Oneshots di coppia

di Azure_Owl
(/viewuser.php?uid=1229280)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


I genitori e gli amici di Aki si erano riuniti all’aeroporto per l’arrivo di Aki.

Non vedevano l’ora di rivederlo dopo il mese di ritiro sportivo che lui aveva passato a Sydney con la squadra di nuoto, e non doveva mancare molto all’atterraggio.

Gli amici di Aki si erano presentati quasi inaspettatamente davanti alla casa dei suoi genitori per andare a prenderlo tutti insieme, e avevano chiesto ai due se potevano portarlo fuori a cena.

“Lo riporteremo a casa in un batter d’occhio!” Aveva assicurato Sheba, considerando il fatto che loro volevano passare del tempo con l’amico tanto quanto i suoi genitori.

I due avevano accettato volentieri. Sapevano che anche ad Aki avrebbe fatto piacere passare del tempo con i suoi amici, e poi loro sarebbero stati contenti di sapere tutto quello che il figlio aveva fatto di bello in quel mese il giorno dopo.

Quando l’aereo fu atterrato, e i passeggeri cominciarono a riversarsi all’uscita dell’aeroporto, Anja fu la prima a vedere l’amico. “Bentornato!” Gli fece cenno con una mano, per attirare la sua attenzione, e quasi si mise a saltare, entusiasta.

Aki li raggiunse, sorpreso che fossero tutti lì ad accoglierlo.

“Sorpresa!” Esclamò Sheba. “Siamo venuti qui per portarti fuori!” Il ragazzo lo affiancò e gli mise un braccio intorno alle spalle, ma Aki si ritirò in fretta, con un sorriso di scuse.

“Cosa avete in mente?” Chiese agli amici, andando a salutare anche i suoi genitori, che gli presero i bagagli.

“Niente di impegnativo.” Mike si fece avanti, sorridente, e Aki fu felice di vederlo. “Abbiamo pensato di andare a mangiare qualcosa insieme, poi ti riaccompagniamo a casa.”

“Posso andare?” Chiese Aki, rivolto ai genitori.

“Certo.” Gli assicurò suo padre.

“Ci vediamo a casa.” Aggiunse sua madre. “Divertitevi ragazzi.”

 

Quando arrivarono in paese, il sole era tramontato da poco, e i lampioni sul fiume si accesero proprio quando i quattro ragazzi ci passarono accanto.

“Sono felice che tu sia tornato!” Esclamò Anja, iniziando a correre spensierata. “CI sei proprio mancato!”

“Non correre!” La riprese Mike, ridendo. “Il ristorante sarà lì anche quando arriveremo!”

A differenza dell’amica, lui non aveva intenzione di allontanarsi troppo da Aki, ed era rimasto indietro a camminare lentamente al suo fianco. Allungò una mano verso di lui, ma Aki mise le sue in tasca, continuando a guardare davanti a sé.

“Siamo davvero contenti che tu sia tornato, sai?” Gli disse, ignorando il suo gesto. Ali non era mai stato espansivo, e Mike cercava sempre di rispettare i suoi spazi. “Avrete del tempo libero prima della gara?”

Aki si girò di scatto verso Mike, come se avesse improvvisamente ricordato qualcosa. “No. Voglio dire, si, scusa.” Rispose, quasi balbettando. “Abbiamo qualche giorno prima di riprendere con gli ultimi allenamenti. La competizione è a fine mese.”

“Non vedo l’ora di venire a vederti.” Ammise Mike. Aki era sempre stato molto bravo. A tredici anni aveva vinto il suo primo argento in un campionato, per la sezione dei ragazzi, e crescendo non aveva fatto che migliorare.

“Ragazzi, mi sa che dovremmo aspettare un po’.” Sheba fu il primo a vedere la lunga fila davanti al ristorante in cui volevano andare. Non capitava spesso di trovarlo pieno, ma in giornate serene come quella molte persone, a quanto pareva, dovevano pensare a quel posto per passare una bella serata in compagnia. “Spero che voi non siate troppo affamati.”

Anja rallentò, la sua allegria sembrò spegnersi leggermente. “Non è giusto, dovremo aspettare un’eternità!”

Sheba ridacchiò, e la raggiunse. “Stai tranquilla, con la nostra compagnia vedrai che un’eternità passerà in un istante.”

Alla vista di quella folla invece, Aki si fermò. Mike si accorse solo qualche secondo sopo che non era più al suo fianco.

