Consiglio
di ascoltare questo brano durante la lettura:
Yen
That’s all I need
You're
the sin that
I've been waitin' for
The
hands around my
throat
It's
all I can think
about
The smell of sweat
and blood
Sudore
freddo infradiciava i palmi delle sue mani mentre
aspettava.
Mike
aspettava di rivederlo dopo tanto – troppo – tempo,
dopo il periodo più difficile della sua vita, dopo
ciò che erano stati
un’eternità prima.
E tutto
ciò a cui riusciva a pensare erano le sensazioni che
ricordava, sbiadite ma in qualche modo vivide.
Quelle
stesse sensazioni a cui un tempo non si era sottratto
– ma quello era stato un altro Mike, quella gli pareva
un’altra vita, perfino
un universo che non gli era mai appartenuto.
A volte si
guardava dall’esterno, critico, cattivo con quel
se stesso che gli aveva impedito di vivere.
Ma adesso
aspettava Roddy e l’unica cosa a cui pensava era
la voglia morbosa di riabbracciarlo, nonostante non fosse certo che ci
sarebbe
riuscito.
Non era
più lo stesso Mike, quello espansivo, stronzo,
impulsivo.
Ora si
sentiva come un bambino che affogava nelle sue stesse
paure.
L’agorafobia
l’aveva allontanato da tutti – perfino da se
stesso.
Poteva
farcela, in fondo. Sarebbero stati soltanto loro due,
quelle erano state le condizioni che aveva posto.
Soltanto lui
e Roddy, in una stanza grande, arieggiata,
piena di finestre e vie d’uscita.
Non era
claustrofobico, ma temeva di avvertire l’impellente
necessità di allontanarsi e scappare da Roddy,
perché il Mike che era diventato
aveva paura delle persone.
Ci stava
lavorando, le cose andavano meglio, ma ogni nuovo
incontro dopo la risalita era una prova da superare per lui.
Chiuse gli
occhi e i ricordi sbiaditi fecero nuovamente
capolino dietro le sue palpebre – lui e Roddy avvinghiati, i
loro gemiti
estatici, i loro corpi che sapevano di sudore, dolore, disperazione.
Sospirò.
Si erano desiderati così tanto…
Roddy aveva
sempre rappresentato quel peccato a cui Mike non
aveva mai trovato la forza di sottrarsi, quel desiderio ammorbante e
ossessivo,
quella creatura capace di catturarlo e attirarlo irrimediabilmente.
Istintivamente
indietreggiò quando udì la porta aprirsi.
Appoggiò la schiena alla parete alle sue spalle e
guardò dritto di fronte a sé,
notando che Roddy non accennava a richiudere l’uscio.
Anche lui
aspettava.
Era in
attesa di un suo segnale, il volto indecifrabile e il
corpo massiccio che si stagliava in controluce.
Mike
deglutì e si sentì dannatamente stupido, anche se
sapeva che non ce n’era alcun motivo. Non era colpa sua, non
stava facendo
niente di male e doveva soltanto ricordarsi di respirare.
Avere
paura non significa essere deboli, si ripeté
mentalmente mentre accennava un sorriso.
Roddy fece
un passo avanti, ma ancora non chiuse la porta.
«Ehi» mormorò.
«Puoi
chiuderla» disse Mike, la voce incredibilmente capace
di essere udita.
«Come
vuoi tu.» Roddy eseguì con calma, senza compiere
movimenti eccessivamente bruschi – come se si trovasse di
fronte a un animale
ferito e temesse di farlo scappare da un momento all’altro.
Mike
avvertì una punta d’irritazione invaderlo e non
riuscì a
trattenersi. «Smetti subito di comportarti
così» affermò. «Non voglio
compassione, era una delle condizioni.»
Roddy rimase
fermo vicino alla porta chiusa e lo fissò in
silenzio, le mani in tasca e l’espressione pensosa. Era
invecchiato come tutti
quanti, i suoi tratti da uomo maturo parevano quasi impossibili da
accostare a
quelli armoniosi del giovane ragazzo che Mike aveva conosciuto tanti
anni
prima. Ma i suoi occhi – quelle profonde pozze blu
– erano sempre gli stessi,
perfino più intensi e segnati dal tempo e dalle dure lezioni
che la vita gli
aveva impartito.
Mike
avvertì nuovamente le mani sudare e un diffuso calore
pervadergli il corpo.
Gli faceva
strano provare quella sensazione, ma la riconobbe
e riuscì a catalogarla con un sospiro: aveva voglia di
toccarlo.
