Piovono ranocchie cantanti
e altre cose stupide
Succedono cose strane quando Shouyou è agitato.
La prima volta che Osamu gli rivolge la parola, per esempio, Shouyou fa
piovere rane che cantano HEEEY,
MACARENA. AY!
Osamu è uno studente di un anno più grande che
frequenta la sua stessa scuola. Shouyou l’ha sempre ammirato
da lontano, perché Osamu irradia quella tipica luce dorata,
affascinante e misteriosa che gli fa venire voglia di nascondersi
dietro una colonna. Shouyou non gli arriva neanche
all’altezza delle spalle, e questo non fa che acuire la
soggezione che prova. Inoltre, gli amici di Osamu lo inquietano: sono
tutti così
fighi. Brillano come se ogni mattina facessero il bagno nella porporina
o in chissà quale sorgente fatata. Shouyou non ha mai
trovato il coraggio di rivolgere a Osamu la parola, o di scrivergli una
lettera, o di sedersi accanto a lui durante un’assemblea
– o comunque, nella sua stessa fila. È decisamente
troppo testardo per arrendersi, ma anche decisamente troppo insicuro
per dichiararsi.
Il 24 ottobre, Shouyou scopre che il coraggio non è sempre
necessario, perché delle volte gli spiritelli della fortuna
ci mettono il loro zampino. Shouyou cammina per il parco con Kageyama,
la pausa pranzo è quasi terminata, le foglie rosse e
arancioni crepitano sotto le loro scarpe. Stanno bisticciando a
proposito dei compiti di algebra ( – Avevi detto che mi
avresti fatto copiare! – No, tu avevi detto che
avresti fatto copiare me! – ), quando qualcuno chiama il suo
nome.
“Ehi, Hinata.”
Shouyou si volta e vede Osamu avvicinarsi. Impiega qualche istante per
capire che Osamu ha chiamato proprio lui. Shouyou lo fissa e spera
vivamente di avere la bocca ben sigillata e non spalancata a causa
della meraviglia, perché quella divisa, quella maledetta
divisa vermiglia che fluttua a destra e a sinistra accompagnando ogni
suo passo, oh mamma
mia–
"Hai lasciato questo. Sulla panchina. "
Osamu gli porge un quaderno blu scuro, tutto spiegazzato. Shouyou spera
di non squagliarsi ai suoi piedi come un ghiacciolo. È la
sua grande occasione, dopotutto. Finalmente stanno parlando. Nel parco.
Con il sole che filtra dai rami semispogli e si riflette in triangoli
sregolati sul soffice tappeto di foglie. L’universo sembra
aver creato quell’istante idilliaco proprio per lui.
Shouyou arrossisce. Grazie,
dovrebbe dirgli. E anche: ti va di uscire con me, qualche
volta?
Può farcela. È semplice. Non è niente
di articolato, soprattutto per uno che di solito non riesce a starsene
zitto. E invece, fregandosene dell’universo e sputando su
quell’immensa botta di culo, Shouyou si riprende il quaderno
di algebra senza fiatare. Poi lo fissa allucinato e gli dice:
“lo sai, a me piacciono molto i ratti.”
Ma
che
cazzo.
Osamu sbatte le palpebre. Ha l’aria un po' confusa, spaesata.
Shouyou lo fissa con un’aria molto più spaesata
della sua. Cos’é, esattamente, che gli ha appena
detto? Che gli piacciono–
No, pensa,
scuotendo la testa. No.
Non posso avergli detto una cosa del genere. Fra l’altro
sarebbe una bugia. Mi piacciono molto gli animali, ma non è
assolutamente vero che io abbia una preferenza particolare per i ratti.
Devo dirgli che scherzavo. Devo dirgli qualcosa, qualunque cosa, tipo
il mio piatto preferito, o il giorno del mio compleanno,
oppure–
Un boato li fa sobbalzare entrambi. Sia Osamu che Shouyou che gli
studenti intorno a loro sollevano lo sguardo. Una singola nuvola scura
si è addensata sopra le loro teste. C'è un
secondo boato, un tuono fragoroso.
