1-Rincontrarsi
Capitolo
uno
Rincontrarsi
§
-
- La
divisa scivola sulle sue forme, infila nel taschino ciò che
le
serve: taccuino, penna prendi appunti e bacchetta. Si aggiusta
l'ordinata frangetta corvina ed è pronta a cominciare il
turno.
- Pansy
Parkinson cammina rapida e sicura per i corridoi del St. Mungo, le
mani infilate nelle tasche della casacca a doppio petto, il volto
magro e pensieroso.
- Eliza
Fawley1 – sua
mentore e benefattrice –
l'attende con la sua immancabile espressione corrucciata nel
corridoio del quarto piano. Il reparto Lesioni da incantesimo
è come sempre incredibilmente calmo e ordinato, malgrado la
gravità
e l'urgenza dei casi lì ricoverati.
- «È
appena giunto un caso interessante―» le comunica la sua
responsabile aprendosi ad un sorrisetto divertito «una celebrità
che si è beccata una bella fattura» continua
sardonica passandole
una cartella rossa con tutti i dati del misterioso paziente.
- Pansy
non fa in tempo a scorrere per intero la cartella che al nome del
paziente il suo stomaco si attorciglia doloroso.
- «Potter?!»
- «Sì?
Sono io!»
- L'ex
Slytherin solleva le iridi di giada timorose, fissandole sul ragazzo
seduto sul lettino dinnanzi a lei.
- In
quei pochi attimi, in cui i suoi occhi trovano il coraggio di tenere
alto lo sguardo, Pansy riesce a cogliere piccoli dettagli del suo ex
compagno di scuola: il pastrano grigio fumo con lo stemma degli Auror
e l'elegante C d'argento di caposquadra appuntato
poco sopra,
abbandonato accanto a lui, i capelli folti e incredibilmente
scarmigliati, la leggera e affascinante barba sfatta sulla mandibola
squadrata, i tondi occhiali storti e delle brutte ferite che gli
deturpano il petto. Le iridi di smeraldo le evita di proposito, il
suo coraggio non arriva fin lì preferendo concentrarsi su
ferite ed
escoriazioni, che per lei ormai sono un divenute appiglio sicuro.
- «Buon
pomeriggio signor Potter, scusi l'attesa. Sono la medimaga Farley,
primaria di questo reparto, lei invece è la mia
specializzanda―»
- «Parkinson!»
esclama sorpreso il paziente, riconoscendola solo in quel momento;
vorrebbe essere più garbato ma non riesce a non squadrarla
da capo a
piedi, la sua espressione tradisce una candida incredulità.
- «Eravate
compagni ad Hogwarts, giusto» mormora Eliza compita,
collegando in
un attimo i pezzi.
- Pansy
si schiarisce la gola e alza elegantemente il capo ingoiando
il disagio
a forza, dopotutto quello è il suo territorio e
Harry Potter non è
che un altro paziente, e lei ha lavorato troppo per fare la figura
della ragazzina spaventata. Ma da quegli occhi si tiene comunque alla
larga.
- «Sì
esatto Eliza – risponde sbrigativamente, poi getta
un'occhiata più
approfondita alla cartella – duello magico, colpito da
più
incantesimi non verbali simultaneamente, probabile
maledizione»
riassume.
- «Erano
tre – specifica l'Auror – due sono riuscito a
fermarli e mi hanno
colpito superficialmente» mostra le ferite sulle braccia,
simili a
segni di frustata, «il terzo invece mi ha colpito in pieno
–
tossisce – anche se pensavo facesse più
male» conclude
stringendosi nelle spalle.
- «Apparentemente»
replica la medimaga avvicinandosi a lui e controllando con la nodosa
bacchetta la ferita al petto; «Pansy tocca a te, poi dimmi le
tue
conclusioni» la chiama con cipiglio autoritario.
