Leave me to dream
Evelyn era sfinita dopo la lunga giornata di lavoro, così si
abbandonò contro il materasso e affondò con la nuca nel cuscino. Chiuse gli
occhi e la sua mente cominciò a vagare lontano, rifugiandosi in quel luogo in
cui riusciva a trovare la pace.
Dietro le sue palpebre si dipinsero le immagini di mille
idee da trascrivere nero su bianco, di personaggi suoi e della band che più
amava al mondo.
Le sarebbe davvero piaciuto poter viaggiare nel tempo e
nello spazio per trascorrere un solo giorno con loro, i Chicago, quei ragazzoni
che l’avevano colpita fin nel profondo e su cui non sapeva far a meno di
fantasticare.
Quegli uomini che non conosceva di persona, ma che
considerava un po’ come una famiglia.
Strinse forte le dita sul bordo della coperta e la tirò fin
sotto il mento, desiderando ardentemente di potersi alzare per scrivere una
nuova storia sui suoi adorati musicisti.
Avrebbe dovuto aspettare fino a lunedì, intanto sperava
soltanto di poterli sognare.
Si addormentò prima di rendersene conto, mentre sulle sue
labbra si dipingeva un lieve sorriso.
Si sentiva strana, non era qualcosa che avesse mai provato
prima, era come se il suo corpo non le appartenesse del tutto.
Le pareva quasi di fluttuare.
Di fronte a lei si estendeva un silenzioso corridoio, sul
quale si affacciavano diverse finestre dalle ante socchiuse. Dovette reprimere
una risata nell’immaginarsi un po’ come Alice nel Paese delle Meraviglie
circondata da infinite porte chiuse.
Fece un timido passo avanti, ma le piante dei suoi piedi
scalzi non incontrarono il pavimento; riuscì comunque a procedere, nonostante
stesse provando una sensazione strana e inspiegabile.
Si aggrappò al primo davanzale che le capitò a tiro, alla
sua sinistra, temendo di poter cadere nel vuoto da un momento all’altro.
Incuriosita, schiuse piano l’anta della finestra e sbirciò all’esterno,
ma quello che scorse la lasciò letteralmente senza fiato. Sbatté più volte le
palpebre, il cuore in subbuglio e il corpo improvvisamente inondato di calore.
Di fronte ai suoi occhi increduli si stava svolgendo una
scena che aveva immaginato così tante volte, ed era talmente vicina da sentirsi
quasi di troppo nell’osservarla.
Una camera immersa nella penombra, rischiarata soltanto da
un timido raggio di sole che filtrava attraverso una pesante tenda arancione
smossa dal vento. La portafinestra era socchiusa e lasciava entrare soltanto
rumori ovattati dall’esterno – auto lontane, voci indistinte, l’abbaiare di un
cane.
Al centro della stanza troneggiava un letto matrimoniale,
sul quale due uomini completamente nudi erano abbandonati.
Uno moro e uno biondo.
Evelyn li conosceva fin troppo bene e non poteva credere che
fossero proprio lì, sotto il suo sguardo improvvisamente imbarazzato.
Erano Robert e Peter, avvinghiati in un abbraccio e intenti
a baciarsi con passione.
Robert era adagiato sul corpo di Peter e faceva sfregare il
petto villoso contro il suo, mentre lo inchiodava al materasso e tirava piano
le ciocche chiare dei suoi capelli per inclinare maggiormente il suo capo all’indietro.
Evelyn fremette dall’emozione: erano bellissimi.
Nonostante ciò, si sentì ancora una volta di troppo a
violare in quel modo la loro privacy; eppure si prese ancora qualche istante
per ammirarli, in fondo voleva imprimere nella memoria quel momento magico e
descriverlo al meglio nella sua prossima storia.
Chissà se loro si erano accorti di lei, se potevano vederla
o udire la sua voce.
Avrebbe potuto disturbarli, ma la verità era che non se la
sentiva, non le pareva proprio il caso di interromperli sul più bello.
Allora si limitò a scorrere con lo sguardo sui loro corpi,
cercando di memorizzare il modo in cui si toccavano e si baciavano, le
espressioni estasiate sui loro volti e il suono dei loro sospiri di piacere che
permeava l’aria circostante.
Vide Robert inginocchiarsi tra le cosce di Peter, guardarlo
dritto in viso e stringere la sua eccitazione nella mano destra.
Evelyn si sentì arrossire e distolse gli occhi, decidendo
che era giunto il momento di lasciarli in pace – era bizzarro quanto si
sentisse inadeguata in quel momento, anche se scrivere di loro in intimità non
le faceva lo stesso effetto.
