Storia di un Gatto che amava la Luna (e della Luna che
amava il Gatto)
Diclaimer:
Haikyu!
non mi appartiene e da questa storia non ci ricavo neanche uno
zellino.
Nelle puntate precedenti de
Il
Gatto e la Luna:
1. Come
il Gatto
catturò la Luna
2. E
venne
la Luna che morse il Gatto
3.
Il
Gatto sul tetto che scotta
4.
La
Luna che beffò il Gatto
Storia
di un Gatto che amava la Luna
(e
della Luna che amava il Gatto)
Quando
Kei aprì gli occhi ci mise un secondo a mettere a fuoco dove
si
trovasse – e no, per una volta non era colpa della sua
fastidiosa
miopia – ma semplicemente gli ci volle qualche attimo per
riconoscere le pareti della camera di Tetsurou. Si ritrovò a
sorridere come un cretino al pensiero che il giorno prima avevano
vinto magistralmente la Battaglia della Discarica contro il Nekoma e
perso miseramente la partita contro il Kamomedai eppure, alla fine,
quello che era il loro fine ultimo – vincere contro i loro
storici
rivali - alla fine era stato solo un modo per trascorrere la giornata
in attesa di quelle ore che erano riusciti a passare insieme.
Quando
Tetsurou glielo aveva proposto, quando anche il Karasuno era caduto,
Kei non aveva esitato a rispondere affermativamente. Le problematiche
logistiche le avrebbe affrontate successivamente, ma non aveva
resistito all’idea di concludere quella giornata bella,
euforica e
al tempo stesso frustrante e carica di rimpianti, in un modo
assolutamente fuori personaggio ma semplicemente… perfetto.
Non
avevano fatto nulla, il padre e i nonni di Kuroo erano in casa e
tranne che indossare l’uno la divisa dell’altro e
scambiarsi
qualche bacio più o meno – più più
che
meno – eccitato, avevano parlato, parlato tantissimo, molto
più di
quanto avevano fatto nei mesi precedenti via Line e in videochiamata.
Avevano parlato
così
tanto che in piena notte Tetsurou era dovuto
scendere in cucina a riempire le rispettive borracce.
Kei
si girò piano nel letto – nell’abbraccio
di Kuroo – per
voltarsi verso il comodino dove aveva appoggiato il telefono. Fece
per allungare un braccio e prenderlo quando la voce di Tetsurou lo
raggiunse in un borbottio indistinto.
“Eh?”
si ritrovò a sussurrare il biondo sentendo poi il corpo
dell’altro
muoversi dietro di lui, sfilando la faccia dall’incastro di
cuscini
in cui aveva cercando di soffocarsi come suo solito.
“Ti
ho chiesto se fossi già sveglio...”
La
voce roca del moro s’infranse sulla pelle del collo di Kei,
infilandosi insidiosa sotto il colletto della divisa bianca del
Nekoma che ancora indossava. Non faceva freddo, ma la vicinanza
così
improvvisa e il braccio dell’altro che lo aveva stretto con
fermezza gli mandò una scarica di brividi di eccitazione.
“Anche
troppo...” gli rispose Kei afferrando il telefono constatando
che
c’era solo un messaggio di Sugawara che lo informava che
Hinata
aveva ancora la febbre alta e che sarebbero pariti alle nove per
tornare a casa.
“Che
ore sono?”
“Le
cinque e tre minuti” rispose Kei mentre impostava una sveglia
per
le sette. Se fosse partito da lì per le otto sarebbe
arrivato anche
in anticipo. Ma sicuramente quel cretino che aveva a fianco gli
avrebbe fatto fare tardi, quindi le sette era l’orario minimo
accettabile per non farsi lasciare a Tokyo (anche
se non gli sarebbe dispiaciuto).
Erano
stanchi tutti e due, ma sembrava che i loro cervelli sapessero che il
tempo a loro disposizione era davvero poco e non volevano fargli
sprecare nemmeno un attimo. Tempo per dormire ne avrebbero avuto (Kei
di sicuro, Tetsurou un po’ meno, visto gli imminenti esami di
ammissione all’università, ma per quanto si
atteggiasse da
cretino, era intelligente, persino troppo… non era tanto un
problema di se,
quanto più di dove
sarebbe stato ammesso).
“Sei
mio ancora per un’ora e cinquantasette minuti”
mormorò Kuroo
spingendosi verso di lui, facendo aderire il suo petto alla schiena
di Kei, andando inspirare il suo profumo e sfregando il naso sulla
pelle del collo, accanto all’attaccatura dei capelli.
