Buonasera
a tutti, spero abbiate passato tutti una serena Pasqua!
Io
ho approfittato di uno dei miei pochi giorni liberi per andare avanti
con questa fanfiction (in realtà il capitolo è
ancora leggermente in fase di revisione poichè quando ero
ormai verso la fine del lavoro, non so contro quale tasto ho preso
contro e ho cancellato tutto il lavoro fatto oggi pomeriggio T_T).
AVVERTENZA
prima di lasciarvi alla lettura: come ricorderete vi avevo avvertito
che il rating della storia è arancione a causa di scene
forti legate al sogno di Haruka. Quelle scene sono all'interno di
questo capitolo. Non sono violentissime, però non sono nemmeno
blando.
Augurandovi
buona Pasquetta, ringrazio le persone che stanno leggendo questa storia
e chi l'ha inserita tra le seguite.
4.
Haruka
stava fissando distrattamente un biglietto per assistere alle corse
di macchine dei giovani esordienti; l'ultimo che aveva a disposizione
da regalare ad amici o parenti. Gliene erano stati dati cinque: tre
li aveva dati alla sua famiglia; uno aveva deciso di darlo a Kameda
che per quanto l'avesse conosciuto da poco si era subito trovata bene
in sua compagnia, mentre per l'ultimo doveva ancora scegliere il suo
futuro proprietario. "O proprietaria?" si
domandò
pensierosa. Aveva infatti già in mente a chi dare il
biglietto, solo
che era titubante nell'agire. "Ma d'altronde non ho altre
amicizie strette... A dire il vero, nemmeno Kameda e Michiru sono
miei amici stretti. Però sono gli unici che conosco un po'
meglio
degli altri." si trovò a concludere, insoddisfatta
dei
propri rapporti sociali. Dialogava con tutti e riusciva ad aver buoni
rapporti con chiunque, ma era molto diffidente. Non era sempre stata
così. Da bambina socializzava in fretta, aveva tante amiche
e amici;
poi crescendo si era incupita, divenne incostante nel curare le sue
amicizie precedenti e non legò con nessun altro. Arrivata in
Giappone con suo padre e, incantata dalla terra d'origine, ottenuta
la concessione di stare sola, rimase davvero sola. Non aveva
calcolato che le scuole private fossero famose per avere un certo
rigore etico e morale che non includeva lei, ma anzi era apertamente
ostile a persone come lei. In Giappone poi era anche peggio che in
America. Non poteva negare che se ne era in parte infischiata di
quello che diceva o pensava la gente lì dentro, come non
negava il
fatto di aver comunque flirtato con alcune compagne di classe o di
scuola. Ma, escluso qualche bacetto innocente dato di nascosto ad un
paio di loro, in quasi un anno di permanenza nella terra del Sol
Levante, aveva stretto vera amicizia solo con Kameda. Le sembrava che
alle ragazze non interessasse davvero di lei, ma più delle
sue
possibilità economiche che sbandierava ogni volta che tirava
fuori
dal parcheggio la sua Porsche. Un regalo da parte del padre prima di
lasciarla da sola in Giappone. Un modo per ricordarle quanto le
voleva bene e un modo per farle mantenere un buon ricordo di se'
intanto che non si sarebbero visti. Avendo Haruka quindici anni
sarebbe stato illegale che guidasse la macchina, ma alla polizia
bastava dire che era un pilota della categoria Formula per far
chiudere un occhio e con I più intransigenti bastava fare il
nome di
papà Tenoh, precisare chi era per proseguire il suo percorso
ed
eventualmente dire: -Chiami pure, si renderà conto
di chi è mio
padre in America- per far perdere loro la voglia di multarla. Molte
compagne
della sua scuola sapevano che veniva da una famiglia che stava molto
bene economicamente e, alla faccia della loro giovane età,
ammiccavano con lei. Le sarebbe piaciuto essere popolare con le
ragazze, ma le dava fastidio il pensiero che potessero in
realtà
essere i suoi soldi ad avere successo tra le ragazze. Senza contare
che I soldi non erano nemmeno davvero suoi. C'erano dietro I suoi che
la finanziavano in tutto, ma prima di andare via suo padre era stato
chiaro: -Alla prima cazzata che fai ti ritiro moto, macchina e
ritorni qui con noi-. Come se fosse stato nel suo stile mettersi nei
guai. “Ma forse non ha così torto mio
papà” pensò lei
guardando poi biglietti che aveva in mano. Non poteva dare il
biglietto a Michiru. Vedere quella ragazza sarebbe stata questione di
vita o di morte. Forse non la sua, ma di tre persone sicuramente. Per
giunta le tre persone con il cuore più puro! Una follia.
Se
genitori delle due ragazze con cui c'era stata una simpatia iniziale
non le avessero allontanate da lei- una la trasferirono in un altro
istituto, mentre I genitori dell'altra la minacciarono di non
avvicinarsi più a loro figlia se non avesse voluto che si
muovessero
per farla espellere dalla scuola- avrebbe già risolto il suo
problema. Purtroppo però le cose, tanto erano nate
velocemente tanto
si erano anche concluse brevemente.
Dopo
circa dieci minuti passati appoggiata al tavolo della cucina con il
biglietto a picchiettare il mento o le mani, si decise che avrebbe
conservato il biglietto nel cassetto della camera. Immaginando come
sarebbe stato bello se da un invito alle corse fosse nata una
simpatia reciproca fra lei e Michiru... Ovviamente se Michiru fosse
stata una ragazza normale. Distrattamente infilò il
biglietto delle
corse nella tasca della giacca prima di appenderla nell'armadio. Poi
si preparò la biancheria pulita e si diresse in bagno per
fare una
doccia calda. Era di nuovo sera. Presto avrebbe rivisto quella
ragazza che le ricordava Michiru, ma al tempo stesso faticava a
sovrapporla alla esile figura della pittrice e violinista. Nel giro
di poche ore la morte e la distruzione avrebbero preso possesso della
sua mente senza che le capisse come potesse una ragazza normale
intrufolarsi nei suoi sogni per chiederla di seguirla nella sua lotta
ad astruse teorie complottiste.
Il
display della sveglia sul comodino segnava con le sue lucine verdi le
ore 03.07 e accanto, nel letto, Haruka era girata di lato dandole la
schiena. Era apparentemente il ritratto della tranquillità:
una mano
sotto il cuscino, le gambe piegate verso il petto e capelli
leggermente spettinati. Totalmente distaccata dalla realtà,
persa in
una dimensione parallela, dove la fantasia da' pieno sfogo a se'
stessa.
