«Madre, posso andare da zio Lancelot?» chiese Mordred
saltando da un piede all’altro guardando verso la porta. Lancelot gli aveva
promesso che gli avrebbe insegnato a cavalcare e lui non vedeva l’ora.
Merlyn gli fece segno di abbassare la voce, Arthur ancora
addormentato nella camera da letto «Va bene, ricordagli di portarti a casa
della nonna per l’ora di pranzo.» disse passandogli il mantello verde per
coprirlo dal primo freddo autunnale.
Il bambino scese dalla sedia e l’abbracciò, ringraziandola
per poi correre fuori dalla porta scordandosi di chiuderla alle sue spalle. La
maga si alzò a chiuderla e guardò la sua fede ricordandosi che quel giorno lei
ed Arthur festeggiavano un anno di matrimonio.
Si morse il labbro inferiore, un’idea che le ronzava in
testa. Fuori il Sole stava già dando i primi raggi e la ragazza si era già
presa cura della loro parte di campo. Fuori dalla finestra vide Mordred
battersi il pugno con Lancelot, la maggior parte degli abitanti di Ealdor si
stavano dirigendo verso il campo di tritico per iniziare la loro giornata di
mietitura.
Per sicurezza fece un incantesimo per dare all’illusione per
chiunque si avvicinasse alla finestra che i due sposi stessero seduti a leggere
vicino al camino. Entrò nella camera da letto facendo piano, le tende erano
ancora posizionate in modo da non far entrare nemmeno un raggio di luce.
Con movimenti calcolati si slacciò il vestito, facendolo
cadere ai piedi, rimanendo con solamente la sottoveste addosso. Sfilò le scarpe
e a piedi nudi si fece strada fino al letto, posando leggermente un ginocchio
sul bordo del materasso.
Arthur si destò immediatamente, il suo allenamento militare
gli aveva donato un sonno leggero, e per puro istinto afferrò Merlyn per
scaraventarla sul letto e salirle sopra.
«Buongiorno a te.» rise la ragazza con un luccichio negli
occhi che Arthur aveva imparato a conoscere bene. Il principe corrugò la
fronte, era sicuro fosse già mattino, non avevano mai fatto nulla del genere
con il Sole fuori.
«Buongiorno.» rispose l’uomo chinandosi a baciarla, una mano
tra i lunghi capelli sciolti della moglie.
«Oggi è il nostro anniversario.» gli ricordò carezzandogli i
pettorali nudi, cercando di essere sensuale. Ormai aveva acquistato una certa
sicurezza nella camera da letto e non cercava più di nascondersi agli occhi del
marito.
Arthur sorrise, pensando all’ultimo fantastico anno che
avevano vissuto «Davvero? Il tempo è volato.» rispose tra un bacio e l’altro.
Merlyn annuì cercando di non gemere quando Arthur le prese
un seno nella mano, la sottoveste l’unica barriera tra le loro pelli. Gli circondò
le spalle con le braccia tirandolo verso il basso, cercando nuovamente le sue
labbra.
L’uomo cercò di non schiacciarla, provando a sorreggersi
solamente su un gomito mentre le tirava sopra la sottoveste, i suoi pantaloni
decisamente più stretti del dovuto al solo pensiero di quello che lo aspettava.
Arthur adorava fare l’amore con Merlyn e non si pentì
nemmeno per mezzo secondo di voler essere rimasto vergine fino alle nozze.
Nella loro inesperienza avevano creato una solida base per la loro relazione intima,
imparando lungo la via cosa e cosa non piacesse loro. Avevano sperimentato poco,
Arthur aveva provato a prendere qualche suggerimento dai racconti di Gwaine, ma
certe cose erano semplicemente troppo sconce da poter provare con sua moglie,
era pur sempre un principe, non un animale.
Merlyn lo aiutò a sfilarsi la sottoveste, rimanendo nuda
sotto di lui, e le sue mani corsero ai lacci dei pantaloni del marito, triando
verso il basso sia l’indumento che l’intimo dell’uomo.
La maga si spinse a sedere, allontanando momentaneamente
Arthur, voleva provare qualcosa di nuovo. Aveva recentemente letto un romanzo e
un passaggio l’aveva leggermente fatta accaldare.
Spinse Arthur a sdraiarsi e gli sfilò completamente gli
indumenti di dosso facendoli cadere a terra. Sentendosi spavalda si sedette sul
bacino del marito facendo sfiorare le loro intimità. Il biondo gemette e le
mani volarono ad afferrare i fianchi della moglie, fermandola.
Prese un profondo respiro e constatò con disappunto di non
riuscire a vedere il viso della moglie.
«Possiamo accendere una candela?» domandò con voce rauca.
Voleva vederla, voleva godersi quello spettacolo che era sua moglie.
Tipicamente era lui ad avere le redini della situazione a letto, Merlyn
nonostante il carattere fumantino e la completa dedizione nel voler violare le
norme di genere, a letto era estremamente docile.
La stanza si illuminò alla luce di tre candele e Arthur
dovette chiudere gli occhi e pensare a qualcosa di disgustoso per non venire in
quell’esatto istante.
Improvvisamente Merlyn si fece timida, chiedendosi cosa
diamine stesse facendo. Non stava bene ad una donna essere in quella posizione.
Fece per scendere quando Arthur la bloccò nuovamente.
«Sei bellissima.» sussurrò allungando una mano verso la sua
guancia, una dolce carezza che spezzava la natura lussuriosa del momento.