«Vuoi
che mi comporti come se niente fosse successo?» gli
domandò Roddy in tono pacato – quella sua voce
profonda gli era mancata, se ne
rese conto e processò l’informazione con il cuore
che accelerava appena i suoi
battiti.
«Non
posso ignorare quello che ho passato, la merda da cui
sto riemergendo, ma sì. Non voglio compassione»
ripeté Mike, annuendo appena.
Roddy attese
ancora qualche istante, poi si mosse lentamente
nella sua direzione.
Mike si
appiattì contro la parete, non sapendo cosa
aspettarsi ma allo stesso tempo desiderando che quella distanza tra
loro
cessasse di esistere.
L’altro
si fermò a pochi centimetri da lui e cercò i suoi
occhi, le mani ancora affondate nelle tasche e le labbra appena
incurvate in un
sorrisetto.
Mike stava
letteralmente bruciando dentro, ma non era più lo
stesso di un tempo e non riusciva a prendere l’iniziativa
come avrebbe fatto in
passato – erano lontani quei giorni in cui avrebbe sovrastato
Roddy, lo avrebbe
assalito e non gli avrebbe lasciato alcuna opportunità di
replica.
Ma adesso
era totalmente diverso, era lui che aspettava, era
lui che desiderava di essere preso e trascinato nuovamente alla vita.
I
would feed you all
my pleasures
Just
to drown in all
of yours
Have you heard of
me?
Are
you hurting me?
«Hai
saputo?» chiese Mike con il fiato corto, gli occhi
ancora immersi in quelli di Roddy.
Il
tastierista sollevò una mano e se la passò sul
viso. «Di
te? Ho sentito qualcosa.»
«Sei
incazzato perché abbiamo saltato il tour? Non ti
biasimo.»
Roddy scosse
il capo e delicatamente gli sfiorò una guancia.
Quel
contatto bruciò sulla pelle di Mike e gli mise addosso
una voglia dannata di sottrarsi. Non lo fece, perché dentro
di sé c’era
qualcosa che lo calamitava verso quel tocco leggero – era
stato un istante, ma
aveva rivoluzionato tutte le sensazioni che stava provando.
Mugolò
senza controllo, ricercando disperatamente quella
carezza, rincorrendo le dita di Roddy con la propria guancia,
stringendogli il
polso con la mano sinistra per impedirgli di abbandonarlo.
Roddy non si
mosse, non lo lasciò, gli rimase accanto.
Mike
respirava forte, sentiva gli occhi bruciare, il corpo
sopraffatto dalle emozioni e da stimoli che credeva dimenticati.
Se ne stava
aggrappato a Roddy e si sentiva sempre peggio –
smarrito, solo, bisognoso di provare quello di cui si era lasciato
privare per anni.
«Ti
prego…» Mike lo disse, ma non aveva neanche idea
di
quale fosse la ragione per cui lo implorasse in quel modo.
Si
sentì avvolgere, abbracciare, stringere con forza e
delicatezza, e tutto quello che stava provando fu troppo.
Troppo per
il suo cuore.
Troppo per
la sua mente.
Troppo per i
suoi polmoni.
Tutto
faticava a funzionare in lui, neanche un pensiero
razionale si formava nella sua testa.
E tutte le
sue fragilità, insicurezze, domande, debolezze,
angosce si disciolsero in lacrime rumorose, singhiozzi fastidiosi,
sussulti inopportuni
e si infransero nella camicia di Roddy – come se in qualche
modo si
riversassero impietosi nel suo cuore.
Il
tastierista accolse tutto senza fiatare, prese il suo
corpo tremante tra le braccia e lo sorresse.
«Non
riesco a… Roddy, ti prego… respira per
me»
boccheggiò Mike, ormai non riusciva più a capire
se la sua fosse ansia, paura,
disperazione o tutto quanto insieme.
Roddy lo
trascinò gentilmente con sé fino a raggiungere il
divano addossato a una delle pareti, lo aiutò a sedersi e si
accomodò al suo
fianco.
Non lo
abbandonò neanche per un istante, abbracciandolo e
carezzandogli delicatamente i capelli, permettendogli di sommergerlo di
lacrime
e di portarlo con sé in quel baratro che aveva tentato in
tutti i modi di
tenere per sé per un sacco di tempo.
«Sto
da schifo, cazzo» sputò Mike frustrato.
«Posso
andarmene quando vuoi. E tu puoi fare lo stesso» lo
rassicurò Roddy, la voce appena incrinata.
«Non
so nemmeno io cosa voglio. Come mi sento. Sto di
merda.»
