testa.
Raccoglie
un orecchino, stringendolo tra il pollice e l'indice - oro rosa e
diamanti, a giudicare dal taglio.
"Questo
posto di merda: ingoia ogni cosa."
"Se
tu la smettessi di vestirti come a una serata di gala..."
"Ah.
Perché adesso sai cos'è un gala?"
"...
stronza."
Il
tempo avanza, la sua rabbia con lui: il computer che gli ha lasciato
Alex giace silente, ignorato.
2021
Luci
bianche, asettiche; un odore pungente, che non riconosce.
Cerca
di sbattere le palpebre, ma con orrore
si
accorge di non riuscirci.
Annaspa,
ma qualcosa
gli
blocca la gola - spinge
ai
lati delle costole, tra i polmoni.
"Oh,
sei sveglio."
Si
volta, percependo il Cadou ritrarsi, spaventato.
La
donna gli dà le spalle, ma lui sa
chi è - può percepirlo, e questo lo schiaccia sul
posto, immobile.
"Le
ho rimosse." gli spiega, con calma - come se parlasse a un
animale molto
stupido
e lento.
"Le
palpebre, intendo." specifica, esaminando un bisturi, un paio di
forbici.
Un
grugnito, seguito dal rumore metallico di una ciotola che viene
riempita.
"Non
sforzarti." aggiunge, rassicurante "Non farai altro che
peggiorare la tua condizione."
La
donna si volta, mostrandogli un viso giovane - diverso
da
quello che aveva visto nelle foto della BSAA.
Abbozza
un sorriso, il camice bianco chiuso fino alla gola - sotto il mento
una mascherina azzurra.
"Il
tuo Cadou è intatto; i lycan non l'hanno mangiato e posso
capirli; chi mai vorrebbe avere quella cosa
in
corpo." gli dice, piegando le labbra in una smorfia.
Alex
si avvicina, posando sul carrello il costotomo, la sega vibrante.
"Non
certo io." mormora, intrecciando le dita dietro la schiena e
chinandosi verso di lui.
"O
Karl."
sibila, arrotolando la k
attorno la lingua.
Il
Duca scuote la testa, scoprendola bloccata - ferma.
"Che
maleducata che sono." esclama poi Alex, spostando la lampada
scialitica sopra di lui "Non ti ho ancora permesso di guardarti:
in fondo, questo spettacolo è per entrambi, uhm?"
Per
un attimo - un delirante
istante
- non si riconosce.
Non
può essere lui quella cosa
aperta sul tavolo operatorio come una rana nel vassoio della
dissezione.
Non
può essere lui,
il
Duca, quella miserabile
creatura
molliccia a cui mancano i visceri, buona parte degli altri organi -
solo il Cadou risalta,
un
grumo nerastro e sopra al quale si arrotolano nematodi grassocci e
bianchi.
"Bello,
eh? Vedila come una liposuzione gratis." motteggia lei, indecisa
tra le forbici per nervi o lo scalpello.
Il
Duca le rivolge uno sguardo frenetico, tremante.
Alex
si alza la mascherina sul volto, gli occhi due pozze rossastre e nei
quali la pupilla è solo una fessura sottile e uncinata.
"Sono
un dottore,
Duca:
puoi stare tranquillo." sussurra, morbida - oscena con il
frangicoste in una mano, nell'altra un paio di pinze.
"Voglio
solo il tuo dono:
niente di più." lo blandisce, accostando lo strumento al
piastrone sternale.
"E
se nel mentre sanguinerai un po' - o meglio ancora, urlerai
attraverso
quel delizioso tubo tracheostomico - be', pazienza." chiosa,
procedendo con il primo taglio, poi il secondo.
Il
Duca richiama a sé il proprio potere, Alex è più
veloce e afferra il Cadou tra le dita, stritolandolo.
"Oh
no. No, no, no, piccolo maiale schifoso." bercia, chinandosi su
di lui fin quasi sfiorargli ciò che resta del naso.
"Miranda
poteva anche aver pensato
di aver trovato il dio oscuro, ma questo abominio..." cantilena,
tirando e
tirando e
strappando
"
è solo una fottuta muffa piena di vermi."
Il
Duca si flette all'indietro, la schiena schioccare
in una serie di suoni secchi, aspri.
Alex
mantiene il Cadou sospeso sopra il suo petto, i nematodi che si
contorcono nello spazio tra il parassita e il loro ospite.
"L'hai
mandato a morire: hai mandato tutti loro a crepare
come
cani."