Lei
è lì che parla con una vecchia amica
dell'America, le dice che si
trova bene, le manca un po' l'America, gli amici e la famiglia, ma
aveva quasi quindici anni quando decise di restare in Giappone e
aveva bisogno di mettersi alla prova cercando di cavarsela da sola.
La sua amica ride con quella risata cristallina che le era mancata
tanto. Le era mancata la sua voce. Le era mancata la simpatia che
sapeva lasciar spazio alla serietà nei momenti in cui era
richiesta.
Le era mancato il suo sguardo perspicace. Le era mancata la sua
amica. Forse le era soltanto mancata lei. Strano, non si era mai
accorta di provare qualcosa per lei intanto che era rimasta in
America. A dire il vero non si era nemmeno mai accorta che avesse
capelli di quell'insolito colore verde acqua. Le chiede da quando si
è tinta capelli e lei le risponde con un altra domanda:
«Ti
piacciono così?» e li raccoglie all'indietro in
una sorta di coda.
Haruka la guarda sbalordita, per quanto fossero in confidenza, da
quando
la sua amica aveva iniziato a civettare con lei e per giunta con tanta
disinvoltura? Bella, è bella. Ha il colore del mare in
quegli occhi
magnetici da cui non riesce a staccare il suo sguardo. Com'è
diventata bella in quei mesi in cui sono state lontane! L'impulso di
posare una mano sul suo collo scoperto è
irrefrenabile. «Ti... da
fastidio?» chiede Haruka titubante. Non
è da lei esitare nel corteggiare una ragazza, ma quella che
ha di fronte non è una
ragazza qualsiasi. E' una ragazza che conosce da quando era bambina;
è una ragazza che sapeva tutto di lei prima che iniziasse a
fare
quegli incubi e si chiudesse in se' stessa diventando sempre
più
schiva con tutti; è una ragazza di cui non vuole perdere
l'amicizia;
è una ragazza di una bellezza fuori dal comune. Sarebbe
bello
scoprire che dietro a quel profondo sentimento reciproco, da
sempre non si è
nascosto altro che un dolce sentimento più che fraterno.
Forse era reso ancora più bello all'idea che con lei avrebbe
potuto riprendersi dal recente smacco che aveva preso da una ragazza
che le svegliava i sensi
solo a guardarla. Per un attimo Haruka si distrae cercando di
ricordare quando è stato e con chi, ma non le viene in mente
nient'altro che la pioggia. Guarda poi la sua amica per avere una
risposta alla sua domanda e lei le risponde: «Non qui. Almeno nei
sogni possiamo concederci di fare qualsiasi cosa.» L'enigmatica
frase passa quasi inosservata ad Haruka, inebriata dal profumo del
mare che una leggera brezza porta con se'. Entrambe socchiudono gli
occhi e avvicinano i volti. Si accorge che quella che
è
intenzionata a fare è dare il suo primo vero bacio a quella
ragazza.
Fino a prima aveva solo dato dei baci stampo alle altre ragazze e non
perchè non volesse provare qualcosa di nuovo, ma
semplicemente
perchè appena le baciava per volere loro o dei loro genitori
si
allontanavano dicendo che era sbagliato. Il cuore le batte forte
mentre realizza che quella volta no, non si sarebbe limitata a
toccare le sue labbra con le proprie, ma si sarebbe presa un contatto
più intimo con quella ragazza che non ha nulla in comune con
l'amica
che ricordava. All'improvviso la brezza diventa una forte raffica di
vento che si sposta verso il mare, facendo ritirare talmente tanto le
acque da scomparire dalla loro vista. Haruka si gira notando solo in
quel momento che il bar dove si trovano è su un promontorio
che dà
sul mare. E' un attimo: il tempo di quella veloce constatazione, poi
si gira dalla parte della sua amica e alle sue spalle vede il cielo
che si è tinto di rosso. E' scoppiato un incendio vicino a
loro. Si
alza di fretta dalla sedia e dice alla sua amica che devono
allontanarsi, ma lei si dispiace e scappa dirigendosi verso il fuoco.
Haruka urla il suo nome, ma è troppo tardi, lei è
già sparita
dalla sua vista. Haruka corre perciò, contando sulla propria
velocità, nella speranza di recuperarla e portarla via da
quella che
senz'altro non è una via di fuga. Man mano che si allontana
dal bar,
lo scenario che si svela ai suoi occhi è apocalittico. Un
castello
in rovina e in preda a un grande incendio sputa fuori gente avvolta
nel fuoco che urla e che si getta a terra sperando di spegnere le
fiamme; altri si prendono la testa fra le mani ustionate; donne,
uomini e bambini sono morti o stanno morendo di una morte terribile e
lei non può fare niente per
salvarli. Come se ciò
non bastasse arrivano due grandi trombe
d'aria: una dalla terra e una dal mare. La prima alimenta le fiamme
che divorano più facilmente tutto ciò che trovano
attorno. La
seconda sta andando verso la terraferma. Haruka capisce che per lei
non c'è più via di scampo. Ovunque lei vada
verrà risucchiata dai
due tornadi. Fa il conto alla rovescia con la morte che la sta
aspettando, quando i due violenti turbini d'aria si scontrano, facendo
volare via persone, alberi, tetti, case, automobili, ma
senza mai sfiorare lei che resta sbigottita. Pezzi di muri di
castello
cadono addosso alla gente, mutilando corpi ancora vivi e sofferenti, o
schiacciando i resti carbonizzati di povere persone travolte.