“Aki, va tutto bene?” Gli chiese, preoccupato.

Aki non rispose subito.

“Non dobbiamo fermarci qui se non ti va.” Gli disse Mike, cercando di rassicurarlo. Sheba e Anja tornarono indietro, cercando di capire perché i due amici si erano fermati. “Ci sono altri posti in cui mangiare.”

Aki esitò, con uno sguardo che Mike non riuscì a capire. “No, va bene. Non è un problema l’attesa. Non mi aspettavo che ci sarebbero state così tante persone a quest’ora.” Disse, riprendendo a camminare.

“Vero.” Concordò Sheba. “Saranno venuti tutti qui per festeggiare il tuo ritorno!” Aggiunse, scherzando.

Aki ridacchiò, a disagio.

Mike riprese a camminare solo un paio di secondi dopo. Non chiese nulla ad Aki, ma continuò ad osservarlo. Si stava comportando in modo strano, Mike sperava che non fosse successo niente di grave.

 

I quattro ragazzi furono fortunati due volte. La prima perché non dovettero aspettare più di tre quarti d’ora per entrare. Era tanto tempo, ma tra una chiacchiera e l’altra, Sheba aveva avuto ragione, quasi non ci avevano fatto caso. La seconda perché non arrivarono molte persone dopo di loro, quindi quando riuscirono a entrare, il ristorante si rivelò più tranquillo del previsto.

Quando le loro ordinazioni arrivarono, Aki si fece silenzioso. Iniziò a mangiare, senza quasi ascoltare quello che gli amici si stavano raccontando accanto a lui.

Stavano ridendo di qualcosa, e in modo giocoso, Sheba e Anja iniziarono a bisticciare e a punzecchiarsi, rubando del cibo dai rispettivi piatti e spostandoli all’improvviso in modo che le posate dell’altro finissero per ritrovarsi a toccare la tovaglia invece che il cibo.

Quando li vide comportarsi in quel modo, Aki prese a mangiare più velocemente, finendo in un attimo quello che aveva davanti.

“A quanto pare non ero l’unica ad avere fame.” Commentò Anja, divertita.

“Dopo tutti gli allenamenti e il viaggio, anche io divorerei qualsiasi cosa,” Fece Sheba, mettendo giù le posate per pulirsi la bocca con il tovagliolo. “e il cibo qui è sempre buonissimo.”

Aki però non li stava più ascoltando. Arrivato alle ultime forchettate, stava cercando quasi ossessivamente di prendere gli ultimi piselli senza farli ricadere sul piatto.

Mike si preoccupò per quel comportamento, e allungò una mano per afferrargli il polso, bloccando i suoi movimenti. Aki si tese all’istante.

“Cosa ti succede, Aki? Mi sto preoccupando.”

Sheba e Anja si fecero improvvisamente seri, non capendo cosa stava succedendo.

Aki era rimasto immobile, con lo sguardo basso verso il piatto e la forchetta ancora stretta nella mano.

“Stai bene?” Gli chiese Sheba, che non aveva mai visto nessuno in quello stato.

“Scusatemi,” La voce di Aki uscì quasi in un sussurro.

“Non devi scusarti, Aki. Noi stavamo scherzando. Non c’è niente di male nell’essere stanchi o affamati.” Anja si alzò per andarsi a sedere accanto ad Aki, e allungò una mano verso la sua spalla.

Aki si ritrasse con uno scatto.

A quel punto, la preoccupazione di Mike raggiunse un livello superiore. Costrinse le dita di Aki ad aprirsi, lasciando cadere la forchetta, e lo fece alzare. “Scusateci.” Disse ai due amici. “Torniamo subito.” Sheba e Anja annuirono in silenzio, confusi, e li guardarono dirigersi verso l’uscita del ristorante.

 

“Per favore, dimmi cosa ti è successo.”

Mike aveva portato Aki in una vietta poco lontana, dove non passava nessuno. Non l’aveva più sfiorato, ma era rimasto davanti a lui, a pochi passi di distanza.

“Sono solo stanco.” Provò a giustificarsi Aki, senza alzare lo sguardo da terra.

“Sappiamo entrambi che non è vero.” Ribatté Mike, aspettando paziente e sperando che Aki decidesse di dirgli la verità.