Il
Duca vorrebbe risponderle, ma la verità è che ad Alex
non interessa: lei è l'Overseer - lei sa,
e tanto le basta.
"Miranda
è morta." dice poi, e c'è qualcosa di definitivo
nelle sue parole - di appagato.
Ding
dong, la strega è morta.
Alex
lo guarda, negli occhi una scintilla intensa,
feroce.
"Avevi
a cuore la piccola Rose Winters?" prosegue, fissandolo "No,
io credo di no.
Credo
che tu volessi sopravvivere e per farlo avevi bisogno che tutti e
quattro i Signori morissero."
Anche
Karl.
Il
Cadou si solleva di qualche altro centimetro buono, il dolore esplode
in lui come una rete pulsante e che s'irradia in ogni angolo del suo
essere.
"Chris
Redfield sarebbe più pietoso: ti darebbe una morte veloce,
pulita."
Il
Duca rovescia gli occhi nelle orbite, Alex ha quasi staccato del
tutto il Cadou dall'ammasso organico che sono i suoi polmoni, ormai
fusi con il pancreas e la milza.
"Ma
io mi sto decisamente
godendo
la tua sofferenza, Duca."
Alex
allenta appena la presa e ricomincia tutto daccapo.
2017
L'hanno
trovata.
Dai
server della BSAA la bambina è poco più di un pulcino
rachitico e dal volto sottile, ossessionato.
Occhi
scuri, grandi: Eveline è la prima della serie E a essere
risultata compatibile con il Micorriza - Mold,
bisbiglia
la voce di Alex: adesso
lo chiamano Mold, Karl.
Heisenberg
si umetta le labbra, il rumore della fabbrica spegnersi - diventare
un brusio di sottofondo al confronto del battito del suo cuore.
"Non
si fermeranno, Karl. E con loro nemmeno Miranda."
Il
metallo si solleva, cominciando a compiere prima piccoli cerchi
concentrici sul pavimento, allargandosi poi per tutta la stanza,
fuori dalle finestre, nella piana sottostante.
Non
c'è più tempo.
C'è
mai stato?,
gli sembra di sentir ridacchiare Alex, magari seduta nell'unico
angolo pulito del divano.
Posa
lo sguardo anche sul resto del rapporto,
Dulvey
Parish, Louisiana.
un'intera
famiglia infettata,
"Vuoi
essere la mia mamma?"
nella
seconda pagina un'altra foto, in cui riconosce
la donna vestita in un camice bianco e il volto soddisfatto, quasi
orgoglioso.
"Miranda
è là fuori, Karl: e farà di tutto per recuperare
quella marmocchia."
Il
metallo grida,
schiantandosi ovunque - nelle pareti, in alcuni soldat, persino a
pochi passi dal sentiero per il villaggio.
Unici
sopravvissuti: Ethan e Mia Winters.
Rapporto
redatto e firmato dall'agente Christopher James Redfield.
Supervisione
della Blue Umbrella, documento approvato e firmato
dall'amministratore delegato Joseph Anderson.
Blue
Umbrella.
"La
BSAA, Karl. E la Blue Umbrella."
Adesso,
per la prima volta in anni, sa
che
anche Alex è là fuori.
2021
"Disgustoso."
ripete 3A7, tirando un calcio al distributore di merendine.
"Una
cosa schifosa:
e dire che ne ho vista di merda, ma quell'essere sembrava Jabba
direttamente vomitato da un altro Jabba." prosegue, abbassandosi
tirando a sé una barretta Snickers proteica al burro
d'arachidi.
Joseph
ruota la lingua attorno una caramella alla fragola, si trattiene
dal
scendere al piano di sotto e comprarsi uno - no, anzi, tre
pacchetti
di sigarette.
"Sembrava
un budino tremolante e traslucido."continua 3A7, addentando la
merendina "Cristo, a momenti non stava neppure nella barella di
biocontenimento."
Anderson
spacca
la caramella tra i molari, si annota mentalmente di prenotare un
appuntamento con il dentista.
"Era
ridotto piuttosto male quando l'abbiamo raccolto dal terreno:
praticamente ci è servita una pala come cucchiaino e..."
Anderson
solleva la mano, fermandolo.
3A7
lecca
l'involucro interno della merendina, ancora affamato.
"Il
dottor Wesker?"
3A7
si stringe nelle spalle, fissandolo come a dire cosa
vuoi sapere?
Joseph
gli scocca un'occhiata impaziente, mettendosi in bocca altre due
caramelle.
