Aurora
•
Quale modo migliore per festeggiare il terzo anniversario con la OTP se
non (ri)pubblicando quella che è stata la mia primissima
fanfiction scritta addirittura quando ancora non avevo visto un solo
episodio di Yu-Gi-Oh! VRAINS? È strano, lo so, ma Ryoken e
Yusaku mi avevano presa così tanto che provai fin da subito
il
forte desiderio di scrivere su di loro, ancor prima di iniziare la
serie. Sono stati proprio amore a prima vista e nessuna ship
mi ha
mai conquistata così tanto.
• Aurora
è il titolo che avrei voluto dare a questa storia fin
dall'inizio, quindi sono felice di poterlo finalmente fare, anche
perché ora è tutta intera e non brutalmente
divisa in
“prequel” e “sequel”. Inoltre,
sono rimaste
alcune “ingenuità” che non ho voluto
sistemare, come
ad esempio diversi riferimenti al canon che non ho approfondito
—
per citare il più lampante: non specifico mai il nome della
carta che Ryoken dona a Yusaku perché ai tempi non sapevo
che si
trattasse di Borreload
Furious Dragon
e va bene così, perché andare a eliminare queste
“ingenuità” credo che avrebbe imbrattato
l'essenza
di questa storia che non è affatto perfetta e mai lo
sarà, ma c'è letteralmente il mio cuore qui
dentro e
quindi…
•
Prima di lasciarvi alla lettura (e sarebbe anche ora…), ecco
come ho sistemato questa storia nella sua nuova versione: la prima
parte, Younger Dreams,
è stata ampliata nel punto centrale; la seconda parte, Caught in the storm,
è quasi del tutto identica alla prima versione, giusto
qualche accorgimento qua e là; la terza parte, Sunrise,
è completamente inedita e sono felice di averla finalmente
scritta, perché me la portavo dentro da tre anni.
Tutti e tre i titoli
sono ripresi
dalle canzoni degli Our Last Night, che secondo me shippano in gran
segreto la Datastorm perché altrimenti non si spiega
— se
cliccate sui titoli, avrete modo di ascoltarle se vi va.
Detto ciò,
scusatemi per
queste note prolisse, tranquilli che a fine storia non ci
sarà
altro, ma ci tenevo davvero a spendere qualche parola su questo scritto
perché è davvero importante per me. Spero possa
rivelarsi
una piacevole lettura.
Grazie per essere qui.
Aurora
||
Younger Dreams ||
I wonder how it got this
way
I swear it felt just
like yesterday
We were fearless and
unafraid
Take me back to younger
dreams
When times were easy and
we believed
Take me back to revive
my memory
I'm digging deep but I
am scared that I have lost
My younger
dreams
1
Il cielo è azzurro.
È il primissimo pensiero che occupa la tua mente nell'esatto
momento in cui cadi sul prato verde a braccia aperte.
Il cielo è
azzurro e nemmeno una pallida nuvola di passaggio osa imbrattarlo.
Ed è giusto che sia così.
«Ne, Yusaku». Ryoken
è caduto
accanto a te e respira un po' a fatica. Avete corso per tutto il parco
ridendo e urlando, senza una motivazione precisa — nessuno
può pretenderla da due bambini così piccoli,
dopotutto.
«Ho qualcosa per te»
continua, e ancora non ha ripreso del tutto fiato.
A sentire quelle parole avverti qualcosa pizzicarti l'epidermide, e in
un primo momento pensi che si tratti di una formica che zampetta sul
tuo dito.
Quando però alzi la mano sinistra e osservi il mignolo, non
c'è nulla. Solo l'inspiegabile sensazione che qualcosa si
sia
legato indissolubilmente alla tua pelle. Qualcosa che non vedi, ma che c'è.
Ryoken alza il busto e dalla tasca dei pantaloni estrae una carta. Tu
sei ancora steso sul prato quando il suo regalo ti copre la visuale:
sventola la carta da gioco davanti ai tuoi occhi e, nel momento in cui
gli blocchi il polso sbuffando divertito, avverti nuovamente
l'epidermide pizzicare.
(Che strano. Strano, stranissimo, davvero inspiegabile).
