Capitolo tredici
Merlyn aprì gli occhi venendo infastidita da un raggio di
Sole che filtrava dalla piccola finestra della sua camera da letto.
Istintivamente si strinse contro il marito e nascoste il viso contro il petto
nudo dell’uomo, sorridendo beata a quel contatto pelle su pelle che aveva tanto
temuto, ma che sapeva di non poterne più fare a meno.
La mano di Arthur si alzò e si posò contro la chioma
scompigliata della moglie, un sorriso sulle labbra al ricordo di quella notte.
Non era minimamente come se lo era aspettato, era stato decisamente meglio e
non vedeva l’ora di rifarlo.
«Dobbiamo prepararci per andare.» mormorò l’uomo passandosi
la mano libera contro il viso per darsi una svegliata. Era già decisamente
indietro sulla loro tabella di marcia, ma ne era valsa la pena.
«Uhm, hai ragione.» rispose la donna mettendosi a sedere
lasciando ad Arthur la gloriosa visione della schiena della moglie segnata da
piccoli morsi che l’uomo si era permesso di lasciare in piccoli momenti di
passione.
La prima volta era stato tutto estremamente dolce, entrambi
impacciati ma volenterosi di capire i meccanismi; la seconda volta si erano
divertiti di più, ridendo mentre scacciavano via farfalle; la terza volta
Arthur si era lasciato andare un po’ di più e aveva ricoperto di baci l’intero
corpo dell’amata, prima, durante e dopo.
«Chiudi gli occhi.» chiese Merlyn e il marito non provò
nemmeno ad obbiettare, rispettando la richiesta della ragazza. Facendo un po’
di scena posò anche il braccio contro gli occhi, ridendo perché non c’era nulla
che non avesse visto.
Non ci volle molto prima che la maga gli lanciasse contro la
tunica rossa «Vestiti mentre preparo la colazione.» e se nel camminare Arthur
notò un certo zoppicare non disse nulla.
Quando la raggiunse nell’altra stanza le avvolse i fianchi
con le mani e posò un bacio sulla base del collo dell’amata «Buongiorno.»
mormorò stringendo leggermente la presa, chiedendosi se potessero fare l’amore
anche alla luce del giorno. Non era una cosa ben vista, era considerata
un’attività esclusivamente notturna, ma adesso Arthur non poteva fare a meno di
pensare a quanto volesse nuovamente amare Merlyn e sentirla singhiozzare il suo
nome tra i gemiti di piacere.
«Buongiorno a te.» rispose la maga facendo aderire la
schiena contro il petto di Arthur, decisamente di buon umore. Erano stati degli
sciocchi ad aspettare tutto quel tempo, avrebbero dovuto farlo subito,
ignorando le sue paure.
Qualcuno bussò alla loro porta e Merlyn fece cadere la
spatola con cui stava girando fiocchi d’avena e latte. Non era decisamente
presentabile, non si era ancora pettinata i capelli!
Vedendo il marito andare verso la porta usò la magia per
dare ad entrambi una sistemata, chiunque fosse alla porta non doveva intuire
cosa fosse successo quella notte.
«Oh, Arthur, fortunatamente siete ancora in casa.» la voce
di Hunith era dolce come sempre, alle sue spalle Balinor aveva un’espressione
tremendamente seria.
«Sì, abbiamo deciso alla fine di partire nel primo
pomeriggio, non eravamo ancora del tutto pronti per partire questa mattina.»
mentì l’uomo non volendo rivelare ai suoceri che avevano dormito stanchi dopo aver
compiuto il suo dovere di marito, ripetutamente.
«Prego, entrate, stavamo giusto facendo colazione.» invitò i
due adulti nella casa, lo sguardo di Balinor fisso su di lui in maniera poco
rassicurante.
«Madre, padre, siete venuti a salutarci?» domandò Merlyn
tirando fuori altri due piatti dalla credenza. Non le era piaciuta l’idea di
partire avendo litigato con il padre, ma potevano rimediare in quel momento.
Hunith la guardò per un secondo prima di sorriderle come a
dire so cosa avete fatto e Merlyn arrossì, chiedendosi cosa l’avesse
data via. Era veramente così palese? Cosa le aveva detto l’altro giorno, una
questione di fianchi?
