DataSpring1
• Salve a tutti.
Torno con una nuova Raccolta dedicata interamente alla mia più
grande OTP, l'ennesima iniziativa che ho ideato perché si sa,
Ryoken e Yusaku mi ispirano sempre a livelli esponenziali, so...
• A differenza della Datastorm AU Week
dell'anno scorso, qui mi sono “evoluta” [?], dato che ho
anche creato un account Twitter nel quale pubblico tutti i prompt e le
iniziative legate a questa ship – vi lascio il post riguardante
l'iniziativa che potete consultare cliccando QUI.
• Questa volta si tratta della Datastorm Week 2022: Spring Edition e da oggi fino a domenica la Raccolta sarà aggiornata con una nuova One Shot ogni giorno.
Vi lascio con lo specchietto e vi informo anche che a fine OS ci saranno delle N.d.A.
Buona lettura!
Day 1: Light green
Rating: Giallo
Generi: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life
Note: Modern!AU & Coffee Shop!AU, POV Ryoken
Avvertimenti: Lievissimi accenni a tematiche delicate
The right season
1
La
primavera era finalmente tornata e di questo Ryoken ne era ben
consapevole. Mancava poco, davvero poco, e quella stagione
dall'acconciatura sbarazzina e il carattere un po' ribelle
(prima il sole e poi la pioggia, poi di nuovo il sole e poi di nuovo la pioggia)
avrebbe fatto il suo
frizzante ingresso nella Sala delle Stagioni, invitando il Signor
Inverno a cederle il trono dal quale avrebbe rimosso frettolosamente i
rimasugli di neve e ghiaccio prima di adagiarvisi sopra con le gambe
incrociate.
La primavera sapeva essere
maldestra, poiché portava con sé un lungo velo intessuto
di polline e allergie, ma fortunatamente Ryoken era esente da tutto
ciò e poteva godersi i prati fioriti senza correre alcun rischio.
La primavera stava tornando, Ryoken lo sentiva. E ne era certo anche perché gli occhi di Yusaku avevano ricominciato a brillare un po' di più.
2
Gli occhi di Yusaku erano
color verde chiaro, una sfumatura che Ryoken aveva sempre associato a
un meraviglioso prato primaverile.
Yusaku, per lui, era la primavera
(la sua bellissima primavera),
era la Wisteria che
tornava a impreziosire il gazebo nel giardino di casa sua, era la
voglia di iniziare mille progetti nuovi e portarli a termine tutti
quanti.
Yusaku era il verde chiaro
della speranza che era entrata nella sua vita con impeto e al contempo
dolcezza; un rarissimo fiore profumato e dai colori particolari; il suo
incantevole inno all'amore e alla vita...
(solo che Yusaku non se ne era mai reso conto).
3
Yusaku lavorava alla caffetteria Cyberse
ed era l'unico motivo per il quale Ryoken continuava a recarsi
lì e ordinare sempre un caffè macchiato nonostante il
locale fosse situato in un punto della città alquanto distante
dall'università che frequentava. Si era innamorato di Yusaku
semplicemente perdendosi nel verde chiaro dei suoi occhi e per lui, lo
aveva giurato, sarebbe stato disposto a colmare qualsiasi tipo di
distanza.
C'era solo un piccolo
(enorme)
dettaglio che increspava i
pensieri romantici di Ryoken con le nuvole nere dell'esitazione e delle
incertezze: la diffidenza di Yusaku
(un immenso ginepraio dal quale Ryoken non era ancora riuscito a uscire).
4
Yusaku Fujiki era un
ragazzo alquanto schivo, il che era un abnorme paradosso visto e
considerato che lavorava in una caffetteria e si trovava sempre a
stretto contatto coi clienti tra ordinazioni, bevande da preparare e
tavoli da servire. Il fatto era che – Ryoken lo aveva notato fin
troppo bene – Yusaku era talmente grazioso
che la gente nemmeno si accorgeva di quella patina di noia e diffidenza
che lo rivestiva da capo a piedi e a quanto pareva ne aveva
approfittato per creare un muro sempre più spesso tra la sua
persona e il mondo esterno.
(Era
come se Yusaku avesse paura di fidarsi del prossimo, come se un terrore
atavico lo divorasse dall'interno al solo pensiero di stringere dei
nuovi legami con qualcuno).