2
«Che cos'è?» domandi, prendendola in
mano. È
una carta davvero particolare, che non hai mai visto nei deck degli
altri bambini. Ha colori sgargianti di diverse tonalità e un
nome a tratti impronunciabile. Pare quasi che brilli di luce propria.
«Qualcosa di
speciale» ti risponde Ryoken. «Ho avuto la fortuna
di trovare due carte super-super-super
rare nella stessa bustina! L'altra ce l'ho io, questa voglio donarla a
te» spiega entusiasta.
«Oh!» esclami, e
subito dopo alzi il
busto, fissandolo negli occhi, ed è come non aver mai smesso
di
osservare il cielo terso e immacolato.
«Ti ringrazio».
Sorridi e lui sorride
con te. Poi una smorfia di fastidio increspa i lineamenti delicati del
suo volto e subito ti preoccupi.
«Che succede?» gli
domandi. Hai paura di
aver sbagliato qualcosa, di aver rovinato tutto. E non può
finire così: Ryoken è il tuo più caro
amico e non
vuoi perderlo per nessuna ragione al mondo.
«No, niente...»
Alza la mano sinistra e osserva il suo mignolo. «Credo di
essere stato punto da qualcosa».
«Penso che qui ci siano delle
formiche, andiamo da qualche altra parte?»
Con uno scatto, Ryoken è già in piedi.
«L'ultimo
che arriva allo scivolo dovrà comprare le patatine
all'altro!» esclama, e subito corre via.
«Ehi, Ryoken! Così
non vale!»
Ti alzi, ancora frastornato, e subito inizi a correre, conscio che
ormai è troppo tardi, che
Ryoken è lontano e che non riuscirai
più a raggiungerlo. Va bene così. Almeno per quel
pomeriggio, va bene così.
Gli chiederai la rivincita il giorno successivo.
3
Ryoken
sgranocchia le patatine con una punta di soddisfazione stampata in
volto. Sta cercando di stuzzicarti, ma ogni suo tentativo si rivela
fallimentare — gli vuoi troppo bene per prendertela a causa
di un
motivo simile. E poi lui ti ha regalato una carta super-super-super
rara, spendere parte della paghetta settimanale per lui ti sembra il
modo migliore di ringraziarlo.
Siete seduti sulla torre dello scivolo, uno di fronte all'altro,
entrambi a gambe incrociate. Qualche giorno addietro avete spiato una
coppietta che si era rintanata lì sopra per sbaciucchiarsi e
ci
era mancato poco che i due piccioncini vi beccassero — il
tono
delle vostre risatine si era fatto un po' troppo vivace.
Di baci ancora non te ne intendi, dopotutto sei solo un bambino di sei
anni, ma hai trovato interessante l'impiego della torre dello scivolo
all'interno del contesto generale: è un luogo abbastanza
appartato, i ragazzi più grandi devono stringersi un po' per
potersi sedere comodamente e questo implica una vicinanza di corpi
costante e molto intima
— ricordi bene come la giovane si era stretta sempre
più
forte al ragazzo tra un bacio e l'altro e di come lui non avesse fatto
proprio nulla per allontanarla.
Tu e Ryoken siete ancora piccini, non avete bisogno di stringervi forte
l'uno accanto all'altro per poter stare lì sopra, eppure
constatare ciò ti rende improvvisamente triste e non ne
comprendi il motivo.
(Ti
senti come privato di qualcosa di importante).
Il bizzarro formicolio torna a farsi sentire con impertinenza e inizi a
grattare il mignolo sinistro con fare preoccupato: e se fosse
un'irritazione? E se il dito dovesse improvvisamente gonfiarsi senza
controllo, al punto tale da impedirti di indossare i guanti durante
l'inverno?
Già immagini le risate scroscianti da parte dei tuoi
compagni di
classe, ma non riesci proprio a figurarti quelle di Ryoken: lui non
riderebbe mai per una cosa del genere, anzi, si ingegnerebbe per
trovare una soluzione e, se non dovesse trovarla, si impegnerebbe per
non
farti pesare quest'assurda condizione.
(Sarebbe
sempre stato dalla tua parte, in qualsiasi caso).