“Oh no,” dice Kageyama. “Non la
pioggia.”
E invece sì, la pioggia. La pioggia comincia. Tuttavia, al
posto delle gocce di acqua, dal cielo cominciano a precipitare rane
grosse come il pugno di Asahi, rane che mentre precipitano cantano: HEEEY, MACARENA. AY!
(AY! AY! AY!)
Shouyou è raggelato.
Oh no,
pensa, mentre osserva inorridito una rana cadere sulla testa di Osamu
con un plof umido
e molliccio. Oh, no.
Le rane cominciano a saltellare per il parco, e l'eco della canzone (AY! AY! AY!) si
propaga fra gli alberi come le risate degli studenti. Osamu fissa
Shouyou sconvolto.
Perché sono
così?
Shouyou fa l’unica cosa sensata: scappa.
*
Per la prima volta in vita sua, Shouyou è grato,
visceralmente grato, che Kageyama sia tanto alto. Così
può nascondersi dietro la sua schiena ogni volta che devono
attraversare i corridoi per cambiare aula. Per la prima volta in vita
sua, Shouyou detesta i suoi capelli. Vorrebbe che fossero di un colore
pacato e silenzioso, meno eccentrico, così confondersi
sarebbe oiù facile. L’incidente delle rane
è diventato leggendario. Se ne parla per giorni, con
studenti che ridono mentre lo raccontano, e altri che lo scherniscono
gracchiando la Macarena quando gli passano vicino. Comunque –
e forse è questo a fare più male – pare
che Osamu abbia scordato tutto. Quando malauguratamente si incrociano
per i corridoi, Osamu non ride di lui, non lo guarda nemmeno. Shouyou
dovrebbe sentirsi rincuorato – di certo non vuole vivere
l’umiliazione di vedere Osamu che racconta a suo fratello
della pioggia di rane mentre sghignazza – eppure non
può fare a meno di chiedersi se sia davvero così
insulso, ai suoi occhi. Così invisibile e dimenticabile.
“Dovresti arrenderti,” gli dice Tsukishima una
sera, senza disturbarsi a staccare lo sguardo dal libro di storia
(capitolo III, l’epica battaglia fra spiriti Volpe e Kappa
per la conquista della luna).
Shouyou lo fissa piccato. “Non potrei mai fare una cosa del
genere.”
“Allora dovresti chiedergli di uscire.”
Shouyou lo fissa inorridito. “Non potrei mai fare una cosa
del genere.”
“Allora,” gli dice Tsukishima, sistemandosi gli
occhiali sul naso e guardandolo per la prima volta,
“crepa.”
Shouyou gli fa la linguaccia, prima di poggiare la fronte sulla
scrivania. Si sente, come dire– beh, depresso. Molto
depresso. È una sensazione insolita. Fa schifo.
Qualcosa gli colpisce la testa. Shouyou solleva lo sguardo e vede che
Kageyama gli porge la sua scopa.
“Andiamo a volare,” dice.
Shouyou è tentato, ma deve fare il riassunto del capitolo.
Guarda il suo libro di storia, poi Kageyama, poi di nuovo il suo libro
di storia, poi Tsukishima.
Tsukishima sospira. “Vai. Puoi copiare da me, dopo. Ma solo
perché mi stai dando fastidio.”
Shouyou batte le mani entusiasta, la luce che gli scoppietta negli
occhi.
“Fai copiare anche me?” domanda Kageyama a
Tsukishima.
“Scordatelo,” risponde. Poi torna al suo libro.
Kageyama scrolla le spalle, e poi, insieme, escono dall’aula
studio e giungono al parco.
“Puoi copiare da me,” gli dice Shouyou,
sistemandosi la scopa fra le gambe. “Dopo che io
avrò copiato da Tsukishima. Però ricordati di
cambiare qualche parola, non come l’ultima volta.”