Ryoken lo aveva ormai
capito ed era anche quello il motivo per il quale, per mesi interi, non
si era fatto avanti con Yusaku, nonostante fosse ben conscio e sicuro
dei sentimenti che provava nei confronti del giovane cameriere: non era
affatto intenzionato rovinare tutto quanto a causa di uno sciocco
errore di calcolo; se si fosse posto nei suoi confronti nella
maniera sbagliata, si sarebbe giocato l'unica possibilità che
aveva con lui.
Perché aveva notato
anche questo: Yusaku non era solito concedere una seconda occasione a
chiunque ed era estremamente arduo riuscire a conquistarsi la sua
fiducia.
(Era
il fiore più bello, raro e prezioso che Ryoken avesse mai visto.
Ma per potersi avvicinare a lui doveva prima di tutto superare una
serie infinita di prove intricate e pazientare il più possibile).
Ryoken aveva intuito che
il modo migliore per instaurare un bel rapporto con Yusaku fosse quello
di non fargli pesare il lavoro che stava svolgendo: nessuna richiesta
bizzarra o irrealizzabile, nessuna lamentela, nessun segnale che
qualcosa non andasse poiché andava sempre tutto bene,
perché Yusaku svolgeva sempre un lavoro eccellente anche quando
era assonnato o lento nei movimenti o quando controllava più di
una volta l'ordinazione perché la deconcentrazione la spazzava
via dalla sua memoria facendo restare in piedi solo rimasugli di
pensieri neri come la pece e dolorosi come il morso di un serpente
velenoso.
Yusaku non si era mai confidato con lui e non gli aveva mai raccontato qualcosa riguardo la sua
(torbida e solitaria)
vita, ma a Ryoken era
bastato perdersi nel suo sguardo durante le asettiche e avvilenti
giornate invernali per comprendere che quegli occhi verde chiaro erano
completamente soggiogati dal freddo, dalle giornate troppo corte e da
un sole talmente cereo che non scaldava le membra neanche pregandolo in
lingue sconosciute e antiche.
Yusaku era vittima del
gelo, dei nuvoloni neri carichi di pioggia, di sensazioni negative che
non avrebbe mai voluto provare e di cui desiderava solo liberarsi
(come
una dama e quel corsetto troppo stretto che le mozzava il respiro nello
stesso, identico ballo della vita dal quale nessuno può
sfuggire).
(E cielo, Ryoken avrebbe voluto tanto ballare con lui senza che Yusaku provasse alcun tipo di oppressione o forzatura).
(Desiderava solo che quel ragazzo potesse godere di tutte e quattro le stagioni).
5
Quel giorno, come di
consueto, Ryoken ordinò un normalissimo caffè macchiato.
Con lo scorrere inesorabile delle settimane aveva notato come Yusaku
non fosse propriamente indifferente alla sua presenza, cosa che lo
aveva sinceramente rincuorato e al contempo lo aveva portato a
conferire un valore aggiunto all'unica possibilità che avrebbe
avuto con lui.
Yusaku tendeva a perdere
il controllo per una microscopica frazione di secondo quando Ryoken gli
sorrideva e lo ringraziava per il caffè. Le gote si
imporporavano di un dolcissimo
(quanto lascivo)
rossore e un riverbero di
sfuggente eccitazione illuminava quei meravigliosi occhi verde chiaro,
conferendo loro un'aura magnetica e alquanto intrigante.
Solo e soltanto per un
attimo, Yusaku metteva in luce una parte della propria essenza che con
ogni probabilità non aveva mai rivelato a qualcuno:
l'eccezionale essere umano nella sua incommensurabile genuinità,
un dono prezioso riservato a pochi eletti.
(Ryoken agognava essere uno di quelli).
(E forse, un po' troppo egoisticamente, agognava essere l'unico).
6
A Ryoken non era sfuggito affatto come con l'inizio della primavera
(un semplicissimo accenno della bella stagione, una conferma che ancora si faceva attendere)
Yusaku si fosse
riappropriato di una voglia di vivere e di godersi l'esistenza che nel
corso del gelido inverno si rintanava sotto uno spesso manto di candida
neve
(bellissima ma, al contempo, asettica e spietata).
Non gli erano affatto sfuggiti tutti quei particolari
(l'irritabilità,
la sonnolenza, la spossatezza, le dimenticanze continue, la testa
perennemente tra le nuvole, il desiderio viscerale che l'ennesima
giornata lavorativa finisse il prima possibile)
che lo avevano condotto
alla constatazione di quanto l'emotività di Yusaku fosse messa a
dura prova nel periodo in cui le ore di luce duravano troppo poco e le
tenebre, algide e fameliche, dominavano incontrastate la
quotidianità di chiunque.