Si girò di scatto, quasi bruciandosi con il tegame per
evitare lo sguardo della madre «Accomodatevi, su.» invitò dividendo la
colazione nei quattro piatti.
Una volta che furono tutti seduti Arthur sentì la tensione
crescere ed istintivamente afferrò la mano della moglie sotto il tavolo. Non
c’erano belle notizie in arrivo, lo capiva dallo sguardo corrucciato di Hunith.
«Merlyn non potete partire.» Balinor spezzò il silenzio e
Arthur strinse la presa.
«Padre, per favore, non voglio andare avendo litigato. Non
staremo via per molto tempo, lo prometto.» disse stranamente calma, perché
infondo Balinor non poteva veramente impedirle di andare.
Hunith si pulì le labbra con il fazzoletto da tavola
«Tesoro, lascia che tuo padre ti spieghi.» intervenne in favore dell’amato, uno
sguardo troppo preoccupato che quasi spaventò la ragazza. Sua madre era sempre
dalla sua parte, se anche lei voleva impedirle di andare c’era qualcosa di
grave dietro.
«Okay, spiega.» sospirò mentre un braccio di Arthur le
cingeva le spalle in modo protettivo.
Balinor posò la forchetta contro il piatto «Viaggiare a
lungo è pericoloso per te, Merlyn, perché non conosci il tuo Destino. Non sai
le cose a cui sei destinata.» iniziò l’uomo guardando Hunith in cerca di
sostengo; la donna gli sorrise dolcemente «Perché tua madre ti avrà anche
chiamata Merlyn, ma non è così che sei conosciuta tra la nostra gente.» si alzò
in piedi e fece il giro del tavolo, inginocchiandosi davanti alla figlia
«Perché tu sei Emrys, la maga più potente mai apparsa su questa terra. Tu sei molto
più che la figlia di tuo padre. Sei la figlia della terra, del mare, del cielo.
La magia è l’anima di questo mondo e tu sei nata da essa. Tu sei la magia in
persona, Merlyn. Il tuo Destino è unire le terre di Albion con the Once and
Future King* e riportare la magia su questo mondo.» rivelò quelle leggende
che gli erano state raccontate fin da bambino. Mai si sarebbe aspettato che sua
figlia fosse la potente maga della profezia.
Merlyn rimase in silenzio, chiedendosi che razza di scherzo
fosse quello, ma poi si ricordò «Un uomo, Taliesin, mi ha chiamata con quel
nome.» disse ricordandosi di quello scellerato che l’aveva portata nel
territorio di Camelot per farle vedere una caverna «Nella Valle dei Re Caduti,
mi voleva mostrare il mio Destino in una caverna, ma non sono voluta entrare.»
spiegò chiedendosi se avesse fatto la scelta giusta.
«Quando è successo?» domandò Arthur, non ricordava che
Merlyn fosse mai scomparsa abbastanza tempo per andare a Camelot.
«Quando abbiamo incontrato mio padre, quando sono uscita da
sola.» rispose ricordandosi come i due uomini più importanti della sua vita
l’avessero fatta infuriare, accusandosi a vicenda di volerle fare del male.
«Hai fatto la cosa giusta, figlia mia, è pericoloso guardare
nel futuro attraversi i cristalli.» disse Balinor prendendole la mano non
occupata «Ma devi capire che è per questo che non posso lasciare che tu
viaggia, più persone stanno cercando Emrys, chi con buone intenzioni e chi con
cattive intenzioni. Il tuo potere, nelle mani sbagliate, può portare alla fine
di ogni Regno.» le disse sperando che finalmente capisse la sua preoccupazione.
«Chi è the Once and Future King?» domandò invece la ragazza,
chi era questo re che doveva trovare?
Hunith posò le mani sulle spalle dell’amato «Arthur
Pendragon.» rivelò il nome tanto odiato da Balinor, il figlio dell’uomo che gli
aveva rovinato la vita era anche colui che avrebbe liberato tutti i suoi
simili.
Arthur si irrigidì, lui era chi? No, non poteva esserlo, non
poteva essere questo mistico Re destinato a grandi cose. Arthur Pendragon aveva
rinunciato al trono per sposare l’amore della sua vita, una donna che a quanto
pareva era comunque destinato ad incontrare.