Kageyama annuisce distrattamente, poi si dà una forte spinta
e schizza via nel cielo. Shouyou ride e lo insegue. Come sempre.
*
Osamu vede Shouyou dall’altra parte del corridoio. O meglio,
vede i suoi capelli che spuntano come un ciuffetto d’erba
sopra la spalla di Kageyama. A Osamu piace il loro colore.
Atsumu gli molla uno schiaffo dietro l’orecchio.
“Cosa?” domanda Osamu, voltandosi verso suo
fratello.
“Dovresti chiedergli di uscire.”
“A chi?”
Atsumu indica Shouyou. Osamu si affretta ad abbassargli il braccio.
“Non mi interessa.”
“Ah no? Allora non ti dispiace se lo faccio io,
vero?”
Atsumu fa un passo in avanti. Osamu afferra suo fratello per il polso e
lo costringe a fermarsi. Atsumu sorride, in faccia ha stampato il
tipico ghigno di quando sta vincendo una battaglia.
“Che c’è? Hai appena detto che non ti
interessa.”
Osamu non risponde. Preferisce conservare una parvenza di
dignità nel silenzio.
“Samu,” insiste Atsumu. “È
carino. È divertente. E le persone carine e divertenti non
si innamorano di te, senza offesa. Dovresti approfittarne. Non ti
ricapiterà mai più un’occasione simile.
Mai più. Mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai–
“Ha ragione,” si intromette Suna, sollevando lo
sguardo dal libro di pozioni. “E poi stiamo parlando di un
ragazzo che ha fatto piovere rane cantanti. Noi abbiamo ancora problemi
con gli incantesimi cambiacolore e siamo al secondo anno. Credo sia
geniale. Io ci uscirei subito.”
Suna punta lo sguardo su Hinata, che sta chiacchierando amabilmente con
una ragazza – Yachi Hitoka, Osamu la conosce
perché aiuta Kita nella biblioteca.
“E poi è davvero, davvero carino.”
“Okay,” dice Osamu, alzando le mani.
“Okay. Ora piantatela di fissarlo come se fosse un gelato.
Siete degli stronzi inquietanti.”
Il ghigno di Atsumu si fa più largo. Suna torna al suo
libro, tentando di studiare il capitolo del giorno negli ultimi dieci
minuti prima della verifica di pozioni.
Osamu invece guarda Shouyou, indeciso. Atsumu, con la delicatezza che
lo contraddistingue, gli dà una spinta che lo fa finire
quasi col muso per terra.
Okay,
pensa. Vado.
E Osamu, intrepido cuor di leone, va. Attraversa il corridoio
finché non si piazza alle spalle di Shouyou, inconsapevole,
che continua a chiacchierare a velocità supersonica.
Chissà da quanto tempo non respira. Yachi si accorge di lui,
gli rivolge un’occhiata un po’ inquieta, poi tocca
delicatamente il polso di Shouyou per interromperlo. Shouyou si
zittisce come se qualcuno l’avesse spento e si volta,
seguendo lo sguardo gentile di Yachi.
“Ciao,” gli dice Osamu, un po’
– parecchio – nervoso. Sente la lingua impastata,
le orecchie rosse. Chiedere a qualcuno di uscire non è
facile per niente.
Dai, si
incoraggia. Ce la posso
fare.
Osamu inspira.
“Hinata, mi chiedevo se ti andrebbe di–
Un tuono fragoroso. Per lo spavento, la voce gli schiatta in gola.
Osamu solleva lo sguardo verso l’alto, e ha giusto il tempo
di pensare ma che cazzo,
prima che una torta a tre piani gli si spiaccichi in faccia.