- Harry
osserva ancora stranito l'ex Slytherin avvicinarglisi e analizzare la
sua brutta ferita e per la seconda volta il suo petto si scalda di un
piacevole tepore.
- «Prude?»
gli chiede alla fine, senza guardarlo.
- «Parecchio»
confessa lui cercando un contatto di sguardi. Le iridi cristalline di
Pansy invece cercano quelle della sua mentore e con sicurezza espone
la sua diagnosi:
- «È
una maledizione necrotica al primo stadio.»; lo sguardo
ambrato
della medimaga si accende e annuisce concorde e fiera.
- «Necrotica?!»
esala l'Auror «Dimmi che ho capito male» dice ora
pallido in volto
e nel dirlo si rivolge direttamente a Pansy.
- «Signor
Potter temo proprio di no, vede la maledizione che l'ha colpito
è
molto particolare, si tratta di infinitesimali particelle magiche che
consumano l'epidermide e i sottostanti tessuti, è un valore
pari a
otto o nove, a seconda della gravità, sulla scala di Derwent2—»
- «Un
gradino sotto le Maledizioni senza Perdono» spiega serafica
Pansy;
«Magnifico» sbotta Harry abbandonando
disperatamente il capo sul
morbido cuscino, non sapendo a che Fondatori votarsi.
- «Fortunatamente
per lei, signor Potter, la maledizione è ad uno stadio
iniziale, chi
gliel'ha scagliata non è così abile quanto
sperava e c'è ancora
modo di trattarla con successo. Pansy?»; l'aspirante medimaga
sciorina una serie di incantesimi ed unguenti con una competenza tale
che Harry non può fare a meno di restare colpito.
- «Iniziamo
con quest'ultimo protocollo, ritengo sia il più efficace.
Signor
Potter lei è ufficialmente fuori servizio per almeno i
prossimi
sette giorni. Tra dieci giorni tornerà qui per delle
analisi, se
tutto va come deve andare tra un mese tutto questo sarà
solo un pessimo ricordo—»
- «Uno
in più uno in meno» borbotta svagato, Pansy si
tortura il labbro
inferiore e punta gli occhi su quella ferita dai bordi frastagliati
che gli sfregia il petto.
- «Ci
siamo intesi, le lascio alle cure di Pansy. - poi fa un cenno alla
sua tirocinante – Preparo le pergamene per la dimissione, una
volta
terminato vieni ad aggiornarmi».
- Pansy
si mette all'opera e per un po' non si odono altri suoni, se non
quello degli incantesimi luminescenti da lei cantilenati.
- «È
strano» esordisce Harry mentre cerca stoicamente di tenere a
bada il
dolore.
- «Mh?»
- «Tu.
- le parole gli escono senza che abbia il tempo di rifletterci
–
voglio dire, non avrei mai pensato di vederti in questa veste,
ecco»
Harry stringe gli occhi in difficoltà, ha il terribile
presentimento
che le parole gli siano uscite tutte storte, brutte totalmente in
balia del fraintendimento.
- Pansy
si lascia sfuggire un sospiro – che l'ex Gryffindor non sa
decifrare – continua ad eludere il suo sguardo. «Il
tempo
cambia le cose» mormora senza aver intenzione di approfondire
quanto
detto. «Fatto» dice invece, osservando compiaciuta
il
proprio
lavoro.
- «Dunque
c'è bisogno di rifare il medicamento ogni giorno per i
prossimi
sette giorni. Ti manderò un gufo con l'unguento e istruzioni
precise», quando si tratta di medimagia invece non
c'è indugio
nella sua voce o nel suo sguardo, che sfiora quello smeraldino e
vibrante del ragazzo con sicurezza, anche se solo per inafferrabili
attimi.