«Se è questo il mio Destino, il motivo dei miei poteri,
allora perché non mi avete spedito a Camelot come pianificato tempo fa?»
domandò la ragazza seriamente confusa. No, non poteva essere lei Emrys, doveva
esserci un errore. Non la voleva questa responsabilità e come diamine avrebbe
fatto ad aiutare un Pendragon dopo la sofferenza che aveva imposto alla sua
famiglia?
Balinor si alzò in piedi «Volevo tenerlo un segreto, ma la
storia sta cambiando e non per il verso giusto, il futuro è diventato incerto.
Era Destino che tu andassi a Camelot, ma la tua partenza per la corte di Cenred
ha modificato quello che dall’alba dei tempi era stato predetto.» disse
iniziando a girare per la stanza visibilmente nervoso «Kilgharrah è riuscito a
comunicare con me, avvertendomi del disastro che accadrà se non torni sulla
giusta strada del tuo Destino.» era stata un’esperienza strana, quella di
essere visitato nel sonno dal drago che lo odiava con tutto il suo cuore, ma
c’era il futuro di Albion in gioco.
«Chi è Kilgharrah?» domandò Arthur non ricordandosi di aver
visto forestieri ad Ealdor negli ultimi mesi.
«Il drago che soggiorna nelle segrete del castello di Camelot.»
rispose lo stregone.
Merlyn si alzò in piedi, lasciando andare la mano del
marito, tutte quelle informazioni le stavano facendo girare la testa «Tu parli
con i draghi?» domandò toccandosi le tempie. Doveva essere una gioiosa mattina,
perché stava andando tutto a rotoli?
«Sono un Signore dei Draghi e quando morirò tu sarai una
Signora dei Draghi.» rivelò senza troppi giri di parole l’uomo.
Merlyn aveva studiato dei Signori dei Draghi mentre era con
Alice, ma credeva non ce ne fossero più, sia di draghi che di Signori.
Fantastico, era Emrys ed una futura Signora dei Draghi, le
mancava solamente diventare regina!
«Io…» le si fermò l’aria in gola «Io devo andare a
schiarirmi le idee.» annunciò marciando fuori di casa.
No, non lo voleva quel Destino.
Voleva solamente rimanere con il suo Arthur.
Voleva viaggiare e magari un giorno mettere su famiglia.
Si addentrò nel bosco, inciampando di tanto in tanto nei
rami. Dove stava andando? Non ne aveva la minima idea, voleva solo
allontanarsi.
Ecco perché non aveva voluto vedere nei cristalli, per
evitare di sentire l’enorme peso di un Destino che sapeva non essere giusto per
lei. Non poteva lasciare suo marito e i suoi amici per andare a fare da
guardiana ad un principe.
Chiuse le mani in due pugni e marciò giù per la foresta,
sentiva gli uccelli cantare allegramente e degli animali muoversi tra il
fogliame, completamente insensibili al tormento interiore della ragazza.
Sentiva tutto, sentiva la terra, l’acqua del fiume, il
cielo. Sentiva la Terra respirare e ricordarle che lei era tutto quello, le
parole del padre incise nella memoria.
Attraversò il fiume saltando da una pietra all’altra, la
gonna del suo abito tirato sopra fino alle ginocchia. Voleva solamente
allontanarsi, sentirsi libera per un’ultima volta prima di tornare e dover
affrontare la dura verità e cioè che sarebbe dovuta partire per Camelot. Non
poteva ignorare le parole del drago, dell’imminente disastro che gli attendeva;
non poteva essere egoista ed infischiarsene, non era nella sua natura e sperò
che Arthur avrebbe deciso di partire con lei e tornare nel suo vecchio Regno.
Sentì un urlo spezzare l’armonia degli uccelli, la voce di
un uomo che implorava pietà. Istintivamente corse verso le voci ed inorridita
si trovò davanti ad un uomo che stringeva al petto un bambino circondato da dei
banditi.
«Hey, lasciateli stare!» urlò tirando una pietra. Non poteva
usare la magia in quel momento, non quando non era strettamente necessario e
non voleva spaventare il bambino.