Haruka
spaventata dallo scenario che le si prospetta, sente solo il freddo e
le grida dell'orrore dei testimoni di quello che è
l'Inferno. Le due
trombe d'aria unitesi in un unico furioso tornado si spostano ancora
verso il mare portando con se' tutto ciò che trovano fino
alla
spiaggia ora deserta, perchè non più lambita dal
mare che
ritirandosi ha lasciato solo la sabbia del suo fondale. Haruka decide
perciò di scappare nell'entroterra. Accanto a se', la gente
è
morta o sta morendo, o barcolla in cerca dei propri cari, o di
soccorsi. Un uomo sanguinante che con le mani cerca di tenere ferma
la mandibola fratturata le passa accanto, senza più vita
negli
occhi. Lei corre, corre più veloce che può,
allontanandosi da quel
che resta di quel castello maledetto. Si ferma soltanto quando dopo
aver imboccanto una strada in salita verso la montagna, viene
bloccata dal rumore spaventoso che proviene dal mare. Si volta da
quella parte e un'onda anomala sta prendendo forma. Più si
avvicina
alla terra e più la sua altezza si fa spaventosa. Una
ragazza un po'
più grande di lei con i capelli legati in uno chignon la
urta ed
entrambe cadono. Lei la guarda e dagli occhi color ametista che si
spalancano di stupore sembra che l'altra ragazza la riconosca. Apre la
bocca, sta per dire qualcosa, ma poi si limita a dire «Per
di qua»
e riprende a correre verso la montagna. Lei la
guarda, ma non si muove. Non avrebbe mai potuto pensare che un'onda
potesse raggiungere tali dimensioni. Per quanto avrebbe potuto
correre non sarebbe mai giunta in cima alla montagna e lo tsunami
l'avrebbe sicuramente travolta. Si gira di nuovo verso il castello in
rovina dove un gigantesco mostro grigio sta sbucando prendendo forma.
Il cielo si è tinto di viola, una risata sardonica echeggia
nell'aria mentre appaiono quelli che sembrano essere un enorme
sorriso e due occhi luccicanti. Haruka ora vede che il mostro
è
composto dai cadaveri degli abitanti del castello, si eleva verso il
cielo emettendo inquietanti suoni che sembrano voler replicare la
risata appena udita. Dal suo corpo spuntano decine di teste che
vagamente ricordano quelle di una diabolica manticora*... dagli occhi
vuoti e luccicanti. Una alla volta si chinano afferrando corpi morti
o catturando le poche persone vive per mangiarle sbranandole poco per
volta. Lo tsunami arriva e lo inghiotte completamente.
L'elettricità
si scatena sott'acqua presumibilmente fulminando i pochi superstiti.
Quanto
preannunciato dai suoi sogni è divenuto realtà.
L'onda, ancora di
una notevole portata, si sta ora abbattendo sulla foresta che la
separa dal castello, portando con se' uno spaventoso maremoto che
più
si avvicina a lei più si fa potente. Haruka si arrende al
suo
destino quando ormai pochi metri la separano dall'onda.
Ecco
però che una ragazza, dal viso angelico si frappone fra lei
e il
mare.
Il sogno proseguì
finchè Haruka si
svegliò all'improvviso. La pressione del sangue bassissima,
il cuore
che palpitava ancora nel petto e un freddo inquietante erano gli
strascichi di quell'incubo.
Non
molto distante da Haruka, le lancette dell'orologio analogico
segnavano le 03.06.
Michiru
poco distante da un bar sta guardando Haruka in compagnia di una
ragazza che sembra avere molto in confidenza. Si domanda chi possa
essere. Un'amica,
una conquista che riporterà a
casa sua a bordo della propria Porsche, o solo una spasimante con cui
ad Haruka piace flirtare e basta?
Mentre
osserva la scena Michiru prova una strana sensazione di fastidio. Non
le piace il modo disinvolto in cui le due interagiscono, non le
piace come Haruka sorride confidenziale con quella ragazza con cui
è
totalmente rilassata e a suo agio. Il suo compito è preciso,
deve
solo aspettare il momento propizio in cui il vento
richiamerà le
onde sulla Terra per portare il suo messaggio ad Haruka. Lo aveva
sempre fatto anche se gli incipit dei sogni di Haruka erano
continuamente diversi. A volte davvero surreali già di loro,
a volte
un po' più razionali.
Fino
a quel momento, pur non conoscendone l'identità, era stato
vagamente
simpatico sbirciare nei sogni di Sailor Uranus. Se non fossero finiti
tutti nello stesso modo avrebbe anche osato dire che sarebbe stato
divertente vedere come sarebbero proseguite certe bizzarre situazioni
che Sailor Uranus si trovava a sognare. Come quella in cui si trovava
in compagnia della sua cantante preferita che le spiegava il segreto
del suo successo e la bionda si sentiva privilegiata ad essere una sua
grande amica a cui la cantante faceva confidenze inedite.
Michiru ridacchia fra se' e
se', ma il buon umore le passa subito appena le risate di quelle due
ragazze arrivano alle sue orecchie. Quel sentimento di forte fastidio
si ripresenta al suo cuore. E' un sentimento mai provato prima e di
cui non ne capisce il motivo. Per quanto siano in confidenza sembra
esserci soltanto un rapporto di amicizia fra loro. E poi chi
è lei
per rivendicare qualcosa su Haruka? -Tenoh-san che mi
combini?
Anche nei sogni adesso mi crei confusione?- pensa
Michiru mentre
combatte con i suoi istinti. Deve aspettare che gli eventi si svolgano
“naturalmente” nel sogno di Haruka. Eppure
aspettare di compiere
il suo ruolo era molto più semplice quando non conosceva
l'identità
di Sailor Uranus. Era una figura di cui conosceva solo la divisa, il
diadema in testa come il suo, un paio di orecchini e i capelli corti.
Ora che però i contatti con la guerriera del cielo si erano
concretizzati anche nella realtà aspettare il suo turno si
stava
rivelando affatto semplice. Per quanto ancora doveva aspettare in
disparte che finisse tragicamente l'incontro tra Haruka e la ragazza
che le stava seduta di fianco? Quanto ancora doveva invidiare quella
ragazza che stava serenamente accanto ad Haruka? -Basta non
ce la
faccio più!- e così pensando Michiru si
lascia vincere dalle sue
tentazioni e crea una connessione più intensa con Haruka.
Talmente
forte da poter piano piano prendere il posto dell'altra ragazza.
Ora
che sta pian piano prendendo il posto della ragazza può
finalmente
sentire i racconti di Haruka che inizialmente non si accorge dei
cambiamenti della fisionomia del volto dell'altra. Mentre la bionda
parla Michiru comprende finalmente la natura del legame tra Haruka e
l'altra, capendo che non c'è nulla di romantico fra loro:
sono solo
grandi amiche di vecchia data. Ad un certo punto Haruka porta come
esempio di quanto avesse bisogno di crescere quello del suo primo
pasto da sola. Un vero disastro! Michiru ride perciò, ma la
sua è
ancora una risata mista con quella del ricordo che Haruka conserva
dell'amica. Lei infatti è più solita a
ridacchiare, ma la risata
che sente è una risata molto più aperta. Haruka
la guarda divertita
a sua volta, ma il suo sguardo su di lei si fa improvvisamente
più
dolce. Troppo repentino il cambiamento per essere dovuto a qualcosa
che non riguarda lei. Una veloce occhiata verso il basso e vede che
le punte dei capelli stanno prendendo l'inusuale colore dei suoi.