«Tutto
questo mi fa male» ammise Roddy.
E Mike si
accorse che faticava a trattenere a sua volta un
moto di commozione.
Cercò
faticosamente i suoi occhi e li trovò lucidi,
sfuggenti, come se Roddy volesse sottrarsi al suo sguardo per non
fargli
intendere che anche per lui quello era un momento difficile.
«Voglio
solo… sentire qualcosa. Sentirmi.
Sentirti.»
Mike parlava e i suoi occhi erano torrenti in piena, così
come le disperate
parole che abbandonavano la sua bocca.
Roddy lo
strinse forte al petto e gli baciò una tempia.
«Farò qualsiasi cosa. Lo sai.»
E Mike lo
sapeva eccome, non avrebbe mai dubitato di lui,
non era mai successo. Aveva spesso messo in discussione se stesso, ma
Roddy era
sempre stato una certezza senza eccezioni.
Let
me savor what
I'm waiting for
A
chance to make me
choke
You're
all I can
think about
The taste is red in
rust
Mike si
morse le labbra fino a farle sanguinare, non
trovando la forza per compiere quel passo che desiderava fare in
maniera
straziante.
Il gusto del
proprio sangue, il dolore della carne lacerata,
il brivido che gli percorse la schiena lo fecero sentire vivo.
Affondò
con il viso nell’incavo del collo di Roddy e trattenne
il respiro per un attimo. Inalò il suo profumo –
era sempre quello, lo
riconobbe e lo trovò incredibilmente familiare – e
lasciò che il proprio fiato
si infrangesse sulla sua pelle calda.
Lo
sentì sospirargli tra i capelli e si morse ancora il
labbro, scosso dall’ennesimo singhiozzo.
Sapeva di
essere un disastroso pasticcio di lacrime, sangue
e dolore, ma mai come in quel momento si sentiva vivo e desiderava
esserlo.
Roddy gli
prese delicatamente il viso tra le mani e lo
guardò dritto negli occhi, con quel suo solito fare
rassicurante e calmo che
ormai Mike aveva imparato ad associare al passare inesorabile del tempo
– da
giovane gli aveva sempre dato l’impressione di essere
più insicuro e incontrollabilmente
emotivo.
Con un dito
Roddy raccolse quella che doveva essere una
piccola goccia di sangue, la trasportò via dal suo labbro e
se la impresse
addosso, macchiando la propria camicia candida.
Mike pianse
ancora più forte e Roddy non riuscì a
trattenersi a sua volta, gli occhi inondati dalle sue medesime gocce
salate.
Si
abbracciarono stretti – stavolta Mike ricambiò e
si
aggrappò a lui con tutte le poche forze che sentiva di avere
– e piansero come
non si erano mai concessi di fare in una vita intera.
Quelle di
Mike erano lacrime trattenute per anni, ma non
erano poi così amare come si aspettava – in fondo
all’anima sentiva che c’era
anche qualcosa di positivo, forse semplicemente la gioia e la
gratitudine per
essere ancora vivo e capace di provare emozioni come quelle.
Capace di
abbracciare quell’uomo meraviglioso e rendersi
conto di quanto irrimediabilmente lo amasse.
Gli ci era
voluta una profonda crisi interiore per arrivare
a quella consapevolezza, ma ora gli pareva talmente chiara da
domandarsi come
avesse fatto fino a quel momento a non accorgersene.
E quando le
labbra di Roddy si fermarono lievi sul suo viso
e asciugarono il frutto del disastro che era, Mike le
ricercò e le volle
sentire ancora e ancora, fino ad accoglierle sulle proprie e farsele
scorrere
dappertutto.
Con le dita
si aggrappò alla stoffa candida della camicia
del suo tastierista, mentre il loro contatto si approfondiva e si
intensificava.
Più
Roddy lo baciava, più Mike piangeva. Era
un’inquietante
consequenzialità dei fatti, ma nessuno dei due poteva
né voleva frenarla.
A Mike
sembrava quasi di soffocare, stava provando troppe
emozioni e non era in grado di gestirle; ma non poteva lasciar andare
Roddy,
non ora che il sapore di sangue e lacrime bruciava sulle loro lingue
che si
avvinghiavano, non ora che finalmente poteva toccarlo e tenerlo
incollato al
cuore.
Non ora che
lo amava così tanto da non riuscire quasi a
respirare.
Quello non
era più lui, non lo stesso Mike che aveva
preferito rovinare tutto in passato pur di sfuggire alle emozioni, non
quel
ragazzino che aveva voluto divertirsi e approfittarsi dei sentimenti
più puri
che gli fossero mai stati dedicati.