Un uomo alto e robusto rise, le mani contro lo stomaco
mentre i suoi compagni si univano creando un coro di risate meschine «E cosa
pensa di fare, Miss?» le domandò brandendo la spada in modo scorretto,
completamente indisturbato dalla presenza della giovane.
«Lasciate andare l’uomo ed il bambino, altrimenti…» lasciò
la frase in sospeso, non sicura nemmeno lei di dove volesse andare a parare.
Poteva spaventarli, magari far tremare la terra, ma prima doveva assicurarsi
che le due vittime fossero abbastanza lontane.
«Ora sì che ho paura.» commentò uno degli uomini facendo
ridere gli altri. Merlyn decise di porre fine alle distanze e cammino fino a
ritrovarsi vicino all’uomo con il bambino.
«A quanto pare oggi abbiamo catturato due druidi ed una
graziosa fanciulla.» disse l’uomo robusto alzando la spada contro di loro.
Merlyn guardò il bambino e l’uomo, era perfetto! Se erano dei druidi
sicuramente non sarebbero spaventati per i suoi poteri.
«Emrys, ti prego, salvaci.» la voce non arrivò alle
sue orecchie, ma direttamente al suo cervello. Era chiaramente la voce del
bambino e le stava chiedendo aiuto.
«Aprite la gabbia.» ordinò l’uomo sicuro di avere ormai la
vittoria in pugno.
Merlyn alzò semplicemente una mano, attirando l’attenzione
di tutti i presenti.
«Cosa credi di fare, ragazzina?» le domandò l’uomo facendo
un passo verso di lei, ma appena si mosse gli occhi di Merlyn si illuminarono e
tutti gli uomini volarono a terra. Dando così il tempo ai tre di iniziare a
correre.
Sentirono chiaramente i banditi correre dietro di loro,
imprecando pesantemente per essersi fatti sfuggire ben tre druidi.
Merlyn afferrò la mano del bambino ed incitò l’uomo a
correre più veloce, non sapendo che erano già giorni che lo faceva ed era
stanco. Arrivarono al fiume e Merlyn vide sull’altra sponda il marito insieme
ai suoi amici.
«Arthur! Scappate!» urlò mentre prendeva tra le braccia il
bambino stringendoselo al petto, pronta a saltare sulle pietre per raggiungere
l’altra riva.
Nessuno degli uomini si mosse, estraendo le spade nell’udire
le urla dei banditi farsi più vicine.
Con ancora il bambino tra le braccia Merlyn si mise accanto
al marito, guardando preoccupata i banditi avvicinarsi alla riva del fiume. Non
potevano portarli verso Ealdor, ma non potevano nemmeno rimanere lì.
«Non vogliamo problemi, gentleman, vogliamo solo quei due
druidi e la ragazza.» disse l’uomo che doveva essere il leader.
«Non avrete né i druidi né mia moglie.» rispose Arthur
sottolineando la natura della loro relazione.
«Meglio che torniate sui vostri passi!» urlò Gwaine battendo
un gomito sul fianco di Parsifal, come ad incoraggiarlo a dire la sua.
«Andiamoce, non ne vale la pena.» disse uno degli uomini
tirando per una spalla il loro leader, valutando le loro possibilità di
vincita. Dall’altra parte c’era un uomo enorme che sicuramente avrebbe avuto la
meglio su di loro e i suoi amici sembravano abbastanza bravi con una spada.
«Bravi, scappate!» urlò Gwaine ridendo, quando Arthur aveva
chiesto loro di andare a cercare Merlyn insieme non si era aspettato di doverla
salvare da un gruppo di banditi.
Arthur si girò verso la moglie, chiedendole se fosse forse
impazzita nel lasciarsi inseguire in quel modo, ma la donna era già impegnata a
parlare con l’uomo che stava toccando dolcemente la testa del bambino.
Nessuno si accorse della freccia dalla punta argentea
comparire da dietro un albero e non se ne resero conto fino a quando l’uomo non
cadde a terra, provocando un urlo spaventato da parte del bambino. Merlyn coprì
il viso del bambino, spingendolo contro la spalla, le mani che tremavano mentre
guardava dall’altra parte del fiume, pronta a fermare un’altra freccia con la
sua magia.
