Questa
storia è un piccolo spin-off/fanfiction di
Tsuki
no Hikari di drisinil
che
si svolge dopo il capitolo 40.
Messa
a fuoco
“Tsukkiiii!”
“Non
se ne parla
nemmeno.”
“Dai,
non ti sto
chiedendo nulla di scabroso. Cioè, se volessi mandarmi una
tua foto
nudo non mi dispiacerebbe affatto, ma mi accontento anche di te
vestito. Con la mia divisa.”
“Sto
per
riattaccare” risponde Kei, sapendo perfettamente che non lo
farà.
“Magari
in una
posa provocante...” continua infatti Tetsurou.
“Come
se non
avessi già abbastanza foto del mio culo.”
“Posso
assicurarti
che mi piace molto anche la tua faccia.”
“Lo
spero bene...”
“Dai!
Non posso
mica lasciare la foto del tuo culo come sfondo del mio telefono per
sempre!”
Kei alza
gli occhi
al cielo: sa benissimo che Tetsurou sta solo facendo lo scemo
–
come suo solito, del resto – non ha affatto la foto del suo
culo
come sfondo del telefono (anche se non può garantire che non
la usi
come sfondo per la loro chat), bensì una foto che hanno
scattato
quando era ancora a Tokyo per i Nazionali insieme a Bokuto e Akaashi.
È una foto ridicola, Kei è imbronciato per via di
qualcosa che
Tetsurou gli sta dicendo all’orecchio, Bokuto che tiene il
telefono
è venuto così mosso che quasi non si riconosce e
l’unico che ha
la parvenza di una persona normale è – ovviamente
- Kenji. Però
Kei sa che Kuroo adora quella foto, perché sono loro al
naturale:
uno scatto imperfetto in cui ci sono le persone più
importanti della
sua vita.
“Non
è che io
passi il mio tempo con la tua maglietta indosso” ribatte Kei
seccato.
“Ah,
no?”
risponde mellifluo Tetsurou.
Kei
riesce a vedere
quel ghigno da gattaccio malefico anche se sono solo al telefono e
non in videochiamata. Quelle sono per la sera, dopo cena, quando
devono finire di studiare.
E
menomale,
altrimenti il suo ragazzo avrebbe visto subito che sta palesemente
mentendo. Sotto la felpa pesante nera che tiene in casa,
c’è la
maglia rossa del (oramai ex) capitano del Nekoma.
“No,
Kuroo-san, ho
anche altri vestiti.”
“Strano,
visto che
il mio armadio è sempre più vuoto ogni volta che
ci vediamo.”
“Crepa!”
“Duecentotrentasette.”
E Kei
ride. Piano,
sommessamente, ma Tetsurou riesce chiaramente a sentirla la risata
dell’altro attraverso quell’oggetto di plastica e
vetro che gli
permette di sentirsi più vicini nonostante i quattrocento
chilometri
che li separano. È un rumore quasi impercettibile, far
ridere Kei
non è facile, eppure a lui riesce. Sta imparando i suoni
della voce
di Kei, dal tono della risata sarcastica a quella genuinamente
divertita, dal gemito di dolore a quello di piacere. Potrebbe
scrivere un libro ma la realtà è che nemmeno i
superbi haiku tanto
decantanti da Kei riuscirebbero a racchiudere la bellezza della sua
voce. Tetsurou potrebbe stare al telefono per ore solo per ascoltarlo
mentre respira.
“Devo
andare, è
pronta le cena” dice Kei con quel tono che oscilla tra il
dispiaciuto, l’infastidito (dal dover mettere giù
o Tetsurou è
ancora da capire) e l’accondiscendente.
“Mangia,
mi
raccomando. Non hai ancora ripreso i chili che avevi perso mesi
fa”
gli dice Kuroo con dolcezza, sapendo che l’altro
alzerà gli occhi
al cielo infastidito, ma che non ignorerà le sue parole.
“A
dopo.”
“A
dopo...”
Kei
chiude la
chiamata e lancia il telefono sul letto, nascondendosi il viso tra le
mani.
Stupido
gattaccio.
Si
abbassa la zip
della felpa e osserva il numero uno di colore bianco spiccare sul
rosso del tessuto e non può impedire alla sua mente di
immaginare e
desiderare che Tetsurou fosse lì per togliergli quella
stupida
maglia da pallavolo.
Sbuffa e
arriva
all’unica possibile soluzione che il suo cervello deve
essersi
irrimediabilmente rotto se decide di togliersi la felpa e afferrare
il telefono con un’idea chiara in mente.