Can
I hold you in my
mouth
Until
I fade into
this form?
Can
you cover me?
Will you breathe for
me?
Voleva
disperatamente continuare a baciarlo e lasciarsi
baciare, anche se il fiato gli mancava e la testa gli girava, anche se
rantolava nella sua bocca, anche se Roddy cercava di tranquillizzarlo
carezzandogli la schiena e i capelli.
Mike era un
fiume in piena e voleva continuare a sgorgare, a
sommergerlo, a divorarlo.
Senza
smettere di piangere, soffrire, morire dentro.
Si
scostò soltanto per trascinarsi Roddy addosso, per
abbandonarsi contro la spalliera del divano e pretendere che gli stesse
il più
vicino possibile.
Era tutto
quello che voleva e a cui non riusciva più a fare
a meno.
Voleva
lasciarsi soffocare da quei baci bollenti, sentire il
suo sapore e custodirlo tra le labbra, sulla lingua, sui denti.
Non si
riconosceva più e non gli importava, aveva smesso
tempo addietro di ricercare se stesso perché semplicemente
non sapeva più chi
era davvero.
E Roddy era
quella creatura con cui poteva davvero
esprimersi, di cui non aveva mai avuto paura, per cui aveva tante volte
perso
la testa senza esserne consapevole.
Lo premeva
contro di sé e si lasciava invadere la bocca, lo
accoglieva in quel modo naturale e doloroso, se lo faceva scivolare
fino in
fondo all’anima – quell’anima che gli
disegnava sentieri tortuosi sulle guance,
ancora.
Quello era
il primo vero contatto umano che stava
sperimentando dopo aver cominciato a risalire la china, il primo tanto
profondo
e destabilizzante, il solo capace di fargli davvero male.
Da sempre
era stato convinto di sapere cosa fosse il dolore
unito al piacere – sesso rude, morsi sulla pelle, segni
indelebili e grida
strazianti – ma no, non ne aveva avuto realmente idea fino a
quel momento.
Baciarlo e
lasciarsi baciare in quel modo accresceva la sua
sofferenza, perché se da un lato Mike voleva allontanarsi,
dall’altro non
desiderava altro che continuare.
Ogni
schiocco sensuale lo faceva sussultare, ogni carezza
sul viso lo induceva a singhiozzare, ogni mugolio gli toglieva il
respiro.
Era dolore
fisico, ma soprattutto era la sua mente a dolere
– troppi pensieri, poca capacità di rimanere
lucido e catalogarli.
A braccia
aperte accolse quelle sensazioni scomode e le rese
sue, perché finalmente lo stavano riportando alla sua
perduta umanità.
Si concesse
un grido strozzato mentre continuava a tenere
Roddy ancorato a sé.
Non
riconosceva più quali fossero le proprie lacrime e quali
quelle di Roddy, voleva soltanto ingoiare tutto e portarlo nel cuore.
As
the knife goes
in, cut across my skin
When
my death begins
I
wanna know that I
was dying for you
I
died for you
As
the knife goes
in, cut across my skin
When
my death bеgins
I
wanna know that I
was dying for you
I died for you
Mike aveva
l’impressione di poter smettere di respirare da
un momento all’altro.
Non riusciva
a calmarsi, a domare la ferocia con cui la sua
lingua cercava quella di Roddy, non sapeva come smettere di soffrire e
come
impedire a quelle fitte di dolore di pungergli la pelle –
ovunque.
Le mani del
tastierista erano lievi su di lui, sapeva quanto
fossero soffici e calde le sue dita, sapeva quanto potevano farlo
godere.
Ma in quel
momento no, Roddy lo coccolava, tutto andava in
contrasto con la disperazione da cui Mike si sentiva divorato.
Nonostante
lui fosse agitato e faticasse a placare il suo
tumulto interiore, Roddy se ne stava addossato a lui e lo riempiva di
piccole
attenzioni – lo aveva sempre fatto, ma in quel momento ogni
cosa stava
assumendo un significato diverso.
Mike si
sentiva sopraffatto e un pensiero lo colse alla
sprovvista: potrei morire per potermi sentire così
ancora.
Sorpreso da
se stesso, finalmente liberò Roddy dalla morsa
in cui lo stava intrappolando e portò le mani sulle sue
guance – erano umide di
pianto, ormai neanche il tastierista cercava più di
nascondere le sue
condizioni emotive.