«E–Emrys…» chiamò con quella poca voce che gli era rimasta
«prenditi cura di Mordred, non lasciare che il suo Destino rimanga segnato.»
esalò un ultimo respiro e Merlyn sentì gli occhi pizzicarle.
«Chi è Emrys?» chiese Gwaine chinandosi a chiudere gli occhi
dell’uomo e posandovi sopra due monete.
«Il più potente mago che sia mai esistito, ho sentito le leggende.»
rispose Lancelot, da piccolo nel suo villaggio aveva vissuto una famiglia di
druidi e la signora amava raccontare la leggenda del grande Emrys, colui che
avrebbe riportato la magia su Albion.
«Maga.» corresse Parsifal conoscendo un’altra versione della
storia.
«Merlyn.» disse Arthur facendo scattare la testa di tutti.
La ragazza si era allontanata con il bambino ancora tra le
braccia, stringendolo dolcemente mentre gli ripeteva che andava tutto bene, che
sarebbe stato al sicuro.
«Certo che ti sei trovato una moglie importante.» fischiò
Gwaine, quasi si pentiva di aver rinunciato a lei.
Arthur non gli rispose nemmeno, andando verso la moglie
«Tutto bene?» chiese stupidamente e per la prima volta vide il volto del
bambino, i suoi enormi occhi azzurri che gli ricordavano in qualche modo
Merlyn, con gli stessi capelli corvini e la pelle pallida.
«Sì.» rispose Mordred stringendo tra le mani le maniche del
vestito della donna. Era tra le braccia di Emrys, andava tutto bene, era
insieme ad Emrys, un grandissimo onore.
Arthur fece un sorriso tirato e posò una mano sulla spalla
della moglie «Tu stai bene?» le chiese dolcemente.
«Ha usato la parola Destino, Arthur.» rispose tremando
leggermente. Sembrava che tutto stesse veramente per scendere in una
catastrofe, proprio come Kilgharrah aveva predetto.
Il biondo l’abbracciò, circondando Merlyn e Morderd con le
sue braccia. Non disse nulla, sapendo che in quel momento l’ultima cosa di cui
la maga aveva bisogno erano altre parole.
⸸⸸⸸
Hunith pulì il viso del bambino e gli sorrise dolcemente
mentre Balinor sedeva fuori insieme a Merlyn.
«Allora, dove stavate andando tu e tuo padre?» gli domandò
la donna porgendogli del pane morbido.
Mordred guardò fuori dalla finestra, gli occhi fissi su
Merlyn «Camelot, cercavamo Emrys.» rispose ricordandosi di come il padre gli
avesse detto che avrebbero sistemato il suo Destino, che trovando Emrys
sarebbero riusciti a salvarlo. Non era piacevole avere appena sei anni** e
conoscere di essere destinato ad uccidere il Re più importante della storia.
«Oh, come mai la cercavate?» domandò leggermente
preoccupata, i druidi erano persone pacifiche e veneravano Emrys, ma Hunith non
poteva dimenticarsi che non tutti erano buoni e che anche dietro il viso più
innocente poteva nascondersi un pericoloso personaggio.
Mordred non le rispose, mordendosi il labbro «Posso uscire?»
chiese invece volendo tornare tra le braccia di Emrys.
La donna annuì, non voleva mettere pressioni al bambino. Lo
accompagnò all’esterno e lo seguì con lo sguardo, osservò come si fermò davanti
a Merlyn per poi essere preso in braccio e posato sulle sue gambe mentre
continuava a parlare con il padre.
«Sembra che abbiate adottato un bambino.» stava dicendo
Gwaine ad Arthur, i quattro uomini seduti sulla panca vicino all’entrata.
«Non possiamo certamente lasciarlo per strada.» rispose il
biondo guardando la moglie lasciare il bambino giocare con il suo fazzoletto da
collo, un sorriso leggermente intenerito mentre continuava a fare domande sul
Destino al padre.
Non ne avevano veramente parlato, non c’era stato il tempo,
ma Arthur sentiva che fosse la cosa giusta da fare e poteva vedere come la
donna si fosse già affezionata a Mordred. Sembrava che tutto gli stesse
suggerendo di rimanere ad Ealdor e poi magari andare a Camelot, anche se Arthur
sapeva di non poterlo fare, non c’erano dubbi che l’avrebbero riconosciuto
nonostante i due anni d’assenza.