"Ha
ottenuto quello che voleva?"
"Presuppongo
di sì: quando siamo saliti a bordo dell'elicottero era uno
zuccherino. Per i suoi standard, almeno." borbotta 3A7,
valutando se prendersi un altro snack o procurarsi una cena decente.
Anderson
si appoggia con una spalla al muro, sospirando.
"C'era
anche lei, se stavi per chiedermelo." lo anticipa il soldato,
adesso più che mai deciso ad andare da Bobby Van's Steakhouse
per una bistecca come si deve.
Joseph
solleva lo sguardo, serio.
"La
dottoressa Korda." specifica, guardandolo "Vestita di tutto
punto in un cappotto grigio che sarà valso almeno quanto un
mese del mio stipendio."
3A7
sposta il peso da un piede all'altro, fissando un punto imprecisato
dietro la testa di Anderson.
"Lei
cercava qualcosa di
più dei
campioni biologici del dottor Wesker."
"E
tu lo sai perché è nel rapporto?"
3A7
scuote la testa, emettendo un suono asciutto, derisorio.
"Sai
benissimo
che
in quei rapporti non c'è nemmeno la metà di quello che
abbiamo fatto."
Joseph
respira piano, aspetta.
"C'erano
quindici gradi sotto zero a Coșmarul
e lei è rientrata nell'elicottero al fianco del dottor Wesker
in una camicia bianca trasparente
e
sporca di sangue - ne era inzuppata, Anderson. Ne aveva persino tra i
capelli, sulle guance."
L'ascensore
si apre, rivelando un gruppetto di amministrativi e due operativi con
ancora l'equipaggiamento addosso.
3A7
apre le mani davanti a sé, gesticolando.
"E
aveva questa cosa;
sembrava una di quelle sculture moderne che trovi adesso in quasi
tutti i negozi da ricchi."
3A7
rattrappisce le dita della mano destra, ruotando verso il basso e
mettendo a coppa quelle della sinistra.
"Era
un meccanismo di qualche sorta; aveva questa rotellina metallica e un
pistone - simile a quello degli stepper, ma più piccolo. Quasi
un giocattolo. Ed era rotondo. Il nucleo, intendo."
Joseph
deglutisce, sotto la lingua l'appiccicoso della zucchero, il dolce
della fragola.
"E
c'era dalla pelle, Anderson. In mezzo, tra gli ingranaggi, c'era
della carne - piccoli cordoni rosati e umidi."
3A7
si stropiccia le palpebre, sospirando.
"Non
è finito in laboratorio; non era nemmeno nei contenitori per
il rischio biologico." racconta, cercando i suoi occhi.
"Se
lo teneva sulle ginocchia come fosse normale
-
un oggetto da decorazione, la nuova statuetta da mettere sulla
mensola del camino."
3A7
si scosta dall'angolo distributori, sciogliendo i muscoli collo,
delle spalle.
"E
sorrideva,
Anderson:
ora fissava il dottor Wesker come in preda a un'estasi mistica, il
momento dopo gli diceva qualcosa sottovoce, indicando l'oggetto."
Joseph
picchietta un paio di volte sul badge di riconoscimento -
amministratore delegato, Blue Umbrella: livello di autorizzazione 4 -
tace, consapevole d'aver ormai legato la sua vita a quella di due
(non)persone difficili.
3A7
si infila le mani nelle tasche dei pantaloni, inclinando il capo
verso destra.
"Se
mi avanzano posso sempre portarti un paio di brownie."
Anderson
alza un sopracciglio, liquidando la sua offerta con un mezzo sorriso.
Il
viso della dottoressa Korda non gli concede requie.
2018
La
bambola parlante. L'uomo - pesce. La dama del castello.
Il
signore del metallo.
Coșmarul
si veste d'oro e rosso in autunno e possiede una sua malinconica
bellezza - fragile, preziosa.
Raddrizza
le spalle, posa entrambe le mani sulla testa dell'aspide - studia,
Albert, perché i segreti li hanno ammazzati
entrambi
e forse è tempo di smetterla.
Ci
sono delle creature nella boscaglia, ma si allontanano appena lo
avvertono - lui, l'alfa.
"Solo
uno è sopravvissuto: il numero Tredici. Tu."
E
aveva ragione Alex; stessa storia, diramazioni diverse.
Si
ferma a pochi passi dal sito cerimoniale, il logo dell'Umbrella uno
spietato memento mori - quieto sotto quel sole d'ottobre, silenzioso.