Osamu, che non riesce a zittire la sua vocazione alla cucina neanche in
un momento simile, tira fuori la lingua. Il pan di spagna è
ottimo, bagnato al punto giusto, la panna però la trova
eccessivamente dolce. Terminata la sua valutazione, con la manica della
divisa si strofina la faccia. Fra le ciglia appiccicate di panna vede
che Shouyou è fuggito via. Poi si volta e trova Suna piegato
a terra dalle risate mentre Atsumu è sotterrato da una
montagna di glassa e cioccolata. Osamu si piega per terra e si mette a
ululare insieme a Suna, mentre suo fratello impreca contro ogni
divinità e creatura magica esistente e immaginaria (I MIEI
CAPELLIII, I MIEI CAPELLI PERFETTIII, NOOOO!).
Dal soffitto continuano a piovere torte.
*
“Forse dovresti–
Suna viene colto da un attacco di riso improvviso e sputa un pezzo di
sgombro in faccia a Osamu.
“Scusa,” dice, riprendendo fiato mentre Osamu si
pulisce la fronte con il tovagliolo. “Scusa, è che
ogni tanto penso ad Atsu–
Osamu questa volta si fa trovare pronto e si abbassa giusto in tempo.
Lo sgombro impastato alla saliva di Suna si spiaccica contro il muro.
“Scusa,” dice di nuovo, gli occhi lucidi di
lacrime. “Dicevo che dovresti scrivergli una lettera.
Così magari non rischia di far esplodere la scuola per
l'agitazion–
Suna ricomincia a ridere isterico. Osamu a quel punto si alza. Di suo
fratello non c’é neanche l'ombra. Probabilmente
è rinchiuso in bagno a lavarsi i capelli per la tredicesima
volta, nonostante lo shampoo magico all'albicocca abbia già
fatto evaporare al primo lavaggio ogni microscopico rimasuglio di
glassa.
Una lettera,
pensa. Poi arrossisce. Insomma, è che scrivere una lettera
per qualcuno gli sembra un gesto così intimo. Dopotutto,
Osamu riceve lettere solo da sua madre – Atsumu neanche
quello.
Però ha senso. Anche perché non vede
un’alternativa. Forse la loro prima comunicazione deve essere
indiretta, altrimenti prima o poi Shouyou finirà davvero col
far piovere granate incendiarie dal soffitto.
Osamu perciò va in biblioteca. Sceglie un tavolo solitario,
e tira fuori carta e penna.
Caro–
Osamu si blocca. Ma che cazzo è caro. Avrà
parlato con Shouyou due volte ed è sempre stata
un’esilarante catastrofe.
Hinata–
No. Troppo grezzo e aggressivo. Osamu non è mica incivile
come suo fratello.
Shouyou-kun,
Okay, pensa. Può andare.
Shouyou-kun,
Si blocca. Cerca disperatamente le parole, senza trovarle. Fissa il
vuoto per due ore e mezza. Quando arriva alla conclusione che il mondo
è privo di senso e che l’esistenza non ha alcuno
scopo, Osamu accartoccia la carta e torna nella sua stanza.
*
Shouyou non fa piovere granate vere e proprie. Però ci va
vicino.
Osamu si siede di fronte a lui durante la colazione. Shouyou lo fissa
sorpreso, perché solitamente quelli del secondo anno si
tengono alla larga dalle matricole. Poi arrossisce violentemente,
ripensando alla pioggia di torte. Forse Osamu è venuto
lì per prenderlo a parole. O per tirargli un pugno sul naso.
Osamu invece indica la brocca con il succo d’arancia alla sua
destra e gli dice: “ehi. Me la passi?”
Shouyou trattiene il fiato. Certo,
pensa. Posso farcela.
E, contro ogni previsione, ce la fa. Passa a Osamu la brocca in
porcellana senza incidenti. Shouyou non riesce a crederci. Persino
Osamu osserva la brocca intatta stupefatto, come se stesse assistendo a
un vero e proprio miracolo. Shouyou non è mai stato tanto
fiero di se stesso. Si sente così invincibile che azzarda
persino un sorriso, prontamente ricambiato da Osamu. Oddio.