Michiru si sente sollevata, ora Haruka potrà vedere solo
lei. Per un
attimo si vergogna di quel pensiero, di quel suo voler essere l'unica
ragazza che Haruka possa prendere in considerazione fra le tante che
ambiscono a diventare la sua fidanzata. Eppure lo sguardo che Haruka
riserva a lei soltanto, uno sguardo che non le ha visto quando era in
compagnia del ricordo dell'altra ragazza, le fa pensare che almeno
nel sogno può agire nel suo interesse. Soprattutto sapendo
già
quale piega da lì a poco prenderà. Haruka non
parla, si limita ad
osservarla con uno sguardo che è tra quello stupito e
ingenuo di un bambino e
quello meno innocente di un felino. A un certo punto per sciogliere
le personali perplessità le chiede: «Scusa se te lo chiedo
soltanto ora, ma da quando ti tingi capelli?». Michiru resta un
attimo spiazzata da quella domanda, ma è solo un attimo e
non lo dà
a vedere. Povera Haruka, non può sapere che si è
permessa di
alterare il suo sogno e che quella che ha di fronte non è
più la
sua amica! Decide perciò di lasciarsi andare ad una cosa che
non ha
occasione di fare spesso, ma che le piace terribilmente: provocare
qualcuno. Perciò si tira su i capelli, raccogliendoli in una
coda e
le chiede: «Ti piacciono così?». Haruka le guarda il collo
senza
rispondere e probabilmente il candore della sua pelle scoperta dai
capelli deve avere il suo effetto sulla ragazza dal momento che le
posa una mano sopra. Il contatto con la mano di Haruka è una
sensazione forte che le risveglia il ricordo della sua mano che
percorreva i lineamenti del suo volto l'ultima volta che si erano
viste. Forse non doveva permettere che ciò accadesse. Lei
non poteva
permettersi di guardare le ragazze. Da tempo stava combattendo
contro l'attrazione che provava per Elza e la conoscenza di Haruka
non aveva fatto altro che accendere pulsioni che non si poteva
permettere dal momento che lei stessa era una ragazza. -Appunto,
nella vita reale sto facendo del mio meglio-
realizzò Michiru e la
domanda di Haruka che le chiede se le dà fastidio la sua
mano a
contatto con il suo collo capita nel momento più giusto per
far
realizzare un pensiero in una frase: «Non qui. Almeno nei sogni
possiamo concederci di fare qualsiasi cosa.» Un ultimo sguardo
prima di fare ciò che in quel momento entrambe vogliono di
più.
Michiru sa che non sarà un bacio vero. A differenza di
Haruka che è
convinta di vivere la realtà, lei sa bene che è
solo un sogno. Sa
che nulla è reale di quello che si sta compiendo e
perciò forse
anche il bacio che si stanno dando non avrà alcun effetto su
di lei.
La mano di Haruka le ha infattti risvegliato i ricordi di quanto
accaduto nella realtà, ma non avendo mai baciato nessuno,
nemmeno
per finta, come poteva quel gesto farle ricordare sensazioni a lei
sconosciute? Però anche solo l'idea di poter baciare Haruka,
cosa
che non sarebbe mai accaduta nella realtà, le permette di
non
allontanarsi da lei, ma anzi di avvicinare a sua volta il proprio
viso a quello dell'altra. Il battito del cuore accelerato, forse
dovuto anche al fatto che, Michiru lo percepisce, Haruka sta
iniziando a capire che lei non è la sua amica con una
fisionomia
differente. Ma ecco che l'evento apocalittico si avvera. L'unione
leggera fra vento e mare si trasforma improvvisamente in una unione
potente. Il vento forte rapisce le onde del mare e il dovere ora la
chiama. Haruka si guarda intorno leggermente inquieta. Poi si volta
dalla sua parte e l'inquietudine diventa terrore. Michiru si volta
sapendo già cosa c'è. Ha visitato i sogni di
Sailor Uranus tante
volte dopo il suo risveglio e ormai conosce gli scenari spaventosi di
Haruka come quelli da lei visti prima di comprendere il suo destino.
Alle
sue spalle un incendio sta elevando le proprie fiamme e il proprio
fumo verso il cielo. Haruka si alza di scatto dalla sedia e le dice
che devono scappare, ma Michiru non l'ascolta. Ha una missione da
compiere perciò le chiede scusa e poi scappa verso il luogo
della
distruzione. Sa che Haruka la seguirà per cercare di
salvarla e
quello è il giusto stratagemma per rivelarle ciò
che è accaduto in
un tempo remoto quando la vita su Urano fu spazzata via completamente
da un nemico troppo potente da distruggere.
Michiru
guarda il drammatico scenario che si sta presentando ad Haruka. Anche
se lei è conscia che si tratta di un sogno si fa carico
dell'angoscia di Haruka perchè con lei rivive quello che
aveva
provato quando faceva quel sogno, un po' diverso, ma ugualmente
spaventoso. Nel suo sogno il nemico non erano le fiamme a cui
successivamente si univano il vento e il mare, ma era esclusivamente
il mare. Un mare sempre più turbolento, e solo dopo il suo
risveglio
comprese che tanta forza gli era data dal vento. Gli indizi per la
sua prima missione si erano presentati fin dall'inizio: la sua
compagna di battaglia sarebbe stata la detentrice del potere del
vento.
Ritorna
con la mente al sogno di Haruka: deve concentrarsi su di lei per
consegnarle il suo messaggio.
Haruka
si è appena scontrata con una ragazza più grande
che sta scappando,
anche lei indenne, dal castello. Per un attimo a Michiru quel volto
contornato da quei lunghissimi capelli verdi non pare nuovo, ma poi
la ragazza si allontana lasciando Haruka da sola. Completamente
sgomenta davanti alla scena dei mostri che si sono impossessati del
castello, al rimbombo della malvagia risata e all'idea che l'ora
della sua morte è arrivata. Capisce che è giunto
il momento per
rivelarsi ad Haruka.
Quando
la grande onda è a pochi metri dalla bionda, Sailor Neptuno
si
frappone fra lei e il mare. Haruka è incredula: quell'onda
la stava
per colpire e invece, immobilizzata nel pieno della sua forza e della
sua altezza, non si sposta di un centimentro, ma resta alle spalle
della ragazza che è apparsa dal nulla. Michiru congiunge le
mani in
segno di preghiera, sperando che Haruka l'ascolti.
