Il
cielo notturno, d'un intenso colore cobalto, era illuminato dalla
luce madreperlacea della luna piena.
Un
debole vento spirava tra le piante del giardino, riempiendo l'aria di
note delicate e forti, e i raggi dell'astro notturno inargentavano il
mare.
A
passo lento, Yanez passeggiava nel giardino del palazzo reale del
Kiltar. In quel momento, desiderava la quiete.
Per
lui, quello era un giorno doloroso, carico di memorie strazianti.
Sospirò
e, con un gesto nervoso, allontanò le lacrime, che
minacciavano di rotolargli sulle guance. In Oriente, aveva costruito
una nuova esistenza e si era scrollato il peso della sua triste
infanzia.
Aveva
conosciuto l'amore di una famiglia, per quanto non di sangue.
Con
loro, aveva imparato a vedere il mondo in un modo differente.
Si
era liberato dalle catene dei pregiudizi verso i non europei, che,
nel vecchio continente, erano ritenuti selvaggi e crudeli.
Accennò
ad un sorriso ironico. Sandokan, con lui, si era rivelato gentile e
premuroso, nonostante le loro diversità.
Aveva
saputo andare oltre la sua pelle bianca, che era simile a quella dei
mandanti dello sterminio della sua famiglia.
Non
lo aveva colpevolizzato, come tanti altri avrebbero fatti, ubriachi
di dolore e rabbia.
Questa
sua nobile intelligenza, così rara e sublime, era ben
superiore alla presunzione di molti ricchi europei.
Era
stato il primo a vedere non il suo volto, ma il suo cuore.
Si
fermò davanti ad una piccola cappella, simile ad un gazebo, a
pianta ottagonale, il tetto sormontato da una croce.
─ Qui
nessuno mi disturberà. Grazie, Sandokan. ─ mormorò.
Certo, il tempo aveva portato tanti mutamenti, ma non aveva
cancellato dalla sua memoria quel ricordo dolce e amaro.
Ogni
tredici aprile si chiudeva in quella cappella, solo.
Aveva
chiesto di non essere disturbato da nessuno, se non in casi d'estrema
necessità, e Sandokan, pur perplesso, aveva acconsentito.
Aveva
intuito la sua necessità e aveva rispettato il suo desiderio
di silenzio e raccoglimento.
Entrò
e, cauto, quasi temesse di disturbare la quiete del giardino, chiuse
la porta dietro di sé.
L'ambiente
era illuminato dalla luce di due candele, collocate a poca distanza
l'una dall'altra, e le fiamme creavano sui muri di pietra e sul
pavimento giochi sempre mutevoli di luce e d'ombra.
Al
centro, era collocato un altare e, a poca distanza, era presente un
inginocchiatoio ligneo e da alcuni vasi di fiori, contenenti orchidee
policrome, si spandeva un penetrante profumo.
Il
giovane si avvicinò all'altare, fece il segno della croce e si
sistemò sull'inginocchiatoio.
Poi,
mise la mano in una tasca e trasse un rosario di perle di corallo,
terminante in un crocifisso d'argento mirabilmente lavorato.
Le
sue dita, quasi timorose, sfiorarono il gioiello. Quel monile era
sopravvissuto alle tante sfide da lui affrontate.
Nessun
grano era stato perduto.
Forse,
era racchiuso il suo spirito?
Chissà,
magari aveva lo stesso potere dello zuck.
─ Ovunque
voi siate, grazie nonna. Grazie di tutto. ─ mormorò. Nei
suoi primi, dolorosi e difficili anni, lei gli aveva fatto conoscere
un frammento d'amore familiare.
Magdalena
de Gomera, pur essendo una cattolica fervente, non aveva riversato su
di lui una condanna insensata.
La
religione aveva sì lasciato la sua impronta su di lei, ma non
aveva corrotto il suo cuore caritatevole.
Aveva
spesso litigato col suo amatissimo figlio primogenito, affinché
lui, un figlio illegittimo, non fosse condannato ad una esistenza
miserabile.
Pur
deprecando l'adulterio, aveva saputo vedere in lui un suo nipote, al
pari dei figli legittimi di suo figlio.
Quante
volte l'aveva difeso dalle prepotenze dei suoi fratellastri?
Di
questo gliene sarebbe stato grato.
La
morte gliel'aveva sottratta in modo repentino, quasi rapace.
Un
fatale colpo apoplettico l'aveva strappata alla vita.
─ Almeno
non avete sofferto. ─ mormorò. Diverse epidemie avevano
colpito il suo paese natio e l'agonia dei malati era stata
straziante.
A
lei, per fortuna, era stato risparmiato un destino tanto crudele.
Strinse
il rosario tra le dita e cominciò a sgranarlo, mentre le sue
labbra mormoravano preghiere.
Ad
un tratto, abbandonò le braccia lungo i fianchi e sospirò.
Che senso aveva una simile preghiera?
Si
era dimenticato della sua condizione?
La
sua condotta di vita, così gaudente, era lontana dai principi
cristiani.
L'affetto
per sua nonna, pur sincero, non bastava.
Il
dio cristiano non accettava i ribelli alla sua legge e li condannava
ad una sofferenza straziante.