Merlyn arrossì fino alle punte delle orecchie, le mani
posate contro i pettorali dell’uomo. Non rispose verbalmente, ma mosse il
bacino in modo sperimentale, sentendo la sua intimità incontrare quella del
marito.
Le mani sui suoi fianchi si strinsero di più e Merlyn lo
prese come un invito a ripetere l’azione.
Arthur doveva essere in Paradiso.
⸸⸸⸸
Uther Pendragon arrivò con cinque cavalieri ad Ealdor, poco
dietro di lui su un asino vi era il ragazzo che aveva giurato si sapere dove
fosse suo figlio.
Il villaggio era poco fuori il confine di Camelot, ma ad
Uther non interessava rischiare una guerra con Cenred. Finalmente avrebbe
riabbracciato suo figlio!
«Dove?» chiese al ragazzo, stavano già perdendo abbastanza
tempo. Non sembrava esserci nessuno in giro, sicuramente tutti impegnati nei
campi. Doveva salvare suo figlio, liberarlo e uccidere chiunque avesse avuto il
coraggio di detenerlo per tutto quel tempo lontano da casa.
«In quella casa, mio signore.» Osbert indicò la casa al
limitare del villaggio. Il re non gli aveva dato nemmeno il tempo di raccontare
tutta la storia, creandosi in testa l’idea che qualcuno l’avesse rapito e non
che fosse entrato e rimasto di sua spontanea volontà ad Ealdor.
Uther smontò da cavallo e i cavalieri fecero lo stesso. Con
sé aveva portato anche Sir Leon, l’unico di cui si fidasse veramente e sapeva
che dopo essere stato salvato Arthur avrebbe avuto bisogno di un amico.
Estrasse la spada e si avvicinò silenziosamente
all’abitazione, pronto a tagliare la gola a chiunque fosse all’interno. Sir
Leon aprì la porta, rivelando un salotto vuoto, ma si potevano sentire dei
versi provenire dietro l’unica porta presente all’interno.
Uther non perse tempo, andando a passo sicuro verso la porta
di legno, aprendola con un calcio. Le orecchie dei presenti vennero
immediatamente investite da un urlo femminile e gli uomini videro nella stanza
poveramente illuminata una donna priva di vestiti che stava dando loro le
spalle, la schiena e il fondoschiena coperti da una massa di capelli neri.
Chiunque fosse sotto di lei agì con velocità nel coprire la ragazza con un
lenzuolo, preservandone un minimo di dignità.
Sir Leon chiuse la porta, le gote rosse per quel poco che
aveva visto. Tutti rimasero in silenzio e si guardarono confusi. Il Re uscì
dall’abitazione per afferrare Osbert dalla tunica e sbatterlo contro la
facciata della casa, dietro di lui i suoi cavalieri.
«Mi hai mentito!» ringhiò posando la punta della sua spada
contro il mento del ragazzo. Voleva ucciderlo, gli aveva dato solamente false
speranze e fatto perdere giorni importanti per la ricerca del figlio.
«Mio signore… io…» Osbert faceva fatica a respirare, le
parole gli morivano in gola per la paura.
Dall’abitazione uscì un uomo che si stava infilando la
tunica nei pantaloni «Chi diamine osa entrare in casa mia senza annunciarsi?»
domandò furibondo solamente per sentire il colore scomparirgli dal viso.
Improvvisamente si sentì male, davanti a lui c’era suo padre.
«Arthur!» esclamò l’uomo piantando la spada a terra,
scordandosi completamente di Osbert.
Dietro di lui comparve una ragazza minuta, la quale quasi
scompariva dietro la figura del figlio. Era rossa in viso, sicuramente
imbarazzata per essere stata vista in uno stato indecoroso da quegli estranei.
«Arthur, figlio mio.» ripeté l’uomo e Merlyn lo guardò
sorpresa. Arthur non aveva mai parlato di suo padre, ma non era certamente così
che se lo era immaginato. Si vedeva chiaramente che fosse un nobile e i
cavalieri di Camelot le stavano mettendo una certa ansia addosso. L’avrebbero
uccisa solamente se avessero sospettato che usasse la magia, anche se erano
fuori la loro giurisdizione.
Si nascose ancora un po’ dietro le spalle di Arthur,
afferrandogli la tunica stringendola in un pugno, pronto a tirarlo indietro nel
caso qualcuno avesse provato ad attaccarlo. Non che credesse che suo padre
volesse fargli del male, ma la prudenza non era mai troppa.
«Come mi avete trovato?» domandò il principe sentendo un
nodo alla gola. Guardò Sir Leon, il quale indicò con lo sguardo Osbert. Arthur
sentì una rabbia immensa crescergli dentro, la sua vita era rovinata!
Uther si avvicinò sorridendo, allargando le braccia in un
invito ad abbracciarlo, ma il ragazzo non si mosse.
«Arthur, che succede?» chiese Merlyn a voce abbastanza alta.
Non le piaceva l’aria che era venuta a crearsi.
Un cavaliere alzò la spada «Attenta a come parli al
principe, sgualdrina.» la rimproverò.
Merlyn lasciò andare la presa sulla tunica di Arthur facendo
un passo indietro. Cosa? Il principe? Arthur era… Arthur Pendragon?
«Non ti permettere di parlare in questo modo a mia moglie!»
rispose il principe fulminando con lo sguardo il cavaliere. Sir Leon spalancò
la bocca sbalordito, mentre Uther strinse le labbra in una linea sottile,
ovviamente disapprovava quello che aveva appena sentito.