«Chi
sei tu?» chiede ad alta voce Haruka
spaventata.
«Ciao,
Sailor Uranus.»
«Mi
chiamo Haruka Tenoh. Sei tu che stai fermando l'onda alle tue
spalle?» domanda quasi incredula.
«Pianeta
dei mari, Nettuno è il mio guardiano; ero la Principessa di
Nettuno
ai tempi del Regno Argentato, sono una guerriera Sailor, io sono
Sailor Neptuno.»
Haruka
è chiaramente confusa e capendo poco della sua presentazione
chiede
di nuovo ad alta voce: “Sei tu che stai fermando lo tsunami?»
«Sailor
Uranus...»
«Ancora
questo nome» dice Haruka con una leggera
punta di fastidio nel
tono.
«Ai
tempi del Regno Argentato il nemico, cresciuto in seno ai nostri
Reali che hanno accolto benevolmente nei loro rispettivi pianeti i suoi
cinque comandanti è riuscito a ingannarli,
cosicchè il suo esercito ha
potuto attaccare il sistema solare esterno. Ci ha colto impreparate e
sono riusciti a distruggere i nostri pianeti prima di poter attaccare
il sistema solare interno» - lo sguardo di Haruka fa
percepire che
per quanto si sforzi di capire fa fatica a seguire il suo
discorso «Quello che vedi è in
parte quello che è successo a Urano ed è in
parte una premonizione di ciò che accadrà alla
Terra se ci faremo
cogliere di nuovo impreparate per fermare il nuovo nemico.»
«Dio
mio...» dice Haruka pensando
alle scene viste poco prima, le urla
sentite, i corpi straziati e carbonizzati nella posizione disperata di
fuga, il rombo del tuono e il sussultare della terra che ancora sta
sentendo in quel momento. «Tu credi che io possa fermare
tutto
ciò?»
«Quanto
è vero che io posso scatenare o bloccare le onde del mare e
degli
oceani!» le garantisce lei.
«Ah,
davvero?- domanda quasi sollevata «Dimmi: cosa posso fare?
Farò
qualsiasi cosa se può essere di contributo in qualche modo a
salvare
il nostro pianeta!»
«Dobbiamo
trovare i talismani conservati nei cuori puri di tre persone.»
«Dentro
al cuore di tre persone ci sono talismani?»
«Sì,
le persone buone hanno un cuore puro che custodisce un cristallo. Tre
di questi cristalli, una volta usciti dal cuore delle
tre persone dal cuore più puro in assoluto, si
trasformeranno in
potenti talismani»
«Dobbiamo
evitare che cadano nelle mani sbagliate, in caso contrario li
dobbiamo distruggere»
«I
talismani?»
«Sì...
ed eventualmente le persone che li possiedono»
Haruka
sbianca in volto nell'udire quelle parole. «Come?» forse ha
capito male.
«Se
è necessario dovremo ucciderle con le nostre mani. In ogni
caso una
volta private del loro cristallo del cuore, perderanno la vita lo
stesso»
«Non
è possibile, io pensavo di aver trovato una persona che
potesse
salvarmi.»
«E'
necessario sacrificare la vita di pochi per la salvezza di molti.»
«Ma
tu... Chi sei veramente??»
«Pianeta
dei mari, Nettuno è il mio guardiano; ero la Principessa
di...» Haruka la blocca subito:«Eh, no! Non riattaccare con
questo ritornello. Io voglio sapere chi sei davvero e cosa vuoi da
me!»
«Io
sono Sailor Neptuno, invoco il tuo aiuto, Sailor Uranus. Solo insieme
potremo sconfiggere il nostro nemico.»
«No,
no, io non so niente di questo linguaggio in codice che stai usando
con me. Cosa vuoi veramente da me??» le urla a quel punto
Haruka
che sta iniziando ad arrabbiarsi per davvero.
«Devi
ritrovare i tuoi ricordi Sailor Uranus e seguirmi in questo scontro con
il male.»
«Tu...
Tu sei il male!» urla a quel punto fuori di se'
dalla rabbia «Sei
stata tu ad ammazzare tutta quella gente! Sembri un angelo, ma porti
solo dolore e distruzione. Tu... Io ti ho già vista...» si sforza
per ricordare dove l'ha vista, ma senza riuscirci. Eppure tutto
ciò
che ha vissuto fino a quel momento è così
surreale, ma al tempo
stesso è un dejà-vu che le permette di capire.
Un'ultima
occhiata a Michiru e le urla: «Mai!! Lasciami piuttosto
travolgere
dal mare, ma non ti seguirò mai! Preferisco morire io
piuttosto che
macchiarmi le mani di sangue innocente!!»
Detto
ciò Haruka, ormai conscia che si tratta di un sogno, si
sforza per
fare qualcosa. Non dice nulla, ma Michiru sa benissimo cosa vuol
fare: farsi forza per svegliarsi, interrompere così il sogno
e
scappare da una verità che non riesce ad accettare.
Michiru a quel punto si
svegliò. Da quando cercava
Haruka nei suoi sogni, anche dormire era diventato stancante. Ogni
notte doveva cercarla e quando la trovava doveva trovare parole nuove
per convincere Haruka ad accettare un destino crudele che la sua
natura di guerriera Sailor doveva però accettare di
compiere. Anche
quella notte però la sua missione fu un buco nell'acqua. Per
quanto
ancora avrebbe dovuto far visita nei suoi sogni affinchè
accettasse
di essere una paladina della giustizia? Per quanto ancora lei avrebbe
dovuto battersi contro i mostri da sola? Per il momento era sempre
riuscita a cavarsela in qualche modo, ma i demoni dell'Esercito del
Silenzio si facevano sempre più potenti e per quanto lei
fosse una
delle guerriere Sailor più forti, non sarebbe mai riuscita a
portare
a termine la sua missione da sola. Tremò all'idea che
potesse
soccombere ancora. Era angosciante il suo destino, ma ancora di
più
il fatto che se Sailor Uranus non avesse accettato il suo compito, la
Terra avrebbe rischiato di fare la stessa fine che fecero la Luna,
Nettuno, Urano e tutti gli altri pianeti ai tempi del Silver
Millenium. Le guardiane del sistema solare esterno avevano capito
troppo tardi che nella loro corte si nascondevano nemici assai
potenti. Quando presero coscienza delle congiure che i loro fedeli
alleati avevano pianificato per sbarazzarsi di loro, lei e Uranus si
persero in una battaglia personale contro di essi. Ognuna aveva
combattuto per salvare il proprio pianeta, ma, divise, avevano perso
la loro guerra e nemici dopo aver distrutto nel modo più
brutale
tutto ciò che viveva sui loro pianeti si infiltrarono nel
sistema
solare interno, portandolo totalmente alla distruzione. Non poteva
permettere che ora la Terra, unico pianeta in vita, potesse essere
distrutto a sua volta. Le preoccupazioni dovute al suo infelice ruolo
non le permisero di chiudere occhio, se non la mattina presto. Giusto
il tempo di dormire per poco più di quaranta minuti.