È in paradiso.
“Ieri sera ti ho visto volare,” dice Osamu,
versandosi l’aranciata nel bicchiere. “Sei bravo,
lo sai?”
Shouyou lo sa, perché è stata sua nonna a
insegnargli a volare quando non sapeva neanche camminare, e Kageyama ha
fatto il resto. Shouyou lo sa, tuttavia in quel momento non sa
più nulla, neanche come si chiama. Sa solo che Osamu l'ha
appena elogiato e Shouyou non se ne capacita – che si tratti
di una finta? Uno stratagemma per punirlo?
L’espressione di Osamu però è placida e
sincera. E insomma, è vero che gli esseri umani sono
complessi e sfaccettati come caleidoscopi, eppure Osamu non sembra
proprio il tipo di persona che possa architettare uno scherzo
vendicativo o derisorio. Osamu è buono, glielo dice
l’istinto, e Shouyou si fida ciecamente del suo istinto.
Ringrazialo,
pensa quindi. Ti ha
fatto un complimento. Ringrazialo e invitalo a uscire. È la
tua seconda, grande occasione.
Shouyou sorride amabilmente e dice: “Lo sai, una volta mentre
volavo mi ha cacato in testa un Ippogrifo.”
Osamu lo fissa, la sorpresa che si allarga nei suoi occhi come una
pozza luminosa. Poi scoppia a ridere. Spruzza via il succo
d’arancia dal naso che schizza dritto nell’occhio
destro di Shouyou. Tsukishima, seduto accanto a lui, dice: ew. Shouyou
dice: wow. Poi pensa: gli
ho davvero detto che mi ha cacato un Ippogrifo in testa? Dopo che si
è complimentato per il modo in cui volo? Dopo che ieri gli
ho spiaccicato una torta a tre piani in faccia?
Una nuvola scura, densa come marmellata, veleggia sulle loro teste.
“Oh no,” dice Tsukishima, inorridito. “Ti
prego, non a colazione.”
Ma Hinata oramai è fuori controllo. Sente il viso in fiamme.
E pure l’occhio destro, che brucia a causa del succo.
C’è un secondo tuono, fragoroso, e dal soffitto
cominciano a piovere forme allungate, irregolari e mollicce. Per un
istante di puro terrore, Shouyou pensa: oddio. È cacca.
E invece no: sono polli di gomma. Che botta di fortuna.
Un pollo di gomma finisce nel bicchiere di Osamu. Il succo di arancia
gli inzuppa il colletto della divisa, e sporca pure la spalla di
Kageyama. Poi c’è un terzo tuono, e dal cielo
comincia a precipitare qualcos’altro.
Gatti.
Wow, pensa
Shouyou, fissando ipnotizzato il persiano che atterra elegantemente fra
lui e Osamu. Non
credevo che fosse possibile far piovere più cose insieme. La
mia magia è veramente potente.
Il persiano inarca il pelo e addenta il pollo di gomma che cade vicino
alla sua zampa. Nel giro di trenta secondi si scatena
l’apocalisse. Gatti che discendono dal cielo come
divinità per addentare ferocemente prima i polli di gomma,
poi le braccia degli studenti agitati, infine il cibo disposto nei
vassoi. Alcuni gatti, invece di vomitare palle di pelo, cominciano a
vomitare palle di fuoco. Shouyou rimane seduto, sopraffatto dal rumore,
dalla pioggia, dal caos generale che è esploso repentino.
Osamu lo fissa. I polli di gomma sbatacchiano contro le loro teste, in
un bonk-bonk-bonk
continuo. Un gatto rosso vomita una palla di fuoco che brucia la manica
della divisa di Tsukishima.
Osamu si contorce su se stesso e comincia a singhiozzare per le risate.
“Shouyou-kun,” gli dice, in lacrime. “Sei
davvero il migliore. Per favore, esci con me.”
Shouyou arrossisce, si copre la faccia e mormora un sì.