Ryoken aveva deciso di
aspettarlo perché fin dal primo momento in cui si era perso in
quegli occhi verde chiaro aveva capito che ne sarebbe valsa la pena,
l'attesa, ogni cosa.
Ed era arrivato,
finalmente: il loro momento, unico e personale, di incasellarsi in un
punto preciso nella vastità dell'universo che apparteneva solo e
soltanto a loro.
Ryoken lo vedeva e, più di ogni altra cosa, lo sentiva:
percepiva quei meravigliosi occhi verdi puntati su di sé,
avvertiva l'emozione pizzicare ogni cellula del corpo e l'adrenalina
scorrere nelle vene alla velocità di una pulsar.
Nel momento in cui Yusaku
si avvicinò al tavolino in cui Ryoken era solito sedersi quasi
tutti i giorni da quando aveva iniziato a frequentare la caffetteria Cyberse, la primavera
(la stagione giusta)
sbocciò per entrambi.
7
«Ecco il tuo caffè macchiato».
«Ti ringrazio, Yusaku».
Il prato verde chiaro che
Yusaku aveva al posto degli occhi si illuminò e Ryoken fu
completamente travolto da tutto quell'incanto. Poi quello stesso
riverbero brillò anche di genuina sorpresa, rendendolo ancora
più bello e prezioso.
«Come conosci...?» Yusaku bloccò sul nascere la
propria domanda, sbuffando divertito e arrossendo appena.
(Con
ogni probabilità non si era ancora abituato al cartellino sul
quale aveva scritto il proprio nome con caratteri sottili, a tratti
sbrigativi, attaccato all'elegante divisa da cameriere che indossava
tutti i giorni).
(Era così che Ryoken aveva scoperto il suo nome, ma in tutte
quelle settimane non lo aveva mai pronunciato).
(Non durante l'inverno, quando tutto era ancora avvolto dall'asettico manto bianco dell'incertezza).
«Giusto, questo»
disse mentre indicava il cartellino con l'indice della mano destra.
Portò lo sguardo a vagare da una parte all'altra del locale,
constatando poi di potersi concedere qualche piccolo attimo di quiete
prima di tornare al lavoro.
«Il caffè... lo offre la casa» sussurrò,
mordendosi poi il labbro inferiore per una frazione di secondo. Questa
volta fu il turno di Ryoken di essere colto alla sprovvista, difatti
non poté impedire alle gote di velarsi di un tenue rosa e
all'epidermide di pizzicare appena.
Riacquistò subito
tutto il contegno perduto e, schiarendosi la voce, domandò:
«Grazie. A cosa lo devo?»
Yusaku fece spallucce, incurvando le labbra in un dolce e genuino sorriso
(nessuno strascico di noia o irritazione ne increspava i lineamenti delicati).
«Diciamo che fa sempre piacere sapere che ci sono clienti tanto
affezionati...» celiò, e a Ryoken non sfuggì il
fatto che più la conversazione proseguiva, più Yusaku
stava prendendo confidenza
(e cielo, era bellissimo).
«Buono a sapersi, ne sono onorato». E mentre
pronunciava quelle parole, avvertì l'aroma del caffè
macchiato stuzzicargli le narici... o forse era il profumo di Yusaku a
inebriargli i sensi.
Yusaku si sedette di fronte a lui, occupando quel posto libero che per settimane intere era stato troppo vuoto.
Poggiò i gomiti sul tavolino e intrecciò le mani,
posandovi poi il mento. Lo guardò in un modo che lasciava
trapelare tutte le migliori intenzioni del mondo di instaurare un legame
(qualcosa di bello e duraturo, un filo rosso spesso e al contempo delicato).
(Un'attrazione reciproca che finalmente aveva modo di esplodere come
una supernova e rilasciare la propria scia incandescente nell'universo).
Fu proprio in quel momento, mentre i loro sguardi entravano in collisione creando un interessante
(e alquanto raro)
incastro tra cielo e terra, che si innamorarono perdutamente l'uno dell'altro:
Ryoken di Yusaku e dei suoi meravigliosi occhi verde chiaro che tanto
rievocavano un prato primaverile in attesa di adornarsi di migliaia di
fiori profumati; Yusaku di un ragazzo del quale ancora ignorava il nome
ma di cui già conosceva a memoria ogni battito di ciglia e le
sfumature brillanti di quegli occhi che per lui, così succube
del tempo maligno celato dietro il mantello dell'inverno che gli
attanagliava l'anima per mesi interi, erano senza ombra di dubbio quel
cielo terso e immacolato che aveva cercato per tanto, tantissimo tempo.