«Non dire sciocchezze, Arthur, quella contadina non è tua
moglie.» disse con tono duro, il suo tono da re che il figlio tanto odiava.
Merlyn si era fatta più lontana, lo sguardo perso nel guardare
gli uomini discutere. Le aveva mentito, per tutto quel tempo, non le aveva mai
detto la verità nonostante tutte le conversazioni avute sul suo Destino. Si era
preso gioco di lei!
Un cavaliere l’afferrò per il gomito in modo da evitare che
si potesse allontanare. La ragazza si guardò intorno, doveva avvertire il
padre, se Uther l’avrebbe visto lo avrebbe ucciso!
«Mordred, tesoro, devi andare dal nonno e dirgli che
Uther Pendragon è qui.» comunicò con il figlio. Non ricevette risposta, ma
vide sua madre ed i suoi amici arrivare.
«Cosa succede?» chiese Gwaine fissando malamente l’uomo che
tratteneva Merlyn.
«Una riunione di famiglia.» sputò velenosamente la ragazza.
Arthur, il suo Arthur, era figlio dell’uomo che aveva causato tanto dolore ai
suoi genitori, l’uomo che uccideva le persone come lei senza pietà.
Parsifal si irrigidì riconoscendo il regnante di Camelot,
posò una mano sulla spalla di Gwaine e se lo tirò vicino, non volendo che si intromettesse
e rischiasse di venire ferito.
Hunith raggiunse la figlia, prendendola una mano. Lo sguardo
triste e addolorato per la sua Merlyn, ma anche con una leggera paura che
avrebbero trovato Balinor e Mordred.
«Attenta a come parli.» l’ammonì nuovamente un cavaliere,
non apprezzando il suo tono.
Uther guardò le due donne, avevano un qualcosa di familiare,
ma non riusciva a comprendere veramente quella sensazione che gli fece
formicolare la nuca.
«Arthur, raccogli le tue cose, torniamo a casa.» ordinò
l’uomo.
«Non voglio tornare a Camelot, ho una vita qui, una
famiglia.» disse indicando Merlyn.
Uther strinse il pomolo della sua spada, la sua pazienza
stava arrivando al limite «Basta con queste fesserie, ti sei divertito con
quella ragazza, ma è il momento di tornare a casa e sposare per davvero una
principessa.» disse facendo cenno a due guardie di afferrare il figlio.
«No! Siamo sposati, non puoi dividere un’unione consacrata
agli occhi di Dio.» protestò strattonandosi dalla presa dei cavalieri.
«Io posso! Sono il re di Camelot!» tuonò attirando
l’attenzione degli altri abitanti di Ealdor.
Arthur fece per protestare nuovamente, ma la voce di Merlyn
lo precedette «Tornatene a casa tua, Arthur Pendragon, perché tu non sei
l’uomo che ho sposato.» sibilò con le lacrime agli occhi.
Uther sorrise compiaciuto ed ordinò che la ragazza venisse
lasciata «Cosa vuoi in cambio del tuo silenzio, ragazza? Oro, terreni?» domandò
ben sapendo che c’era sempre un prezzo. La ragazza poteva anche starlo
lasciando andare, ma doveva pur volere qualcosa in cambio per non tornare mai
più nelle loro vite.
Merlyn lo guardò confuso «Non voglio nulla.» rispose a denti
stretti, evitando di guardare verso l’uomo che credeva di conoscere.
Il re non sembrò convinto «Da quanto tempo siete sposati?»
domandò invece, doveva accertarsi di una cosa.
«Un anno oggi.» rispose la maga guardando brevemente la sua
fede. La fede della madre di Arthur. La regina Ygreine. La moglie defunta di
Uther. Un cimelio della famiglia Pendragon.
«E dimmi, ci sono possibilità che tu abbia in grembo un possibile
bastardo?» domandò facendo arrossire la ragazza. Come si permetteva? Suo
figlio non sarebbe stato un bastardo, lei era sposata! O almeno lo era, perché
in quel momento si stava sfilando la fede.
Camminò fino a fermarsi davanti ad Arthur «No, nessuna
possibilità.» rispose posandogli sul palmo della mano l’anello.
«Merlyn, per favore…» provò a dire, voleva scusarsi, dirle
che i suoi sentimenti erano sinceri, che non aveva mentito su nulla che sul suo
nome, ma la ragazza lo bloccò con una mano davanti al viso.
«Non dire mai più il mio nome.» disse con voce dura.
Uther sorrise soddisfatto «Bene, la questione è risolta,
possiamo andare a casa. Mi racconterai cos’è successo strada facendo.» esordì
battendo una mano sulla spalla del figlio, guardando la ragazza scomparire
dentro la casa, le prime lacrime a bagnarle il viso.
«Padre, non voglio, sono felice qui.» protestò nuovamente il
biondo, il cuore che andava frantumandosi, la mano chiusa a pugno stringendo
l’anello della moglie.
«Arthur, la ragazza ti ha lasciato andare, ti odia.»
gli ricordò con meschina gioia. Era stato più facile del previsto, chiunque si
sarebbe approfittato di scoprire di essere sposata ad un principe, ma questa
Merlyn doveva essere veramente una stupida se non aveva voluto nemmeno una
ricompensa in oro per sparire dalle loro vite.
Il principe sentì la porta di casa sbattere, Merlyn aveva
tra le braccia le sue cose e stava camminando via insieme ad Hunith. Lo stava
lasciando veramente, avrebbe lasciato che suo padre lo portasse via.