“Sai che a me puoi dire tutto.” Gli disse, abbassando la testa e avvicinandosi per guardarlo negli occhi. “È da quando sei arrivato che ti comporti in modo strano. Non ho idea di quello che ti è successo in queste settimane, ma ti ascolto. Non tenerti tutto dentro in questo modo.”

Aki ricambiò il suo sguardo per un istante, poi decise di dirgli la verità. “Non è stato facile passare un mese con quei ragazzi.” Ammise, a fatica. “Non mi sono mai trovato bene nella nuova squadra, ma passare tutto quel tempo anche con i membri delle altre squadre è stato ancora peggio.”

“Gli allenatori restavano con noi soltanto quando eravamo in piscina o in cortile ad allenarci, quindi i ragazzi più grandi avevano tutto il tempo e le occasioni per fare quello che volevano.” Il ritiro era soltanto per le squadre di ragazzi maggiorenni, quindi probabilmente gli allenatori contavano sulla loro responsabilità.

“Così, da un giorno all’altro, i più grandi hanno iniziato a prendersela con noi.” Aki distolse lo sguardo. “Quando hanno capito che alcuni di noi non sapevano come difendersi, hanno iniziato a fare di tutto per renderci il soggiorno difficile.” Aki si strinse le braccia al petto, cercando di non tremare. Mike avrebbe voluto fare qualcosa, ma sapeva che se l’avesse interrotto, o se l’avesse sfiorato, Aki non gli avrebbe più detto nulla, quindi aspettò, a un paio di passi da lui, pronto a sostenerlo qualsiasi cosa fosse successa.

“All’inizio si limitavano a commentare tra loro alcune delle nostre caratteristiche. Si divertivano a ridere di chi portava gli occhiali, di chi era troppo lento o troppo basso, e di chi, come me, sembrava troppo esile per aver vinto così tante medaglie.” Era vero che Aki era sempre stato molto più esile di altri nuotatori, ma questo non lo aveva mai ostacolato. “Abbiamo provato ad ignorarli, cercando di stare tra noi e di conoscerci a vicenda per passare al meglio quel tempo, ma poi loro hanno iniziato a prendersela davvero con noi.” Quando Mike lo vide rabbrividire, allungò istintivamente una mano verso di lui, e questa volta, Aki la afferrò e la tenne stretta.

“Cercavano sempre di unirsi a noi, fingendosi amichevoli, mettendoci le braccia attorno alle spalle, dandoci pacche sulla schiena, e più dicevamo loro di andarsene, più loro continuavano a tornare ad infastidirci.” Aki fece una pausa, tanto che Mike pensò che non avrebbe aggiunto altro. Invece Aki strinse leggermente la sua mano, e proseguì. “C’erano sere in cui, se non mangiavamo velocemente, non mangiavamo. All’improvviso loro si alzavano dal loro tavolo, venivano al nostro, e ci toglievano il piatto da davanti, buttandone il contenuto. Ci sono stati giorni interi in cui non siamo riusciti a toccare cibo, e i membri delle altre squadre lo sapevano, ma non hanno mai fatto nulla per aiutarci. Alcuni di loro si divertivano a prendersela con noi allo stesso modo.” Mike lo guardò, capendo finalmente perché si era comportato in quel modo per tutta la sera. “Ho paura di cosa potrebbe succedere al prossimo allenamento.” Ammise Aki, concludendo.

Mike non riuscì più a stare fermo, e portò una mano dietro la testa di Aki, avvicinandolo a sé e stringendoselo al petto. “Mi dispiace che tu abbia dovuto passare un mese intero con quegli animali.” Gli disse, a bassa voce, furioso. “Devi parlarne con i suoi genitori. Dopo resterò con te. Non voglio che tu rimanga in squadra con loro.”

Mike sentì Aki singhiozzare, e fece del suo meglio per tranquillizzarlo, tenendolo stretto e accarezzandogli la schiena.

“Non credo di voler continuare con il nuoto, per il momento.” Ammise Aki, sottovoce.

Mike annuì, spostandosi per asciugargli le lacrime e guardarlo negli occhi. “Non sei costretto a fare nulla che ti faccia star male, Aki.” Gli assicurò, tenendogli il viso con entrambe le mani.

Aki annuì, abbassando lo sguardo solo per un istante, poi si sporse in avanti per baciare Mike. “Grazie.” Gli disse subito dopo, tornando ad abbracciarlo. “Anche voi mi siete mancati.”





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4033998