Fate loves the fearless

di littlegiulyy
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Ciao a tutti. Lo so, sono tornata dopo troppo tempo e probabilmente molti di voi non mi seguiranno più, ma non potevo di certo abbandonare Bardack, Bra e Yoshi pronti a gettarsi nell'avventura! Dopo innumerevoli mesi mi è tornata l'ispirazione e, nonostante io stia portando avanti un progetto probabilmente più maturo a livello di trama e di scrittura (se voleste darci un'occhiata sto parlando del mio racconto "Il peso della corona") non abbandonerò questa storia, ve lo prometto! Se ci siete ancora battete un colpo e fatemi sapere cosa ne pensate.

Capitolo 15 "Drop the masks"

Se ne stava distesa sulla brandina che le era stata assegnata da ormai da mezz’ora abbondante, mentre il suo sguardo cristallino era fisso sul soffitto metallico alla ricerca di un po’ di pace interiore che non sembrava riuscire a trovare in nessun modo.
Cercava disperatamente di prendere sonno e dormire un po’. Era quello che ci voleva prima di una battaglia, era quello che ripeteva sempre suo suo padre prima di ogni guerra per difendere la Terra, ma in quel momento i pensieri che aleggiavano nella sua non le permettevano di abbandonarsi al mondo dei sogni con la leggerezza richiesta. 
Erano ripartiti in direzione del pianeta Phark da poco meno di un’ora e ci avrebbero messo un altro giorno e mezzo di viaggio per raggiungerlo. Il tempo sembrava non passare mai su quella capsula ed i recenti avvenimenti non giovavano sicuramente alla sua situazione di insonnia. Tutto quello che era successo negli ultimi giorni sembrava quasi impossibile. Eppure era successo davvero. 
Bardack aveva accettato di allenarla ancora.
Si erano allenati, le aveva insegnato molte cose che le sarebbero tornate utili in battaglia, ne era certa. Le aveva mostrato tutto quello che avrebbe potuto imparare in sole sei ore di allenamento, ma in quel momento la sua testa era catapultata su altri pensieri.
La sensazione di inquietudine che sentiva dentro di lei non accennava ad abbandonarla, ma lei sapeva bene che non era imputabile alla guerra che stavano per affrontare. La battaglia a cui stavano andando incontro non la spaventava così tanto, la consapevolezza di avere al suo fianco due guerrieri come Yoshi e Bardack la rassicuravano e stava iniziando a diventare piuttosto sprezzante nei confronti del pericolo da quando era stata rapita da quei due ragazzi che alla fine erano diventati suoi alleati. 
Quello che davvero la turbava aveva un nome ed un corpo.
Sospirò maledicendosi per i suoi stessi pensieri. Chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso cercando disperatamente di allontanare la miriade di pensieri che la tormentavano ormai da ore. Riprese a ripetere dentro di sé le frasi che ormai si ripeteva da ore. 
Avevano deciso di fare finta di niente.
Quello che era successo era stato un errore.
Stavano andando su Phark per recuperare la compagna di Bardack e lei si sarebbe dovuta fare da parte.
Si sarebbe dovuta fare da parte? Non era mai entrata nella vita del Saiyan, lo conosceva a malapena.
Avrebbe dovuto fare finta di niente, doveva cancellare tutto, come se non fosse mai successo niente. Doveva cancellare quel ragazzo dalla sua testa. Non ci sarebbe mai stato niente tra di loro.
Appartenevano a pianeti diversi. Appartenevano a realtà diverse. Avevano vite diverse.
Ma erano entrambi Saiyan.
No, doveva cancellarlo, era la cosa giusta da fare e lei lo sapeva. I suoi genitori le avevano sempre insegnato a seguire la ragione, a fare ciò che era giusto fare, a seguire quello che l’etica diceva di fare.
Allora perché si sentiva così?
Perché si sentiva come se si stesse lasciando scivolare tra le dita una delle cose più belle della sua vita?
Sospirò di nuovo e si voltò su un fianco.
Se glielo avessero detto mesi fa, non ci avrebbe mai creduto.
Improvvisamente, qualcuno bussò alla sua porta attirando la sua attenzione. Guardò l’orologio confusa, erano partiti solo da un’ora ed aveva salutato i suoi compagni di viaggio poco meno di un’ora prima.
Chi poteva essere?
Erano solo in tre su quella capsula, quindi le possibilità non erano poi molte.
Prima che potesse dire qualcosa, la porta si aprì piano, rivelando inaspettatamente la figura imponente di Bardack.
Il suo cuore iniziò a battere tachicardico e subito si mise a sedere nel letto con uno scatto. Lo guardò sorpresa, non aspettandosi minimamente una sua visita in quel momento ed analizzò il suo volto cupo. 
“Cosa…” balbettò coprendosi con la coperta “cosa ci fai qui?” chiese cercando di coprirsi. Odiava dormire vestita, era sempre stata molto calorosa ed aveva la brutta abitudine di dormire solo con una leggera canotta. Si era ripromessa più volte di perdere quell’abitudine viaggiando con due uomini, ma per concedersi un po’ di relax prima della battaglia aveva deciso di dormire comoda.
“Ti serve una mano con i comandi? C’è qualcosa che non va nelle coordinate che ho inserito?” chiese preoccupata “ se ho sbagliato qualcosa mi dispiace! Sono molto stanca, non dormo bene da settimane… qualche svista la possono fare tutti” disse mettendo le mani avanti prima che il ragazzo facesse una delle sue scenate d’ira che era solito fare.