Entrambi
respiravano forte, a fatica, distrutti da quel
contatto prolungato che li aveva coinvolti per un tempo incalcolabile.
Occhi negli
occhi, si specchiavano l’uno nell’altro, e a
Mike sembrava incredibile essere nuovamente insieme a
quell’uomo che in un modo
o nell’altro aveva sempre fatto parte della sua vita.
Anche quella
volta, nel momento più difficile che avesse mai
affrontato, Roddy Bottum era lì per lui.
Aveva
lasciato tutto per raggiungerlo.
Aveva
rinunciato a tutto per riabbracciarlo e rassicurarlo.
Anche
lui sacrificherebbe la sua vita per me,
considerò Mike con il cuore che gli sussultava impazzito nel
petto.
Roddy gli
lasciò un lieve bacio sulla fronte e si distese sul
divano, attirandolo a sé per non interrompere
l’abbraccio.
Faceva male
stare così vicino a lui, Mike soffriva ed era
terrorizzato, ma allo stesso tempo si rendeva conto che non voleva
rinunciare al
lusso di essere nuovamente umano.
I
don't know what
has happened yеt
A
surge of panicked
zeal
Worry
when it's not
effect
This
game is fine by
me
All
the words for
retribution
Only
add up to
revenge
Overpower
me
And devour me
Mike
deglutì e parlò, riuscendoci nonostante la gola
gli
bruciasse. «Non so cosa sia successo,
io…»
Roddy lo
teneva stretto, continuava ad accarezzargli i
capelli e a lasciargli di tanto in tanto piccoli baci sul viso.
«Non è successo
niente, va bene così.»
«Ero
nel panico, non sapevo come fermarmi…»
proseguì Mike in
tono lamentoso – un po’ si vergognava, ma non
poteva che essere onesto con
Roddy, glielo doveva e lo doveva anche a se stesso.
«Non
giustificarti. Non vuoi essere trattato diversamente
dal solito, lo hai detto tu. Il Mike che conosco non si giustifica mai.
E quando
vuole qualcosa, se lo prende senza chiedere.»
«Non
sono più sicuro di essere il Mike che conosci.»
Roddy
cercò il suo sguardo e lo lascio affogare nelle sue
profonde pozze blu, mentre con le dita tracciava piano il profilo del
suo
zigomo. Non disse niente, si limitò a scrutarlo e a
leggergli dentro come
probabilmente soltanto lui era sempre riuscito a fare.
A parte
Trevor, ma quello era un altro discorso. Lui e
Trevor erano cresciuti insieme, avevano imparato a conoscersi giorno
per giorno
e non si erano feriti a vicenda. C’erano semplicemente sempre
stati l’uno per
l’altro senza bisogno di pretendere qualcosa l’uno
dall’altro.
Ma Roddy
aveva sofferto a causa sua, tantissimo, eppure era
ancora lì pronto a soffrire ancora e a custodire il dolore
di entrambi come
fosse un bene prezioso.
Per lui
andava bene, e Mike sapeva che non erano soltanto
parole.
Con un
sospiro cercò di scrollarsi di dosso il dolore, ma
quello rimase lì e non accenno a diminuire.
«Perché
fa così male?» esalò, chiudendo per un
attimo gli
occhi.
Quando li
riaprì, quelli di Roddy erano ancora pronti ad accoglierlo,
un po’ più limpidi e sereni di prima.
«Cosa?»
«Essere
umano.»
Il
tastierista sorrise amaramente. «Me lo chiedo spesso,
Mike.»
«Non
hai mai trovato una risposta?»
L’altro
negò con un cenno del capo. «Mai. E credo che non
esista
una spiegazione.»
«Che
merda» commentò Mike, accostandosi nuovamente a
lui e
lasciando andare il capo contro la sua spalla.
«Lo
so. Ma insieme si soffre meglio» replicò Roddy, le
dita
ancora una volta intrecciate alle ciocche dei suoi capelli.
Mike non
rispose per alcuni istanti, non sapendo bene cosa
dire. Poi le parole sgorgarono da sole, senza che potesse controllarle:
«Sto da
schifo qui con te, cazzo se sto male».
Roddy si
irrigidì appena e le sue carezze si fermarono di
botto. «Mi dispiace…» disse soltanto.
«Ma
sto anche bene, è… strano. Non voglio
più smettere di
provare queste cose, qualsiasi cosa significhi.» Si spinse
più vicino a Roddy e
strofinò le labbra sul suo collo. «Non smettere di
toccarmi.»
«Sei
sicuro?»
«Sì.
Anche se è una sensazione del cazzo, tu non
smettere.»
