Il pick-up dell’uomo era spazioso, ma non
abbastanza da impedire alla ragazza di sentirsi stordita dall’odore
che permeava l’abitacolo. Sembrava quasi un misto di ferro caldo,
resina di pino e menta, in una combinazione che evocava in lei
l’immagine di un’alta montagna e la faceva sentire stordita ed
inspiegabilmente a proprio agio.
Non s’era mai sentita così con qualcuno,
prima.
Non
è vero.
– Allora, – Thorin – Ethan –
continuò imperterrita Kat dopo le presentazioni, scoccando
un’occhiata in tralice all’autista al suo fianco e proseguendo
quella loro strana, innocente, coinvolgente chiacchierata – sei di
queste parti?
–
Sì,
direi di sì. Tu da dove vieni?
–
Nebraska.
L’altro
emise un fischio caratteristico che la fece sorridere.
–
Ne
hai fatta di strada… –
commentò
infatti, scoccandole una nuova occhiata diamantina
da sopra la spalla
–
Che
ci fa una giovane
americana in
un posto sperduto come questo?
Non aveva mai visto occhi così.
Invece
sì.
– Ho sempre voluto viaggiare e fare nuove
esperienze.
Quei lineamenti decisi e al contempo quasi
nobili del volto avevano su di lei lo stesso effetto di una calamita
sulla polvere di ferro e non riusciva a smettere di guardarlo. E, con
una punta di profonda soddisfazione, sapeva di stargli facendo un
effetto molto simile, giacché quei suoi fantastici occhi erano più
spesso rivolti a lei che alla strada dinanzi a loro.
– Ma la verità è che, forse sto cercando
qualcosa… – aggiunse, prima di poterselo impedire.
L’interesse che trasparì dallo sguardo
altrui la inchiodò sul sedile e al contempo l’accese.
– E cosa stai cercando? – le chiese lui.
Te.
– Non lo so – rispose lei.
– E tu? Quando ti ho chiesto se eri di queste
parti non mi sei sembrato troppo convinto.
La voce di lei permeò di nuovo l’abitacolo
ed Ethan si chiese per l’ennesima volta come potesse, un semplice
timbro di voce, suscitare in lui tanto interesse. Mentre guidava
verso il paese più vicino, non poté ignorare la domanda della
ragazza seduta al suo fianco, e nemmeno lo voleva, si rese conto con
quel poco di razionalità rimasta intatta in lui.
Lui voleva parlare con lei.
E voleva sentirla rispondergli di
rimando.
Non s’era mai sentito così prima.
Non
è vero.
–
Io
e mio padre ci siamo trasferiti qui in zona da mio nonno dopo la
morte di mia madre. Ero piccolo e diciamo che non ho preso bene il
trasferimento –
le
disse,
facendo
spallucce sotto la camicia sbiadita
–
Ho
sempre voluto andarmene da qualche altra parte, provare la città, e
per un paio d’anni l’ho fatto. Dopo il diploma mi sono trasferito
a Calgary,
ma due anni dopo mio
padre si è ammalato e sono
tornato.
–
Oh…
–
Per
un po’ è stato meglio, ma non poteva durare. Ormai è quasi un
anno che non c’è più.
Il silenzio che seguì permeò denso
l’abitacolo e questo lo spinse a gettarle una nuova occhiata in
tralice. C’era qualcosa in lei che lo spingeva a cercarla con lo
sguardo, costringendolo a dover scegliere a chi prestare più
attenzione, se a lei o alla strada.
Era
come se se ne sentisse attratto, non
solo fisicamente.
Non gli era mai capitato niente di simile.
Invece
sì.
–
Ed
ora? –
parlò
di nuovo lei, infrangendo il silenzio –
Come
mai sei rimasto? Cosa
stai aspettando?
Te.
–
Non
lo so –
le
rispose allo stesso modo, serrando
la presa
sul volante.