Jailbird

di Kim WinterNight
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NOTE:
Quello che state per leggere non è assolutamente da considerarsi realistico.
Ho semplicemente avvertito la necessità di scrivere questa storia, una serie di flussi di pensieri interamente incentrati su Mike Patton.
Da quando ho saputo che ha dovuto annullare tutti i suoi concerti dalla seconda metà del 2021 fino a quelli programmati per la prossima estate per via di “problemi mentali” non meglio specificati, sono rimasta veramente colpita e ho cominciato seriamente a preoccuparmi.
Così sono arrivata a partorire questo racconto che cerca di descrivere e indagare su ciò che potrebbe ipoteticamente albergare dentro di lui, anche se non ho effettivamente nulla di concreto su cui basarmi e quindi ho soltanto messo in moto la mia fervida immaginazione; ho pensato che il tutto potesse avere a che fare con la pandemia, visto che tutto è cominciato dopo il suo inizio, ma ripeto, sono solo e soltante mie idee.
Se solo potessi sapere come sta e cosa gli sta succedendo, forse sarei più tranquilla anche io.
Ma non è così, Mike è riservato e non parla mai di se stesso. Si sa veramente poco di questa faccenda e la cosa non fa che ferirmi.
Così è nata questa storia, anche grazie all’aiuto dei testi di canzone che accompagneranno ogni scena e momento.
In ogni capitolo troverete momenti di diverse giornate e ci saranno menzioni e apparizioni di persone che fanno in qualche modo parte della vita di Mike.
Se non siete in vena di leggere qualcosa di angst e triste, beh, vi consiglio di skippare il mio lavoro.
Mi ha distrutto emotivamente scriverla, ma allo stesso tempo dovevo farlo.
Prendetela così com’è: una storia introspettiva e dolorosa, senza pretese né ambizioni.
Volevo solo scrivere per Mike – di Mike.
Perché mi manca e voglio soltanto che torni a fare ciò che ama, più forte ed energico di prima.
Spero che riesca a emergere nuovamente da qualsiasi inferno stia vivendo.
E io lo aspetterò ♥
 
 
 
 
 
 
Prologo
 
 
 
 
 
 
C’è qualcosa che mi distrae.
Una voce tra le voci, uno speaker alla radio, un mormorio in mezzo a una folla impossibile.
È sempre così alla stazione della metro, ma stavolta un fattore diverso mi attrae. Non me lo so spiegare, ma succede.
Quella voce parla di sette casi. Sette casi di qualcosa, in Cina. Mi concentro, ma è difficile sentire in mezzo a questo caos.
La gente mi viene addosso, mi parla in faccia, ride e corre di qua e di là.
Tra le mille voci e le tremila parole, colgo ancora qualcosa: virus.
Non so perché ci faccio caso.
È una giornata come un’altra, una radio qualsiasi trasmette un notiziario qualunque e io rimango in ascolto.
Non lo faccio mai, non quando ho fretta.
E oggi ne ho tanta: devo andare in studio a lavorare sui brani del nuovo album di Duane, è da un po’ che i Tomahawk non sfornano qualcosa.
Scrollo le spalle e accelero il passo, facendo lo slalom tra i corpi esagitati dei presenti.
Quando esco dalla stazione, mi sono già dimenticato cosa abbia attirato tanto la mia attenzione.




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