Scivola
con le dita sui quattro simboli posti ai suoi lati, fermandosi sopra
quello di un Orlov racchiuso in un ferro di cavallo.
"Bambini
rubati, cresciuti per essere alfieri di un nuovo mondo - delle loro
ambizioni, desideri. Noi
solo armi da imbracciare e usare."
Solleva
il viso, posandolo sui fumi compatti che fuoriescono dalle ciminiere
della fabbrica.
"Come
conosci il mio nome?"
"Io..."
(3)
Si
volta, incontrando il volto di Miranda ovunque - nelle nicchie, lungo
i muri, persino in piccoli altari rudimentali.
"Sono
io." (3)
Wesker
snuda i denti, le cicatrici a lato del viso tendersi
e
aprirsi in una sottile rete biancastra.
"Natalia
Korda Burton." (3)
Miranda
osserva il villaggio, ieratica - un falso dio che deve
cadere
e morire.
"No,
non è vero. Natalia è morta, morta! Sono io, Albert:
sono Alex." (3)
Spencer
credeva di aver tale diritto, Miranda se lo era preso.
"Alexandra."
(3)
Coșmarul
si aggiunge alla già lunga lista di colpe da espiare.
2021
Cinque
ore e sette minuti: tanto aveva resistito il Duca.
Alex
siede in un angolo della sala operatoria, la mascherina buttata di
lato e tra i capelli frammenti d'osso e nero.
Tap
tap. Tap tap.
Le
doppie porte rinforzate si aprono in uno sbuffo quieto, leggero.
Il
fondo del bastone di Albert entra nel suo campo visivo, insieme alla
punta delle sue scarpe.
Wesker
posa lo sguardo sul corpo sventrato del Duca, impassibile.
"È
già nell'apposito contenitore. Il Cadou." mormora Alex,
indicando alla sua destra.
"Lo
so." ribatte Wesker, monocorde.
Alex
solleva il viso, guardandolo.
"Sei
stato lì fuori tutto il tempo?"
"Potevo
perdermi lo spettacolo?" ribatte lui, abbozzando un sorriso
divertito - predatorio.
Alex
lo soppesa in silenzio per qualche secondo, sfregandosi le dita sul
camice sporco.
"Va
incenerito."
"Ho
già dato l'ordine di preparare il forno crematorio. Le sue
ceneri saranno neutralizzate."
"Sempre
un passo avanti agli altri."
"Non
a te." ammette lui, appoggiando il bastone al muro.
Alex
inclina il mento, concedendogli un'occhiata in tralice, lusingata.
"La
Connections è stata un errore." ammette poi,
avvicinandosi al corpo del Duca.
"Molte
cose lo sono state." continua, sporgendosi in avanti - là,
dove
le dita di Alex avevano scavato,
ridendo
mentre il Duca soffocava e poi veniva rianimato e poi ricominciava
tutto daccapo.
Wesker
libera un piccolo hum
di
gola, quasi le fusa di un grosso felino.
"I
resti della Dimitrescu e di Moreau sono già nel caveau."
annuncia Alex, alzandosi e scuotendosi dal torpore che sembrava
averla avvolta.
Wesker
le rivolge uno sguardo interrogativo da sopra le costole spaccate del
Duca - tace, aspettando.
"Posso
riportarlo indietro."
Nessuna
risposta.
"C'è
ancora; è uno dei vantaggi di essere parte del Micorriza."
Wesker
si solleva, la gamba sinistra piegata in una posizione innaturale,
storta.
"Ed
era quello che voleva?" mormora, lungo il polsino della camicia
una striatura rossastra, appiccicosa.
Alex
indurisce lo sguardo -
è quello che voglio io, sta
per dire, e Wesker può sentirlo urlare
nella sua mente, tra i suoi pensieri.
"Le
femmine della specie, Al: sono loro le più pericolose."
Non
c'è riposo per i (non) morti come loro.
2019
Il
mondo è un posto enorme
e
lui non potrà mai farne parte.
Se
ne è convinto piano piano, in quegli anni - attraverso le
notizie che il computer vomitava
costantemente.
C'è
così tanto
che ancora non capisce - non sa.
Appoggia
entrambi i piedi sul piano di lavoro, reclinandosi all'indietro - gli
occhi stanchi, il viso consumato.
Sono
ormai più di mille i suoi soldat, ma non saranno mai
abbastanza - il suo odio per Miranda un grumo che cresce,
e
conquista sempre più spazio.