“Cinquantasei,
oramai” rispose il biondo, inarcando la schiena di riflesso,
alla
ricerca di un contatto maggiore con il corpo dell’altro
dietro di
lui. Per tutta risposta Tetsurou, colto di sorpresa e con il cervello
già in panne nel sentire il corpo flessuoso di Tsukki
spingersi
verso di lui, gli morse lievemente quel lembo di pelle, affamato e
desideroso di assaggiarlo e farlo suo. Tirò leggermente il
tessuto
per avere un maggior accesso a quella pelle chiara a deliziosa e
morse, succhiò e strinse a sé Kei, desideroso di
lasciargli un
segno inequivocabile sulla pelle. Non l’avrebbero scoperto,
non
subito per lo meno, non se Kei non si fosse tolto la maglia. E se
anche fosse successo, non era del tutto certo che gli sarebbe
dispiaciuto se quella squadra di folli sapesse che Tsukishima era
suo, e suo soltanto. E la mano di Kei sulla sua nuca che lo spingeva
ulteriormente verso di sé affinché non lasciasse
il lavoro
incompiuto, diede la conferma a Kuroo che il desiderio era reciproco.
Anche lui voleva un marchio e avrebbe fatto di tutto per poterlo
sfoggiare con orgoglio facendo morire d’invidia tutti gli
altri
membri della squadra.
“Kei...”
mormorò Tetsurou sulla sua pelle del biondo, inebriato dal
suo
odore.
Tsukishima
si girò nell’abbraccio e strinse tra le dita i
capelli del moro,
mordendogli le labbra e scendendo fino al collo, mordendo e
succhiando la pelle sensibile – troppo
sensibile
– fino a che nella penombra non riuscì a
distinguere un segno
evidente in quel lembo di pelle tra la clavicola e il collo.
“Questo
è giocare scorretto” mormorò Kuroo
sulla labbra di Kei.
“Piantala,
che non volevi altro” fu la replica impietosa del biondo che
non si
fece problemi ad avventarsi sulle labbra del maggiore e insinuare la
lingua nella sua bocca.
Kuroo
si rese conto che Kei era sempre in grado di stupirlo, non faceva in
tempo a pensare che il biondo del Karasuno fosse timido e asociale ed
ecco che lo spiazzava con le sue parole e con i suoi gesti,
l’aveva
considerato pudico e frigido, eppure era stato lui il primo a fargli
vedere le stelle e portarlo all’apice del piacere con la sua
stessa
bocca non molte settimane prima.
Kei
era una sorpresa e Tetsurou non vedeva l’ora di scoprire
cos’altro
il biondo avesse in serbo per lui.
“Se
continuiamo così, non ci torni più al
Karasuno” riuscì a dire
Kuroo tra un bacio e un morso, insinuando una gamba tra quelle del
biondo “Non sulle tue gambe, per lo meno.”
“Sbruffone”
disse Kei spingendo il bacino verso quello dell’altro
“Di certo
non ci voglio tornare in queste condizioni.”
Se
il cervello di Kuroo stava già dando segni di cedimento, le
ultime
parole di Kei lo avevano mandato in corto circuito. Kenma avrebbe
detto qualcosa tipo Kuroo.exe
ha smesso di funzionare,
ma in quel momento il cervello di entrambi sembrava essere migrato
verso sud.
Nonostante
la richiesta iniziale di Tetsurou di indossare solo le rispettive
maglie e nient’altro, alla fine avevano tenuto i boxer. Non
erano
da soli in casa… già era imbarazzante spiegare
perché un tizio di
una squadra di Miyagi si fosse fermato a dormire a casa sua. Spiegare
perché avessero dormito insieme mezzi nudi era un discorso
che Kuroo
non era ancora sicuro di voler affrontare con la sua famiglia.
Evidentemente
però il cervello di Tsukki funzionava ancora un minimo
– largo
circa, quanto meno nel contesto – e senza farsi problemi o
domande,
infilò una mano (gelida) nei boxer di Kuroo, facendolo
sussultare e
al tempo stesso gemere nel bacio.
“Cazzo...”
sibilò chiudendo gli occhi e imponendosi non comportarsi
come un
ragazzino alle prime armi.