Erano così reali oltre quella finestra, in qualche modo
faceva tutto un altro effetto.
L’ultima cosa che udì prima di allontanarsi definitivamente
fu un acuto gemito sgorgare dalle labbra di Peter – l’avrebbe ricordato per
sempre.
Si affacciò al davanzale di fronte, sperando di ritrovarsi
di fronte a qualcosa di più soft, aveva decisamente bisogno di riprendere fiato
e calmare i battiti impazziti del suo cuore.
La stanza che si presentò ai suoi occhi era decisamente più
luminosa della precedente: si trattava di una cucina completamente in
disordine, arredata in modo semplice e quasi completamente occupata da un
grosso tavolo rettangolare.
Su alcune sedie erano stravaccati due uomini piuttosto
giovani, Evelyn li riconobbe subito e un enorme sorriso si dipinse sulle sue
labbra: Terry e Danny sorseggiavano una birra ghiacciata e chiacchieravano tra
loro, sghignazzando come due ragazzini.
Danny aveva ancora i capelli al proprio posto e il vocione
di Terry le vibrò nel petto, facendole provare una miriade di emozioni che non
riuscì a categorizzare appieno.
Non sapeva perché, ma era consapevole che la stanza in cui
si trovavano Robert e Peter era nella stessa casa, così si domandò se qualcuno
si sarebbe accorto di bassista e tastierista che si amavano segretamente.
Si concentrò sul viso di Terry e le venne quasi da piangere,
perché lui era così reale nonostante fosse morto da tanti anni: il sorriso
equino che tanto adorava, i suoi occhi genuini, i capelli sempre in disordine… era
stupendo, Evelyn desiderò soltanto di poterlo abbracciare.
Allora decise che poteva provare ad attirare la loro
attenzione, quella era un’occasione da non sprecare, talmente rara e preziosa che
nella sua mente prese la forma di una gemma che brillava sotto il sole
d’estate.
Si sporse maggiormente oltre il davanzale e pronunciò
timidamente prima il nome di Terry, poi quello di Danny, ma nessuno dei due si
voltò nella sua direzione né diede segno di essersi accorto di lei.
Evelyn avvertì una punta di delusione invaderle il cuore,
poi realizzò che forse anche in quel bizzarro universo funzionava come nell’aldilà
che aveva creato per tenere in vita la memoria di Terry: era permesso affacciarsi
a quelle finestre, ma non si poteva intervenire né modificare il corso degli
eventi che si svolgevano nell’aldiquà.
Davvero era stata lei ad architettare un meccanismo tanto
complesso?
Con un sospiro frustrato, dovette accontentarsi di osservare
e ascoltare i due amici che scherzavano tra loro proprio come li aveva sempre
immaginati.
«Le donne non possono resistermi, lo sai» stava dicendo
Danny, dandosi un sacco di arie.
«Veramente ti cercano solo per arrivare a me! Le pollastre
sanno perfettamente riconoscere un vero stallone» sbottò il chitarrista, battendo
con forza la mano destra sull’enorme petto.
«Come no. Amico, non vogliono davvero stare né con te, né
con me» esalò il batterista sconsolato.
«Non sono d’accordo» bofonchiò Terry e, dopo aver
sorseggiato un altro po’ di birra, lasciò andare un potente rutto.
Il suo amico gli lanciò un’occhiataccia. «Certo che se ti
comporti così di fronte a una donna, la fai scappare di sicuro!»
Evelyn scoppiò a ridere, era davvero esilarante assistere ai
battibecchi di quei due, tutto ciò le stava facendo venire una voglia matta di
scrivere.
«Invece mi vogliono proprio perché sono un uomo rude e
virile!» si pavoneggiò ancora Terry.
«Piantala. Loro vogliono sono Peter» sibilò Danny, sbattendo
il bicchiere vuoto sul tavolo.
«Ma chi, Belli Capelli? Quello è solo un figurino
senza palle!» minimizzò il chitarrista, per poi esplodere in una fragorosa
risata che contagiò anche Danny.
Evelyn socchiuse le palpebre e cercò di imprimere a fondo
nelle orecchie il suono delle loro voci allegre e spensierate, poi portò le
dita alle labbra e lanciò a entrambi un lieve bacio.
Infine, curiosa di scoprire cos’altro la attendesse oltre le
altre finestre, si scostò e tornò a procedere lungo il corridoio.
Sbirciò oltre la terza finestra, quella accanto alla cucina,
e i suoi occhi misero a fuoco una figura solitaria.