Roddy
sospirò e ricominciò a prendersi cura di lui,
cercando
invano di lenire il male che continuava a sopraffare e divorare Mike.
Quanto
ti amo, Roddy Bottum…
Uno dei
pensieri più strani che avesse mai formulato, ma
ciò
che lo terrorizzava maggiormente era la consapevolezza che non si
trattasse
soltanto di un pensiero, ma di una cruda e spietata verità.
Show
me all the
deaths are the same
Show
me you'll
remember my name
Show
me all the
deaths are the same
You
will remember my
name
Mike si
scostò e si tirò indietro per cercare nuovamente
il
contatto visivo, il corpo che tremava appena per la miriade di
sensazioni che
lo stavano scuotendo.
Con la mano
sinistra risalì lungo il braccio di Roddy e
raggiunse il suo viso, fermandosi per godersi la sensazione dei propri
polpastrelli sulla guancia resa ruvida dalla barba.
Ebbe un
sussulto – l’ennesimo – e i suoi occhi
bruciarono
ancora, anche se stavolta le lacrime non li abbandonarono. Forse le
aveva
semplicemente finite tutte.
Si sporse
verso Roddy per baciarlo e il dolore si fece
ancora sentire, intervallato però da confortanti ondate di
calore. Ora che si
era calmato, le sensazioni non erano più confuse e
insopportabili come poco
prima.
Le stava
provando per la seconda volta in quella giornata e
andava già meglio, nonostante la gola gli si stringesse e il
peso sul petto non
si fosse ancora deciso a lasciarlo in pace.
È
questa la morte?, si domandò Mike con un sospiro
che si infranse sulle labbra di Roddy.
Voleva
saperlo, sapere se fosse possibile sentirsi così
tanto male e bene in contemporanea – a lui non era mai
successo, ma non era
sorpreso che stesse vivendo con Roddy quella prima esperienza.
Con lui era
sempre riuscito a provare emozioni inedite, era
sempre stato il tastierista a confonderlo e fargli perdere il controllo.
Gli aveva
mostrato cosa significasse amare, odiare, piangere,
soffrire, ridere – appartenere a qualcuno.
Mike si
fermò e si fece nuovamente indietro, portandosi le
dita alle labbra. Davvero baciare quell’uomo lo stava
distruggendo e riportando
in vita senza mezzi termini? Davvero le braccia di Roddy erano capaci
di
cullarlo e infliggergli dolore? Davvero sentiva l’impellente
necessità di
lasciar sgorgare parole aliene da quella gola che non smetteva di
serrarsi?
Si morse le
dita per non parlare, continuando a fissare
l’altro negli occhi.
«Mike.»
Roddy pronunciò il suo nome con estrema dolcezza.
«Ho
bisogno di…»
«Fai
quello che ti senti» lo rassicurò il tastierista,
afferrando gentilmente la sua mano sinistra per impedirgli di
torturarla come
stava impietosamente facendo.
Disperatamente,
Mike strinse i denti e strizzò gli occhi.
Poi le parole fluirono senza che potesse fermarle, così
tanto crude e reali,
come mai le aveva immaginate.
«Ho
un casino di problemi, un cazzo di caos in testa… a
volte ho avuto difficoltà a ricordarmi perfino il mio nome,
ci credi? Ero una
merda con le gambe, faticavo a riconoscermi e a camminare. Sono stati
mesi assurdi,
ma non voglio parlarne. Ho solo… ho solo dovuto finire in
quelle condizioni per
capire quanto cazzo tengo alla mia vita.»
«È
successo anche a me» replicò pacato Roddy.
«Non ho
passato ciò che hai passato tu, però sai che ho
vissuto tempi bui. La droga, la
disperazione…»
Come poteva
Roddy parlare con tanta semplicità di problemi
così
grandi e soffocanti? Mike lo ammirava, in un certo senso,
perché ora sentiva il
bisogno di dire tante cose ma ciò non significava che
facesse meno male.
«La
dipendenza» mormorò Mike. «La
solitudine.
L’autodistruzione.»
«Le
conosco» sussurrò Roddy a sua volta, stringendogli
forte
la mano per rassicurarlo.
«Ho
sempre bisogno di farmi male. Sempre. Anche adesso.»
«Siamo
tutti un po’ masochisti, Mike.» Il modo in cui
Roddy
pronunciava il suo nome gli faceva venire la pelle d’oca. Le
lettere prendevano
una forma sensuale ed eccitante nella sua bocca, scivolavano come
carezze sulla
sua lingua e affondavano nelle profondità dei timpani di
Mike fino a
raggiungere anfratti del corpo e dell’anima che non credeva
di possedere.