*
Shouyou non smette di
far piovere cose strambe dal cielo. Osamu si costruisce un ombrello
magico.
"È
resistente al fuoco, al veleno e all'acido," gli dice, mostrandoglielo
orgoglioso. È un ombrello nero, punteggiato da triangolini
– onigiri. "Può sostenere fino a trecento
diciassette tonnellate di peso. Ed è abbastanza grande per
tutti e due."
Shouyou arrossisce.
Osamu lo apre e insieme passeggiano per il parco, mentre intorno a loro
scrosciano giraffe – che il professore Ukai rispedisce
prontamente nel loro habitat naturale.
Shouyou continua a
dirgli cose strane: tipo che ha un alluce valgo invece di dirgli che lo
trova molto attraente, oppure che una volta ha trasformato per errore
un canarino in un preservativo invece di chiedergli se può
prendergli la mano. Shouyou teme di essere insopportabile. Osamu lo
rassicura, gli dice che non lo pensa affatto, al contrario, davvero,
perché Shouyou è–
carino. divertente.
adorabile.
Osamu si sente
scoppiettare di serotonina da quando si sveglia a quando si addormenta.
E ha delle farfalle esuberanti nello stomaco e gli sudano i palmi delle
mani. E gli piacciono quei piccoli incidenti, gli piace vedere cocomeri
interi che precipitano dal cielo spappolandosi al suolo, oppure teschi
inquietanti, oppure ghiande e tazzine, katane, carrucole –
una volta è piovuto dal cielo persino il professor Takeda,
che li ha salutati a mezz'aria sistemandosi gli occhiali sul naso
mentre Shouyou balbettava scuse su scuse su scuse. Osamu ride, e ride,
e ride. Non di lui, ma con lui.
Una notte, Shouyou lo
passa a prendere a cavallo della sua scopa fuori dalla finestra. Atsumu
guarda Shouyou in silenzio, forse un po’ malinconico, e dice
a Osamu: "sei la persona più fortunata dell'universo. Un po'
ti odio, ma ti coprirò il culo se qualcosa dovesse andare
storto." Osamu lo ringrazia con un sorriso e con il dito medio, poi
spalanca la finestra e sale sulla scopa dietro Shouyou. Si stringe alla
sua schiena e Shouyou schizza verso l’alto, facendo i giri
della morte mentre Osamu si aggrappa sempre più stretto e si
sente libero, infinito. Quello è uno di quei momenti saturi
di felicità, uno di quei momenti talmente belli e rari che
si lasciano cristallizzare. Osamu lo morde, lo ingoia come se fosse un
onigiri fatto di luce, lo incastra fra le costole dove lo
porterà dentro per sempre.
"Shouyou-kun," esclama
vicino al suo orecchio. "A me la tua pioggia piace un casino!"
Shouyou sorride, gli
strofina la guancia contro la sua. Poi atterrano nel parco, e Osamu
apre l'ombrello non appena si rannuvola. Passeggiano nella notte
gentile, e mentre passeggiano Osamu gli sfiora la mano una volta, due,
tre, finché si fa coraggio e finalmente gliela stringe.
Qualcosa comincia a
precipitare, in un plic-plic-plic continuo, che picchietta
dolcemente sull’ombrello e sul terreno. Tuttavia, quei due
sono troppo impegnati a guardarsi negli occhi estasiati per accorgersi
del miracolo che sta accadendo intorno a loro, perciò ve lo
dico io: stelle cadenti. Piovono cascate di stelle cadenti.
Note
CIAAAAO. Niente, mi
volevo divertire con qualche scemenza e spero di aver fatto divertire
anche voi! 'Ride non di lui, ma con lui' è una frase che ha
detto time_wings e che ho adorato e che secondo me racchiude un po'
tutta l'anima di questa fic. Grazie mille per aver letto, UN
ABBRACCIOOO, GRAZIE MILLEEEEE, AAAAH. <3<3<3
See ya! ♥
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