Vode An

di _Lightning_
(/viewuser.php?uid=123574)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


 
•••
 


•••


EPILOGO

EPILOGO

 

“Mio alleato è la Forza, e un potente alleato essa è.
La vita essa crea e accresce, la sua energia ci circonda e ci lega.
Creature luminose noi siamo, non questa materia grezza.”

― Gran Maestro Yoda ai suoi allievi

 

 

 

 

Star Destroyer Imperiale Revenant, Orlo Interno, Settore O-9

I corridoi dello Star Destroyer rilucevano di un brillio sinistro, lo stesso che si rifletteva sul suo beskar sporco di sabbia e sangue.

Din avanzava trascinando la gamba come poteva, con la carabina del cacciatore di taglie che gli premeva tra le scapole quando rallentava troppo il passo.

Non aveva ritenuto necessario usare delle manette-shock o altri mezzi di costrizione: Din aveva già tentato una sortita su Tatooine, che si era conclusa con un rampino aggrovigliato alle caviglie e una caduta rovinosa, col rischio di finire oltre il crinale di una duna nelle fauci di un krayt.

La marcia lungo la pista Tusken fino alla Firespray del cacciatore di taglie era stata lenta, massacrante, e si era protratta fino all’alba. Din sentiva ancora la gola arida, nonostante i meloni neri ricolmi d’acqua che il suo carceriere aveva disseppellito dalla sabbia avessero loro evitato di morire di sete.

Anche ora camminava a fatica, con la testa pesante per quella che probabilmente era febbre da infezione. A parte una siringa di bacta per evitargli la morte, la gamba era rimasta priva di cure – qualcosa, nel ginocchio, non si muoveva nel modo giusto e gli inviava scosse di dolore a ogni passo, assieme alla sensazione rivoltante delle ossa che sfregavano l’una contro l’altra. Non l’aveva ucciso, certo, ma tenerlo in buona salute non sembrava la sua prerogativa.

Incrociarono un paio di pattuglie di assaltatori, che indugiarono fin troppo a osservare un Mandaloriano sconfitto e dolorante portato a spasso da quello che poteva sembrare un suo commilitone.

Era solo un auretii, però. Un traditore del beskar, un rinnegato che portava quelle placche di metallo senza rispettarne minimamente la sacralità – forse nemmeno conoscendola – e senza rispettare il Credo.

Din non l’aveva visto in volto, ma l’aveva colto a togliersi l’elmo come se lui nemmeno fosse lì, prima di mettersi alla guida della Firespray. Sotto al beskar che aveva sempre custodito come una parte stessa del suo corpo e di quello di tutti i Mandaloriani che l’avevano indossato prima di lui, Din ribolliva di rabbia silenziosa, mista alla morsa della paura.

Non per lui stesso: se Gideon l’avesse voluto morto, quell’
auretii non si sarebbe disturbato a portarlo fin lì. Pensava al Bambino e pregava il manda e tutto il Ka’ra tra le stelle che fosse al sicuro con Cal e Cara. Sentì un sapore acido in gola al pensiero che l’ultima volta che aveva davvero pregato fosse stato per Ruu.

Liberò un respiro più rumoroso degli altri, sentendo un blocco di beskar nel petto. Subito, la canna del blaster andò a pungolargli la schiena.

Non una parola aveva lasciato la bocca dellaruetii, se non una breve e stringata olo-comunicazione a Gideon durante il viaggio nelliperspazio. Daltronde, nemmeno lui riservava chiacchiere inutili alle proprie taglie, quando non le ibernava direttamente nella carbonite.

La porta del ponte di comando si stagliò dinanzi a loro. Colse il loro riflesso sulla lucida superficie in durasteel, due macchie sfocate color verde e argento. Il cacciatore si sporse a premere i tasti del quadro di comando. Un sibilo accompagnò la sua apertura sulla plancia spaziosa e asettica. Din sentì il fiato corto a quella visione, ben diversa dal manipolo di disperati che gli aveva assegnato la taglia sul Bambino. 

