Un amore in gioco

di Chiara PuroLuce
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Casa! Finalmente era a casa. Le era mancata. Tutto le era mancato del Giappone, la sua patria.
Doveva esserne felice, giusto? Giusto. E invece no, non lo era proprio per niente, ma era stato necessario, osava dire… vitale.
Il cuore pesante come un macigno. La mente presa da mille e più pensieri che voleva solo lasciare dove avevano avuto origine, in Spagna. A Barcellona.
Patty stava soffrendo, ma doveva farsi forza. Per quella creatura che portava in grembo da quasi due mesi e che avrebbe sì riempito un vuoto, ma avrebbe portato anche tanto amore e tanta gioia nella sua vita.
Il piano, ora, era questo. Passare qualche giorno a casa dei suoi e poi cercarsi un piccolo appartamento a Tokyo dove potersi leccare le ferite e riprendere in mano la sua vita.

«Dove la porto signora?»

Eh? Ah, giusto, il tassista.

«A Nankatzu, grazie. Quando saremo lì le dirò l’indirizzo esatto.»

«Conosco benissimo quella cittadina, sa? Ci vive mio nipote con la sua famiglia, si sono trasferiti quasi sei anni fa e se ne sono innamorati. Ogni tanto passo a trovarli» le raccontò. «Sta tornando dalle ferie? Scusi se sono indiscreto, ma ho visto le sue numerose valige.»

Una vacanza? Era quella l’impressione che dava?

«Oh, sì, una specie. Ma ora sono tornata in patria.»

«Ah, prima o poi si ritorna sempre. È il cuore che ci guida. Si possono fare tanti viaggi, ma nessun posto sarà mai come la propria terra d’origine. Oh, mi scusi, lei sarà stanca per il volo e io parlo. Si riposi pure, signora, e se si dovesse addormentare la sveglio io.»

«Non mi disturba affatto, anzi, trovo fantastico non dovere più fare fatica per comunicare con qualcuno. Ma seguirò il suo consiglio, se non altro perché sono veramente a pezzi. A più tardi allora.»

E poi, dopo qualche sbadiglio, chiuse gli occhi e si addormentò di colpo.
 
 
 



 
«Mamma! Mamma esci subito» gridò suo fratello dopo averle aperto la porta di casa.

«Ma insomma, che c’è Nobuo caro. Ti sembra il caso di urlare cos… Patty! Oh, figlia mia che sorpresa!» Urlò a sua volta la madre prima di lanciarsi ad abbracciarla stretta.

Patty avrebbe tanto voluto partecipare alla loro felicità, ma non ce la fece. Un nodo in gola la bloccò e lì, nel giardino di casa dei suoi, circondata dalle valige, la voce le venne meno.

«Cara, oh, ma tu non stai bene. Sei pallida e stai anche tremando e… e sei sola» le disse scostandosi un poco e guardandosi in giro alla ricerca di qualcuno, inutilmente. «Dov’è tuo marito?»

«Lui… lui… Holly è… oh, mamma!» Singhiozzò. «Posso restare per un po’?»




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