Eppure, questa volta la voce del Saiyan non arrivò alle sue orecchie.
Restò fermo, appoggiato allo stipite della porta guardandola. Aprì un paio di volte la bocca, cercando visibilmente di parlare e risponderle, ma le parole gli morirono in gola.
Bra lo guardò meglio.
Indossava solo la parte inferiore della battle suite. Sopra, indossava solo una maglietta blu che componeva l’under suite. Per la prima volta, il suo cipiglio sempre teso e sull’attenti era più morbido. Non trasmetteva nervosismo ed arroganza, ma semplicemente ed inaspettatamente imbarazzo e confusione.
Entrò nella stanza e richiuse la porta alle sue spalle. Si appoggiò con la schiena contro la porta, continuando a guardarla in silenzio e Bra si tirò un po’ più su la coperta in imbarazzo.
Quando arrivò a pensare che non avrebbe spiaccicato parola, finalmente parlò.
“Scusami, non volevo disturbarti” disse con voce stranamente tremante.
Bra lo guardò confusa.
“Figurati, non stavo neanche dormendo… te l’ho detto, sono settimane che non riesco a dormire”
“Probabilmente stai solo facendo fatica a prendere i ritmi dello spazio. Sulla Terra avete un ritmo sonno-veglia ben definito, qui come puoi vedere non funziona così. Non c’è un’alternanza giorno-notte ben preciso” spiegò calmo. Bra annuì, dimostrando di aver recepito le sue parole ma intuendo anche che in qualche modo stesse cercando di sviare il discorso da quello che voleva realmente dirle. 
“Quindi dormite quando siete stanchi e state svegli quando non avete sonno?” chiese sorridendo.
Bardack accennò un sorriso divertito “nello spazio sì, diciamo di sì. Sul mio pianeta di origine ovviamente esistono il giorno e la notte” spiegò pacato “posso darti delle gocce per dormire, ti aiuteranno”
“Se mi possono essere utili le accetto molto volentieri. La deprivazione di sonno mi sta facendo diventare isterica” ridacchiò imbarazzata. Bardack ridacchiò a sua volta, ma tornò serio subito dopo.
Il silenzio aleggiò nella stanza, portando con sé l’imbarazzo di entrambi.
“Mi dispiace per quello che è successo” esordì improvvisamente il ragazzo “non avrei dovuto farlo, non è giusto. Io sto con Kale da anni e probabilmente la sua lontananza mi ha giocato un brutto scherzo” spiegò.
Bra incassò il colpo, ma del resto lo sapeva già.
“Certo…” farfugliò abbassando lo sguardo imbarazzata.
“Non sono come mio cugino Bra” disse improvvisamente il ragazzo, e la turchina subito tornò a guardarlo, incitandolo con lo sguardo a proseguire.
“Non sono come mio cugino” ripeté convinto “mi dispiace per quello che ho fatto. Ho seguito il mio istinto, non ho pensato alle conseguenze delle mie azioni. I legami sul mio pianeta sono diversi dai vostri. Esistono legami senza impegno, ma una volta che un uomo sceglie la sua compagna è per sempre” spiegò guardandola seriamente negli occhi “ho scelto Kale anni fa. Per una serie di motivi che non starò qui a spiegarti, ma ci tengo a precisare che per quanto possa sembrare scorbutico, stronzo, inaffidabile, arrogante e tutti gli altri aggettivi che mi hai sempre affibbiato, sono un uomo d’onore e di parola”
Bra sospirò e lo guardò negli occhi stringendo le coperte tra le mani.
Per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, Bardack le sembrava un comunissimo ragazzo. Non c’erano più alieni, guerre, battaglie, lotte e rapimenti, ma solo un ragazzo che le stava dicendo quanto amasse la sua compagna. E lei doveva accettarlo. 
Comprendeva perfettamente il discorso del Saiyan, e non poteva di certo fargliene una colpa. Era un ragazzo affidabile e serio, non avrebbe mai potuto fargliene una colpa. Era tutto ciò che avrebbe desiderato lei, ma apparteneva già ad un’altra.
“Lo capisco…” ammise sincera “non te ne faccio una colpa. E’ ammirevole quello che mi stai dicendo” aggiunse annuendo pensierosa.
“Ti chiedo di non farne mai parola con nessuno. Lasciamoci tutto alle spalle, facciamo finta che non sia mai successo niente” disse il ragazzo implorandola con lo sguardo. Bra quasi non lo riconobbe in quel momento, apparentemente fragile e preoccupato.
I sensi di colpa lo stavano divorando dall'interno, era evidente. 
Bra non riuscì a sostenere il suo sguardo, quindi si voltò verso destra per ammirare la scrivania sistemata ai piedi del suo letto.
Non riusciva a capire perché si sentisse così ferita dalle sue parole, eppure si sentiva proprio così. Non ce l’aveva con lui, ma una sensazione di tristezza che conosceva bene la investì come un uragano.
“Va bene” disse infine tornando a guardarlo “faremo come se non fosse mai successo niente” aggiunse seria “ti ringrazio per avermi insegnato a combattere. Devo fare ancora molta strada, ma sono sicura che le basi adesso siano solide. Sei stato il primo che ha accettato di farlo, senza preoccuparsi di farmi male”
“Nessuno impara a volare senza farsi male” rispose il ragazzo. Bra non riuscì a trattenere un sorriso.
“Hai scommesso su di me, nessuno lo aveva mai fatto”
Il ragazzo si limitò ad un sorriso poco accennato. 