Si ferma
qualche
secondo a osservare l’immagine che ha sullo sfondo. A
differenza di
Tetsurou, lui non ha nulla di particolarmente strano, solo due figure
senza volto che indossano le magliette dei Frogs. L’hanno
scattata
a San Valentino, quando Tetsurou è venuto a riscattare il
regalo di
compleanno che gli hanno fatto Bokuto e Akaashi. In realtà
sui
telefoni di entrambi ce ne sono molte di più –
anche alcune più
disgustosamente romantiche che Tetsurou ha insistito per fare e che
Kei custodisce molto gelosamente in una cartella protetta da
password, anche se non lo ammetterà mai – ma
ovviamente alla fine
ha scelto quella più anonima. Non gli erano mai interessati
i Frogs,
ma oramai sono diventati una cosa loro. L’altro gli ha
perfino
regalato la cover per il telefono per il suddetto giorno di San
Valentino. Kei ovviamente l’ha insultato, ma non ha esitato
un
secondo a togliere quella bianca che stava usando perché ‘tanto
oramai è diventata gialla’ (non
era vero) e
mettere quella nuova. E quando
Tetsurou
gli ha rivolto quel
suo solito ghigno impertinente, Kei avrebbe voluto tirargli uno
schiaffo, invece si è nascosto dietro una colonna e ha
posato per
una frazione di secondo le labbra su quelle del moro, lasciandolo
interdetto. Così impara.
Ci
è voluto tutto il tempo della partita perché le
sue guance
tornassero di un colore normale.
Stupido
gattaccio.
Ed
è evidente che per quanto ci provi – oramai sono
mesi, ma è
evidente che si è già arreso – non
riesce a dire di no a
Tetsurou. Non
è più – e
forse non lo è mai stato – geneticamente
programmato per farlo.
Così
si toglie la felpa, sblocca il telefono e apre la fotocamera.
Kei
odia farsi foto, viene sempre da schifo anche se non
gli sembra
di fare veramente così
schifo quando si guarda allo specchio. Fa alcuni tentativi rimanendo
seduto sul letto in modo assolutamente anonimo ma, per quanto una o
due vengano quasi decenti, vuole anche ripagare Kuroo della sua
insistenza.
Fa
un respiro profondo, abbassa le cuffie che sta ancora indossando e si
sdraia. Prova a scattare, ma non è soddisfatto, il numero
uno non si
vede, quindi alza il braccio destro e porta la mano vicino alla
testa, in una posizione che sembra quasi dire ‘sono
qui,
vieni a prendermi’. E scatta.
Osserva
il risultato finale: il volto è sfocato, si vede il riflesso
del
telefono nelle lenti, ma la maglia
del Nekoma
si vede bene e il
suo sguardo è fisso nell’obiettivo.
Non
rimane a pensarci troppo, apre la chat con Tetsurou e gliela manda,
troppo imbarazzato al pensiero.
Per
quanto l’altro si trovi a suo agio davanti a una fotocamera e
Kei l’abbia più volte fotografato
(è bello da mozzare il fiato, pornografico
gli ha detto poco prima della Battaglia della Discarica) a
lui non piace essere
inquadrato.
Non si è mai
scattato foto, ha sempre lasciato che fosse l’altro a
rubargli
qualche istantanea.
Non
sta neanche a chiedersi come abbia fatto a convincerlo, oramai ha
imparato che il suo cervello perde tutte le connessioni neurali
quando c’è di mezzo lo stupido gattaccio.
Indossa
di nuovo la felpa allacciando bene la zip fin sotto al mento e scende
per cena, anche se non è ancora pronto, può
sempre dare una mano i
qualche modo.
Strategicamente
lascia il telefono sul letto, si sentiranno più tardi, come
di
consueto.
Kei
non lo sa, ma mentre sta versando
la zuppa di miso nelle scodelle, di sopra la sua stanza si
riempirà
di trilli e notifiche piene di cuori (o culi rovesciati) e un
messaggio vocale di Tetsurou che vaneggia promettendogli che la
prossima volta che si vedranno lo
inchioderà al materasso.
Nel
frattempo, quella sera stessa, gli farà qualche spoiler
durante la
loro videochiamata e a Kei non dispiacerà
poi così tanto fargli vedere che, è vero, sta
indossando la sua
maglia con
il numero uno.
Stupido
gattaccio.
Note
dell’autrice:
Tutto
è nato perché stavo pensando a che easy-cosplay
portare a Novegro:
se un anonimo soldato del Corpo di Ricerca o Tsukki. Drisinil
mi ha suggerito Kei con un paio di jeans e la maglia di Kuroo. Ho fatto
qualche foto e quando è uscita questa, lo spin-off
è stato
inevitabile.
Se
non avete ancora letto Tsuki
no Hikari correte
a
leggerla, perché è un viaggio meraviglioso
assolutamente da fare <3
|