LImpero non era affatto caduto: il castello di comando era occupato da troppi ufficiali imperiali in grigio e da qualche superiore in uniforme più scura, come se non fosse passato nemmeno un giorno dalla distruzione di Alderaan e dalla Grande Purga. Una figura in nero si stagliava davanti alle paratie in transparacciaio dello Star Destroyer, oscurando una parte delle stelle, che punteggiavano fitte quellangolo di Galassia. Si scorgeva anche la superficie boscosa di un pianeta violetto, striato da nubi dense.

Moff Gideon si voltò non appena udì i loro passi sul ponte e, dopo una breve occhiata a entrambi, posò lo sguardo sul suo visore. Din non mosse un muscolo, se non quelli necessari per continuare a camminare nel modo più diritto possibile, anche con la gamba in fiamme.

Gli occhi di Gideon, visti da vicino e non attraverso la vetrata disintegrata di una cantina, erano ancor più neri di quanto avesse immaginato. Il suo volto spigoloso sembrava una rozza lastra di metallo in attesa di essere forgiata per assumere unespressione. Din ebbe la sgradevole sensazione di essere privo di elmo di fronte a lui. Il Moff lo conosceva – sapeva il suo nome, da dove veniva, chi fosse la sua famiglia. 

Anche Din lo conosceva. Ricordava il suo nome sussurrato di elmo in elmo come quello di un demone durante le serate attorno al fuoco della sala comune, lunica luce che potessero concedersi in quegli anni di persecuzione. Ricordava il Mandaloriano mutilato e con la corazza deforme che narrava singhiozzando della Notte delle Mille Lacrime, quando interi squadroni dassalto erano stati vaporizzati a Keldabe dalle truppe imperiali. Ricordava lArmaiola che, mentre ascoltavano quel resoconto angosciante, posava delicatamente lelmo contro quello di un Paz ancora ragazzo, come a ringraziare che fosse lì e non morto nella carneficina. 

Din aveva udito solo a metà la voce del guerriero sopravvissuto, con gli occhi sbarrati sotto lelmo e il cuore in gola. Il calore del fuoco gli era sembrato insopportabile, nonostante il gelo che gli aveva artigliato le mani e il petto.

Molto più tardi, nel silenzio buio della sua stanza, lArmaiola si seduta ai piedi del suo letto e gli aveva sfiorato il capo scoperto con un leggero sospiro. Din aveva capito ancor prima che parlasse che Ruu non sarebbe più tornata.

Strinse i pugni come li aveva stretti allora, quando a dodici anni il mondo aveva di nuovo cessato di avere un senso – e non avrebbe permesso che accadesse di nuovo, non per mano dello stesso demone. 

Gideon stese le labbra in quello che poteva essere scambiato per un sorriso, ma che fu una semplice contrazione priva di calore, come se fosse riuscito a intravedere la sua espressione contratta sotto il beskar.

Puntò quindi le pupille accanto a lui, nel vuoto che, nei suoi piani, doveva essere occupato dalla culla del Bambino. Din, nel segreto del proprio elmo, liberò una smorfia di feroce compiacimento di fronte allinnegabile delusione che serpeggiò sul volto dellimperiale. Gideon si rivolse al cacciatore di taglie dietro di lui.

«Mi aspettavo di più, dal più grande cacciatore di taglie della Galassia. Forse i geni di tuo padre sono andati sprecati?»

A Din parve di avvertire il picco di elettricità dietro di lui, quasi fosse passato da beskar a beskar.

«A giudicare dallo stato attuale dellImpero, sì.»

Un lampo dira attraversò le iridi del Moff, che incrociò le mani dietro la schiena.

«Non riceverai il tuo pagamento finché non mi porterai la vera taglia.»

«Hai la tua taglia davanti agli occhi, coi giusti mezzi» ribatté lui, sottolineando lallusione con un colpetto della carabina contro la sua corazza.