“Ti aiuterò a riprenderti la tua compagna” disse sicura e Bradack la guardò ancora in silenzio per qualche istante.
“Ti riporterò sulla Terra quando sarà finito tutto questo” rispose solamente.
“E’ quello che ho chiesto fin dal principio”
“Lo so”
“Perché ci tieni così tanto a riportarmi sul mio pianeta?”
Il silenzio invase di nuovo la cabina ed leggiò pesante tra di loro. 
C'era qualcosa nell'aria, ma Bra non riuscì a comprenderne la natura. 
“Perchè se ti vedessi tutti i giorni non riuscirei a sopportarlo”
Dopo aver sganciato questa bomba, senza aggiungere altro il ragazzo si voltò ed uscì di fretta dalla stanza, lasciandola sola con una miriade di pensieri ed il cuore impazzito nel suo petto.

***

Uscì dalla doccia ed iniziò ad asciugarsi i capelli con quella specie di phone che aveva in dotazione la loro navicella. Si stupì non poco della tecnologia avanzata che possedevano. In pochi minuti infatti, i suoi capelli erano asciutti come se avesse fatto la sauna.
Si rivestì in fretta e si guardò allo specchio.
I capelli corti erano cresciuti poco. Decise di raccoglierli in due piccole treccine che li avrebbero resi più mossi di quanto ce li avesse normalmente, poi si guardò allo specchio. Le occhiaie erano sparite dopo qualche ora di sonno ma adesso non sapeva come impegnare il tempo. La somiglianza con sua madre si stava facendo sempre più evidente, soprattutto nelle sue forme.
Era lontana da casa da quasi due mesi, eppure nessuno l’aveva cercata. Credeva che suo padre avrebbe trovato il modo di riportarla sulla terra, o che la mente geniale di sua madre avesse elaborato qualcosa per mettersi in contatto con lei, eppure in due mesi non aveva ricevuto alcuna notizia dalla Terra.
Sospirò ed appoggiò le mani sul bordo del lavandino.
Nessuno si era fatto sentire, ma neanche lei si era preoccupata molto di quello che avrebbero pensato a casa della sua scomparsa. Probabilmente erano tutti indaffarati nelle sue ricerche, mentre lei cercava di ritrovarsi, o probabilmente di scoprirsi, nello spazio più remoto.
Improvvisamente, ebbe un’idea.
Si diresse verso la sala dei comandi, assicurandosi che in giro non ci fosse Bardack. Non voleva più saperne niente e prima se lo sarebbe dimenticato meglio sarebbe stato per tutti. Adesso doveva pensare ad altro.
Entrò nella stanza e trovò Yoshi seduto comodamente davanti all’oblò ad ammirare lo spazio aperto.
“Bra!” la salutò sentendola arrivare “hai dormito un po’?”
“Insomma” rispose la ragazza avvicinandosi a lui “non molto” aggiunse pensierosa.
“Troppi pensieri per la testa?” le chiese lanciandole uno sguardo decisamente strano.
Bra annuì, senza aggiungere altro.
“Le prime battaglie non ti rendono mai sereno” disse il ragazzo “non ricordo precisamente le mie, ma ricordo che me la stavo facendo sotto” ridacchiò sereno.
“Non è per la battaglia” disse, ma si pentì subito dopo.
“E per cosa allora?”
“Niente… altre cose” rispose vaga sedendosi sulla poltrona affianco a lui “e tu? Come stai?” gli chiese cercando di cambiare discorso prima di addentrarsi nelle sabbie mobili.
“Sono felice” rispose Yoshi con un sorriso “sono felice di rivedere Kale! La conoscerai, è fantastica”
“Che bello! Non vedo l’ora” disse con un sorriso tirato.
“Ti piacerà. E’ forte, combattiva, tenace, sempre sicura di quello che fa, una combattente nata e ovviamente bellissima!” disse il ragazzo con entusiasmo. Bra sprofondò nella sedia, maledicendosi per essersi addentrata anche in quel discorso.
La ragazza di Bardack era semplicemente perfetta.
Era tutto ciò che non era lei.
Era tutto ciò che il generale cercava nella sua compagna.
Bra sospirò amareggiata, lasciandosi sprofondare nella poltrona mentre fissava lo spazio aperto davanti a lei. 
“Cos’era questo?” indagò curioso Yoshi voltandosi a guardarla.
“Questo cosa?” chiese senza capire.
“Questo sospiro”
“Niente, sono solo stanca”
“E’ da un po’ che ti vedo strana… sei sicura che vada tutto bene? Ogni volta che nomino Kale sembra che stia nominando un fantasma” commentò guardandola stranito.
“E non è un po’ così?” rispose la ragazza cercando di cambiare argomento “non vedo l’ora di conoscere questa famosa Kale, ormai me ne avrai parlato mille volte” aggiunse simulando entusiasmo, che però non convinse il ragazzo. Yoshi assottigliò gli occhi e la guardò meglio.
“Devo chiederti una cosa” esordì improvvisamente la turchina.
“Dimmi”
“Vorrei contattare i miei genitori” sputò fuori “voglio avvisarli che sto bene e tranquillizzarli… dio solo sa cosa potrebbero combinare quei due solo per riportarmi a casa”
Yoshi spalancò gli occhi guardandola pensieroso.
“Non farò niente, lo giuro” aggiunse Bra alzando le mani in segno di resa “non avrei alcun interesse”
“Mi prometti di non creare casini? Ma soprattutto di non tradirci, non abbiamo tempo adesso per combattere contro i guerrieri  Z” disse scuotendo la testa esasperato.
