Forse
questa premessa farà storcere qualche naso, ma sento il
bisogno impellente di scriverla.
Sempre
più spesso nei commenti (sempre gentilissimi, e
sempre piacevoli) che mi vengono fatti, vedo una certa tendenza a non
riferirsi troppo alla storia e allo stile, ma a quale ipotetico pezzo
del mio vissuto potrebbe aver generato i miei sproloqui non-sense.
"E'
la tua vita, non posso intromettermi", "Sei tu, è ovvio",
"Perchè hai fatto questo? Mi hai delusa" sono frasi sempre
più frequenti nello spazio recensioni delle mie storie.
Questa
cosa all'inizio mi faceva sorridere, ma col passare del tempo mi ha
sempre più stupita. Davvero è questo
ciò che trapela?
Quando
leggiamo cerchiamo pezzi di noi in ogni storia. Quando le scriviamo,
per forza di cose, le riempiamo di noi. A volte con pezzi di ricordi, a
volte con volti di persone incontrate per caso. Capita che sentiamo una
frase tanto bella da volerla introdurre in una storia, o che il gesto
di qualcuno ci faccia fiorire un'idea.
Ma.
Ma ciò non significa che una storia racconti cose vere. Non
significa che i dialoghi che leggiamo siano avvenuti, o che i
personaggi di cui scriviamo esistano da qualche parte. Persefone ed
Ade, Morte e Livido, Arte e Incendio, e tutti quelli che ci
sono stati prima e che verranno dopo, sono prodotti della
fantasia.
In questo capitolo di "They are driven by a strange desire"
incontrerete, come nei precedenti, una coppia di persone che non ha
assolutamente idea di come canalizzare il desiderio che li guida l'uno
verso l'altra. Non arrabbiatevi troppo con loro per
ciò che faranno. Dopotutto, sono solo burattini.
Un
abbraccio,
Alice
[They are driven by a strange desire]
Arte
dondolava appesa al suo albero. Era novembre, e lei presto sarebbe
volata via con le ultime foglie del platano.
Incendio era
appoggiato ad un lampione spento, dall'altra parte del vialetto.
Si
guardarono per qualche secondo, incerti. Poi Arte si mise a fissare con
interesse un pezzo di corteccia, e Incendio decise che sarebbe stato
divertente contare i buchi nelle sue scarpe da ginnastica. Arte prese
una sigaretta, sbirciando Incendio. Lui sentì lo schiocco
dell'accendino, e gli venne da ridere, perchè avrebbe potuto
accendergliela senza bisogno neanche di un fiammifero.
Arte ripose
il suo accendino nella borsa a forma di quadro che aveva inchiodato al
tronco.
Incendio
ebbe un'idea. Frugò nella tasca dei jeans ed estrasse, con
fare da prestigiatore, un lungo scontrino del supermercato. Lo
girò e rigirò, perplesso, poi lo
arrotolò alla meno peggio. Guardò Arte e
sollevò lo scontrino fino a portarselo davanti alla bocca,
come un ampio sorriso di carta.
Arte rise, e
gli fece segno di aspettare. Prese un pezzo di carta e lo
modellò per qualche secondo, concentrata. Infine
mostrò la mano destra, su in cui correva un coniglietto di
carta.
Incendio
sorrise deliziato, e mandò a fuoco lo scontrino che aveva in
mano. Le fiamme volteggiarono nell'aria, assumendo la forma di un
cavallo al galoppo, che sparì in una nuvola di fumo non
appena toccò terra.
Nell'aria si
diffuse odore di caldarroste.
Arte si
soffiò sulle dita, come per scaldarsi, e il suo respiro
generò un fiore di ghiaccio fra le sue mani unite a coppa.
Lo prese per lo stelo e lo mostrò ad Incendio con
entusiasmo, ma lui s'intristì improvvisamente.
Lei lo
fissò con aria interrogativa, ed Incendio
schioccò le dita corrucciato. Il fiore si sciolse in una
cascata.
Arte
spalancò gli occhi. Battè le mani e appena prima
di toccare terra, l'acqua diventò un gatto a pelo lungo, che
scappò via in un turbine azzurro.
Guardò
Incendio con aria delusa, chiedendogli con un gesto della mano
perchè diavolo l'avesse fatto. Lui sospirò, e
tornò a guardarsi le scarpe, a disagio.
Poi
alzò lo sguardo e aprì la mano destra, rivelando
un fiore in fiamme. Arte socchiuse gli occhi, e lo spense con lo
sguardo.
Incendio si
morse un labbro, e si chinò. Raccolse un fiore rinsecchito
da terra e allungò un braccio, come per darlo alla ragazza.
Lei sorrise appena, e mimò di afferrarlo e di metterselo fra
i capelli. Gli lanciò un bacio, e lui lo prese e se lo mise
in tasca. Sorrisero.
Incendio la
fissò, e le fece cenno di scendere. Arte parve perplessa.
Lui mimò con le mani due persone che parlavano. Lei sorrise,
e annuì. Con un balzo scese dall'albero e atterrò
come un gatto nel prato ingiallito dal freddo. Si avvicinò
ad Incendio, e disse qualche parola. Lui la guardò sgomento,
e parlò a sua volta, la voce che tremava. Arte lo
guardò confusa, e ripetè le parole che aveva
detto. Incendio scosse la testa, e anche lui ripetè
ciò che aveva pronunciato poco prima.
Si
guardarono delusi per qualche secondo, poi si voltarono le spalle e si
incamminarono in direzioni opposte.
Arte e
Incendio non parlavano la stessa lingua.
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