«Mi
fa stare da schifo la sola idea di dirti queste cose, di
dirti che ci tengo. Che in qualche modo ho bisogno di te, di farmi
distruggere
da te. Di sentirmi amato e di amarti.» Mike fece una pausa e
deglutì a fatica.
«Guarda a che cazzo di punto sono arrivato!»
esclamò con una risata amara. «Io
che ti guardo e ti dico cose sdolcinate, chi l’avrebbe mai
immaginato?»
«Sdolcinate?»
Roddy rise appena.
Mike
ricambiò piano e scrollò il capo. «Per
i miei standard,
sì.»
L’altro
si sporse per lasciargli un bacio sulla fronte e
sospirò contro la sua pelle. «Ci sono cose che
sono cambiate in tutti questi
anni. Siamo cambiati noi e la vita ci ha modificato. Però
c’è qualcosa che non
si è lasciato distruggere e che ha resistito.»
Mike
sentì il cuore battere più forte, una marea di
emozioni
che non riusciva a capire se lo facessero sentire bene o male
– si sarebbe mai
abituato a quella confusione mentale?
«Sono
i miei sentimenti per te. Tanto mi conosci e sai che
io a differenza tua sono sempre stato sdolcinato.» Roddy
cercò gli occhi di
Mike e gli carezzò una guancia. «Ogni volta che mi
scopavi io ti ho amato, ogni
volta che ti lasciavi abbracciare io ti ho amato, ogni volta che mi
ignoravi e
mi ferivi io ti ho amato. E questo non è mai cambiato. Ti
amo, Mike Patton,
perché non hai mai finto con me. Sei sempre stato sincero,
schietto, non hai
mai voluto compiacermi o prendermi in giro. Non mi hai mai promesso
qualcosa
che non potevi darmi. Non hai mai cercato di apparire diverso ai miei
occhi. Ti
sei semplicemente lasciato conoscere, pian piano, a modo tuo. E ogni
dettaglio
che mi hai permesso di scoprire è lì, me lo tengo
stretto e lo custodisco
perché non posso darlo per scontato.»
Mike
sentì ancora una volta le lacrime bagnargli le guance.
«Cazzo se sei sdolcinato» sibilò,
asciugandosi il volto con il dorso della mano
destra.
Roddy
continuò a tenere le dita intrecciate alle sue e gli
occhi immersi nei suoi. Gli rubò un bacio a fior di labbra e
mormorò: «Ti amo,
sono grato a questo fottuto mondo che tu ne faccia ancora
parte».
I
wish this pain
could last forever, forever
I
wish this kill
could make me suffer for good
Le parole di
Roddy facevano male da impazzire, ma forse per
la prima volta in vita sua Mike poteva sentirle incidersi con cruda
violenza
nella sua anima, nel cuore, nelle ossa, nelle viscere.
Se
l’uomo di fronte a lui aveva ancora il coraggio di
pronunciare una tale dichiarazione d’amore nei suoi confronti
dopo le ripetute
sofferenze che gli aveva causato, doveva essere tutto vero.
Mike riprese
a baciarlo con più trasporto, con ardore, con
disperazione e lo spinse a distendersi supino sul grande divano.
Le lacrime
grondavano dalle sua ciglia e facevano bruciare i
suoi occhi, ma non gli importava.
Voleva che
quel dolore durasse per sempre, non c’era
qualcosa che desiderasse di più.
Così
si spinse oltre, cominciò a spogliare Roddy e a esplorare
quel corpo che tante volte aveva usato e dato per scontato, trattandolo
ora
come il bene più prezioso.
Voleva
morire tra quelle braccia forti, perdersi in quel
petto caldo e villoso, assaporare il sudore e farsi soffocare
dall’odore di
sesso – l’aroma di tutto l’amore che
voleva dare e ricevere, senza esclusione
di colpi.
Non si
sarebbe più fermato, nascosto, trattenuto.
Voleva
morire stretto a Roddy fino a imparare nuovamente a
vivere.
Voleva
soffrire e annegare nel suo tastierista fino a
trovare il modo per non sentire più dolore.
Non era
più alla ricerca di regole, di giochi, di
opportunità di dominio.
Desiderava
soltanto sentire – emozioni, sensazioni,
brividi, dolci parole, gemiti strozzati, preghiere, dichiarazioni
d’amore.
Voleva
ingoiare tutto quanto e custodirlo dentro sé fino
alla fine dei suoi giorni, perché troppo a lungo se ne era
privato senza una
reale ragione.