Bra trattenne una risata.
“Tranquillo, nessuno farà niente. Voglio solo avvisarli che va tutto bene. Recupereremo Kale e poi mi riporterete sulla Terra”
“Fai quello che devi fare, io chiuderò un occhio” disse il ragazzo facendole l’occhiolino “però non dirlo a Bardack, mi ucciderebbe” aggiunse immediatamente.
“Tranquillo, puoi fidarti di me. Grazie”
Il ragazzo le appoggiò una mano sulla spalla, poi distese le gambe appoggiando i piedi sui comandi e si voltò dall’altra parte per lasciarle un po’ di privacy.
“Ti dispiace se resto qui? Puoi metterti le cuffie se vuoi”
Bra scrollò le spalle e iniziò a digitare dei tasti sui comandi davanti a lei. Non era certa di riuscirci. Del resto sapeva come connettere varie trasmissioni sul suolo terrestre appoggiandosi ai satelliti della Terra, non era certa che nello spazio aperto funzionasse nello stesso modo.
Si arrovellò per qualche minuto tra codici e tasti del computer, osservata silenziosamente e di nascosto da Yoshi.
Ne lui ne Bardack si aspettavano che quella ragazzina avesse una mente così brillante.
Cliccò l’ultimo tasto e finalmente un forte suono indicò l’inizio della trasmissione radio verso il pianeta Terra.
“Dovrei esserci…” disse a bassa voce la ragazza guardando lo schermo meditabonda. Dopo qualche minuto di attesa, passato con le mani incrociate davanti al computer dei comandi a torturarsi le unghie nervosamente, il suono cessò e un attimo di silenzio invase la stanza. Guardò senza capire lo schermo, ma improvvisamente una voce familiare riempì l’abitacolo.
“Pronto? Bra? Bra sei tu tesoro? Pronto?”
La voce di sua madre raggiunse le orecchie con al forza di una bomba. Il cuore le tremò di emozione quando udì per la prima volta dopo due mesi la voce della sua geniale madre.
Sopraffatta dagli eventi, si era dimenticata di essere via da così tanto tempo.
“Mamma…” farfugliò sorridendo “sono io, sono Bra”
“Per Dende! Sei proprio tu!” esclamò Bulma con voce rotta dal pianto “come stai? Dove sei?” chiese subito impaziente “si può sapere cos’è successo?”
Bra sospirò.
“Sono stata… prelevata da dei ragazzi alieni, mettiamola così” disse trattenendo una risata e lanciando un’occhiata a Yoshi al suo fianco. Il ragazzo le tirò un’amichevole pacca sulla spalla e lei gli fece la linguaccia silenziosamente, poi riprese a parlare.
“Non ti preoccupare, io sto bene” si affrettò a dire “non so precisamente dove siamo, siamo in viaggio nello spazio adesso mamma” aggiunse tornando a guardare fuori dall’oblò davanti ai suoi occhi.
Il buio pesto dello spazio aperto era illuminato solo da qualche piccola stella di passaggio, ancora nessun pianeta in vista sulla loro traiettoria.
“Ma cosa vuol dire?” chiese preoccupata sua madre “ti hanno fatto del male? Chi sono e cosa vogliono da te?” indagò sempre più agitata.
“Non ti preoccupare, io sto bene e non mi hanno fatto del male. Sarebbe una storia troppo lunga da raccontare mamma… tra un mese circa tornerò sulla Terra e ti spiegherò tutto”
“Non se ne parla, tuo padre verrà a riprenderti subito”
“No!” ribatté immediatamente la ragazza “dovete starne fuori” aggiunse seria.  Yoshi si voltò per un istante, colpito dal cambiamento di tono della ragazza.
“Ma cosa ti prende? Sei impazzita tesoro?” le chiese apprensiva sua madre “so bene cosa voglia dire stare lì fuori per mesi, si finisce con il perdere la cognizione del tempo e della realtà, ma tu devi tornare a casa”
“Tu non sai niente!” ribatté infervorata la ragazza “chi te lo dice che io me la stia passando male mamma?”
“Santo cielo! Bra non puoi restare nello spazio, è pericoloso, potrebbe succedere qualsiasi cosa. Non sei forte, non sai combattere e poi… si può sapere con chi sei? Aspetta, c’è tuo padre che vuole parlarti”
Bra sospirò senza dire niente, ferita dalle parole di sua madre.
“Bra” tuonò Vegeta dall’altra parte della trasmissione.
“Ciao papà”
“Dimmi dove sei. Ti vengo a prendere”
“No” disse frettolosa “tornerò a casa tra un mese circa, non dovete preoccuparvi”
“Non dire sciocchezze. Non sopravvivrai tanto a lungo nello spazio. E’ già un miracolo che tu sia viva” disse risoluto “dimmi dove sei e soprattutto con chi sei”
Bra strinse i pugni appoggiati sulla console dei comandi e trattenne il respiro per non mandare a quel paese il suo regale padre. Come sempre, credevano che non se la sarebbe riuscita a cavare da sola.
Era certa che, se fosse stato Trunks, Goten o Pan al suo posto, nessuno avrebbe obiettato.
“So badare a me stessa” rispose con voce tremante per la rabbia.
Inspirò ed espirò, cercando di tranquillizzarsi.
