Tè clandestino

di Severa Crouch
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Tè clandestino

 

Tutto era iniziato durante un pomeriggio in cui Andromeda era intenta a esercitarsi con gli incantesimi di Trasfigurazione in un’aula vuota nei sotterranei. Si era allontanata dalla sala comune di Serpeverde e dalle aule che si trovavano nelle vicinanze per non rischiare di imbattersi in qualche coppietta o, peggio ancora, nei gruppi di esaltati che veneravano quel Lord Voldemort con i soliti discorsi da Purosangue altezzosi.

In quel preciso momento, era concentrata sulla trasformazione di un riccio in un puntaspilli quando la porta si era spalancata e non aveva rischiato di affatturare un ragazzo per lo spavento.

“Scusa! Non sapevo fosse occupata.”

“Ora che lo sai puoi sparire?”

“Non posso. Altrimenti il signor Pringle mi metterà in punizione…” Il ragazzo le mostrò la sua refurtiva mentre chiudeva la porta dell’aula alle sue spalle. Sul viso gli era spuntato un sorriso sornione quando le propose: “Posso dividerla con te, per ringraziarti dell’ospitalità.” La stoffa che avvolgeva il bottino rivelò una generosissima fetta di torta al cioccolato, con crema al cioccolato e un abbondante strato di panna e scaglie di cioccolato. Era proprio il genere di torta che Andromeda adorava, quasi sentiva il sapore in bocca mentre la osservava incredula e ingolosita. 

“Dove l’hai trovata?”

“Gli elfi sono molto gentili con noi Tassorosso,” le rivelò, mentre faceva comparire due piatti e delle posate con cui dividere la fetta. “A proposito, io sono Edward Tonks, ma tutti mi chiamano Ted.”

“Andromeda Black, ma tanti mi chiamano Meda. Credo che sia il caso che questa torta venga accompagnata da un buon tè,” rispose pragmatica mentre agitava la bacchetta per far comparire il suo servizio da tè sul banco. 

Di fronte a lei, il ragazzo ridacchiava, quasi indeciso se lasciar trapelare ciò che gli passava per la mente. Forse, si disse Andromeda, se ne vergognava, perché la mano copriva la bocca e le lunghe dita sottili arrivavano a coprire gli occhi fino a perdersi sotto la frangia biondo sporco che gli copriva la fronte. 

“Un buon Ted…” disse infine, quasi sollevato dall’aver ceduto al suo istinto.

Andromeda sbatté le palpebre, incredula di ciò che aveva appena sentito, ma non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere. “È una pessima battuta.”

“Ma fa ridere.”

“Fa ridere, te lo concedo.” 

Quel momento era l’esatta definizione di cosa si intende per rompere il ghiaccio. Da allora, il resto del tempo volò: la torta era deliziosa, il tè che Andromeda aveva selezionato si abbinava perfettamente e Ted si stava rivelando una compagnia divertente, al netto delle freddure. Fu quando si accorsero che era quasi giunta l’ora di cena che si ridestarono. 

“Dovremo rifarlo, posso portare altra torta!”

“Ed io altro tè.”

“Potremo fondare un salone da tè clandestino.”

“E fare concorrenza a Madama Piediburro!”

“Con torte migliori!”

“E un buon Ted,” ridacchiò Andromeda.

“E una compagnia Meda-mente deliziosa,” le fece eco Ted mentre si salutavano e prendevano ciascuno la direzione per la propria sala comune. Le battute erano pessime, ma non riusciva a smettere di ridere e sentirsi leggera.

 

(500 parole)

 




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