Alex
lo faceva sembrare facile: vivere.
Alex
si muoveva tra i fili di quell'esistenza come se ne fosse padrona -
mai
schiava,
sempre
burattinaia.
Alex
aveva riso quando le aveva esposto il suo dubbio, ribattendogli che
suvvia,
c'è sempre posto per gente come te nel mio mondo.
E
la vedeva adesso la sua realtà - ciò in cui aveva
vissuto e
respirato
e
infine
era morta.
"Stessa
storia, diramazioni diverse, Karl."
Heisenberg
si porta un sigaro alle labbra, accendendolo con un movimento veloce
del polso.
Il
mio mondo.
Scuote
la testa, inspirando una boccata di fumo; ci sono delle volte in cui
averla incontrata fa male e basta.
2021
Intreccia
le dita tra loro, posandole sul sottomano in pelle nera.
Fissa
il cerebrum in silenzio, l'iride un rosso quieto, sfumato d'arancione
intorno la pupilla.
Allunga
l'indice e il medio verso la superficie metallica, percependola
tiepida - viva.
Wesker
solleva il mento, toccando con tutte e cinque le dita la parte
organica - scatta
ll'indietro
quando una scossa elettrica lo attraversa da parte a parte.
Si
volta, snudando i denti.
Piccola
merda insolente.
Il
cerebrum rimane immobile, scintillando debolmente sotto la luce della
lampada.
"Sei
ancora lì dentro."
Nessuna
risposta.
Wesker
si avvicina, premendo le labbra in una linea sottile.
Il
cerebrum tace, attorno a lui una lieve caligine metallica - piccoli
frammenti che lo avvolgono come gli anelli di Saturno.
Wesker
percepisce lo scroscio dell'acqua provenire dal bagno, registra
automaticamente che Alex deve essere entrata in doccia.
"Ci
ho messo due anni e mezzo a rigenerami del tutto."
Il
cerebrum libera un ronzio soffuso, morbido.
Wesker
non sa sia pazzo lui
a
parlare con un oggetto o se la realtà stia assumendo sfumature
sempre più aliene,
ma quando un vulcano ti sputa come un pezzo di costola masticato e
vomitato molte delle tue precedenti certezze crollano.
E
per sempre.
Wesker
soppesa il cerebrum ancora per qualche minuto, spostandolo poi di
lato - premurandosi di toccare solo la parte meccanica.
"Se
ce ne metti di meno non la prenderò bene." conclude,
lasciandolo semplicemente lì,
sulla sua scrivania come un normalissimo soprammobile.
Chiude
il fascicolo digitale sui Winters - Coșmarul
e tutto ciò che ancora correva
tra quei boschi, affamato.
Ethan
Winters: deceduto.
Il
cerebrum vibra, facendo rotolare a terra alcune penne.
Madre
Miranda; deceduta.
Wesker
l'osserva dal ciglio della porta, neutro.
Salvatore
Moreau; deceduto.
Click:
rumore di passi - leggeri, umidi.
Donna
Beneviento; deceduta.
Il
cerebrum si accende di una debole luminescenza, a tratti opalescente.
Alcina
Dimitrescu: deceduta.
"Albert?
Sei ancora in ufficio?" lo raggiunge la voce di Alex dalla
camera, curiosa.
Karl
Heisenberg; deceduto.
Wesker
si chiude la porta alle spalle, silenzioso.
La
placca di metallo nel ginocchio tira
e
gli ricorda tutto.
2020
La
sua rabbia conta adesso duemila soldat, le sue cicatrici aumentano -
il vuoto nella sua mente divora qualsiasi cosa non sia la vendetta.
Il
computer di Alex ha smesso di funzionare qualche settimana prima, ma
non ha più importanza perché la bambina è
nata, e
con lei il suo bisogno di accelerare, liberarsi.
Miranda
motteggia di rinascita e futuro e tante altre belle cose che lui sa
essere
marce quanto le sue promesse - non dissimili dal parassita che ha
spinto
in tutti loro, abusando del suo corpo, della sua dignità.
Angie
lo guarda da lontano, incerta.
La
bella signora bionda non viene proprio più?, gli
aveva chiesto prima di entrare in chiesa, e lui non aveva risposto,
ingoiando bile e saliva.
Moreau
dondola sul posto, in parte eccitato per la nuova possibilità
di dimostrare a mammina
cara che
lui è un bravo figlio, in parte per la paura di fallire -
ancora.