Guardò Lancelot in cerca d’aiuto, ma il ragazzo scosse la
testa, non potevano fare molto. Doveva tornare a Camelot, era quello il suo
posto.
Arthur sospirò sconsolato.
«Promettimi che vi prenderete cura di lei.» chiese con un
filo di voce al suo amico.
«Certo, Arthur, non lasceremo che le accada nulla.» promise
Lancelot stringendogli la mano, sigillando un patto.
Il ragazzo entrò in casa a recuperare i suoi pochi averi e
si fermo a scrivere due lettere, una per Merlyn e una per Mordred. Nascose in
una credenza il sigillo di sua madre, un pezzo di pergamena in cui le spiegava
che se mai fosse voluta venire a Camelot le sarebbe bastato mostrare l’oggetto
per arrivare a lui.
Chiuse la porta sentendo un enorme peso sul cuore, la
consapevolezza che quella mattina non aveva nemmeno salutato Mordred lo
rattristiva.
Sarebbe tornato, avrebbe riconquistato Merlyn.
Montò a cavallo circondato dai cavalieri, in modo che non
potesse scappare, sopra di loro il cielo era carico di nuvole.
Appena fuori Ealdor un temporale investì i viaggiatori e
Arthur sapeva perfettamente che non era una semplice casualità.
Sua moglie stava soffrendo ed era colpa sua.
⸸⸸⸸
Merlyn faceva finta che tutto andasse bene. Era tornata a
casa dei genitori e lei e Mordred condividevano un letto. Il bambino non faceva
altro che chiedere che fine avesse fatto suo padre, confuso dalla sua mancanza,
e Merlyn non aveva avuto il cuore di dirgli la verità, quindi si era inventata
che Arthur era dovuto andare ad aiutare il re di Camelot per una missione molto
importante e che non sapeva quando sarebbe tornato. Un giorno avrebbe dovuto
dirgli di dimenticarselo, che molto probabilmente era morto.
Non aveva messo piede nella sua casa coniugale da quella
ingiuriosa mattina, non voleva rivedere uno dei posti in cui aveva condiviso troppi
momenti con Arthur Pendragon.
Balinor era andato su tutte le furie quando Hunith gli aveva
raccontato cosa fosse successo, desiderando averlo tra le mani per poterlo
strangolare, ma erano solo parole dette al vuoto.
Merlyn era seduta su un ceppo di legno, lo sguardo perso
mentre Mordred giocava con la sua magia nel centro della radura.
Cercava di passare quanto più tempo poteva con il bambino
cercando di non fargli sentire la mancanza di Arthur, avevano anche giocato con
delle spade di legno una volta, ma Merlyn era decisamente negata.
«Madre, guarda!» richiamò la sua attenzione Mordred
indicandole una farfalla blu. Merlyn gli sorrise sforzatamente «Sei bravissimo,
tesoro.» si congratulò con un nodo alla gola.
Il druido rise e alzò nuovamente le mani, gli occhi si
illuminarono d’oro e altre farfalle comparvero. Svolazzarono nell’aria fino a
raggiungerla, posandosi tra i suoi capelli e sulla punta del naso.
Merlyn non riusciva più a creare farfalle, nonostante gli
sforzi sembrava che quell’incantesimo involontario che aveva fatto per tutta la
sua vita le fosse stato tolto.
Il bambino si sedette sulle sue gambe e posò la testa contro
il suo petto, giocando con una ciocca dei capelli corvini della ragazza «Mi
manca Arthur.» borbottò timido e Merlyn gli baciò la testa.
«Manca anche a me.» ammise prima di scoppiare a piangere,
non era facile far finta che tutto andasse bene.
⸸⸸⸸
Morgana entrò nelle stanze del Principe Arthur senza
bussare. Erano ormai due mesi che era a casa, ma sembrava che non ci fosse. La
donna lo aveva trovato in uno stato pietoso, il contrario di quello che ci si aspetterebbe
da una persona che tornava a casa dopo più di tre anni.
Uther non le aveva dato alcuna informazione, limitandosi a
dirle di essere semplicemente grata che Arthur fosse tornato a casa, ma Sir
Leon prendendo pietà nei suoi confronti le aveva raccontato nella più totale
confidenza quello che era accaduto ad Ealdor.
La protetta del re non poteva credere alle sue orecchie, mai
si sarebbe aspettata che Arthur riuscisse a conquistare una ragazza, tantomeno
sposarne una e nascondere la sua vera identità! Ascoltò attentamente Leon
riferirle le parole scambiate tra la coppia di sposi e la loro straziante
separazione.
La stanza era buia, Morris le aveva detto che il principe si
rifiutava di alzarsi dal letto e Uther stava permettendo ad Arthur di fare
ancora per poco questi capricci. Si avvicinò alla finestra e tirò via le tende,
alle sue spalle Gwen la imitò con quelle vicino al camino.
Sul letto Arthur era sdraiato con gli occhi aperti,
chiaramente vigile, ma la sua carnagione non prometteva nulla di buono.
Sembrava sul punto di morte e Morgana non poteva permettere che l’uomo perisse
per la sua stupidità.
«Ora basta, Arthur, è il momento di tornare in piedi.» lo
spronò tirando via le coperte. Mai si sarebbe aspettata di vedere Arthur
struggersi per amore.
«Morgana, esci dalle mie stanze, per favore.» una delle cose
che Morgana adorava di questo nuovo Arthur, però, erano le buone maniere.