Din si irrigidì, trattenendo listinto di afferrare la canna dellarma, strappargliela dalle mani e scaraventarlo a terra. Era circondato da Imperiali: sarebbe stata una soddisfazione breve.

Gideon spostò di nuovo lo sguardo sul suo visore. Din serrò la mandibola con un cigolio, pronto a fronteggiare i mezzi di tortura che, sicuramente, si celavano dietro le porte blindate di quella fortezza volante. Con sua sorpresa, però, il Moff si limitò a esasperare un guizzo delle sopracciglia.

«Oh, lui non mi dirà niente, nemmeno senza elmo e con uno scortica-mente nel cervello. Sbaglio, Mandaloriano?»

Din lasciò che fosse il suo silenzio a rispondere, offrendogli solo la superficie inerte del proprio visore. Rimase immobile, pronto alleventualità che Gideon allungasse semplicemente una mano per togliergli lelmo. Invece, lui si limitò a un altro sorrisetto freddo.

«Come immaginavo. So già chi sei sotto il beskar, Din Djarin, e toglierti lelmo non mi porterebbe nulla. Ferire nellorgoglio un Mandaloriano non ha mai prodotto risultati e, credimi, lo so bene» continuò in tono leggero, come se stesse raccontando un evento particolarmente piacevole. «Ho mezzi più efficaci della tortura e dellumiliazione, per arrivare a ciò che voglio.»

Detto ciò, premette un pulsante sul suo comlink da polso, per poi fare un cenno al cacciatore di taglie.

«Fett, tu rimettiti sulle tracce della taglia... sono sicuro che lo Jedi sarà un buon incentivo. Mi aspetto un servizio impeccabile, stavolta.»

«Io non servo nessuno» quasi ringhiò Fett, suonando a un passo dal puntare larma contro di lui.

Il diverbio fu interrotto dal sibilo della porta che si apriva, seguito dal suono cadenzato di passi e da un raschiare indecifrabile contro il pavimento.

Fett si mosse e, dopo un respiro trattenuto bruscamente, lo sentì scostare la canna dellarma dalla sua schiena per puntarla verso la porta. Quando Fett parlò, fu in un respiro velenoso:

«Questo non era negli accordi.»

Anche Din fece per voltare appena il capo, così da inquadrare il nuovo arrivato. Si congelò a metà del movimento, quando nel filtro dellelmo si insinuò un olezzo quasi dimenticato che lo prese alla gola.

«Devi proprio portarti appresso questa bestiaccia?» commentò Gideon con una smorfia e unocchiata a terra, ignorando Fett.

Non vi fu risposta, solo altri passi – pesanti, accompagnati dal tintinnio del beskar e da un ringhio basso e vibante. Alzando lo sguardo, Din sentì la corazza pesargli addosso come un macigno nel vedere uno strill avanzare verso di loro, con i denti già snudati. Oltre un velo tremolante di febbre e sconcerto riconobbe lorecchio mozzato, il pelo color sabbia, vide la ragnatela di nuove cicatrici impresse sul suo muso, gli occhi gialli e dilatati puntati su di lui.

E dietro, simile a unombra bluastra emersa dal buio dei ricordi, vide un fantasma.

 

???



Adesso, da qualche parte nella Galassia

Aveva freddo.

Non riusciva a sentire altro.

Freddo, e un grande sonno che gli premeva addosso.

Ricordava quelle sensazioni – aveva dormito per così tanto tempo... ma quando era successo? Quello non riusciva a ricordarlo.

La Forza oscillava piano attorno a lui. La sentiva – fuori, dentro, ovunque, qui e altrove, adesso e sempre – e ondeggiava tranquilla come aveva sempre fatto.

No. No, la Forza non oscillava, scorreva.

Schiuse gli occhi pesantissimi e, tra i flussi multicolori della Forza, vide muoversi due ombre familiari. Un alone blu circondava la prima, quella del ragazzo; uno rosso la donna. Tremolavano come fiamme liquide – vive, energiche.