La
mattina qualcuno bussò alla porta della stanza da letto di
Michiru.
La ragazza rimise la spazzola per i capelli dentro l'apposita busta,
uscì dal bagno, prese la cartella appoggiata alla scrivania
e aprì
la porta. -Eccola qua! Buongiorno Michiru.
-Buongiorno
Elza- rispose lei cordialmente.
Ormai
erano settimane che avevano preso quell'abitudine: Elza, mattiniera
come Michiru, l'andava a prendere nella sua camera e insieme si
dirigevano in mensa. Era stata un'idea della giovane atleta,
ovviamente. Dal momento che si incontravano sempre nel refettorio con
cinque o dieci minuti di differenza e se era Elza ad arrivare per
prima si sedeva sempre nel tavolo in cui la pittrice era solita
consumare colazione e cena, la ragazza pensò di semplificare
le cose
passando direttamente nella stanza di Michiru. In un primo momento
aveva provato per qualche volta a tenerle il posto di fianco al suo,
nella tavolata con altre ragazze con cui aveva stretto amicizia, ma
Michiru declinava sempre l'invito. -E' inutile, Sua Maestà
ha la
camera e il tavolo personalizzato. Non t'illudere: abbiamo provato
tutte a stringere amicizia con lei, ma non si lascia avvicinare da
nessuno-, le disse un'amica con i capellli mori lunghi fino alle
spalle. Elza ci rimase un po' male. Poi capì che l'unico
modo per
condividere il tempo insieme sarebbe stato andare lei dove
generalmente prendeva posto Michiru.
La
prima mattina che lo fece, le
altre ragazze la raggiunsero in fretta con i loro vassoi in mano: -Ma
che fai Elza-San**? Questo è il posto di Sua Maestà
Kaioh-Sama***, se ti
vede qua si arrabbierà.
-Io
ci provo. Voi tenetemi il posto nel caso in cui mi rispedisca con una
pedata nel sedere!- rispose ridendo insieme a loro.
In
realtà quel soprannome di presa in giro nei confronti di
Michiru,
marcato ancora di più dall'appellativo
“Sama”, iniziò presto ad
infastidire Elza che, ora che iniziava a comprendere la natura di
Michiru, iniziò anche a capire perchè non faceva
amicizia con le
altre. Le ragazze in quella scuola privata erano davvero
superficiali. Anche con lei quando arrivò bisbigliarono
tutte perchè
non era una giapponese doc. Aveva solo il taglio degli occhi
orientali, ma i capelli e la sua carnagione tradivano l'altro ramo di
provenienza. Poi dal momento che le loro usanze erano molto
differenti inizialmente la considerarono strana. Dal momento che lei
era fiera della sua impronta brasiliana, molto allegra ed estroversa,
non le diede molto fastidio il fatto che la gente la considerasse
strana. Michiru invece era più riflessiva e riservata e
questo non
l'aiutò molto a smentire l'opinione di “persona
strana e
altezzosa” che si era fatta tra le compagne di classe. Tutte
l'avevano avvicinata inizialmente, ma solo perchè sapevano
che
proveniva da una famiglia molto nobile. Anche le poche un po'
più
testarde insistettero non per conoscere lei, ma per conoscere il
mondo da cui veniva e del quale lei invece non si sentiva far del
tutto parte.
Pochi
minuti dopo Michiru arrivò in mensa e si stupì di
trovare Elza nel
suo tavolino. Non sapendo bene cosa fare andò subito a
prendere da
mangiare senza nemmeno passare da lei. Elza per un attimo temette che
le sue amiche avessero ragione, dal momento che, dopo lo stupore
manifestatosi sul suo viso, Michiru recuperò la solita
espressione
malinconica e si diresse a prendere la colazione senza nemmeno
passare a salutarla.
Quando
Michiru andò al suo tavolo, tutte guardarono la scena per
vedere che
reazione avesse Sua Maestà vedendo il proprio posto usurpato
da
un'estranea. Forse Elza stavolta aveva davvero esagerato. Michiru la
guardò e le si sedette di fronte. Tutte si stupirono del
fatto che
non disse nulla, ma molte inziarono subito a malignare pensando che,
essendo di buona famiglia e non perdendo mai il controllo, il suo
silenzio fosse una tattica per allontanare l'intrusa. Le voci
arrivarono anche all'orecchio di Elza che la guardava mentre si
portò
il cucchiaio alla bocca. Non voleva crearle disturbo, ma, per quanto
non si curasse più di tanto di quello che gli altri
pensavano di
lei, l'attenzione di tutte puntata su loro due la stavano mettendo
più a disagio del silenzio di Michiru. Perciò si
decise a parlare:
-Buongiorno Kaioh-San- attirando lo sguardo dell'altra che
appoggiò
il cucchiaio sull'appoggia Hashi****. -Scusa se mi sono presa la
libertà di
sedermi qui, ma ho pensato che magari non sarebbe stato male
scambiare due chiacchiere la mattina. Visto che con gli altri non ti
va di stare insieme ho deciso stamattina di venire io qua. Se
però
la mia presenza ti da fastidio non hai che da dirlo.
Michiru
si pulì educatamente la bocca e poi rispose: -No, scusa, non
sono
molto brava con le persone...- disse leggermente in imbarazzo - Non
chiamarmi “Kaioh-San” Elza-San, te l'ho già
detto. A proposito
buongiorno e... cos'hai dentro il piatto?- chiese con tono
incuriosito.