Merlyn – così Leon le aveva detto fosse il nome della sposa – doveva essere
stata una buona influenza per lui.
La donna scosse la testa «Assolutamente no, devi uscire e
farti vedere dal popolo, la gente è preoccupata per il loro principe.» disse
andando verso l’armadio per tirarne fuori dei vestiti e gettarli sul letto «Ti
aspetto all’ingresso, non farmi attendere molto.» disse scomparendo con Gwen,
che silenziosa non aveva osato dire nemmeno una parola.
La fidata servitrice era stata messa al corrente della
situazione e non provava altro che dolore per Arthur. I due avevano avuto una
breve relazione, ma questa Merlyn doveva essere stata veramente speciale se
Arthur aveva deciso di rinunciare al trono per stare con lei. Gwen aveva sempre
ricevuto promesse vuote dall’uomo, un continuo “aspetta che diventi re”.
Morris si schiarì la gola «Se vogliamo procedere.» lo invitò
sentendo le ginocchia tremargli. Da quando era tornato il principe non aveva
alzato nemmeno una volta la voce contro di lui e non gli aveva nemmeno lanciato
un calice addosso dopo aver fatto cadere qualcosa a terra. Era come se davanti
a lui ci fosse completamente un’altra persona e Morris non si vergognava a dire
che questo nuovo Arthur gli piaceva leggermente di più.
Arthur sospirò pesantemente, Morgana lo aveva messo con le
spalle al muro e in quel momento non voleva perdere anche la sua amicizia. Si
alzò dal letto ed afferrò i vestiti andando dietro il separé per cambiarsi.
Vivere per conto suo per tre anni gli aveva insegnato a fare anche una cosa
basilare come vestirsi senza l’aiuto di un servitore.
L’unica cosa che non riusciva però ancora a fare era
pettinarsi decentemente. Ricordò con l’amaro in bocca Merlyn posizionarsi tra
le sue gambe mentre passava il pettine tra i suoi capelli, sistemandoli poi con
le dita, finendo con un bacio sulla fronte prima di iniziare la loro giornata.
Era ovvio che Merlyn gli mancasse da morire, sulla mano
sinistra teneva ancora la fede che la ragazza gli aveva donato mentre l’anello
di sua madre era chiuso nel cassetto della sua scrivania.
Ignorando gli sguardi sorpresi della servitù e dei nobili
raggiunse l’ingresso dove Morgana lo stava aspettando.
Forse camminare tra il suo popolo lo avrebbe tirato su di
morale.
⸸⸸⸸
Merlyn stava passeggiando nella foresta da sola, era una
bella giornata e Mordred stava giocando con Lancelot e Gwaine, dandole la
possibilità di potersi prendere del tempo per sé.
«Non sta bene girovagare da sola per i boschi.» la voce di
Ranful era canzonatoria, il ragazzo aveva gradito molto vedere il suo
matrimonio andare in frantumi.
«Non sta bene seguire ragazze nei boschi.» rispose
continuando a camminare tranquillamente. Non aveva più quella scintilla dentro
di lei, si sentiva un guscio vuoto, come se qualcosa mancasse o meglio
qualcuno.
Il ragazzo le si affiancò, camminando insieme a lei «Ho una
proposta per te.» le disse infilandosi le mani in tasca.
Merlyn inarcò un sopracciglio «Sentiamo.» lo spronò già
pronta a rifiutare. Non faceva certamente affari con Ranful!
«Possiamo andare a letto insieme, di tanto in tanto. Non
devi nemmeno più far finta di essere una verginella, sappiamo tutti che il
principe Arthur ti ha scopata per bene.» disse l’uomo come se stesse parlando
del clima «Così ci guadagno io e anche te. Lo sanno tutti che le donne hanno
bisogno di una buona scopata di tanto in tanto per essere tenute in linea.»
aggiunse sputando a terra come il rozzo qual era.
Merlyn si fermò guardando incredula Ranful «Non so cosa ti
passi per la testa, idiota, ma non accetterò mai ad una proposta del genere.»
rispose stringendo i pugni «Non sono un’adultera, purtroppo agli occhi
di Dio» e della triplice Dea «sono ancora la moglie di Arthur.» aggiunse
con rabbia. Era così frustrante! Non c’era modo di sciogliere quel matrimonio,
i nomi erano giusti, il rapporto era stato consumato, solamente la morte di uno
avrebbe liberato l’altro e Merlyn preferiva una vita di nubilato che la morte
di Arthur.
«Nessuno lo deve sapere, bastarda.» sbuffò Ranful
come se stesse parlando con una stupida «Non ti farebbe male una ripassatina.»
le afferrò il braccio tirandosela contro.
Merlyn prese un profondo respiro sentendo l’odore dei pini
intorno a loro «Mai e poi mai mi farei toccare da te. Sei disgustoso, un porco,
hai cercato di vendermi, di violentarmi e ti aspetti che io accetti di andare a
letto con te? Preferirei morire in questo istante che pensare anche solo per un
secondo di permetterti di toccarmi.» disse liberando il braccio.
«Un giorno, Merlyn, ti pentirai di questa scelta.» la voce
di Ranful si fece bassa, roca e minacciosa «Perché che tu lo voglia o no
arriverà il giorno in cui ti prenderò e ti rovinerò per chiunque altro.»
concluse circondandole il collo con la sua grande mano «Non sarai mai una
moglie, ti dovrai accontentare di essere una concubina, come lo sei stata per
il tuo caro principe Arthur. Farei anche attenzione a quel bastardo che chiami
figlio, non vorrai gli accadesse qualcosa.» le ricordò con cattiveria.