Sentì un po meno freddo.

Abbassò gli occhi: era lui a ondeggiare, non la Forza. La sua piccola amaca si muoveva a destra e a sinistra, ipnotica, anche se non cera più una mano che la spingeva. Il freddo divenne un ago, a quel pensiero.

Richiuse gli occhi, facendo un breve sospiro. 
Forse doveva dormire di nuovo – per chissà quanto tempo.

Una corrente di Forza lo sfiorò in modo più intenso, quasi a tenerlo sveglio. La seguì prima che svanisse, aggrappandosi a lei. Si sentì leggero, senza più un corpo, e si lasciò guidare lontano da lì, attraverso le stelle che gli sfrecciavano accanto come muri di luce.

Poi lo sentì.

Un battito minuscolo, lontanissimo, che pulsava in una fiammella argentea. Tese una mano – se stesso, attraverso la Forza – fino a sfiorarla.

Un sussulto.

Ad’ika.

Riaprì gli occhi di scatto e un sorriso si fece strada sul suo volto: il freddo e il sonno erano passati – la paura era passata. Stavolta non avrebbe dovuto dormire, perché aveva qualcuno da aspettare. Una spirale dargento lo avvolgeva, unita alle mille altre che ondeggiavano attorno a lui come un mare che lo cullava. Strinse le mani al ciondolo tiepido che portava al collo.

Suo padre sarebbe tornato.

 

 

CONTINUA NEL VOLUME II:
“VODE AN – I FIGLI DI MANDALORE”

 


Glossario&Note:
aruetii: traditore, estraneo, non Mandaloriano.
Ka’ra: secondo le leggende, gli spiriti degli antichi re di Mandalore, adesso dispersi tra le stelle.
manda: collettività Mandaloriana, formata sia da persone vive che non, unite dal medesimo Credo e unità culturale.

 

 

Note dell’Autrice:

Cari Lettori... sì, questo è davvero l’ultimo capitolo, almeno per ora.
Non dirò una sola parola su ciò che ho scritto: lascio tutto alla vostra libera interpretazione e al vostro giudizio.

Non disperate, però, il Volume II è già in stesura. Stavolta ho intenzione di fare le cose per bene: mi porterò ben oltre la metà dei capitoli prima di iniziare a pubblicarlo, così da garantirvi aggiornamenti regolari.

Nel frattempo non rimarrete a bocca asciutta, poiché inizierò la revisione di Vode An. Con essa arriveranno, udite udite, dei capitoli inediti.
Questo perché la storia si è ampliata e trasformata in corso d’opera. Visto dove ero arrivata, sarebbe stato impossibile colmare i "vuoti" senza creare confusione in voi lettori: non erano previsti due volumi e mettere nel secondo o prima di questi ultimi capitoli determinati avvenimenti non avrebbe senso, considerando i nuclei narrativi che adesso li caratterizzano.
Saranno delle parti di raccordo incentrate principalmente su Ruu, Scorch e la "parte mandaloriana", che è scesa un po’ in sordina in questa seconda parte della storia.

Oltre a ciò, potrete trovare (su Wattpad) aggiornamenti anche su Vode An – Legami di sangue, la raccolta spin-off dove getto un po’ di luce sull’infanzia di Din. Una specie di extra, insomma, anche se potrete ritrovare qualche concetto/dialogo/passaggio nel Volume II.

Detto questo, la smetto di sproloquiare. È stato un lungo viaggio fin qui e ringrazio tutti coloro che hanno letto, commentato, votato, aggiunto la storia alle loro liste o hanno speso una parola per consigliarla/pubblicizzarla. Vi ringrazio di cuore ♥
E per tutti i lettori silenziosi, questo è il momento giusto per farmi sapere, se volete, cosa pensate della storia, anche con un commento microscopico ♥

Vi mando un abbraccio di beskar e ci rivediamo presto in questa Galassia lontana lontana!

-Light-

 





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4008947