tesoro
Tesoro
I.
Merda, merda,
merda, merda. Perché io?!
Solo quando la radio
gli risponde Crowley capisce con un brivido di apprensione di essersi
sfogato ad alta voce e non nel silenzio dei suoi pensieri.
«Te
lo sei meritato, Crowley. Quello che hai fatto con la M25 è stato un
diabolico colpo di genio, tesoro.»
Dietro
le lenti scure gli occhi sono chiusi. Crowley vorrebbe anche tapparsi
le orecchie, ma ha le mani occupate con il volante: lo stringe con
forza fino a farsi sbiancare le nocche – fino a confondere la
rabbia che sente montare dentro con il dolore momentaneo che avverte
alle dita. Il senso di soffocamento che per un attimo gli serra la
gola, però, quello no, non riesce a dissimularlo: e allora
deglutisce a vuoto, assaggia avido l'umidità della propria bocca,
del tutto dimentico di non averne bisogno, di essere un demone e non
un umano – non gli importa.
Vorrebbe
che non gli importasse nemmeno di quello,
ma ogni volta desidera invano qualcosa che non può avere.
Non
c'è affetto nella voce di Satana quando lo chiama tesoro.
Non
c'è mai.
Non
c'è mai stato.
Non
ha neanche idea se ci sia almeno reale stima nei suoi confronti: ha
la mente troppo annebbiata dalla recente novità perché possa
davvero mettersi nei panni del suo capo e stabilire con lucidità se
consegnare l'Anticristo nelle mani di una famiglia umana debba essere
considerato il più grande onore riconosciuto a un demone o una
punizione distorta. Due sono le uniche cose che Crowley sa con
certezza: che non vuole essere lui il portatore dell'Apocalisse sulla
Terra e che quella manipolazione lo devasta più di quanto sia disposto ad
ammettere.
Anche
Satana lo sa – l'ha sempre saputo: tende l'arco e colpisce
là dove fa più male, là dove è sicuro di trovare carne viva
esposta da pungolare, infilzare – saziare.
Crowley
non ha mai nascosto la fame, prima.
Fame
di contatto, di compagnia, di appartenenza.
Fame
di famiglia, di fratellanza, di intimità.
Fame
di sentimenti, di amicizia, di squadra.
Sempre
così affamato.
Lì,
con la voce di Freddie che scivola nel timbro di miele di Lucifero,
Crowley si maledice per essere stato così trasparente in passato,
per aver dato potere a chi non lo ha mai meritato, quando tenerezza,
riconoscimento e amore erano le uniche cose che avesse mai chiesto.
È
colpa sua se invece di gioire prova vergogna nel sentirsi chiamare
tesoro.
È
colpa sua se il peso della menzogna gli scava un vuoto nel petto, nel
punto esatto in cui gli esseri umani sembrano trattenere le emozioni.
È
colpa sua se dopo seimila anni avverte ancora la mancanza, la
solitudine, l'abbandono.
Ma
ormai è troppo tardi per cambiare le cose, per fermare il tempo e
riscriverlo da capo, come vorrebbe. Satana prende il controllo della
sua mente, gli mostra sogni di distruzione e di vittoria, e tutto ciò
che gli rimane a riverberargli dentro non sono altro che l'eco di una
parola tradita e lo stiletto avvelenato del rimorso.
II.
Crowley
non lo vede, gli dà le spalle mentre sistema i vinili, ma è da
quando ha sentito il crepitio di carta regalo stropicciata nel
retrobottega che non può fare a meno di ridacchiare sornione tra sé,
attendendo solo il momento di avvertire il passo eccitato di
Aziraphale avvicinarglisi con la prima edizione di Modern
Cookery for Private Families
in
mano; quando aspettativa e realtà si sovrappongono, dunque, non ne è
affatto sorpreso, in linea generale.
A
stupirlo, tuttavia, è la brusca consapevolezza di non aver previsto
tutto quanto.