Stai per chiedergli cosa avrebbe fatto nel caso il dito ti si fosse
gonfiato in maniera spropositata quando una voce imperiosa
(«Ryoken!»)
squarcia brutalmente il placido silenzio che vi ha avvolto come una
cupola invisibile fino a quel momento.
Una voce dura come la roccia e spaventosa come un fulmine assordante
durante una notte tempestosa: quella del padre di Ryoken.
Quest'ultimo si irrigidisce e il prurito al mignolo sinistro perde
tutta la sua importanza. Ora c'è qualcos'altro che ti
impensierisce ed è molto più preoccupante del
morso di
quella formica, perché se lui è
qui, significa che Ryoken non può più rimanere.
Non quel giorno, almeno.
«Devo
andare…» sussurra Ryoken
con tristezza, mentre accartoccia il sacchetto delle patatine ormai
vuoto per poi infilarlo nella tasca dei pantaloni.
Ti si stringe il cuore ogni volta che assisti a una scena simile, cosa
che nelle ultime settimane si sta reiterando sempre più
spesso.
Kiyoshi Kogami è un uomo algido, dai lineamenti duri e lo
sguardo freddo; odia il fatto che Ryoken si diverta e abbia degli
amici, o meglio, questa è l'impressione che ti sei fatto
dopo
aver visto il sorriso di Ryoken sfumare nel nulla ogni volta che suo
padre si palesa, chiamandolo con voce autoritaria, per riportarlo a
casa.
Non ne comprendi il motivo, ma pare quasi che quell'uomo detesti vedere
Ryoken parlare con altre persone… che brutta, bruttissima
sensazione. Nel momento in cui inizia a compiere i primi passi in
direzione dello scivolo, Ryoken sussulta e si affretta a scendere.
«Ci vediamo domani, Yusaku.
Stesso posto e
stessa ora. Porta un ombrello con te, perché probabilmente
pioverà».
Mentre ti saluta, noti che anche lui si sta grattando con insistenza il
mignolo sinistro.
«Va bene, Ryoken. A
domani».
(Ancora
non sai che non ci sarà alcun domani, per voi).
4
(Ryoken, dove sei? Meno male che ti ho ascoltato, infatti sono qui al
parco con l'ombrello e spero che tu arrivi presto).
(Ryoken,
dove sei? È da una settimana che non ci vediamo e sono molto
preoccupato. Spero che tu stia bene).
(Ryoken, dove sei? Sono passati mesi dall'ultima volta che ci siamo
visti… sto male, non so dove sei e ho tanta paura).
(Ryoken… dove sei?
Dopo dieci anni ti sto ancora aspettando. Sono sempre qui. Torna da me,
ti prego).
I'm never turning back until
I've found
My younger dreams
|| Caught in the storm ||
I know it's been a while
since we last spoke
I hope you're doing fine
out there on your own
Never thought we'd grow
apart,
We were together from
the start
Scraping knees,
collecting scars,
Now I don't know who you
are
1
L'ennesima
giornata di scuola vola via lentamente e per un attimo torni a
respirare. Quella subdola pesantezza emotiva è rimasta
appollaiata sulle tue spalle per ore intere, schiacciandoti le ossa e
avvelenando ogni pensiero positivo.
E tu lo sai, lo sai fin troppo bene che non erano né
l'interrogazione di storia né il test di matematica il vero
problema: il fatto è che ogni giorno andare a scuola ti
pesa, ti
rende partecipe delle vite degli altri alle quali tu non appartieni, ti
fa capire quanto tu sia, in realtà, isolato dal resto del
mondo.
(E
lo hai scelto tu. Lo hai scelto tu, di tua spontanea
volontà).
Non hai mai
avuto amici. Ti mordi il labbro inferiore e rettifichi: non hai più
avuto amici da quando lui
se ne è andato. È una verità assoluta
che fa
inesorabilmente parte di te, che carezza le tue giornate con mani
asettiche e scheletriche e ti divora le interiora senza prima averti
anestetizzato. Sei reduce di una guerra che ha visto coinvolti il
buonsenso di andare avanti e le catene che ancora ti tengono ancorato
al passato — e ti soffocano, non ti permettono di respirare.
(Ma
cosa ci
sarebbe da respirare? Solo aria inquinata da un velenoso rancore.