As
the knife goes
in, cut across my skin
When
my death begins
I
wanna know that I
was dying for you
I
died for you
As
the knife goes
in, cut across my skin
When
my death begins
I
know that I am
dying for you
I
died for you
Se doveva
morire, non voleva più rischiare che accadesse in
solitudine.
Aveva temuto
di non farcela, aveva vissuto momenti davvero
bui, aveva realmente avuto una paura fottuta di non sopravvivere.
Adesso,
anche se ogni tocco di Roddy era come una coltellata
e ogni suo bacio una spina che lo pungolava sottopelle, non si sentiva
più
solo, spaventato, perso.
E quando i
suoi occhi tornarono a incatenarsi a quelli blu e
profondi di Roddy, non ebbe più paura di dirgli quello che
da sempre si era
tenuto per sé, si era vergognato di provare, si era
rifiutato di accettare.
Prima di
possederlo per la prima volta dopo tanto tempo, gli
prese il viso tra le mani e appoggiò la fronte alla sua.
«Dio, quanto cazzo ti
amo…» esalò.
La reazione
di Roddy fu devastante.
Mentre si
inarcava verso di lui per intensificare il
contatto tra i loro corpi, le sue iridi si fecero liquide e colme di
lacrime.
Pianse per
tutto il tempo – mentre si stringeva a Mike e lo
accoglieva nelle sue profondità, mentre i gemiti spezzavano
il silenzio, mentre
le spinte si facevano più insistenti e devastanti.
E Mike si
sentiva morire, stava davvero male ma non voleva
lasciarlo. Quel calore era fondamentale affinché
sopravvivesse, quel dolore gli
stava insegnando a essere umano forse per la prima vera volta, quelle
lacrime gli
comunicavano che anche lui poteva trasmettere qualcosa che non fosse
sofferenza
a chi lo circondava.
Roddy si
lasciò amare e lo amò con tutta
l’anima, tenendolo
stretto fino all’ultimo e ripetendo il suo nome in dolci
sussurri.
Mike sapeva
che insieme si stavano imbarcando in qualcosa di
complicato, difficile e perfino bizzarro, ma entrambi ne erano
coscienti ed
erano maturi abbastanza per sopportarlo.
Sapeva che
Roddy stava accettando di morire e rinascere con
lui – per lui – e che non si sarebbe mai tirato
indietro.
Sentiva
tutto quanto e non riusciva a far altro che
ubriacarsene.
Possedeva
l’uomo sotto di sé con il dolore nel cuore, lo
baciava con la sofferenza nell’anima, gemeva con
l’inadeguatezza a tagliare la
sua carne come il più affilato dei coltelli.
Ma allo
stesso tempo la vita gli scorreva nelle vene, la
gioia gli colava dagli occhi, l’amore trasudava dalla sua
pelle e si riversava
in Roddy.
Un fiotto
caldo, sporco, meraviglioso da cui il tastierista
si lasciò investire e soffocare.
Il suo
respiro era talmente irregolare da farlo quasi
spaventare, ma Mike semplicemente assecondò i movimenti del
proprio petto e si
diede tempo per riprendere fiato e ricominciare a vivere.
Proprio
lì, tra le braccia di Roddy, riuscì a rilassarsi
e
lentamente il dolore lo abbandonò.
Gli diede
tregua.
Lo
salutò con un’ultima tagliente carezza,
permettendogli
finalmente di chiudere gli occhi e assaporare una piccola goccia di
pace.
§
§ §
Scrivere
questa storia è stato doloroso.
Ho sentito
ogni singola emozione e sensazione descritta, ho
provato il disagio di Mike e mi ci sono immedesimata e immersa senza
remore.
Non ho tanto
da aggiungere, solo: vorrei essere il suo Roddy
per un istante, semplicemente per abbracciarlo e fargli capire quanto
lui sia
importante.
Avevo
semplicemente bisogno di scrivere ciò che avete letto
e sicuramente “Yen” degli Slipknot, con il suo
testo e le sue atmosfere
evocative, mi ha aiutato a buttare fuori tutto.
I
riferimenti che ho fatto riguardo ai loro trascorsi hanno
un senso nella story line che ho creato, ma possono anche essere
lasciati da parte
– appaiono in tante mie storie passate, ma potete anche
immaginarli senza
averle lette.
Grazie a chi ha letto, grazie
a chi dovesse commentare, ma
soprattutto grazie a Mike perché ha trovato la forza per
rinascere ♥
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