Lo scherzo

di innominetuo
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Non ho potuto affidarti alla Terra.

Se c’è una cosa che mi impedisce di dimenticare, di trovare un po’ di pace, più di tutto quanto, è il dovermi guardare indietro, fin dove il mio sguardo riesce ancora a scorgere la bara che lentamente ti porta via e si allontana, nel mare più profondo.

Ho dovuto lasciarti andare, anche così…

Niente morbido ventre di una madre per accoglierti nel tuo riposo, ma il freddo assoluto dello spazio eterno.

Cosa mi rimane?

Dimmi: cosa mi rimane di tutto ciò che abbiamo condiviso anche nei momenti più difficili della nostra giovinezza, quando osavamo ancora credere in qualcosa?

Fisso il piccolo barattolo di vetro posato ormai da tempo immemore sul mio tavolo, non so più nemmeno da quanto, ormai.

Un semplice, anonimo barattolo di vetro, anche un po’ scheggiato, chiuso da un tappo di plastica a vite.

Ma contiene un pugno di terra che per te costituiva un tesoro dal valore inestimabile: le ultime, umili vestigia di una patria non abbastanza amata da chi aveva il dovere di proteggerla… e non l’ha fatto, non l’ha saputo, o voluto fare.

Sono stanco, sai.

Molto stanco.

Non posso però permettermi, non ancora, il lusso di venirti a cercare, per brindare ai nostri ricordi. E non sempre provo sollievo nell’interrogarti nel cuore dell’Arcadia: questo te lo confesso.

Vado ancora avanti, a dispetto di tutto e di me stesso, anche perché non so bene cosa io possa significare in questo assurdo, farsesco disegno del Fato.

Un simbolo?

Un’ombra?

Oppure una creatura che soffre e si dibatte, un verme che non riesce a risollevarsi dal pantano in cui rischia da sin troppo tempo di annegare?

Alcuni mi chiamano Demonio, altri Eroe.

Forse hanno ragione entrambi… chi lo sa.

Io no di sicuro.

So solo di dover proseguire per questa strada invisibile, che la nostra nave ha saputo impostare come rotta a dispetto di chiunque.

Anche se solo per un giorno, o un’ora, si continua a volare: a fingere di essere vivi in un grottesco, immane scherzo che non fa più ridere nessuno.

Tu lo sai: i semplici istanti contengono una scheggia di eternità, quella che ormai ti avvolge e ti tiene lontano da me.

Puoi anche non aspettarmi.

Ma io riesco a sentirlo, che il riposo mi rincorre… magari tra un po’ ce la farà a prendermi.

 
§§§

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Con immenso rispetto per il Sensei Leiji Matsumoto, cui tributo i doverosi credits. Capitan Harlock e Tochiro Oyama sono suoi: a noi spetta solo di amarli.




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