Respiri quotidianamente la polvere del passato e i tuoi polmoni sono
ormai marci, neri come il carbone).
Ti stendi sul letto e chiudi gli occhi, sogni un futuro che non avrai
mai e improvvisamente sono già le quattro del pomeriggio.
È già ora.
Proprio non riesci a smettere di essere così sciocco, vero?
Proprio non riesci a fartene una ragione, a mettere finalmente la
parola fine
a un'attesa che altrimenti durerebbe in eterno? Proprio non ci riesci?
Perché ti vuoi così male? Perché il
tuo cuore
ancora non cede e non volta pagina? Sarà solo un altro
pomeriggio vuoto
e ne sei consapevole, lo sai fin dentro le ossa e questo ti schiaccia
l'anima e ti cristallizza il sangue.
Sarà solo un altro pomeriggio vuoto
e ne sei consapevole, però intanto ti sei alzato dal letto,
ti
sei cambiato e ora fissi un'anonima carta da gioco poggiata sulla
scrivania — sono trascorsi dieci anni, i colori sono ormai
sbiaditi, i bordi consumati e i ricordi sono impressi su quei simboli
divenuti illeggibili.
Dieci anni. Dieci anni in cui, ogni giorno, non hai fatto altro che
mantenere una promessa che forse non è mai esistita. Una
promessa in cui, forse, hai creduto solo tu. Respiri a fondo
(polvere, respiri sempre e solo polvere)
e alzi lo sguardo, osservando il cielo grigio oltre il vetro della
finestra.
Sarà meglio prendere l'ombrello.
2
It's
not our fault
It's the way things are
But I want you to know
You're still in my heart
Quando
esci di casa, ha iniziato a piovere da poco. Non ci vuole molto
affinché le timide goccioline si trasformino in spietate
chiazze
d'acqua fredde e insensibili, che si schiantano con poca grazia sulla
superficie dell'ombrello. L'acquazzone non ti coglie impreparato, anzi,
ormai ne hai fatto l'abitudine; avanzi lentamente, evitando con
accortezza le pozzanghere che, per quanto piccole, già si
sono
formate da una parte all'altra della strada e non pensi a nulla se non
al fatto che sarà l'ennesima ora trascorsa ad aspettare
qualcosa
(qualcuno)
che non arriverà mai.
Ci sono movimenti del tuo corpo, espressioni del tuo viso, sensazioni
della tua anima e sussulti del tuo cuore, però, che sono
ormai
talmente incastonati nel tuo DNA, nei meandri più remoti
della
tua essenza, che ti è impossibile ribellarti e andare avanti.
Metti caso, anche solo per un attimo, che questo sia il giorno giusto.
Come potresti andare avanti sapendo che non ti sei presentato proprio oggi, che
magari era l'occasione ideale?
È stupido, lo sai. Ma giuri a te stesso che oggi
sarà
l'ultima volta: se ti ritroverai solo, se non ci sarà
qualcuno
ad aspettarti, da domani smetterai di recarti al ponte che conduce al
parco e spenderai le ore pomeridiane a studiare, anziché
ridurti
sempre alla sera fino a tardi — in realtà
è da
quando hai quattordici anni che continui a ripetertelo, da quando hai
iniziato a toccare picchi elevati di sconforto ed esasperazione dopo
tanti anni di attesa. Ne sono passati altri due e ancora continui a
farlo, però.
Scorgi una figura, immobile sul ponte, che ti dà le spalle;
sei
già arrivato a destinazione e ancora non lo avevi realizzato.
È solo una persona come tante, perché mai
dovrebbe essere lui?
Cammini lentamente e, a pochi metri dallo sconosciuto, decidi di
percorrere il ponte e di aspettare dall'altra parte, mentre questi si
volta.
È lì che accade. Nel momento in cui ti avvicini,
senza
aspettarti nulla, apatico e secco come un ramo spezzato; quando, senza
neanche volerlo, alzi lo sguardo e ti perdi ad ammirare il cielo
azzurro.
Tutto finisce e tutto inizia in quel momento.
E di te non rimane più nulla.
3
We got caught in the storm alone
People come and people
go
Drifting away like old
friends do
But if you walk through
the door
Our world would be just
like it was before
Rewind the good times
like old friends do
We've just been caught
in the storm
Acqua.