“Non fare la bambina, questo non è un gioco Bra” disse serio suo padre “lo spazio è pericoloso, rischi la vita ogni giorno che passi lì”
“Trunks è stato nello spazio per un anno”
“Per Trunks era diverso. Lui è forte, sa combattere, sa cavarsela da solo ed era con Kakaroth”
“Sono felice di sentire che come sempre credete molto in me e nelle mie capacità” rispose alterata “non vi preoccupate, sono al sicuro. Ci vediamo tra un mese” concluse secca, pronta con il dito ad interrompere la conversazione con i suoi genitori.
Sapeva di aver sbagliato, non avrebbe dovuto contattarli.
“Bra non ti azzardare a…”
“E non impegnatevi a risalire alla nostra posizione da questa chiamata, non ci riuscireste. Ho criptato il segnale. Ciao mamma, ciao papà, ci si vede sulla Terra quando mi andrà di tornare” concluse e, prima che Vegeta potesse aggiungere altro,  schiacciò il pulsante che chiuse la conversazione con il pianeta Terra.
Strinse i pugni arrabbiata con il mondo, i suoi occhi erano ancora fissi sui tasti dei comandi.
I suoi genitori non capivano, ma soprattutto non LA capivano.
Nonostante fossero anni luce lontani da lei, continuavano a volerla tenere sotto una campana di vetro, nonostante fosse lampante ormai che non sarebbe più potuto essere così. Ormai la bolla di sapone in cui l’avevano tenuta chiusa per anni era scoppiata. Non potevano più dirle ciò che era giusto e ciò che era sbagliato; adesso toccava a lei scoprirlo, da sola, senza l’aiuto e la protezione di nessuno.
“Non te la prendere, è normale che i genitori siano protettivi” disse Yoshi spezzando il silenzio.
“Tu non capisci”
“Oh… capisco meglio di quanto credi, fidati” disse roteando sulla ruote della poltrona e voltandosi a guardarla “è tipico dei genitori preoccuparsi per i figli. Credo sia qualcosa che inizia nel momento esatto in cui vieni messo al mondo…” aggiunse pensieroso.
“Pensano che io non ce la faccia, pensano che io sia debole, pensano sempre che io abbia bisogno del loro aiuto” sbottò alterata. Il sangue le fluì alla testa repentinamente e, per la prima volta nella sua vita, avrebbe voluto spaccare ogni cosa intorno a lei.
Stava perdendo le staffe.
“Mio padre ha vissuto nello spazio per trent’anni… perché io non dovrei farcela?”
Yoshi ridacchiò “tuo padre era il peggior mercenario che si potesse incontrare nello spazio Bra, il killer perfetto” ammise serenamente.
La ragazza spalancò gli occhi sorpresa, voltandosi a guardarlo.
“Non era lui a dover avere paura dello spazio” aggiunse l’alieno “erano tutti gli altri ad aver paura di lui. Non lo biasimo se è preoccupato per te, non sei di certo stata cresciuta come una Saiyan”
“Neanche Bardack mi sembra sia stato cresciuto proprio come un Saiyan, eppure non mi sembra uno sprovveduto” ribatté la turchina.
“Bardack viaggia nello spazio da quando è un bambino, proprio come me. Sappiamo bene come comportarci e chi possiamo sfidare… a volte non è bravo colui che attacca, ma colui che sa fare un passo indietro. Tu questo devi ancora impararlo” disse il ragazzo con un sorriso.
Non era certa che fosse la filosofia adatta per affrontare lo spazio.
Non aveva mai sentito suo padre pronunciare quelle parole.
L’attacco è la miglior difesa, questo era quello che aveva sempre sostenuto Vegeta.
“Non credo proprio che mio padre sia sopravvissuto nello spazio per anni facendo un passo indietro
“Ah no?” chiese ironico l’alieno con un ghigno “e come pensi che sia sopravvissuto alla schiavitù di Freezer? Sfidandolo ad ogni mancanza di rispetto?” si sporse in avanti con il busto, avvicinandosi a lei.
Bra rimase in silenzio, meditando sulle parole di Yoshi. Non aveva tutti i torti, non ci aveva mai pensato.
Non si era mai fermata a riflettere fino infondo a quello che aveva passato suo padre nella sua adolescenza.
“Quando tuo padre ha sfidato Freezer, è stato ucciso” decretò Yoshi “e questo lo sa tutto lo spazio” aggiunse riappoggiando la schiena sul sedile. Bra rimase in silenzio, ammutolita.
“Nessuno è imbattibile Bra” proseguì il ragazzo “prima te ne renderai conto, prima imparerai a vivere qui” disse indicando con l’indice lo spazio aperto davanti a lei “lascia stare i tuoi genitori, sono anni luce lontani da te in questo momento. Non farti turbare da chi non ti può raggiungere adesso. Non tutti sono fatti per questo, devi solo capire se questo è ciò che fa per te” aggiunse alzandosi in piedi.
Si guardarono per qualche istante.
“Come faccio a capire se questo è quello che fa per me?”
Yoshi le sorrise amichevole e le diede una pacca sulla spalla dolcemente “guardati allo specchio, tu che ne pensi?”
Senza aggiungere altro, il ragazzo si dileguò dalla sala comandi lasciandola da sola, immersa nei suoi pensieri. Fissò lo spazio buio davanti ai suoi occhi; quel quadro così surreale la incantava ogni volta.
Nel giro di due mesi la sua vita era stata stravolta, niente era più come prima.