Fece
un respiro profondo concentrandosi sul piacere che i movimenti di Kei
gli stavano regalando e, a sua volta, portò una mano sulla
schiena del
biondo, facendola scendere inesorabilmente fino alle sue cosce per
poi risalire e intrufolarsi curiosa sotto la stoffa dei boxer,
andando a stuzzicare l’apertura dell’altro quel
tanto che bastava
per farlo ansimare e gemere per quella prospettiva di piacere che
Kuroo non si decideva a dargli.
Il
moro scese a baciargli il collo, mentre con il bacino si spingeva
verso la mano di Kei prima di abbassargli i boxer e ricambiare le
attenzioni con le stesso fervore.
Sembrava
di essere tornati a quella sera al campus, quando per la prima volta
si erano scoperti e toccati, quando Kuroo gli aveva fatto promesse
che aveva l’assoluta intenzione di mantenere e quando Kei si
era
lasciato andare, togliendosi la maschera del frigido centrale che
considerava la sua squadra solo
un club.
La
stanza stava cominciando a rischiarasi per via della luce notturna
che aveva iniziato a farsi meno intensa, ma nessuno dei due in quel
momento aveva tempo o interesse da dedicare a una cosa banale come il
sole che sorge e l’inizio di un nuovo giorno. Tutto quello
che
contava era poter percepire il calore dell’altro, pelle
contro
pelle, le loro bocche che si cercavano senza sosta e le gole che
cercavano di trattenere gemiti e sussulti. Kei era del tutto perso e
assuefatto dal profumo e dal sapore di Kuroo, la testa gli girava e
l’unica cosa che sembrava tenerlo ancorato alla
realtà era il
corpo dell’altro, la sua voce roca che lo spronava a
continuare in
una litania incomprensibile di ‘si’,
‘ti prego’ ‘ancora’,
‘cazzo, Tsukki’.
Kei
era più silenzioso, ma con la mano libera continuava a
stringere i
capelli di Kuroo, guidandolo nell bacio come voleva, costringendolo a
esporre il collo alla sua mercé, tempestandolo di baci e di
morsi di
cui era certo l’altro sarebbe andato fiero.
“Tets-”
fece per dire Kei, affondando i denti nella spalla del moro,
soffocando quell’ultimo gemito mentre riversava il proprio
piacere
nella mano di Kuroo.
“Oddio,
Kei, sei qualcosa di...” non finì la frase,
articolare parole di
senso compiuto in quel frangente era troppo difficile, portò
la mano
ancora sporca su quella di Kei che non aveva smesso di muoversi e
aumentò il ritmo, finché non venne a sua volta,
continuando a
mormorare parole sconnesse sul collo del biondo.
Entrambi
con il fiato corto avevano la mente troppo annebbiata per accorgersi
che, intorno al loro, il tempo stava pian piano ricominciando a
scorrere, inesorabile e tiranno.
“Che
schifo” constatò Kei poco dopo osservando le
rispettive mani e
divise sporche impresentabili.
“A
fine partita non sono messe molto meglio...” gli fece notare
l’altro sospirando e con un sorriso da ebete dipinto sul viso.
“Hai
dei fazzoletti?” domandò Kei cercando di
mascherare il proprio di
sorriso da ebete, riuscendoci malissimo.
“Primo
cassetto… ovviamente.”
“Ovviamente”
gli fece eco Tsukki girandosi per aprire il cassetto del comodino.
Quando
infilò la mano alla ricerca del pacchetto di fazzoletti
però le sue
dita incontrarono ben altro e all’improvviso sentì
un moto di
rabbia, delusione e un po’ di eccitazione al tempo stesso.
“E
questi?!” gli chiese scocciato lanciandogli addosso i
preservativi
che era riuscito ad afferrare.
Kuroo
alzò un sopracciglio perplesso prima di arrossire
imbarazzato.
“Non
è come pensi! Giuro! Perché… a cosa
stai pensando, di preciso?”
“Che
li tieni qua, per ogni evenienza...”
“Sì.
Cioè, no.”
“Decidi,
quale delle due?”
Kuroo
fece un sospiro rassegnato e anche piuttosto imbarazzato.
“Diciamo
che non… volevo essere impreparato. L’unica
evenienza contemplata
sei tu, Tsukki… se guardi bene c’è
anche del lubrificante, nuovo
e sigillato. Il perché abbia solo metà scatola di
preservativi così
nel comodino è una storia troppo ridicola – e
probabilmente
altrettanto imbarazzante – per essere raccontata.”
“Abbiamo
ancora tempo...”