«Che
regalo magnifico, tesoro! Grazie!»
Il
demone si volta così in fretta da farsi male al collo. Non gli
importa. «Che hai detto?»
«Grazie.»
«Prima.»
«...
Che è un regalo magnifico...»
«No,
dopo. In mezzo.»
«Oh
Cielo, ti senti bene?»
«Questo
non l'hai proprio detto.»
«Crowley–»
«Come
mi hai chiamato?»
Aziraphale
sbatte le palpebre in confusione, poi si sistema gli occhiali sul
naso, evitando accuratamente di incrociare le iridi serpentine del
demone. È con voce leggera, calda, tenera che, nonostante
l'imbarazzo, ripete: «Tesoro.»
Tesoro.
Non caro. Crowley si sente preso alla sprovvista: la memoria
non lo assiste nel ricordare altri nomignoli affettuosi uscire dalla
bocca dell'angelo che non fossero caro.
Non
l'ha mai chiamato così, ed è diverso da tutte le volte in cui altri
si sono rivolti a lui allo stesso modo. Così diverso da non
sembrare nemmeno la stessa parola. È nuova – è tutto
nuovo, ancora, e Crowley deve
appoggiarsi alla sedia per sostenersi, per assicurarsi che sia reale,
perché la sua mente non è d'accordo.
Aziraphale
allora sorride, ripone il libro e lo avvolge in un abbraccio – è
gentile, è attento, è lì per lui, anche se non può capire
completamente. Crowley potrebbe allontanarlo, se volesse: sa,
semplicemente sa che se gli chiedesse spazio gli verrebbe
concesso senza obiezioni. E Crowley è tentato – per un attimo,
improvvisamente, quando sente il corpo di Aziraphale scaldare il suo,
tutto quello è troppo: il nome, l'amore, il gesto. Nelle mani
dell'angelo aperte sulla sua schiena realizza ciò che ha sempre
saputo: non ha mai avuto niente di simile nella vita. È tutto nuovo,
è tutto sconosciuto – ed è tutto troppo facile.
È
facile lasciarsi sfiorare
da Aziraphale.
È
facile sentirsi
chiamare tesoro senza falsità, senza bugie, senza gerarchia.
È
facile essere vulnerabile,
mostrarsi vulnerabile, di fronte a un sorriso che non giudica,
che chiede solo di essere d'aiuto.
Ed
è facile anche avere paura, cercare di fuggire, riportare tutto a
come era prima – come se fosse possibile tornare indietro e
ignorare l'ovvio, che l'angelo è il suo centro, il suo mondo, la sua
àncora.
Ma
Aziraphale lo è. È tutto questo e anche di più mentre
riscrive il significato delle parole e gliele ripete all'orecchio
solo per lui, tutte per lui – mentre Crowley le raccoglie
una ad una, e sente le ferite rimarginarsi e le lacrime mescolarsi al
riso e le braccia stringere l'angelo di rimando.
E
all'improvviso, lì, in quell'abbraccio, è facile anche restare.
Angolino
di Menade Danzante.
Salve!
Eccomi
arrivata con la seconda tappa (per me Angst
with Happy Ending)
della ToBeWritingChallenge2023
indetta da BellaLuna
sul forum Ferisce la
penna. All'ultimo momento, ovviamente, ma l'importante è
esserci, no?!
Ci
tengo a precisare solo una cosa prima di lasciarvi: la linea di
dialogo di Satana è riadattata da me, perché in italiano la
traduzione ha perso quel “darling” che invece mi ha colpita tanto
sin dalla prima visione per tutto il discorso di manipolazione
emotiva che ho cercato di sviscerare in questo contesto. Questa
storia infatti è stata concepita nel 2019, nonostante abbia visto la
luce soltanto adesso. Meglio tardi che mai, parte 2.
Vi
ringrazio di cuore per essere arrivat* fin qui!
Un
abbraccio,
Menade
Danzante
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