Ai
suoi occhi, era indegna la preghiera di un uomo come lui, pur animata
dalle migliori intenzioni.
Si
sentiva quasi offeso, ne era sicuro.
Vendicava
la sua autorità ferita colpendo il lato più vulnerabile
del suo cuore.
Le
sue mani, che ancora stringevano il rosario, tremarono, le lacrime
bagnarono le sue guance e, d'istinto, chinò la testa. Niente
di lui era puro.
Doveva
accettare una simile verità e cessare di elevare preghiere
indecenti alla sua memoria.
Però,
tale consapevolezza trapassava la sua anima, come un pugnale
avvelenato.
Come
un macigno, sentiva su di sé il peso di una promessa non
mantenuta.
E
per lui era inammissibile non mantenere la parola data.
Una
mano, leggera, si posò sulla sua spalla.
Yanez
sussultò e il rosario scivolò dalle sue mani, cadendo
sul pavimento con un tonfo.
─ Devo
prendere lezioni di malese aggiuntivo? Voglio stare da solo. ─
esclamò, irritato. Non voleva farsi vedere debole.
─ Devi
chiudere meglio la porta, Yanez. ─ replicò una voce
femminile, ironica.
Il
giovane si girò e, accanto a lui, riconobbe Marianna.
La
ragazza aggrottò la fronte e, per alcuni istanti, osservò
l'amico. Lo spirito di Yanez riverberava nei suoi occhi cerulei e
rivelava una natura coraggiosa, che non temeva nulla.
Tale
indole, nonostante i primi attriti, aveva attirato anche lei e Yanez
de Gomera, per lei, era diventato un fratello d'elezione.
Eppure,
in quella giornata, era lugubre e cupo.
Cosa
gli era accaduto?
Un
debole sospiro fuggì dalle labbra del giovane.
─ Marianna,
scusami. Ma, per me, questo è un luogo di pace. Non mi sembra
di chiedere troppo. ─ mormorò, sconsolato.
Marianna
si inginocchiò e gli posò una mano sul viso.
─ Hai
ragione. Ma non puoi chiedere a chi ti vuole bene di stare in
silenzio a guardare la tua tristezza. ─ replicò lei.
Anche Sandokan non capiva la richiesta del suo amico.
Yanez
non era mai stato religioso, eppure cercava il silenzio in quella
chiesa.
Lei,
Marianna, capendo la preoccupazione dell'amato, gli aveva assicurato
che avrebbe provato a parlarci.
Ne
era certa, la loro origine europea avrebbe costituito un contatto.
─ Non
sono mai stato un baciapile. Anzi, odio quei soggetti. Ma, tempo fa,
feci una promessa ad una persona a me cara. Una promessa che non
posso mantenere. ─ cominciò.
La
giovane italo – inglese, sempre più perplessa, aggrottò
le sopracciglia e arricciò un poco le labbra.
Dinanzi
all'espressione sconcertata di lei, il portoghese sorrise.
─ Marianna,
da tempo la mia vita è lontana dai precetti cristiani. E non
ho intenzione di diventare un bigotto. Però... mi sento
indegno di pregare per questa persona. Che valore hanno le preghiere
di una persona come me? ─ concluse, quasi parlando tra sé.
Chinò
la testa e lasciò che il cappello coprisse il suo viso.
D'istinto,
la ragazza gli prese le mani e gliele strinse.
─ Hanno
più valore di quanto tu creda. ─ affermò, decisa.
Stupito,
il lusitano alzò la testa e i suoi occhi cerulei, incerti, si
rifletterono in quelli viola di lei. Perché lei era così
convinta delle sue parole?
Per
quanto sincere, gli parevano assurde.
─ Dio
va ben oltre la meschinità dei suoi ministri. Cerca
l'immensità di un cuore nobile, non la grettezza di un
regolamento. ─ iniziò lei. Cominciava a intuire le ombre
sempre celate dal sorriso ironico di Yanez.
Forse,
erano un ricordo di un passato doloroso.
─ Tu
hai commesso molti errori e ne farai altri. Ma non cambia la nobiltà
del tuo cuore. Solo chi ha un animo limpido sente il peso dei propri
sbagli e soffre per l'impossibilità di mantenere una promessa.
─ terminò lei.
Yanez,
stupito, sbarrò gli occhi e aprì un poco le labbra,
mentre il cuore accelerava i suoi battiti. Lui... Lui aveva un cuore
nobile?
Una
tale affermazione pareva un'esagerazione, eppure non poteva negare di
provare piacere per quelle parole.
Un
vivo rossore colorò le sue guance e le sue labbra si
sollevarono in un sorriso. Avvertiva un calore vivificante irradiarsi
lungo tutto il suo petto e scacciare la tristezza.
Marianna,
con le sue parole, si era mostrata intelligente e gentile, degna
dell'amore di Sandokan.
─ Ti
ringrazio, Marianna. Vorresti pregare con me? Lei sarebbe felice, ne
sono sicuro. ─ domandò.
Lei
sollevò le labbra in un sorriso.
─ Certo.
─ rispose. Era felice di una tale richiesta.
Yanez,
di solito così schivo, aveva rivelato una parte della sua
anima più pura.
Poco
dopo, lei si inginocchiò e la chiesa risuonò di
preghiere.
|