Alcina
gli rivolge uno sguardo sussiegoso, di chi crede
d'essere
intoccabile - che questa sia solo l'ennesima occasione per fare bella
figura con Miranda e guadagnare forse qualche nuova figlia.
Heisenberg
chiude gli occhi dietro le lenti scure, stringendo tra le dita un
orecchino in oro rosa e diamante - percependolo graffiargli la pelle
persino attraverso i guanti.
Come
Alex.
Qualcosa
gli tocca il ginocchio e quando abbassa lo sguardo è quello di
Angie che incontra - una piccola mano legnosa posata vicino la sua.
Non
dice niente la bambola di Donna; lo fissa in silenzio, quieta -
consapevole.
Io
non sono mai sola; io ho mama, ma tu?
Moreau
esclama qualcosa, Alcina ride - un suono sgradevole, ridondante.
Angie
si siede al suo fianco, dondolando le gambette storte oltre il bordo
della panca.
"Era
bella."
Nessuna
risposta.
"Avrei
voluto essere come lei." mormora, e lui vorrebbe provare pena,
forse anche compassione, ma non ci riesce perché è
colmo di rabbia e
frustrazione e
stanchezza.
Così tanta stanchezza.
Angie
storna lo sguardo, Heisenberg mantiene il suo sulle mattonelle rotte
del pavimento.
La
guerra è infine giunta alla sua ultima battaglia - il punto di
non ritorno.
"Fottere
e combattere; questo volevano da noi. Fottere e obbedire e morire."
Heisenberg
abbozza un sorriso, toccandosi appena la tesa del cappello.
Ha
obbedito fin troppo a lungo; adesso è il momento di combattere
e vivere
morire.
Sink,
suffer, self-destruct
Rise
stronger, reconstruct.
Silenzio.
All'inizio
c'era stato solo quello; una benedizione al confronto della cacofonia
dell'ultimo scontro - uno scampolo di pace
dopo
le modificazioni a cui era andato incontro il suo corpo.
Aveva
percepito ogni fottuto
osso
allungarsi, ogni muscolo strapparsi e congiungersi alle parti
metalliche della fabbrica - diventare lui
stesso una
macchina, oscena nella sua efficienza.
Mostruosa
nel suo dolore, nella sua rabbia.
Per
molto tempo era rimasto avvolto da una foschia grigia, tiepida;
attorno a lui gli odori di Coșmarul,
neve e cenere - quelli dell'interno della carrozza del Duca, carne di
maiale essiccata e polvere.
Non
avrebbe saputo dire quando,
ma
qualcosa
aveva
stracciato quel silenzio, inondandolo di grida e
parole e
sangue.
Ed
era esploso
il suo orizzonte - si era bagnato di rosso e oro, profumi diversi,
nuovi.
Cuoio
e spezie: rum, forse persino una punta di legno. Cordite, qualcosa di
asciutto, pungente. Disinfettante e sudore - attorno a lui un calore
strano, diverso.
C'erano
state altre parole - sussurri che non poteva comprendere, echi di
quando era stato integro e umano.
"C'è
ancora, Albert: quel verme aveva ragione. La sua essenza è
rimasta qui,
nel
cerebrum."
Dovrebbe
conoscere quel nome.
Lo
sa; lo percepisce.
"È
morta, Karl. Miranda è morta."
Non
c'è memoria nel luogo in cui si trova, eppure tutto è
lì
- con lui.
"Sei
ancora lì dentro."
Colpisce
la fonte della voce ancora prima di potersi fermare - un riflesso
incondizionato.
"Ci
ho messo due anni e mezzo a rigenerami del tutto."
Ed
è lei
-
ce l'ha sulla punta della lingua, schiacciato in gola, tra i denti.
Il
nome. Di' il suo nome.
Apre
gli occhi - o almeno gli sembra di farlo - estendendo le propaggini
del proprio potere attorno a sé.
Sai
chi è: lo
sai.
Un'altra
voce - lei
-
insieme all'odore della pelle invecchiata e dell'inchiostro un vago
retrogusto di sangue e argan (di nuovo).
"Albert?
Sei ancora in ufficio?"
Alex.
"Ce
l'hai fatta, Karl: sei libero."
Nel
buio della stanza il cerebrum - lui
-
emette un primo, debole, battito.
"Sparks
die in me only to be reborn as thunder and lightning.
Darkness
itself glows in me."
-
Emil Cioran -
(1)
In italiano significa "alle donne a volte piace scopare così."
(2)
Underneath the purple rain.
(3)
Collide
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