Il corpo magro e allampanato di Lee era adagiato su un’amaca
sospesa tra due maestosi alberi, tutt’attorno la quiete del pomeriggio
inoltrato era interrotta soltanto dal cinguettio degli uccellini.
Evelyn lo osservò meglio e lo trovò immerso nei propri
pensieri, taccuino alla mano e sopracciglia aggrottate per la concentrazione.
Indossava una felpa leggera e dei jeans strappati, le gambe
si muovevano avanti e indietro al ritmo di una musica che solo lui conosceva.
Lee scribacchiava qualcosa di tanto in tanto, i capelli
chiari gli ricadevano sul viso nonostante tentasse spesso di ricacciarli in
continuazione.
Se ne stava lì, da solo, a lavorare per quella che riteneva
la sua famiglia, la cosa più cara che avesse.
Evelyn riusciva quasi a leggergli nella mente, ma i suoi
pensieri erano confusi e sfuggevoli, proprio come la sua personalità che per
lei sarebbe sempre stata un mistero.
Lo scrutò per un po’: il profilo del suo viso si stagliava contro
il tramonto che pian piano tingeva di viola e arancio il cielo che lo
sovrastava.
Percepì un sospiro abbandonare le sue labbra e quel piccolo
suono le mozzò per un attimo il respiro – sembrava un’anima tormentata, la sua.
Nonostante con Lee non sentisse una grande affinità, Evelyn
sapeva che lui era la vera anima della band, colui che l’aveva tenuta in piedi
per tutti quegli anni. Senza il trombettista probabilmente i Chicago si
sarebbero disintegrati subito dopo la morte di Terry.
I suoi occhi si inumidirono appena e fu costretta a
distoglierli da Lee, asciugandoli con il dorso della mano.
Quando li sollevò nuovamente, notò un uomo avvicinarsi a Lee
e affinò la vista, riconoscendo immediatamente la figura di Laudir.
Il percussionista brasiliano si fermò accanto al compagno di
band e lo guardò dall’alto in basso. «Che fai, amigo?»
«Sto componendo,
non vedi?» replicò acido Lee.
Evelyn alzò gli
occhi al cielo e sorrise, riconoscendo quel modo brusco e poco amichevole che aveva
sempre associato al trombettista.
«Posso vedere?»
Lee arricciò il
naso e strinse il taccuino al petto. «Non ho ancora finito, saprai tutto a
tempo debito.»
Laudir scosse il
capo e si passò le mani tra i capelli. «Non farla tanto lunga, andiamo!»
«Ho detto di no.»
Evelyn si godette
il sorriso bonario che illuminò il viso di Laudir e provò una sensazione di
pace e tranquillità, rendendosi conto che anche il percussionista sembrava
dannatamente reale.
Si concesse qualche
altro istante per star loro accanto, ascoltando le proteste di Lee mentre
Laudir tentava di strappargli il taccuino dalle mani.
Con una risatina
diede le spalle alla finestra e si immerse nuovamente nel corridoio.
Rimaneva soltanto
un ultimo varco a cui affacciarsi.
Un’altra camera da
letto si presentò ai suoi occhi, ma stavolta l’atmosfera era decisamente
diversa: il sole del tardo pomeriggio la inondava completamente, rendendola
calda e accogliente.
Sul letto giacevano
Walter e James, distesi l’uno di fianco all’altro, entrambi indossavano dei
boxer e una t-shirt spiegazzata, proprio come le lenzuola che si
attorcigliavano alle loro caviglie intrecciate.
James teneva il
capo abbandonato sul petto glabro di Walter e si lasciava abbracciare e
accarezzare i capelli.
Era una scena
talmente tenera e dolce che a Evelyn si sciolse il cuore, gli occhi tornarono a
pungere di lacrime e le gambe parvero voler cedere da un momento all’altro.
Tutto in loro
sprigionava amore puro e profondo rispetto, bastava anche solo sfiorarli con
gli occhi per capire quanto si appartenessero.
Walter cullava
James con una delicatezza incredibile, come se temesse di fargli del male o di ferirlo,
nonostante il trombonista fosse tutt’altro che fragile.
Evelyn tornò a
provare imbarazzo, ma stavolta la sensazione fu ancora più forte e impetuosa:
c’era qualcosa di davvero intimo in quell’abbraccio innocente, qualcosa che le
suggeriva di farsi da parte e lasciarli soli.
Poco importava che
non potessero vederla né accorgersi di lei.
Erano proprio come
li aveva sempre immaginati, così uniti da poter superare insieme qualsiasi
avversità o difficoltà, così innamorati da non riuscire a separarsi né a fare a
meno l’uno dell’altro.