Elza
dentro di se' tirò un sospiro di sollievo. Le ragazze nei
tavoli a
fianco rimasero scioccate. Anche le amiche di Elza in un tavolo poco
distante non fiatarono nel vedere Sua Maestà Michiru che
dopo un
primo momento di silenzio, non solo non cacciò via Elza, ma
anzi le
iniziò anche a parlare cordialmente. Poco dopo il silenzio
si
trasformò in un brusio generale e pochi minuti dopo la
notizia passò
di secondo piano, ma senza mai abbandonare i discorsi delle ragazze,
facendo perciò il giro della scuola. Le ragazze che
seguivano i corsi
con Elza la circondarono e anche le amiche che seguivano corsi
diversi dai suoi la raggiunsero in pausa pranzo per complimentarsi
con lei, ammirando il suo coraggio. -Elza-San tu sei pazza! Ora, invidio
l'esuberanza e il coraggio che avete voi brasiliani!-. Quello fu il
giorno di gloria di Elza, anche se lei si sentiva un po' in
imbarazzo. Non era quello lo scopo del gesto di quella mattina.
Voleva solo passare un po' di tempo con Michiru. Non certo
diventare l'idolo delle altre compagne.
Inizialmente
pensò di alternare i giorni in cui stava con le amiche con
quelli in
cui stava con Michiru. Voleva darle tempo per abituarsi alla
compagnia di qualcuno già di prima mattina. Pian piano
iniziò a
stare più con lei che con le sue amiche finchè
non iniziarono a far
colazione sempre insieme. Fu per quello che dopo un paio di settimane
Elza, senza domandare, si prese da sola il permesso di
“disturbare”
Michiru andandola a prendere direttamente nella sua stanza. Anche
quella per Michiru fu una novità, ma dopo tre settimane
divenne una
piacevole abitudine.
Mentre
stavano facendo la fila con i vassoi in mano per prendere
ciò che
più le aggradava Elza le disse: -Come sei silenziosa.
Michiru
si riprese dai suoi ricordi e le rispose: -Stavo solo pensando che
è
da più di un mese che facciamo sempre colazione insieme.-
Voleva
distrarsi, non voleva pensare ai suoi fallimenti come Sailor.
-Già,
nessuno ci avrebbe scommesso un soldo che sarei riuscita ad
avvicinarti ulteriormente.
Michiru
ridacchiò: -Nessuno mi conosce davvero. Tu sei l'unica.-
pronunciò
l'ultima frase sorridendo.
Elza sentì il suo cuore quasi sciogliersi per l'emozione:
Michiru
che sembrava tanto sofisticata ed in fondo lo era per davvero, aveva
aperto il suo mondo a lei. Lei che era l'ultima arrivata della
scuola, nel terzo anno delle medie, da una nazione straniera e che
era una persona molto istintiva e semplice. Il sorriso di Michiru era
bellissimo, anche se, come sempre, coperto da un velo di tristezza.
Avrebbe pagato oro per sapere fino in fondo cosa le causava quel perenne
dolore che si teneva dentro. Fino a quel momento aveva capito che in parte erano le
compagne della scuola che si sentivano in soggezione in sua presenza,
ma poi se ne uscivano con frasi un po' velenose appena lei non c'era.
Loro non si facevano sentire, ma lei era abbastanza intelligente da
capire che quando non c'era si facevano beffe di lei. Le pesava il
cognome che portava, le aspettattive che tutti avevano su di lei.
Aveva capito negli ultimi tempi che anche la famiglia la rendeva
infelice: aveva tutti i soldi che voleva e pure un appartamentino in
uno dei quartieri più altolocati dove potersi ritirare nei
fine
settimane o nelle festività. Però non aveva
contatti con i suoi
genitori. Intuiva da se' che evidentemente non ne aveva mai avuti
molti. Eppure Elza sapeva che c'era qualcos'altro che la turbava.
Qualcosa che le dava sempre quell'espressione triste e che l'aveva
portata a maturare più in fretta rispetto alle altre ragazze della loro età.
Si
sedettero al solito posto. Michiru non era una che parlava in
continuazione, al contrario di lei, ma quella mattina era
più
taciturna del solito.
-Stai
bene?
-Sì,
Elza***** sto bene.- sorrise lei.
-Non
hai una bella cera.
-Non
ho dormito bene...
-Nemmeno
stanotte? Secondo me dovresti prendere qualcosa, una tisana, un
thè... Qualcosa che possa conciliare il sonno.
“Magari
fosse così semplice” pensò la
violinista e i suoi pensieri
tornarono di nuovo al loro chiodo fisso: Haruka che non le voleva dare
ascolto. Scosse la testa con un flebile sorriso. -Non è
così
semplice.- si limitò a dire.
-Che
cosa? Cosa non è semplice?
-Prendere
sonno quando non si riesce a dormire.
-Tu
hai troppi pensieri in testa, Michiru. Dovresti rilassarti, studiare
meno e svagarti di più. La vita è una sola ed
è adesso, a questa
età!
Ecco
perchè le piaceva Elza: lei era solare e genuina.
Perchè era nata
ragazza se a piacerle era Elza e ad attrarla era Haruka? Oltre alle
battaglie contro i mostri e quelle che portava avanti con Haruka per
convincerla a combattere con lei, doveva pure battagliare contro se'
stessa e le sue inclinazioni sbagliate. Come poteva essere serena con
una vita così complicata? Fu così che il malumore
si prese possesso
di lei. -Io ho tante cose da fare tutti i giorni e non le posso
lasciare.- quella fu una delle ultime cose che si limitò a
dire ad
Elza.
Quel
giorno non si videro ne' durante l'ora di corsa di Elza- Michiru
l'andava a vedere spesso ed era allora che, totalmente sole le due
ragazze spesso si concedevano qualche contatto fisico come un braccio
su una spalla, una mano sopra all'altra e un guardarsi senza
staccare gli occhi luna dall'altra- ne' a cena.
Per
contro Michiru chiamò ancora Sasuke per sapere come stava e
per
scambiare due chiacchiere veloci con lui. Non aveva voglia di parlare
con la gente, ma doveva sforzarsi di conoscere un ragazzo e di
mettersi con lui. Nella sua mente fece capolino il volto di Hiroshi.
Rampollo di una nobile casata, figlio del migliore amico di suo
padre, ragazzo intelligente, tenace e con un futuro brillante. Il
pretendente migliore per una ragazza del suo lignaggio. Poveretto,
era abbastanza certa che avesse una cotta per lei già da quando lei si iscrisse al
primo anno
delle medie, ma si vedevano così poco da quando i suoi
l'avevano
mandata in collegio che non sapeva nemmeno come potesse credere di
essere innamorato di lei. Eppure ogni volta che lei tornava a casa e
suoi organizzavano ricevimenti, Hiroshi la cercava mostrandosi sempre
molto galante e premuroso. Per contro lei provava un senso di
tenerezza per lui ed era per questo che non voleva usarlo come
esperimento per combattere le sue tentazioni più innaturali.