Gwaine gli posò una mano sulla spalla, stringendola appena
«Sarò uno zio perfetto, te lo prometto.» scherzò cercando di alleggerire
l’atmosfera «Pasifal, dobbiamo buttare tutti gli oggetti pericolosi da casa
nostra.» disse al coinquilino nonostante non avessero nulla di veramente
pericoloso se non le loro spade.
«Potremmo insegnarli ad usare una spada.» suggerì Lancelot
vedendo del potenziale nel ragazzino. Poteva anche saper usare la magia, ma
essere un abile spadaccino portava sempre dei vantaggi.
La tranquillità della conversazione venne spezzata dalla
signora Imogen che marciò fuori da casa sua e a passo svelto si diresse verso
Merlyn e Balinor. Arthur si alzò di scatto, pronto a raggiungerli per evitare
che potesse succedere qualcosa di spiacevole, dietro di lui i suoi amici e la
suocera.
«… non prendiamo randagi, Merlyn, non possiamo permetterci
un’altra bocca da sfamare con il poco grano che abbiamo!» stava urlando
costringendo il bambino a coprirsi le orecchie, la voce stridula della donna
troppo forte.
«Non credo siano affari del villaggio, Imogen.» rispose la
ragazza rimanendo seduta con il bambino sulle gambe «Io e mio marito abbiamo
deciso di prenderci cura di Mordred e non sarà una questione di grano a farci
cambiare idea.» aggiunse posando una mano sulla spalla del padre per
tranquillizzarlo.
Altri membri del villaggio si avvicinarono, incuriositi dal
nuovo bambino.
«Non dire sciocchezze! Tua madre a malapena è riuscita a
crescere te, poi sei tornata con ben altre cinque da sfamare e ora un bambino?»
sputò velenosa la donna. Non le piacevano i forestieri, soprattutto quei due
che continuavano a rubare la sua frutta «Sarai la rovina di Ealdor, Merlyn, te
l’ho sempre detto!» urlò facendo arrossire la ragazza. Imogen l’aveva sempre
trattata male, fin da quando aveva memoria, ma essere umiliata così davanti a
suo padre, suo marito ed i suoi amici era troppo.
«La vera rovina di questo villaggio sei tu.» disse Arthur
mettendosi tra la donna e la moglie, permettendole di ricomporsi «Se la tua
famiglia non mangiasse come maiali la metà delle scorte di grano riusciremmo a
sfamare anche mezza Essetir.» provocò facendo innervosire Ranulf, il quale si
spinse tra la folla fino a finire faccia a faccia con Arthur.
«Tieni a freno la lingua, Arthur, non ti permetto di parlare
così a mia madre.» disse, ma senza provare nulla di fisico, ancora umiliato per
la perdita subita qualche mese prima.
«E io non permetto a nessuno di parlare in questo modo a mia
moglie.» rispose il biondo incrociando le braccia al petto, gonfiando i
muscoli in modo minaccioso «E non permetterò a nessuno di mettere in
discussione la presenza di Mordred perché da oggi fa parte della nostra
famiglia.» aggiunse sfidando chiunque a controbattere. Non gli interessava fare
la figura del cattivo, del gradasso, era cresciuto sentendosi superiore a tutti
e non si era mai fatto problemi nell’essere odiato.
Will annuì, non gli stava ancora interamente simpatico
Arthur, ma poteva vedere che buon marito fosse per la sua migliore amica.
Petronilla e Bertrada nascoste dietro alla madre non dissero
nulla nonostante la voglia di gettare cattiverie su Merlyn. Era impossibile che
quella stramba fosse riuscita a sposarsi prima di loro, ora adottava anche un
bambino!
«Qualcuno ha qualcosa da aggiungere?» domandò Parsifal
assumendo un tono duro e wow, Gwaine dovette trattenersi dal girarsi a
guardarlo e magari saltargli addosso. Erano ormai un paio di settimane che la
vicinanza di Parsifal gli creava piacevoli sensazioni e se nel passato aveva
giaciuto anche con uomini solamente a causa di mancanza di donne questo non
voleva dire che doveva negarsi la possibilità di potersi innamorare di un uomo.
