Guardami, sono il mostro che tu hai creato

di Galletas
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 Continuarono a discutere per tutta la notte, entrambi fermi sulle proprie posizioni,
Martín che cercava di far capire ad Andrés le sue preoccupazioni, e Andrés che si sentiva ogni secondo più offeso come uomo e come ladro dalle sue parole. 
Era quasi l'alba quando proprio Andrés decise di porre fine a quella lunga notte
"Sono quasi le sei del mattino, finiamola qua, cerchiamo almeno di dormire queste paio d'ore che ci sono rimaste"
Effettivamente Martín a quel punto era distrutto, e non solo fisicamente ma anche e soprattutto a livello psicologico, non era più abituato ad affrontare Andrés e la sua testardaggine
"E al tuo adorato fratellino che diciamo? Visto che è per lui che è iniziata questa conversazione quasi 6 ore fa?"

"Non gli diciamo niente, anche perché alla fin fine non c'è niente da dire."
Detto questo si girò e sempre con fare elegante, nonostante la stanchezza, cominciò a salire le scale per raggiungere la sua camera,
quanto lo odiava e amava allo stesso tempo pensò Martín,
quanto avrebbe voluto dargli un pugno in faccia per poi baciarlo subito dopo facendolo rimanere senza fiato, e quanto lo faceva soffrire il fatto che lui non capisse che l'idea che gli potesse accadere qualcosa non lo facesse dormire la notte.


Il sole alto nel cielo arrivò prima del previsto, ovviamente Martín non dormì neanche dieci minuti da quando un paio d'ore prima lui e Andrés avevo terminato quella discussione, si alzò controvoglia, non aveva nessuna voglia di vedere tutte quelle persone ridere e scherzare, odiava quando parlavano tutti insieme, sembravano dei bambini indisciplinati, per non parlare di Sergio e Andrés, ecco loro avrebbe pagato oro per evitarli quel giorno, per un momento pensò anche di darsi malato di inventarsi una qualsiasi scusa, però poi pensò che sarebbe stato sospetto e così si fece forza si alzò dal letto, si vestì e si mise quella maschera fatta di ironia, misoginia, crudeltà e schiettezza, che quel giorno però era particolarmente pesante da portare pensò.
La giornata iniziò e proseguì come al solito, lui ed Andrés che spiegavano il piano e gli altri che prendevano appunti e facevano domande, era tutto nella norma tranne il fatto che lui ed Andrés erano diametralmente distanti, non solo a livello mentale ma anche fisicamente, infatti quel giorno a differenza degli altri non erano vicini, non stavano spalla a spalla, Andrés non gli toccava leggermente il braccio o i fianchi per farsi dare il cambio e fargli capire che era il suo turno di prendere la parola, quel giorno stavano ai due lati del tavolo che Sergio aveva adibito a cattedra, erano lì, né uno sguardo di intesa, né una parola scambiata, appena uno finiva di spiegare la propria parte ecco che l'altro attaccava con la sua, sembravano come macchine programmate, nessuna scintilla ne luccichìo nei loro occhi mentre l'altro parlava, e così andò avanti per tutta la durata della lezione.
Chiaramente Sergio aveva ampiamente capito che la discussione che i due avevano avuto la notte prima non aveva portato a niente, anzi forse aveva anche peggiorato le cose, così lui stava lì in mezzo ai due e li osservava, entrambi sembravano avvolti in una bolla di calma apparente, pronta ad esplodere da un momento all'altro, provocando danni che lui sinceramente non voleva neanche immaginare, e si   ripeteva tra sé e sé che era proprio quello il motivo per la quale la prima regola che lui aveva imposto era <<nessuna relazione personale>>.
La lezione terminò tutti si alzarono dai banchi e uscirono, anche Andrés, notò Martín, infatti lo spagnolo aveva appena lasciato dei fogli con alcune parti del piano sulla cattedra e si era diretto all'uscita,
rimase solo con Sergio e lui maledì quel giorno, doveva veramente rimanersene in camera e inventarsi una scusa pensò, perché infatti appena tutti uscirono Sergio si sedette dietro la cattedra, stava scrivendo distrattamente degli appunti su un foglio
"Vedo che non avete risolto niente alla fine ieri sera"
Martín stava rimettendo a posto alcune planimetrie