- «Sono
libero di andare? Posso tornare a casa?» sospira sollevato,
Pansy
annuisce solamente passandogli poi la candida camicia della divisa
che indossa con agilità. Il pastrano scuro è
l'ultimo indumento che
ricopre il fisico tonico di Harry che indugia appena e poi non
sapendo bene come comportarsi: entrambi si scambiano un semplice e
veloce cenno col capo. Ma poi Harry ci ripensa, si volta e accenna ad
un sorriso, «Pansy? Grazie».
- La
voce non riesce a superare il carnoso muro delle sue labbra e
perciò
annuisce, ha capito.
-
- Il
monolocale in cui vive Pansy si trova in una palazzina dall'aspetto
fatiscente che un tempo fu certamente sofisticata e aristocratica,
gestita da un anziano Magonò che affitta sopratutto a
specializzandi e a qualche medimago del St. Mungo. Il complesso
infatti dista appena venti minuti a piedi dal vecchio magazzino Purge
& Dowse Ltd. in cui si cela appunto l'ospedale.
- Pansy
vi si è trasferita tre anni prima, quando aveva deciso di
afferrare
l'offerta fattale dalla Farley e tagliare i ponti con ciò
che era
sempre stata la sua vita; aveva deciso di darsi una
possibilità.
- Si
leva il pesante cappotto, l'acqua per il tè sta
già bollendo sul
fuoco, poggia sul piccolo ma elegante tavolo le medicine che dovrebbe
inviare a Potter e la sua cena per quella sera: involtini
primavera e pollo fritto al limone.
- Nonostante
la stanchezza, ha ancora trenta centimetri di pergamena da scrivere e
due capitoli di Medimagia d'urgenza da studiare; apre il tomo con la
penna prendiappunti che schizza sui fogli, mentre il suo palato si
riempie della sfoglia croccante e delle verdure speziate dell'involtino.
- Un
lieve bussare alla finestra la distrae, quando ormai le mancano poche
righe alla conclusione del suo saggio, Zephyr – il suo
allocco
maculato – è tornato e porta una lettera con
sé. Pansy si lascia
dare un buffetto sulla guancia pallida mentre l'allegro allocco, dopo
la tenera carezza, si arrocca sul trespolo accanto al letto colmo di
coperte e cuscini.
- La
lettera di Millicent fa sogghignare Pansy, vorrebbe risponderle
immediatamente ma lo sguardo le cade sul medicamento per Potter e il
sorriso le si spegne lentamente, mentre qualcosa nel fondo dello
stomaco la fa provare un enorme disagio; si prepara per coricarsi
eppure quella sensazione non sparisce, la medicina è sempre
lì, e
le pare quasi occupare troppo spazio, si mordicchia le unghie,
nervosa, sbuffa, prenderà una decisione la mattina seguente;
tira le
tende e sprofonda nel letto, ma è certa che quella notte gli
incubi
torneranno.
1: Eliza Fawley
è un mio OC, è una Purosangue la cui famiglia fa
parte delle Sacre Ventotto
2: scala di
Derwent, è
una scala di valori di mia invenzione, ho preso il nome "Derwent" da
Dilys Derwent, guaritrice del San Mungo e Preside di Hogwarts
(1705-1768)
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Ecco a voi il primo
capitolo di
questa long che non sarà molto long, i cui stessi capitoli
non
saranno molto long. L'idea è nata dopo aver letto una ff
proprio
con la ship Harry/Pansy e ho pensato semplicemente che questa coppia
avesse del potenziale, sopratutto se pensiamo al tenore del loro
"incontro" nell'ultimo libro. Ho cominciato a chiedermi se Pansy si
fosse mai pentita del suo comportamento? Che piega potrebbe prendere la
sua vita? E quella degli altri personaggi? E ecco l'inizio.
Ho intenzione di allargare lo sguardo, non solo entrando nei due
personaggi, ma anche includere altri personaggi che costellano la vita
dei due creando il mio personalissimo What if...?
Grazie a tutti coloro che sono giunti fino a qui, se volete farmi
conoscere la vostra opinione è più che ben
accetta ^^
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