Nonostante l’avessero rapita, aveva imparato ad apprezzare la presenza dei due alieni in viaggio con lei. In quei mesi aveva potuto scorgerne sfaccettature diverse rispetto a quelle che cercavano di mostrare al mondo intero. Non erano due mercenari in giro per lo spazio come volevano far credere, c’era molto di più dietro quelle maschere di indifferenza ed arroganza che si erano dipinti in volto dalla prima volta che avevano messo piede in casa sua. E proprio loro alla fine, avevano saputo guardare oltre la sua maschera.
La sua maschera costruita negli anni con impegno e senza rendersene conto, si era sgretolata lentamente in quei giorni passati nello spazio, facendola finalmente respirare di nuovo. Le avevano dato l’opportunità di dimostrare chi fosse davvero, le avevano dato il beneficio del dubbio.
Non si erano limitati a proteggerla, l’avevano lanciata nella fossa dei leoni ed era riuscita ad uscirne.
Ci sarebbe riuscita di nuovo anche nella prossima battaglia?
Chiuse gli occhi inspirando profondamente.
Il profumo di Bardack aleggiava ancora nell’aria nella sala comandi, poteva sentirlo distintamente.
Una scossa elettrica attraversò il suo corpo prepotentemente mandandola su di giri.
Nonostante avesse cercato di dimenticare quello che era successo il giorno prima, la sua testa non faceva che pensarci. Aveva evitato di dormire proprio per non pensarci, consapevole del fatto che la sua mente non avrebbe fatto altro che vorticare pericolosamente intorno a quel ricordo.
Non ci sarebbe ricaduta com’era successo con Goten.
Solo al pensiero dello storico amico di suo fratello Trunks, un moto di nervosismo si fece strada in lei, riportandole alla mente tutto ciò che era successo poco prima che venisse catapultata nello spazio.
“Datti una calmata, stai innervosendo tutti i presenti nella navicella”
La voce ferma e decisa di Bardack raggiunse inaspettatamente le sue orecchie. Sussultò sorpresa e si voltò verso la porta alle sue spalle riaprendo gli occhi. Il ragazzo se ne stava appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto, mentre i suoi occhi scuri l’analizzavano silenziosamente.
“Ma se non siete neanche nella mia stessa stanza?”
“Il tuo nervosismo si percepisce in ogni angolo. Se imparassi ad avvertire decentemente le auree degli altri te ne renderesti conto anche tu” rispose atono il ragazzo restando fermo.
Bra lo guardò per qualche istante pronta a ribattere, ma le parole le morirono in gola.
Badack aveva ragione. Da quando erano decollati da Nameck non era riuscita a rilassarsi neanche un minuto, rendendo probabilmente la vita difficile anche a lui e Yoshi che captavano perfettamente ogni sua vibrazione d’umore.
“Hai ragione, mi dispiace” borbottò sedendosi sulla poltrona davanti ai comandi.
Bardack fissò la schiena della ragazza per qualche istante in silenzio. Poi, mosso dalla curiosità, si mosse in avanti entrando nella stanza e raggiungendola. Si appoggiò al tavolo dando le spalle all’oblò davanti a lei per poterla guardare meglio e, tenendo ben strette le braccia incrociate al petto, la guardò silenzioso.
Bra iniziò a mangiucchiarsi nervosamente l’unghia del pollice destro, evitando accuratamente di guardarlo.
Aveva paura.
Aveva paura che, se lo avesse guardato, sarebbe riuscito a leggerle dentro.
Il primo a spezzare il silenzio creatosi, fu proprio Bardack.
“Cosa ti prende?”
“Niente”
“Cazzate”
“Va tutto bene”
“Io non direi”
“Cosa vuoi saperne tu?” sbottò stizzita voltandosi a guardarlo e Bardack rimase in silenzio guardandola seriamente. Si sentì a disagio, analizzata da quegli occhi neri che sembravano non staccarsi mai dal suo viso. La stava studiando da quando era entrato nella stanza e lei non aveva fatto altro che perdere le staffe, dandogli la dimostrazione di quanto fosse suscettibile e confermando la sua tesi.
Non aveva autocontrollo, questa era la sua debolezza più grande.
“Mi dispiace” disse sotto voce distogliendo lo sguardo da quello del ragazzo.
“E’ già la seconda volta che lo dici nell’arco di cinque minuti”
Lo sguardo di Bra restò fermo fuori dall’oblò e sospirò.
La telefonata con i suoi genitori l’aveva scossa più di quanto credesse e tutti i dubbi ed i pensieri che erano scaturiti dopo non avevano di certo migliorato la situazione. La presenza del Saiyan poi, peggiorava il tutto.
Bardack si spostò in silenzio e prese posto sulla poltrona affianco a lei, occupata fino a poco prima da Yoshi. Si slegò la fascetta che ostentava quasi tutti i giorni legata sulla fronte e si strofinò il viso con vigore, come se dovesse risvegliarsi da un sonno profondo. Dopo qualche istante, sospirò e abbassò lo sguardo sulla fascetta ben stretta tra le sue mani.
Bra lo guardò attentamente, seguendo con gli occhi ogni suo mossa.
C’era qualcosa di strano nel suo atteggiamento quella sera.
“Hai paura per la battaglia?” le chiese il ragazzo con tono stranamente comprensivo.
“Anche” rispose Bra raccogliendo le ginocchia al petto.
“Non devi aver paura, la prima battaglia non è mai semplice da affrontare, soprattutto quando quello che c’è in ballo è molto importante”
“Quello che c’è in ballo è importante per voi” rispose stizzita, ma se ne pentì subito dopo. Saettò con lo sguardo verso il ragazzo, convinta si sarebbe arrabbiato non poco per la sua affermazione. Tuttavia, inaspettatamente, Bardack continuò a fissare la fascetta tra le sue mani, totalmente privo di espressione.