Voleva
prima provare con Sasuke e se avesse capito che con i ragazzi le cose
potevano funzionare, allora forse si sarebbe fatta avanti con Hiroshi
. Il cocco di papà. Suo padre stravedeva per lui, per la sua famiglia, per il cognome
che aveva,
per l'intelligenza e per le aspirazioni professionali che lo spingevano anche ad
essere il migliore a scuola. Se loro due si fossero sposati lei
avrebbe portato in casa Kaioh un altro motivo per cui essere fieri
della loro unica figlia.
Sasuke
rispose al telefono distogliendola così dai progetti che
i famigliari
avevano già disegnato per lei. -Ciao, sono Michiru.
-Ehi
che sorpresa! Non sapevo che nel collegio dove stai tu potessi avere
un telefono privato.
Michiru
ridacchiò: -E chi ha detto che sto chiamando da un numero
privato?
-C'è
troppo silenzio per poter essere in un'area comune.
-Complimenti
davvero! Non è che dovresti investire il tuo futuro come
detective
privato invece che come batterista?- domandò divertita.
-In
effetti sono indeciso sul da farsi- rise lui. - A parte gli scherzi
puoi rispondere alla mia domanda o è un segreto?
-Oggi
sono a casa mia.
-Ahh,
sei tornata dai tuoi!- rispose lui.
-Come
va?- cambiò discorso lei. Non le andava di dire che quando
aveva
bisogno di staccare poteva ritirarsi nel suo appartamentino, poco
distante dalla scuola.
-Bene
dai. Stavo cercando qualcosa di interessante da vedere alla tv, ma
non c'è niente. E tu, stai bene?
La
conversazione proseguì altri dieci minuti al termine dei
quali i due
si misero d'accordo per vedersi in quel fine settimana.
Michiru
si sentì leggermente in colpa con Sasuke e con Elza. Le
piaceva lei,
ma usciva con lui. In qualunque modo si fosse risolta la cosa uno dei
due sarebbe stato illuso inutilmente. Sasuke ci sarebbe rimasto male,
Elza invece, avendo stretto un legame più forte con lei,
avrebbe
probabilmente sofferto di più. Invidiava molto sia Elza che
Haruka.
Nessuna delle due aveva fatto coming out, ma Elza non le aveva mai
nascosto il fatto di avere un debole per lei e Haruka bastava
guardare nei suoi sogni per capire che molto probabilmente era attratta dalle ragazze e che nonostante ciò viveva abbastanza bene la
propria omosessualità. La sua memoria ripercorse i dettagli
del
volto di Haruka. Così androgina a volte da sembrare un
ragazzo e
così bella da non dover invidiare nulla a una modella.
Peccato.
Peccato che non fosse un ragazzo davvero. Si sarebbe lasciata
avvicinare con molta più facilità e forse sarebbe
nato davvero
qualcosa fra loro. Alcuni pensieri biricchini si fecere largo nei
suoi pensieri mentre immaginò come sarebbe stato essere la
sua
ragazza; salire sulla sua Porsche e andare lontano per poi fermarsi
in un hotel in qualche città vicina da visitare entrambe per
la
prima volta. Ma in hotel avrebbero preso due camere separate o una
sola con letti singoli? Come sarebbe stato darle la buona notte e
vederla in pigiama? E come sarebbe stata la buona notte? Un saluto o
un bacio? Haruka era una ragazza da baci passionali o dolci? Aveva
già baciato qualcuno? Giravano alcune voci su di lei che
faceva
girare la testa a tutte le ragazze e che aveva anche già
avuto
storie in cui si era spinta oltre ai baci, ma Michiru sapeva bene che
i pettegolezzi erano le fonti meno attendibili su cui potersi basare.
Lei stessa era protagonista di tante chiacchiere di corridoio su cose
ingigantite o del tutto inventate. Per un attimo ritornò a
fantasticare sul tipo di fidanzata che potesse essere Haruka. Una che
amava le coccole o una che cercava raramente i contatti fisici?
L'avrebbe chiamata sempre o avrebbe chiamato solo quando si sarebbe
ricordata della sua esistenza? Appena realizzò di aver
davvero
pensato a quelle cose arrossì. “Ma a che razza di
cose sto
pensando? Neanche la conosco! Senza contare che mi sono appena messa
d'accordo con Sasuke e penso a come sarebbe essere la ragazza di
Haruka!” La sua giornata poteva dirsi conclusa e
perciò Michiru
decise di prepararsi per andare a dormire.
-
- - - - - - - - - - - -
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* Manticora: spaventosa creatura mangia uomini della
mitologia persiana e indiana.
** Elza-San: tra amici si può sostituire il nome al
posto del cognome, ma è buona regola mantenere sempre il
titolo onorifico.
***Sama: è il massimo titolo onorifico che si usa
in senso di riverenza per persone di uno status sociale molto alto,
capi e divinità. L'utilizzo dell'appellativo -Sama,
rafforzato anche dalla parola specifica "maestà" serve
(all'interno della trilogia ideata da Mario Yamada, a cui si rimanda
nel secondo capitolo di questa fanfiction) per far capire che le
ragazze usano questo titolo per prendersi un po' gioco di Michiru, cosa
che ad Elza dà molto fastidio.
**** appoggia Hashi: Hashi è
il nome specifico con cui i giapponesi chiamano i bastoncini che usano
per mangiare. Chiunque sia andato in unristorante giapponese un po'
serio avrà constato che c'è sempre un piattino
dove appoggiare i bastoncini quando non si utilizzano. Lo stesso
piattino può essere usato anche per i cucchiai.
***** Elza: ora Michiru ed Elza sono molto in confidenza, motivo per il
quale le due ragazze si chiamano per nome senza usare i titoli
onorifici. Come avevo già spiegato nel capitolo della
crociera, solo i famigliari e gli amici più stretti possono
chiamare una persona per nome e senza aggiungere titoli onorifici. Per
cui si è passati dal "Kaioh-San" che Michiru chiede di non
usare più, intenendo che essendo amiche Elza la
può chiamare Michiru-San, al Michiru ed Elza senza nessun
titolo, perchè al momento attuale della storia, sono ormai
molto in confidenza. |