"Berlino ha dei problemi quando si tratta di ascoltare le opinioni altrui, è un tipo incredibile testardo"
"Come se non lo fossi anche tu"
Martín a quel punto cominciò a seccarsi aveva da poche ore finito di discutere con un fratello, era distrutto, non aveva dormito per niente e sinceramente non aveva le forze sufficienti per discutere anche con l'altro, cosìstancamente alzò la testa dai vari fogli che aveva in mano 
"Non siamo bambini che bisogna forzare a fare pace, forse il soprannome di "Professore" ti sta dando alla testa"
a quel punto anche Sergio smise di scrivere i suoi appunti  e alzò la testa dal foglio
"Non siete bambini ma vi state comportando come tali, e apparentemente io sono l'adulto che deve farvi ragionare, e comunque se vuoi saperlo è per questo che non volevo che foste insieme per questa rapina"
a quel punto Martín era arrivato al limite della sopportazione
"Se non mi sbaglio siete stati voi a presentarvi a casa mia, io non vi ho chiesto niente, anzi io pensavo addirittura lui fosse morto, mi avete praticamente costretto a tornare visto che non avreste lasciato casa mia senza una risposta affermativa, se adesso ti stai pentendo non è un mio problema caro Sergio."
E con questo lasciò i fogli sulla cattedra e uscì dall'aula.

Si diresse fuori nel patio e individuò subito Andrés che come al solito stava disegnando, avrebbe voluto corrergli incontro e dargli un pugno in faccia, però fece un respiro profondo e semplicemente si avvicinò, Nairobi alzò lo sguardo
"Tutto bene Palermo?"
Palermo rispose seccamente:"sì tutto bene"
trovò una sedia libera e si sedette, Andrés lo guardò per un attimo e poi si rimise a disegnare.


Arrivò la sera, tra Andrés e Martín continuava un silenzio pieno di tensione, così Sergio decise di intervenire e parlare con Andrés questa volta
"Chiudi la porta per favore"
Andrés lo fece
"Che succede hermanito?"
"Palermo, o meglio tu e Palermo, o meglio ancora tu, Palermo e questa specie di guerra fredda" si corresse Sergio
Andrés rise per l'agitazione di suo fratello
"Va tutto bene"
"Mi spieghi cosa è successo?"
"Quando?" Chiese Andrés cercando Chiaramente di svicolare il discorso
"Andrés ieri, ieri sera vi ho lasciato dicendovi di chiarire, e stamattina l'atmosfera era praticamente ingestibile tra di voi"
"Mi sembra che comunque abbiamo portato a termine la lezione, spiegato con esattezza ogni parte del piano, non era questo quello che volevi, concentrazione?" Chiese Andrés

"Andrés" Sergio disse con aria seria mentre lo guardava negli occhi
"Senti io e lui litigiamo, lo sai come diventiamo quando ci appassiona qualcosa, lasciamo che ogni tipo di emozione ci percorra senza fermarla
<< Assurdo come nonstante fossero stati anni separati, suo fratello continuava a parlare della relazione con 
Martín in quel modo, come se fossero la stessa persona in due corpi diversi>> pensò Sergio
Ascolta posso gestire Martín l'ho facevo quotidianamente, l'ho fatto per anni, posso farlo ancora, Martín è un mio problema, e sarebbe alquanto gentile ed educato da parte tua non invischiarti in faccende che non ti riguardano, di tutta questa storia l'unica cosa che devi sapere tu è che non metterò a rischio il tuo piano, così come non permetterò che lo metta a rischio lui, entrambi sappiamo che lui farà esattamente tutto ciò che io gli dirò di fare, quindi sta' tranquillo  a lui ci penso io" gli diede un abbraccio e concluse
"Buonanotte hermanito."
E detto questo Andrés uscì dalla stanza di Sergio, riscese le scale, non c'era più nessuno tranne una persona, era seduta su una sedia nel patio con lo sguardo rivolto verso il giardino, Andrés pensò di voltarsi risalire le scale e andarsene in camera, però i suoi piedi avevano un'altra idea perché passo dopo passo si stavano dirigendo verso Martín.

Martín era lì fuori, non aveva  nessuna voglia di andare in camera, anche perché l'unica cosa che avrebbe fatto sarebbe stata fissare il soffitto stando sul letto, quindi tanto valeva godersi l'aria fresca della sera pensò, dopo cena aveva notato come Sergio aveva chiamato da parte Andrés per parlargli, e si sentì di pensare che era una fortuna almeno non  era il solo a doversi sorbire le ramanzine di Sergio, chissà che gli stava dicendo e chissà Andrés cosa stava rispondendo pensò.
Era preso da questi pensieri quando sentì dei passi dietro di lui, Andres lo raggiunse e senza dire una parola scostò una sedia dal tavolo e si mise seduto, tra di loro il silenzio interrotto solo dal gracidare delle cicale, era la seconda notte che si ritrovavano da soli, però questa volta non sarebbe stato lui a rompere il silenzio per primo pensò Martín.