“Lo sai anche tu che non è così” disse pacato “noi stiamo facendo tutto questo per riavere Kale con noi, ma tu sei nervosa perché dovrai dimostrare chi sei senza l’aiuto di nessuno questa volta” aggiunse continuando a rigirarsi quella fascetta tra le dita, c’entrando in pieno il punto ancora una volta.
A volte era come se Bardack riuscisse a leggerle dentro. Come se quel ragazzo venuto dallo spazio fosse in grado di capirla, anche meglio di quanto si conoscesse lei.
 Bra si chiese perché fosse così importante quel pezzo di stoffa che continuava a tenere con sé come se fosse il più prezioso dei gioielli, ma si rispose che probabilmente era un regalo fattogli da Kale.
“Allora? Cos’è successo?” incalzò il ragazzo.
“Te l’ho detto… niente”
“So che non è solo per la battaglia”
“Come fai a saperlo?” chiese la turchina decidendo di abbassare le difese.
“Perché lo sento” rispose come se fosse la cosa più scontata del mondo “sei troppo turbata per essere solo preoccupata per una battaglia” aggiunse con il cenno di un sorriso.
Come se lui capisse tutto, e probabilmente era proprio così.
Bra trattenne il fiato. Non era certa fosse la cosa giusta da fare, ma decise di dire la verità.
“Ho contattato i miei genitori” ammise guardandolo preoccupata per la sua reazione. Restò in silenzio, fissandolo in attesa di qualcosa. Qualcosa che non arrivò.
Bardack finalmente distolse lo sguardo dalla sua fascetta, voltandosi a guardarla sorpreso. Per un attimo, restò interdetta dal suo sguardo confuso e sorpreso al tempo stesso.
“Come hai fatto?”
“Beh… ho usato altri pianeti come satelliti per l trasmissione e… e poi beh è stato… semplice” balbettò guardandosi intorno nervosa. Attendeva una reazione esplosiva che continuava a tardare.
Il ragazzo tornò semplicemente a guardare la fascetta tra le sue mani, stranamente rilassato e le sue labbra accennarono un sorrisetto a cui Bra non riuscì a dare spiegazione.
“Perchè ridi adesso?” chiese la ragazza.
Gli occhi del Saiyan saettarono nei suoi “te l’ho già detto, ogni giorno che passa sei una sorpresa”
Bra sentì le sue guance farsi sempre più calde. Pregò che il ragazzo non notasse il suo rossore che sicuramente aveva colorato le sue gote.
“Da dove viene quella fascetta?” chiese cercando di cambiare discorso.
Non riusciva a capire perché, nonostante le continuasse a dire che tra loro non ci sarebbe mai stato niente, Bardack continuasse a metterla in difficoltà. Le sue lune continuavano a cambiare, facendole girare la testa.
“Questa fascetta apparteneva a mio nonno, Bardack, da cui ho ereditato il nome” rispose, e fu solo in quel momento che finalmente alzò lo sguardo per guardarla negli occhi.
“Mio padre era in missione con il Principe Vegeta quando il pianeta Vegeta è esploso, per questo si sono salvati… ma credo sia una storia che conosci già. Poco prima di partire in missione, mio nonno ha dato questa a mio padre e insieme a questa gli ha consegnato il medaglione che tu porti al collo. Mio padre, prima di partire per Kapthos, dove è stato fatto fuori, ha deciso di consegnarmi tutto. Probabilmente sapeva che non sarebbe tornato vivo da quel pianeta, questa volta se lo sentiva… in tutti gli anni che l’ho visto partire, mai prima di allora si era lasciato andare in saluti affettuosi come quel giorno. Quando mi ha dato la fascetta di mio nonno ed il medaglione della casata reale, ho capito che non lo avrei più rivisto”
Si fermò per un istante e distolse lo sguardo dal suo.
“Era come se mi avesse passato il testimone…” sussurrò perso nei ricordi.
Bra poté giurare di aver visto gli occhi del generale diventare sempre più lucidi.
“Mi dispiace” mormorò, senza riuscire a celare lo stupore. Bardack non era solito aprirsi con nessuno, glielo aveva confermato anche Yoshi. Eppure, in quel preciso momento, le sembrò un ragazzo normalissimo.
“Mi ha fatto promettere che, se mai avessi trovato Vegeta ed una sua ipotetica famiglia, io l’avrei servita e onorata come avevano fatto lui e mio nonno in passato e che non avrei mai dovuto avere punti deboli. Perché i punti deboli sono quelli che ti fanno perire in battaglia, sono quelli che causano il fallimento” proseguì tornando a guardarla “quando ti ho incontrata, credevo fossi una sciocca ragazzina debole ed arrogante, frivola e priva di amor proprio. Poi ti abbiamo rapita, sei venuta con noi nello spazio, sei venuta con noi su Kapthos, hai combattuto con noi, ti ho allenata…” sospirò “non ho onorato la promessa che ho fatto a mio padre prima che partisse…”
Bra trattenne il respiro.
“Non devi sentirti in obbligo di trattarmi bene perché l’hai promesso a tuo padre” disse subito la ragazza.
“Non è questo il punto Bra!” sbottò il ragazzo voltandosi a guardarla e Bra sussultò sorpresa dall’irruenza della risposta. 
“E qual è allora?” chiese senza capire.
“Non credevo di avere un punto debole” disse serio “ma da quando ti ho incontrata ho capito che il mio punto debole sei tu”
Silenzio. Il silenzio aleggiò nella stanza.