La lasciò andare, scomparendo tra il fogliame. Merlyn si
toccò il collo tremando, Ealdor non era più il posto adatto a lei.
⸸⸸⸸
Sir Leon si passò un panno sul viso sudato, non aveva avuto
un allenamento così duro in anni. Arthur era tornato a condurre gli allenamenti
e non ci stava andando leggero, scaricava tutte le sue forze contro i cavalieri
e arrivata la sera era talmente stanco che cadeva in un sonno senza sogni.
L’uomo aveva capito cosa stesse facendo il principe e non
poteva biasimarlo, poteva vedere nei suoi occhi come soffrisse. Gli mancava
Merlyn, era palese, più volte lo aveva visto guardare la sua fede nuziale
nostalgicamente. Erano passati solamente cinque mesi dal suo ritorno a casa, il
re era tornato di buon umore, il popolo aveva ritrovato la speranza, ma Arthur
era miserabile.
Uno dei cavalieri che era ad Ealdor una sera aveva provato a
scherzare con lui, dicendogli che se avesse avuto voglia di andare a letto con
una donna lo avrebbe portato in un bordello, che non doveva per forza sposarsi
una contadina per avere un po’ d’azione. Quella battuta gli era costato un
braccio, Arthur aveva spezzato l’osso in maniera impeccabile, ricordando al
cavaliere che era stato addestrato ad uccidere fin dalla nascita.
«Oggi è il suo compleanno.» disse il principe guardando il
cielo limpido sopra Camelot «Fa diciotto anni.» aggiunse strappando dell’erba
da sotto le mani.
Leon rimase in silenzio, calcolando velocemente che i due si
passavano cinque anni di differenza.
«Il suo primo compleanno lo abbiamo passato nell’arena, si
era ubriacata e l’ho dovuta riportare nelle sue stanze, ancora la odiavo. Era
così allegra nonostante fosse una prigioniera quanto noi gladiatori.» raccontò
senza guardare l’amico, perdendosi nei ricordi «Per il suo diciassettesimo
compleanno invece le avevo già fatto la proposta di matrimonio e l’ho portata a
fare un picnic.» ripensò ai baci scambiati vicino al fiume, le tipiche farfalle
blu che svolazzavano intorno a loro.
«Ti chiedi cosa stia facendo adesso.» constatò Leon
passandogli dell’acqua, il Sole era forte e non voleva che il principe
rimanesse disidratato.
Arthur sorrise tristemente «Sarà sicuramente insieme ai suoi
genitori, Mordred e i nostri amici.» disse sentendo una fitta al cuore. Non
erano più i suoi amici, nessuno di loro lo aveva aiutato a sfuggire dalle
grinfie del padre, nessuno di loro aveva provato a seguirlo, ma lo capiva. Si
sentivano traditi, aveva mentito per anni a tutti loro, era giustificabile.
«Chi è Mordred?» Leon non aveva mai sentito quel nome,
conosceva Lancelot, Gwaine e Parsifal, li aveva pure visti quella sfortunata
mattina.
Arthur rimase in silenzio, continuando a guardare il cielo,
cercando di venere nelle poche nuvole il viso di Merlyn. La sognava ogni notte,
certe volte erano ancora innamorati, altre volte lei urlava che lo odiava e che
lo voleva morto.
«Mio figlio.» rispose facendo strozzare Leon con l’acqua «Lo
abbiamo adottato dopo che il padre è stato ucciso nel bosco vicino ad Ealdor.»
chiarì immediatamente prima che l’amico potesse svenire.
Il primo cavaliere di Camelot sorrise, gli sarebbe piaciuto
incontrare quel bambino, solo l’espressione addolcita di Arthur poteva
suggerire il bene che gli volesse ed essendo cresciuti insieme sapeva che
l’amico non era solito affezionarsi. Leon e Morgana si trovavano in accordo quando
constatavano che l’Arthur che conoscevano non esisteva più, c’era una versione
più matura di lui.
«Quando sarai re» iniziò Leon con tono solenne «riavrai la
tua famiglia.» perché nel suo cuore Leon sapeva già che Merlyn sarebbe stata la
regina di Camelot. Credeva che la ragazza lo avrebbe perdonato se i loro
sentimenti erano sinceri. Avendolo sposato legalmente avrebbe avuto ogni
diritto nel seguire Arthur a Camelot e reclamare una nuova posizione sociale,
approfittandosene, ma invece non aveva fatto nulla, ferita dalla bugia.
Arthur non rispose, era inutile fantasticare sul futuro.
⸸⸸⸸
Lancelot guardò preoccupato Merlyn, la ragazza stava tenendo
stretto per una mano Mordred e continuava a guardarsi le spalle mentre si
avviavano al mercato di Engerd. Erano un paio di giorni che sembrava
continuamente sulle spine, come se si aspettasse che qualcuno saltasse fuori
dal nulla per spaventarla.
Sapeva che gli ultimi mesi erano stati duri, che il
“tradimento” di Arthur aveva segnato tutti nel cuore, ma Lancelot aveva la
certezza che Uther non avrebbe mandato nessuno ad ucciderla o intimidirla; il
re gli era sembrato piuttosto soddisfatto di come le cose erano andate, Merlyn
non aveva opposto resistenza, aveva riconsegnato il cimelio di famiglia e aveva
rinnegato il marito.