Kuroo
sospirò, affondando il volto nel collo di Kei, cercando di
nascondere l’imbarazzo.
“Io
e Bokuto siamo andati a comprarli, volevamo sentirci adulti che fanno
cose da adulti e abbiamo smezzato. Peccato che chi ce li ha venduti ha
pensato
che li avremmo usati tra di noi. E quindi il mio cassetto ospita dei
preservativi taglia Bokuto. NON RIDERE! Te l’ho detto che era
imbarazzante.”
“Abbastanza...”
mormorò Kei tornando a sorridere mentre afferava finalmente
i tanto
agognati fazzoletti che passò anche a Kuroo
perché si dessero una
ripulita sommaria.
“Voglio
solo che se un giorno
capiterà…”
“Quando,
capiterà...” lo corresse Kei con apparente
indifferenza ma bastò
per far inceppare (di nuovo) il cervello di Kuroo.
“Beh,
ecco, se, cioè, quando… Ma
ti senti?! Tu mi vuoi morto!
Voglio dire… voglio che non ci sia niente che possa
interromperci.”
“E
quindi hai fatto i compiti?”
“Per
forza. Non so un cazzo Tsukki a riguardo. Sì, ho avuto una
ragazza,
ma sai che roba. Non è andata bene, mi pare ovvio. Li
preferisco
alti, sociopatici e inappetenti.”
“Idiota”
gli rispose Kei senza riuscire a nascondere un sorriso prima di
portare una mano al viso di Tetsurou e scostagli leggermente quel
ridicolo ciuffo che gli copriva in parte gli occhi. A Kei piacevano
gli occhi di Kuroo, erano caldi e in grado di abbracciarti senza il
legittimo proprietario muovesse un muscolo.
“Te
l’ho detto, voglio il pacchetto completo. Voglio andare al
cinema
ogni week-end, così sceglieremo un film a turno che
sicuramente
all’altro non piacerà perché io sono un
cretino romantico
appassionato di super eroi e a te piacciono i monster-movie e i
cartoni animati. Voglio uscire a cena e scambiarci le ordinazioni
lamentandoci che abbiamo dei pessimi gusti, passare un pomeriggio
chiusi dentro un negozio di articoli sportivi e provare ogni singolo
paio di scarpe mentre mi guardi male e sbuffi perché non
sono capace
di decidermi. Voglio trascorrere il tempo sdraiato con te e su di te,
ascoltare il tuo respiro e toglierti il respiro baciandoti come se
fosse la prima volta ma mai l’ultima. Voglio tutto il
romanticismo
possibile e voglio tutta la passione e l’istinto, spegnere il
cervello e lasciar fare agli ormoni e alla voglia che ho di te.
Quindi sì, ho studiato, mi sono preparato perché
quando sarà il
momento voglio godermi tutto: con la testa, con il cuore e con il
cazzo.”
“Poetico”
rispose Kei facendo sfociare il sorriso in una risata.
“E’
il mio tratto distintivo” rise a sua volta Tetsurou prima che
il
suo sorriso venisse catturato dalle labbra del biondo, affamate e
desiderose di mettere a tacere quella raffica di parole imbarazzanti,
ma di cui Tsukishima si ritrovava a condividere ogni sillaba.
*
“Tsukishima!”
Kei
si irrigidì sentendo tutti gli sguardi dei suoi compagni di
squadra
posarsi su di lui.
“Si
può sapere dov’eri finito?!”
Mentalmente
Kei si ritrovò a ringraziare Kuroo e la sua –
inizialmente idiota,
ma ora geniale – idea di fermarsi in un kombini vicino alla
stazione a prendere dei nikuman da offrire una volta che avrebbe
fatto ritorno alla locanda.
Non
che questo l’avrebbe messo al sicuro dal professor Takeda o
Daichi
– anche se sperava che Sugawara lo aiutasse – ma
almeno il cibo
sarebbe stata una buona scusa per tappare la bocca a buona parte dei
giocatori del Karasuno, ancora giù di morale per la recente
sconfitta.
“Sono
andato a prendere la colazione” rispose senza inflessioni
nella
voce, alzando il sacchetto di plastica in cui erano stati stipati i
panini ancora tiepidi.
Un
numero imprecisato di sopracciglia si alzarono di fronte a
quell’inaspettato – e quindi alquanto sospetto
– gesto
particolarmente gentile e altruista da parte sua.