Erano sempre stati
diversi da Robert e Peter, il loro amore non era mai stato in dubbio e niente
era stato capace di incrinarlo davvero.
Walter e James
erano semplicemente anime gemelle.
Evelyn si commosse
per l’ennesima volta e scoppiò a piangere, incapace di trattenere ancora le
emozioni che la stavano sopraffacendo da quando era entrata in quel bizzarro
universo.
Si accasciò contro
il davanzale e singhiozzò senza ritegno, grata che nessuno potesse sentirla o
scoprire quanto fosse debole.
Bastava davvero poco
a ridurla in quelle condizioni.
Il suo pianto si
intensificò quando udì la voce di James rompere il quieto silenzio che regnava
nella stanza.
«Wally» sussurrò.
«Che c’è?»
«Cazzo, non sai
quanto ti amo» disse il trombonista.
Evelyn sollevò il
capo proprio nel momento in cui i due si unirono in un bacio lento e delicato,
le dita di Walter a tracciare la schiena di James.
Il suo cuore fece
una capriola e gli occhi si appannarono ancora di più.
Doveva andarsene,
non c’era più niente che potesse davvero interessarle.
Le bastava avere
impresse nella mente le immagini che aveva visto e nelle orecchie le voci che
aveva udito.
Si tirò indietro e
si ritrovò in piedi al centro del corridoio.
Di fronte a lei si
stagliava quella che sembrava un’uscita.
Era giunto il
momento di raggiungerla.
Una volta sulla
soglia, Evelyn sentì un lieve tocco sul viso e sobbalzò.
Sollevò lo sguardo
e mise faticosamente a fuoco una figura evanescente che pian piano stava
assumendo dei contorni più definiti.
Ebbe un mancamento
quando gli occhi caldi di Terry si immersero nei suoi e le sue grandi mani le
circondarono le guance.
Non seppe cosa fare
e non riuscì a parlare, riprese soltanto a piangere.
Stavolta le dita di
Terry furono pronte a raccogliere delicatamente ogni sua lacrima, mentre la sua
voce profonda sussurrava piano il suo nome.
«Terry…»
«Volevo solo renderti
felice» spiegò lui.
Evelyn singhiozzò
più forte e fece per gettarsi tra le sue braccia, ma in un attimo si ritrovò
nuovamente da sola.
Non ebbe neanche il
tempo di cedere alla disperazione che i suoi occhi si spalancarono e il suo
corpo ebbe un profondo sobbalzo.
Impiegò alcuni
secondi a rendersi conto che si trovava sul proprio letto, il respiro corto e
il cuore completamente fuori controllo.
Si mise a sedere e apprese
di essere sudata fradicia e in lacrime.
Era stato un sogno
talmente vivido…
Era sicura che non
lo avrebbe mai dimenticato.
Poi ripensò a Terry
alla fine del corridoio e tornò ad abbandonarsi contro il materasso, un sorriso
a incresparle spontaneo le labbra.
Forse era un
pensiero stupido, probabilmente era qualcosa di impossibile, ma le piaceva
credere che il chitarrista che tanto amava le avesse realmente fatto un regalo
dall’aldilà.
♥ ♥ ♥
TANTISSIMI AUGURI
EVELYYYYN!!!! *__________*
Sorella mia, sei
sempre nel mio cuore e nemmeno quest’anno potevo evitare di scrivere qualcosa
per festeggiare il tuo compleanno!
Ho avuto questa
bizzarra idea rifacendomi proprio alla tua serie Voci dall’aldilà, in modo da poter inserire quel pizzico di
sovrannaturale che mi permettesse di regalare al tuo alter ego un bel viaggetto
nel tempo e nello spazio, per godersi dei bei momenti come questi :3
Non potevo certo
perdermi la ghiotta occasione di inserire la Lammetera e la Parazankow, anche
perché sei stata proprio tu a farmi amare e conoscere queste stupende coppie!
Spero di aver reso
giustizia al personaggio che in teoria dovrebbe rappresentarti e ai ragazzoni
dei Chicago, e spero anche che questa piccola storia ti sia piaciuta e sia
stato un regalo degno di questo nome :D
Lettori, vi
consiglio vivamente di recuperare le storie che Eve ha scritto su questa band,
sono degli autentici capolavori e io non la ringrazierò mai abbastanza per
avermi insegnato ad apprezzarli come personaggi, con le loro peculiarità ben
definite, i loro pregi, difetti e intrecci amorosi/d’amicizia!
GRAZIE DAVVERO
SORELLA, TI AUGURO IL PIÙ FELICE DEI COMPLEANNI, TI MANDO UN ABBRACCIO
FORTISSIMO ♥
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