Mordred chiedeva di tanto in tanto quando Arthur sarebbe
tornato e a turno tutti avevano dovuto mentire, sostenendo la storia che Merlyn
aveva creato, non voleva raccontargli la verità per non spaventarlo. La
famiglia Pendragon era l’incubo di qualsiasi persona che praticava la magia.
Poco lontano da loro un cerbiatto ruppe un bastoncino di
legno e Merlyn sollevò il bambino da terra per stringerlo al petto, gli occhi
illuminati d’oro pronta a scagliare un incantesimo. Era decisamente stressata e
Lancelot non poteva più rimanere in silenzio.
«Merlyn, è successo qualcosa? Sembri spaventata.» domandò
cortesemente. Il bambino gli aveva raccontato di come non avesse dormito bene
in quegli ultimi giorni e se si addormentava si svegliava di soprassalto al
primo rumore troppo forte.
La ragazza si guardò alle spalle e poi lasciò nuovamente a
terra Mordred, la minaccia di Ranful ancora fresca nella mente. Non le
interessava nulla se voleva fare del male a lei, poteva sopportarlo, ma il solo
pensiero che qualcuno potesse mettere le mani sul suo bambino la mandava nel
panico più totale. Avevano entrambi la magia, ma non potevano usarla
liberamente senza pensare alle conseguenze. Ranful sarebbe corso immediatamente
da Uther per farla uccidere, così da eliminare il problema di quella moglie
troppo scomoda e contadina per sempre.
«Non è niente, Lance, giusto che questi boschi brulicano di
banditi.» disse sorridendo al bambino che la guardava egualmente preoccupato.
«Se ci fosse padre ci difenderebbe lui!» declamò Mordred
mimando delle mosse con una spada immaginaria.
Il cuore di Merlyn sembrò spezzarsi per la milionesima volta,
ma si sforzò ad annuire «Dobbiamo accontentarci di zio Lancelot.» rispose
facendo l’occhiolino, Mordred si lasciò sfuggire una risatina, Emrys era
veramente divertente!
«Hey, sono un abilissimo spadaccino!» si difese il diretto
interessato sollevando Mordred da terra e posandoselo sulle spalle così che
Merlyn potesse camminare liberamente.
Il druido posò le mani paffute sulle guance dello zio
dandogli dei piccoli colpi sentendo la barba pungergli i palmi «Ma mai quanto
padre.» disse ponendo fine alla conversazione. Arthur era veramente il suo
idolo, un eroe, e Merlyn non poteva fare a meno di pensare all’uomo che aveva
amato a capo di un esercito che uccideva i pacifici druidi nelle loro stesse
case.
Poteva veramente distruggere la figura che Mordred aveva di
Arthur? Forse quando sarebbe stato più grande.
Merlyn guardò nuovamente alle sue spalle, assicurandosi che
nessuno stesse seguendo loro.
⸸⸸⸸
Uther non era solito andare nelle stanze del figlio, spesso
non lo vedeva per giornate intere, ma quella sera aveva bisogno di parlargli.
Lo aspettò in piedi vicino al camino, paziente che tornasse
dagli allenamenti per poter discutere di un evento estremamente importante.
«Padre, cosa ci fate qui?» il tono di astio era palpabile,
ma al re poco importava, suo figlio avrebbe imparato a convivere con quell’odio
insensato che provava nei suoi confronti. Lo aveva salvato da una vita
miserabile, Uther ancora non riusciva a capire come Arthur avesse potuto anche
solo per un secondo pensare di rinunciare al trono per fare il contadino.
«Dobbiamo parlare della festa d’incoronazione, Arthur. Per i
tuoi ventuno anni non eri qui per venire incoronato principe ereditario di
Camelot. Rimedieremo tra due settimane.» annunciò con il solito tono che non
ammetteva repliche.
Purtroppo, a corte si erano sparse voce dell’infelice
matrimonio che suo figlio aveva contratto con la contadina, uno dei cavalieri
non era riuscito a tenere la bocca chiusa e Uther aveva commissionato a
Geoffrey di Monmouth di trovare un modo per annullare il matrimonio che non
comportasse l’omicidio della ragazza. Gli era sembrata una ragazza per bene,
che si era fatta ingannare da suo figlio e non aveva provato ad estorcergli
nemmeno una moneta d’oro. Se fosse stata una nobile sarebbe anche riuscito ad
accettarla, ma mai e poi mai Uther Pendragon avrebbe permesso a suo figlio di
mischiarsi con la plebe, era già un miracolo che in un anno di matrimonio non
avesse ingravidato la moglie.
Era diventato lo zimbello degli altri Regni, aveva anche
ricevuto una lettera di congratulazioni da parte di re Lot per l’acquisizione
della nuora. Le notizie volavano troppo in fretta e Geoffrey doveva
assolutamente sbrigarsi a trovare una soluzione.
«Va bene.» rispose seccamente il ragazzo allargando le
braccia in modo che Morris potesse togliergli l’armatura di dosso. Voleva
lavarsi e andare a letto, ogni giorno senza Merlyn era pura agonia.
Uther sorrise soddisfatto per la docilità del figlio, si era
aspettato delle proteste, come al solito, ma Arthur si stava rivelando più
maturo.
⸸⸸⸸
Merlyn lasciò Mordred a casa di Gwaine e Parsifal, insieme a
loro anche Lancelot e Will. Avevano dichiarato che per una notte a settimana
Mordred meritava una notte tra soli uomini e la maga non si era opposta
all’idea. Era più al sicuro con loro quattro che da sola con lei.