“Nessuno
di noi ha passato una bella serata. Hinata sta ancora male e la
sconfitta brucia a tutti…” cercò di
giustificarsi consapevole
quanto fosse out
of character questa
sua iniziativa. E forse in effetti lo faceva sentire un po’
meno in
colpa all’idea che in fondo lui non aveva passato affatto
una pessima serata. Il corpo caldo di Kuroo stretto contro il suo era
un ricordo ancora ben impresso nella sua memoria e no, il pensiero
dei baci, della loro pelle accaldata che creava una piacevole
frizione e delle loro voci che si chiamavano e mormoravano parole
irripetibili gli fecero venire i brividi di piacere. Non doveva
cedere. Lo sguardo penetrante e inquisitorio di Daichi però
era
alquanto difficile da sostenere.
“Beh,
Tsukki! E’ decisamente inaspettato da parte tua ma molto
apprezzato!” disse Sugawara venendo in suo aiuto e, prendendo
il
sacchetto dalle sue mani, iniziò a distribuire il cibo che
conteneva
come un bravo maestro dell’asilo che si prendeva cura di un
branco
di poppanti.
“Poi
mi devi raccontare un po’ di cose...” gli disse
l’alzatore del
terzo anno avvicinandosi e osservandolo con attenzione “Ma
immagino
che vi siate... consolati
a vicenda”
concluse sfiorandogli con una mano il colletto della polo che stava
indossando “Non credo ci sia bisogno che te lo dica e mi
chiedo
come sia riuscito a convincerti ma… non toglierti la felpa.
Per
quanto un po’ tonti, credo che vederti con indosso la divisa
del
capitano del Nekoma sarebbe abbastanza ovvio anche per loro.”
Kei annuì con
aria colpevole ma, in
fin dei conti, non riusciva a sentirsi minimamente in torto per aver
trascorso la serata con il suddetto capitano mentre il resto della
sua squadra stava cercando di accettare quella sconfitta. Lui e Kuroo
erano stati battuti lo stesso giorno e Kuroo proprio dal Karasuno.
Consolarsi a vicenda – per
quanto messa così gli
faceva solo
venire voglia di alzare gli occhi al cielo –
era stato
inevitabile
ma decisamente gratificante.
“Tsukki…
stai bene?” gli aveva chiesto Yamaguchi avvicinandosi
all’amico
con il panino – probabilmente oramai freddo – in
mano.
Kei si girò
nella sua direzione
dopo aver appoggiato il borsone che gli aveva porto Sugawara (quello
grosso e pesante con la maggior parte dei bagagli che aveva lasciato
alla locanda e che non aveva portato a casa di Kuroo) nel vano del
pullman dove stavano cominciando ad accatastare i loro bagagli.
“Sì,
Yamaguchi… non sono riuscito a prendere sonno
stanotte” si
giustificò lui. In fondo era abbastanza vero, lui e Tetsurou
non
avevano dormito moltissimo.
“A
un certo punto mi sono svegliato ma non c’eri...”
“Ero
andato in un’altra stanza a leggere. Non volevo disturbare
nessuno”
ammise sentendosi un po’ in colpa per le bugie che stava
propinando
all’amico. Avrebbe dovuto dirgli la verità, ma con
calma, una
volta tornati a casa senza orecchie indiscrete e compagni di squadra
rumorosi al limite della tollerabilità umana.
“Tu
come stai?” gli chiese recuperando una caramella alla fragola
che
gli aveva infilato Kuroo nella tasca del giaccone mentre lo salutava
con un ultimo (ma non
davvero ultimo) veloce bacio in stazione.
Tadashi alzò
le spalle, addentando
finalmente il nikuman che aveva in mano.
“Deluso,
ovviamente, ma erano forti e la nostra squadra è andata in
pezzi...”
“Sarà
per il prossimo anno” lo consolò Kei facendolo
sorridere.
“Sono
felice di sentirtelo dire, Tsukki...”
Kei
sorrise e andò ad arricciare con le dita il bordo del
colletto della
polo che stava indossando.
“Non
l’avrei mai pensato… ma
anch’io.”
Note
dell’autrice:
Doveva
iniziare come una robina fluff… non capisco
perché sia uscito
mezzo p0rn, ma dettagli.
Per
il momento con questa credo si possa dire conclusa questa piccola
serie.
Spero
vi sia piaciuta, io mi sono rilassata e divertita a scrivere di
questi due che sono, sopra ogni cosa, la mia assoluta OTP per questo
fandom.
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