Si guardarono negli occhi.
Bra non capiva. Si stava sforzando di capire, ma non riusciva proprio a capire cosa stesse dicendo il ragazzo davanti a lei. Per un istante dubitò quasi che fosse il vero Bardack quello davanti a lei.
Definitivamente senza maschere e barriere, aveva calato tutte le sue difese davanti a lei.
“Ti ho allenata perché ho deciso di credere in te” disse improvvisamente il ragazzo ed una scossa elettrica attraversò tutto il suo corpo, dalla testa ai piedi, scuotendola come niente aveva mai fatto prima di allora.
Spalancò la bocca sorpresa.
Lui credeva in lei.
L’ultima persona che credeva glielo avrebbe mai detto, aveva appena pronunciato la frase che aveva sempre desiderato sentire da parte delle persone intono a lei.
Bra sentì gli occhi inumidirsi, ma combatté contro sé stessa per non piangere davanti agli occhi del generale. Non voleva mostrarsi debole, nonostante le avesse detto tutto ciò che aveva sempre desiderato sentirsi dire e, sentirselo dire da un guerriero della sua portata, sentirselo dire proprio da lui, la faceva sentire come se fosse in mezzo ad un tornado di emozioni.
“Perché?” balbettò la ragazza ancora scossa.
Bardack fissò lo spazio davanti a sé, illuminato dalla luce fioca artificiale delle luci notturne della cabina.
“Mio padre mi ha sempre detto che niente è come appare in realtà” disse atono “tutti indossiamo una maschera che nasconde chi siamo davvero. E’ nella natura umana farlo, è una sorta di meccanismo di protezione che ci permette di mostrare agli altri solo ciò che ci va di mostrare”
“Come un velo di Maya, direbbe Schopenhauer…” disse pensierosa la ragazza.
“Chi?”
Bra scosse la testa e trattenne un sorriso quando si ricordò di parlare con un extraterrestre. Eppure, in quel momento, si sentiva così a suo agio da non realizzare bene dove si trovasse.
“Nessuno…”
Per quanto tempo aveva vissuto cercando esclusivamente di compiacere i suoi genitori e le persone intorno a lei? Bei voti a scuola, seguire le regole del galateo, essere sempre perfetta ed impeccabile come sua madre, l’Università di ingegneria ed un giorno un posto sicuro nella Capsule Corporation. Tutta la sua vita aveva sempre ruotato intorno al dimostrare a che famiglia apparteneva, ma si era dimenticata che i suoi genitori non erano mai stati intenzionati a volere questo per lei.
Suo padre le aveva insegnato a non aver paura del proprio passato, che le persone possono sempre cambiare, ad attaccare per non essere attaccati, a prendere di petto la vita e a non dubitare mai di sé stessa. Sua madre le aveva insegnato a dire sempre ciò che pensava, a disinnescare quando era il momento di farlo, ad usare la logica e la razionalità anche nei momenti difficili e soprattutto a non aver mai paura e timore di niente. I suoi genitori, in ventitre anni, le avevano dato una miriade di lezioni che non aveva mai recepito realmente. Solo adesso, anni luce distante dalla Terra e dispersa nello spazio in compagnia di un ragazzo sorprendente, si rendeva conto di tutto quello che avevano cercato di mostrarle da quando era nata, ma lei aveva preferito indossare una maschera per stare più comoda.
“Cala la maschera e dimostra chi sei davvero, dopo non avrai più paura e sarai la compagna di te stessa”
Bra lo guardò a bocca aperta, meditando sulle sue parole.
Mai si sarebbe aspettata di affrontare un discorso di tale spessore con il Saiyan che l’aveva rapita due mesi prima. Due mesi di viaggio le avevano aperto gli occhi, sul mondo intorno a lei e sulle persone intorno a lei. Due mesi lontana dall’influenza terrestre le avevano fatto capire che, il posto che lei chiamava casa ma che sentiva stretto, in realtà lo sentiva stretto solo a causa di sé stessa.
Il generale si alzò in piedi dirigendosi verso la porta e  Bra lo seguì con lo sguardo. Quando fu sul punto di uscire dalla stanza, Bra parlò.
“Bardack”
Il ragazzo si fermò e si voltò a guardarla.
“Nessuno mi ha mai aiutata come hai fatto tu, nonostante tutto” disse trattenendo il fiato.
Il Saiyan la guardò e sospirò, appoggiandosi allo stipite della porta. La fissò per qualche istante in silenzio, probabilmente cercando le parole giuste da dire mentre gli occhi cristallini della ragazza lo tenevano inchiodato lì.
La verità era che non si era mai aperto così con nessuno, se non con Kale.
Eppure con Bra gli risultava spontaneo e più forte di sé.
“Quando scenderemo da questa navicella tutto tornerà come prima” esordì visibilmente in difficoltà “tu tornerai ad essere una debole terrestre che ha deciso di aiutarci ed io tornerò ad essere un generale” aggiunse socchiudendo gli occhi per interrompere quel contatto visivo che lo stava logorando “io non posso Bra, non posso” rispose alla sua supplica silenziosa “quando scenderemo da qui, tutto questo non sarà mai successo” concluse. Dopo averla guardata un’ultima volta, si voltò e la lasciò lì, al centro della sala comandi.
Bra trattenne il respiro ancora per qualche istante, poi espirò esalando tutta la tensione del momento.
Dai suoi occhi cristallini, iniziarono a sgorgare lacrimoni incontrollabili.




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