Passò davanti alla sua vecchia casa e si fermò. Guardò la
porta come se si aspettasse che Arthur uscisse e le andasse incontro per
baciarla, ma sapeva perfettamente dov’era il marito.
Aprì la porta e con un movimento della mano accese il
camino, illuminando lo spazio che improvvisamente le sembrava più piccolo. Sul
tavolo vide immediatamente le due lettere, una con il suo nome e l’altra con
quello di Mordred. Se le infilò nella tasca del grembiule, le avrebbe lette a
casa. Aprì la credenza per prendere quello che era rimasto quando vide uno
strano oggetto con sotto un pezzo di pergamena.
Era un sigillo, un oggetto tremendamente importante e
quell’idiota di Arthur lo aveva lasciato a lei. L’uomo aveva solamente due cose
appartenenti alla madre e aveva donato entrambe a lei.
Era così stupido!
Non aveva dubbi che l’uomo l’avesse amata, non aveva mai
messo in dubbio i loro sentimenti, ma la cosa che non riusciva ad accettare
erano le bugie. Lo avrebbe sposato comunque, se le avesse detto di essere un
Pendragon, lo avrebbe amato ugualmente perché un nome non definiva una persona.
Il Destino li voleva insieme, loro erano l’unica speranza
per Albion e il ritorno della magia, ma adesso erano separati e Merlyn non
desiderava altro che tornare tra le sue braccia. Era stata crudele con lui,
rinnegando il loro matrimonio, sfilandosi la fede nuziale in quel modo.
Pensò a tutto quello a cui Arthur aveva rinunciato per
rimanere con lei, a come avesse opposto resistenza dall’essere portato via.
Nascose il sigillo con le lettere e fece per andarsene, ma
alla porta vide Ranful insieme ad Osbert. Il fiato le si bloccò in gola, una
spiacevole sensazione le scese lungo la schiena.
I due uomini entrarono nella casa chiudendosi la porta alle
spalle.
«Guarda chi abbiamo qua, la principessa di Camelot.» rise
Osbert, il ragazzo aveva ricevuto una lauda ricompensa da parte di Uther e
aveva deciso di rimanere ad Ealdor, pagando due monete d’oro la signora Imogen
per non essere incastrato in un matrimonio con Bertrada.
«Sai, ho sempre voluto baciare una principessa.» commentò
Ranful facendosi più vicino.
«Non mi trovavate disgustosa? Sono pur sempre la bastarda.»
ricordò loro Merlyn, preferiva mille volte meglio quando volevano picchiarla
che baciarla. Il solo pensiero le dava il voltastomaco. Ricordò con nostalgia
il giorno in cui Arthur aveva sconfitto Ranful in combattimento obbligandolo a
lasciarla in pace, ma ora senza la sua protezione era tornata alla mercé dei
suoi bulli.
Osbert le prese un braccio tirandola verso di sé per poi
spingerla contro Ranful, il quale fece lo stesso, iniziando un avanti ed
indietro.
Le girava la testa, Merlyn usò un po’ di magia per far
spostare Osbert, così che non potesse afferrarla. Finì con lo sbattere contro
il tavolo, grata che quella sottospecie di tortura fosse finita.
Si portò una mano alla testa, vedeva la stanza girare.
«Allora, hai pensato alla mia proposta?» le domandò Ranful
aprendo la porta della camera da letto dove le lenzuola erano ancora sfatte da
quel giorno.
«Mai, Ranful, mai verrò a letto con te, soprattutto nel mio
letto matrimoniale!» rispose la ragazza afferrando la caraffa di ceramica e
lanciandola contro l’uomo. Come osava? Con quale coraggio le stava proponendo
di deflorarla in quel letto?
Andò per afferrare la sedia in legno, ma Osbert la sollevò
da terra impedendole di usare le braccia.
«Sei una pazza, Merlyn.» commentò Ranful raccogliendo da
terra un coccio «Ma a noi piace, vero Osbert?» domandò all’amico facendogli
segno di entrare nella camera da letto.
La ragazza venne lasciata contro il materasso, le lenzuola
avevano ancora l’odore di Arthur.
«Non ti faremo niente, oggi, ma voglio darti un
ultimatum: entro una settimana dovrai venire a bussare alla mia porta o il
piccolo Mordred ne pagherà le conseguenze.» la minacciò puntandole la parte
affilata del coccio contro.
Merlyn sbuffò una risata «Non lo sfiorerete nemmeno mio
figlio.» rispose ben sapendo che era al sicuro. Se non era con lei era con
qualcuno in grado di prendersi cura di lui «Non riuscirete mai ad estorcermi
della mia dignità in questo modo. Perché te lo giuro su mia madre, Ranful,
prova anche solo a pensare di fare del male a Mordred e ti ucciderò con le mie
stesse mani.» lo minacciò a sua volta sentendosi nuovamente spavalda, l’odore
di Arthur le stava ridando un po’ di forze.
Osbert rise «Sei così piccola, Merlyn, non faresti del male
nemmeno ad un moscerino.» la derise l’uomo.
Prima che la donna potesse rispondere i due uomini uscirono
lasciandola sola. Una volta calmata si sdraiò sul letto chiudendo le porte con
la magia.
Chiuse gli occhi e respirò profondamente. Non avrebbe ceduto
alle minacce, non si sarebbe mai concessa ad un uomo che non fosse Arthur,
tantomeno a qualcuno di disgustoso come Ranful. Prima che potesse decidere di
alzarsi e tornare a casa si addormentò, il sonno disturbato da sogni tremendi.