−
Rinaldo!
− urla, beffarda, la
voce di Rodrigo.
Sbarro
gli occhi e mi giro. Quel bastardo vuole colpire Marcella!
Non
voglio che lei muoia per avermi amato.
− Non
vuoi vedere come muore la donna che ami? −
conclude beffardo.
Preme
il grilletto. Spara. Il crepitio dei proiettili risuona.
− No!
− grido. Se qualcuno
deve morire, quello sarò io.
Mi
metto davanti a Marcella, per proteggerla.
La
pallottole dilaniano il mio corpo e cado, privo di energie. Lo so, la
mia fine è vicina.
Davanti
ai miei occhi, danzano gli spettri delle mie vittime.
Chiedono
giustizia per le loro morti insensate.
Il
velo della mia arroganza si è finalmente strappato.
Vedo
la mia anima nella sua nudità e ne ho disgusto e terrore.
Come
ho potuto macchiarmi di simili atrocità?
Sento
le lacrime e i singhiozzi di Marcella, a poca distanza da me.
Provo
a toccarti il collo, anche se non ho alcuna forza nel braccio.
Il
mio ultimo ricordo sarà il calore della tua pelle.
− Che
il Signore mi perdoni... Ma non credo che sarà possibile...
Addio, amore mio... −
mormoro. Troppo tardi è giunto il mio pentimento.
Questo
è il risultato della mia arroganza.
Marcella,
a cui ho fatto tanto male, sta piangendo.
No,
non sprecare lacrime per me.
Io
non merito la sofferenza di nessuno.
L'Inferno,
che si spalanca sotto di me, è meno doloroso delle lacrime che
lei sta versando a causa mia.
No...
Nessuno deve piangere per uno come me.
Vorrei
dirlo ad alta voce, ma non ho più forza e il sangue mi impasta
la bocca.
Il
mio tempo, ormai, è scaduto.
E
io, straziato da rimorsi tardivi, muoio.
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