Rimasero avvolti in quella calma per una buona mezz'ora entrambi con lo sguardo fisso in avanti, senza però guardare veramente qualcosa, ad un certo punto Martín decise di finire la sua sigaretta ed andarsene, aveva appena spento il mozzicone nel posacenere e stava per alzarsi quando Andrés senza guardarlo disse semplicemente in un tono di voce che era leggermente più alto di un sussuro
" Martín, resta"
Martín rimase immobile, un brivido gli percorse tutta la schiena, perché era sempre così, quando Andrés utilizzava quel tono, e soprattutto quando con quel tono pronunciava il suo nome, il cervello di Martín semplicemente smetteva di funzionare era come se entrasse in estasi, e non importava se erano anni che succedeva, ogni volta era come se fosse la prima, così si rimise seduto,

"non ci siamo scambiati una parola per tutto il giorno, ti prego parla con me Martín."
Martín sarebbe potuto scoppiare a piangere, e l'avrebbe fatto se solo non gli fosse rimasto un briciolo di orgoglio che glielo impediva, così decise di ricomporsi tentando di non far trapelare tramite la sua voce tutte le emozioni che stava provando,chiaramente fallì miseramente,
"ti odio" sussurrò
facendo girare Andrés verso di lui, che sicuramente non si aspettava quelle parole dopo tutto il giorno in cui si erano abilmente ignorati,
"ti odio perché alla fine faccio sempre quello che vuoi tu." 
Andrés rispose con voce calma
"non ti sto costringendo."
Martín abbassò lo sguardo "non ce n'è bisogno, e lo sai."
Andrés a quella risposta sorrise leggermente, certo che lo sapeva
"Sergio ha voluto parlarmi" disse mentre volgeva il suo sguardo di nuovo in avanti
"Lo so"
Martín non osò chiedere che cosa si fossero detti, avrebbe tanto voluto saperlo però preferì non chiedere, non ci fu bisogno di fare domande però perché Andrés continuò
"Ha paura,
Martín"
"Chi non ne ha?" rispose Martín prima di lasciarlo finire,
Andrés lasciò andare un sospiro
"Ha paura di questa situazione" finì la frase e con il dito indicò prima se stesso e poi l'Argentino,
ci fu qualche attimo di silenzio e poi Martín non poté resistere
" Ti rendi conto che è una follia giusto? Che siete voi che siete venuti da me, e non il contrario, che io dopo quello che è successo quella sera ho cambiato città ho affittato un appartamento e ho rimesso insieme la mia vita"
un attimo di silenzio Martín guardò Andrés negli occhi
"o comunque ho tentato di farlo,con pessimi risultati lo ammetto, però stavo cercando di andare avanti, e poi boom dopo 3 anni una mattina qualunque Sergio si ripresenta davanti alla mia porta, e non è solo c'è anche il suo adorato fratello con lui, una persona che io pensavo fosse morta e sepolta."
Disse l'ultima frase con più enfasi del necessario, la voce quasi spezzata, ci furono dei minuti di silenzio Andrés sapeva che non aveva finito, aveva bisogno di sfogararsi, di buttare fuori almeno un minimo di tutto quel dolore che lo stava lacerando dentro, così rimase in silenzio e aspettò,
Martín fece un respiro profondo si ricompose e con la voce di nuovo ad un volume accettabile continuò
"e adesso eccomi qui"
"già eccoci qui" rispose Andrés,
"sai perché sono tornato?"
Domanda retorica pensò Andrés infatti non rispose perché come immaginava fu Martín a farlo
"Sono tornato perché il piano è una meraviglia, è bellissimo è un'opera d'arte, ma anche perché dovevo rivederti, dovevo ricominciare a condividere qualcosa con te, quando sei entrato in casa mia quel giorno mi sono passati davanti gli occhi i miei ultimi anni, il dolore, le lacrime, gli incubi, tutto, ed ero incazzato con te perché sei stato tu a farmi diventare quello che sono oggi, però poi sono tornato qui in questo monastero e giorno dopo giorno mi sono sentito rinascere di nuovo, io sono felice per la prima volta dopo anni, e per quanto patetico questo possa suonare questa è l'unica cosa bella che ho e quindi puoi dire a Sergio di stare tranquillo perché non ho intenzione di mandare tutto a puttane."