L'infruttuosità dei
suoi sforzi disperati l'aveva portato a chiudersi ancora di più
in se stesso, impedendo alla luce della vita di penetrare
l'armatura che lo proteggereva da tutto il male del mondo
(e dall'inverno bastardo),
confinandolo sempre più in una solitudine maligna e spietata.
Ma ora sentiva che finalmente qualcuno sarebbe rimasto al suo fianco
nonostante tutto, anche dopo un lungo vagare nelle tenebre dell'inverno.
Così Yusaku
trovò per la prima volta il coraggio non solo di inoltrarsi nel
bosco, ma anche di avanzare, addentandosi al punto tale che
difficilmente sarebbe tornato indietro – e di questo ormai non
gli importava più perché voleva anche rischiare di
perdersi, se necessario.
Il suo sorriso si fece
ancora più luminoso. «Purtroppo a differenza tua non ho
avuto modo di leggere il tuo nome su alcun cartellino...» disse,
senza mai interrompere il contatto visivo – lo stesso che nel
corso del gelido inverno tentava sempre di rifuggire.
Ryoken stette al gioco,
felice di poter finalmente constatare di essere sulla stessa lunghezza
d'onda di Yusaku e di condividere il suo stesso, intimo desiderio.
Bevve un sorso di caffè e subito dopo tornò ad ammirare
quel meraviglioso ragazzo seduto di fronte a lui.
«Ho il badge universitario, se ti può interessare».
(Gli occhi di Yusaku scintillarono).
(Non era necessario aggiungere altro).
8
«Ryoken Kogami». Yusaku era intento a osservare il badge
con estrema attenzione quando a Ryoken mancava solo un sorso per finire il suo caffè macchiato
(e non gli sfuggì certo quel “che bel nome” in bilico tra il sussurro e la mezza voce).
«Aspetta...» Yusaku aggrottò la fronte e
quell'espressione tanto corrucciata che gli rimodellò il viso
per pochi istanti fu davvero buffa. «Qui c'è scritto “Facoltà di Ingegneria Informatica”»
proseguì poi, indicando un punto preciso del badge azzurrino.
«É lontana da qui... o meglio, di certo non si trova
dietro l'angolo, ecco...»
A quelle parole tanto impacciate e incerte, Ryoken non poté fare a meno di sorridere.
«È vero, ma tu ti trovi qui».
(E il caffè del Cyberse non mi dispiace nemmeno, ma questo non ha importanza).
E allora Yusaku capì e fu proprio in quel momento che i suoi occhi si riempiono di vita.
Perché aveva finalmente compreso di essere importante per
qualcuno. Perché l'inverno se n'era andato, scacciato via
dall'esuberanza della primavera. Perché il prato verde chiaro
dei suoi occhi aveva incontrato il cielo azzurro delle iridi di Ryoken.
(«Finisco il turno tra venti minuti»).
(«Ti aspetto»).
Perché la stagione giusta era finalmente arrivata.
Per entrambi.
N.d.A.
♦ Spero di averlo reso bene nel corso della OS, ma nel caso non
fosse così, ve lo dico qui – e vi chiedo pure scusa per
essermi, eventualmente, spiegata male: in questa storia Yusaku è
meteoropatico ed è
fortemente soggetto a questa condizione nel mese invernale, che lo
porta a essere molto più irritabile e stanco e spossato del
normale.
Vi è anche un lievissimo accenno alla depressione meteoropatica, che è quella di cui soffro io e quindi niente, sguazzo in un oceano che conosco molto bene.
♦ In questa storia non sono scesa nei dettagli, ma sappiate che
Yusaku sta meglio non solo perché è tornata la primavera,
ma anche perché è evidente che abbia deciso di intraprendere
un percorso di psicoterapia che lo aiuterà a superare questa
condizione – perché sì, fortunatamente si
può affrontare e curare.
♦ Non volevo soffermarmi troppo sulla parte negativa di questa condizione perché tanto (SPOILER) ci penserà il terzo giorno della Week a questo, almeno qui godiamoci la rinascita che la primavera porta con sé ~
Grazie per essere arrivati fino a qui.
M a k o
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