Nessuno riusciva a sopportarlo come lui e non lo sgridava mai per le sue
stramberie e idee folli, a Gwaine piaceva molto Parsifal, proprio per questo
aveva deciso di andare a vivere con lui e non Lancelot.
Velocemente tutti si allontanarono, non volendo far
innervosire ulteriormente quel gruppo di strani.
«Tranquillo, Mordred, nessuno ti manderà via.» lo rassicurò
la ragazza sorridendogli dolcemente.
Il bambino annuì «Non ho paura, sono con te, Emrys.» le
rispose guardandola dritta negli occhi, uno sguardo forse troppo serio per
essere un bambino.
«Chiamami Merlyn, per favore.» disse carezzandogli la testa,
non perché non le piacesse l’altro nome, ma se quello che suo padre diceva era
vero e qualcuno la stava cercando per approfittarsi del suo potere era meglio
tenere questa sua identità un segreto.
Mordred annuì e scese dalle gambe della ragazza andando a
prendere la mano di Arthur, iniziando a trascinarlo verso il recinto dei
maiali.
Balinor guardò il bambino allontanarsi con un peso sul cuore,
sapeva perfettamente chi fosse, sapeva il suo ruolo nel Destino di sua figlia,
ma non riusciva a trovare il coraggio per rivelare la verità. Era solamente un
bambino, per la miseria, e Merlyn già lo adorava.
Kilgharrah gli aveva detto che il futuro come lo conoscevano
si stava sgretolando, troppe cose erano cambiate dalla visione originale. Se il
drago fosse stato lì gli avrebbe sicuramente suggerito di eliminare la
minaccia, di lasciare il bambino morire ed evitare che compiesse il suo
Destino.
Balinor si toccò la barba, pensieroso, Mordred era destinato
ad uccidere Arthur Pendragon come Merlyn era destinato a proteggerlo, ma forse
lasciando che i due rimanessero insieme sarebbero riusciti ad evitare quella
fine. Forse Mordred poteva essere salvato da quel crudele futuro, ma forse
poteva cambiare quello di Merlyn, poteva portare Emrys sulla cattiva strada,
corromperla.
«Padre, tutto bene?» la voce della figlia lo riportò in sé.
Sospirò, decidendo di mentire, ancora una volta e
nascondendo la verità «Sì, figlia mia, va tutto bene.».
⸸⸸⸸
Merlyn rimboccò le coperte a Mordred. Will era stato
talmente gentile da portare tutti i vestiti che aveva indossato da bambino da
poter regalare al figlio adottivo di Merlyn ed Arthur.
Arthur insieme a Lancelot aveva costruito un piccolo letto
da poter mettere lungo il muro vicino alla cucina, abbastanza vicino al fuoco
da poterlo tenere al caldo.
La maga stava indossando il suo abito da notte, una semplice
tunica bianca lunga fino ai piedi, i capelli sciolti che le davano un aspetto
etereo.
Si sedé sul bordo del letto «Mordred, puoi dirmi cosa è
successo oggi?» gli domandò volendo accertarsi che il bambino avesse capito
veramente che quella mattina suo padre era morto, che la sua vita sarebbe
cambiata per sempre da quel momento.
«Io e mio padre stavamo scappando, Emrys ci ha salvati, ma
mio padre è morto. Ora vivo con Emrys ed Arthur.» rispose il bambino corrugando
la fronte. Non si era già dimenticato quello che era accaduto, non aveva la
memoria corta!
Merlyn posò una mano sulla sua guancia «Va bene, ora puoi
dormire. Buonanotte.» si chinò per dargli un bacio sulla fronte, rimboccandogli
le coperte per un’ultima volta. Spense la candela sul tavolo, lasciando che l’oscurità
scendesse nella stanza.
Si infilò sotto le coperte e si strinse contro il marito,
lasciandosi abbracciare in completo silenzio.
«Abbiamo fatto la scelta giusta.» riuscì a sentire prima di
cadere in un profondo sonno, stremata da quella giornata ricca di eventi.
*Non lo so, in italiano non mi piace
**Mordred nella serie tv ha undici anni nella sua prima
apparizione, ma l’ho voluto più bambino in modo da potersi affezionare in
maniera più materna a Merlyn