Martín finì la frase quasi con il fiatone, si rilassò contro la sedia e prese un bel respiro, odiava essere così vulnerabile, così onesto, però allo stesso tempo voleva esserlo, anche perché voleva che Andrés sapesse del dolore che gli aveva causato, della voragine nel petto che gli aveva aperto, quando quella fatidica sera successe la cosa che Martín più aveva desiderato al mondo, voleva che Andrés sapesse che quella ferita non si sarebbe mai del tutto rimarginata, che quella versione di sè stesso era morta lì, in quel monastero con le spalle attaccate al muro e le labbra che ancora ardevano per quel bacio così a lungo sperato, quella notte 
Martín morì, anche se il suo cuore continuava a battere con un ritmo furioso. 
Andrés dal canto suo rimase immobile in silenzio lo sguardo fisso avanti, quella gelida maschera di indifferenza gli calzava a pennello pensò, o forse non era una maschera, forse l'indifferenza che Andrés mostrava era reale, forse realmente non gli importava della ferita quasi mortale che aveva inflitto a Martín. Così con quella nuova consapevolezza che forse era errata o forse solamente la cruda verità che lui per tutti quegl'anni si era rifiutato di vedere, volse il suo sguardo in avanti e con voce calma disse
"Però forse è stato un errore,non si può vivere di ricordi, forse dovrei semplicemente abbandonare tutto e andarmene, ho ancora il mio appartamento in Sicilia, dovrei fare le valigie e tornarmene lì, dimenticare tutto,andare avanti una volta per tutte."

Ed eccola lì, la prima reazione di Andrés, la prima volta dopo settimane dove il suo corpo reagì in maniera incondizionata, senza che Andrés potesse fare niente per evitarlo, Martín si sentì soddisfatto di se stesso, era riuscito a scuotere quella statua di ghiaccio,  era riuscito a far suscitare in Andrés una qualche reazione,
Andrés a quel punto cercò di controllarsi, senza far trapelare dal suo tono di voce quanto la conclusione del discorso di Martín l'avesse realmente turbato
"Io ho chiesto a Sergio di andare da te quella mattina, gli dissi che il piano era anche tuo, l'abbiamo progettato insieme, passando giornate e nottate rinchiusi in quella cappella a cercare soluzioni a quei problemi che sembravano impossibili da risolvere,urlandoci contro quando avevamo idee differenti e gioendo quando finalmente incontravano la maniera di risolvere questo o quel problema, e poi soprattutto la parte tecnica è stata tutta fatta da te è merito tuo, gli ho detto che meritavi di essere presente, di essere incluso, lui era scettico, però io gli dissi che se non ti avesse incluso io non avrei partecipato, io e Sergio siamo venuti da te, ci siamo presentati davanti alla tua porta, perché io lo volevo, io lo desideravo."
Martín fissava Andrés con gli occhi sgranati e la bocca aperta, questa confessione non se l'ha aspettava, era sorpreso, e confuso, lui lo voleva lui lo "desiderava", da una parte a Martín esplose il cuore, che cominciò a battere così velocemente che Martín sentiva perfettamente il  sangue pompargli freneticamente nelle vene, però allo stesso tempo sentì una rabbia montargli dentro, era colpa sua allora se lui stava rivivendo tutto questo, Andrés ancora una volta lo stava trattando come un pupazzo, che prendeva quando ne aveva voglia e lasciava quando si stufava, per poi riprenderlo quando ne sentiva la mancanza, Martín stava per sputargli addosso tutte le parole al veleno che gli venivano in mente, però non fece in tempo perché Andrés lo guardò fisso negli occhi, e terminò dicendo semplicemente
"Mi sei mancato Martín"
la frase arrivò dritta nella faccia di Martín come uno schiaffo, negli occhi di Andrés non c'era nient'altro che una limpida e sincera verità, Martín suo malgrado ancora sapeva leggere Andrés meglio di chiunque altro e nei suoi occhi non lesse né dubbi né incertezza quella era la verità, la pura e semplice verità, era mancato ad Andrés, tutta la rabbia e tutto il veleno che fino ad un attimo prima sentiva ardere in gola scomparvero, erano lì seduti a quel tavolo nel patio di quel caratteristico monastero, ad un orario indefinito della sera, solo lui ed Andrés occhi negli occhi, e Martín per la prima volta si sentì bene, leggero,provando una sensazione che poteva quasi essere paragonata alla felicità, forse tutto sommato si poteva vivere nel passato pensò Martín,
quel momento durò per alcuni minuti, fino a quando Andrés distolse lo sguardo, l'atmosfera di colpo meno tesa, e con un fare tra lo spavaldo e l'ironico chiese a Martín
"allora sei sempre intenzionato a ritornartene a Palermo?"
Martín non rispose, si riprese dallo shock emozionale appena provato e senza dire una parola si alzò dalla sedia e se ne andò,
senza guardarsi indietro salì le scale e andò in camera camminando come se fosse in trance,
Andrés rimase lì fuori, in quella notte che adesso cominciava ad essere più fredda, doveva essere tardi pensò, però decise di rimanere lì ancora qualche altro istante, aveva ancora un enorme potere su Martín si ritrovò a pensare, e anche se sapeva che non doveva andarne così fiero non poté fare a meno di sentire una certa euforica eccitazione per quella costatazione,un sorriso spontaneo gli si disegnò sulle labbra,
la voglia che aveva di testare ancora quel potere era pericolosamente eccitante.



 




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