Acqua ovunque. Sui tuoi capelli, sui tuoi vestiti, sotto la suola delle
scarpe. L'ombrello blu è caduto a terra e ancora non l'hai
recuperato
(affrettati,
sta girando a destra e sinistra e presto potrebbe rotolare via, lontano
da te).
Non ci pensi, in realtà. Non ti importa.
Ryoken è a pochi passi da te e non ci credi.
È
impossibile, non può essere lui.
Sono passati dieci anni da quando vi siete visti l'ultima volta; lui ne
aveva otto, tu sei. Eravate bambini che si sono scontrati per sbaglio,
qualcosa che non accade se si presta attenzione, se si sa dove mettere
i piedi. Avevate tra le mani il vostro più grande tesoro
(un
mazzo di carte per te e uno per lui)
e un arcobaleno di colori era esploso nell'esatto momento in cui i
vostri mondi sono entrati in collisione.
Ryoken è stato l'unico in grado di strapparti un sorriso
genuino, l'unico in grado di farti stare veramente bene. Non faceva
nulla di eclatante, ma ti era accanto. E ti sei affezionato a lui fin
dal primo momento.
A quel tempo eri ancora troppo piccolo, eppure l'impressione di essere
legato a lui in maniera molto più intensa e profonda si era
fatta strada nella tua coscienza col passare dei giorni; non c'era mai
stato alcun filo rosso visibile legato al tuo mignolo e lo stesso
valeva per Ryoken, eppure sentivi che se ci fosse stato per davvero, ti
avrebbe portato proprio da lui.
E lo senti ancora. Il filo rosso sussulta e singhiozza, vibra nella
pioggia e pizzica l'epidermide.
Lui è a pochi passi da te. Ryoken è tornato.
È tornato per
davvero.
4
«Yusaku» ti chiama.
Non è la stessa voce che eri solito ascoltare dieci anni
addietro. Ryoken è cresciuto, trascinando con sé
tutto
ciò che lo ha sempre distinto — lo stesso vale per
te, ma
la tua mente è bloccata in un fermo immagine del passato.
«Yusaku» ti chiama
ancora, e un attimo
dopo la pioggia non la senti più. Si è avvicinato
a te di
poco, il minimo indispensabile per proteggere entrambi sotto il suo
ombrello bianco simile alle ali di un angelo.
Ma è lontano, è ancora troppo lontano.
Ryoken è sempre
lontano.
«Sei completamente bagnato,
non vorrai prenderti un malanno». Sorride.
E tu vorresti rispondere, dirgli qualcosa, ma non ce la fai. Sei
imbottigliato in un traffico emotivo che ti ha mozzato la lingua e
congelato i muscoli. Ti perdi nei suoi occhi azzurri che reincarnano
ancora il cielo primaverile, quel piccolo pezzo di paradiso che non hai
mai dimenticato.
I tuoi sono verdi e sono come un prato rinato dopo l'inverno, pronto ad
abbracciare il cielo azzurrino.
Ryoken è il tuo cielo, le tue ali d'angelo. Ryoken
è una parte di te.
5
The past runs away from us
Memories fade in and out
Time flies by before we
can even blink an eye
(Dove sei stato per tutto questo tempo?)
Vorresti chiederglielo, ma dalla tua bocca non evade neanche un
sussurro.
(Perché
te ne sei andato senza dirmi nulla?)
Vorresti solo sapere perché il mondo ti è
crollato
addosso all'improvviso, perché lui sa la verità.
È
stato lui
ad andarsene, non tu. Tu sei sempre rimasto lì, l'hai
aspettato giorno e notte e non l'hai mai dimenticato.
(Perché
mi hai abbandonato?)
Vorresti urlarlo, vorresti piangere, spingerlo via e guardarlo con
disprezzo. Non ci riesci. Come puoi allontanarlo da te ora che
è
qui, ora che è tornato?
La sua assenza ti ha lacerato il cuore e rinsecchito le vene, ha
portato i tuoi occhi a grondare lacrime salate e ad accartocciare i
sentimenti come involucri ormai strappati e inutilizzabili. Eri solo un
bambino, del mondo ancora non sapevi chissà quanto, ma a
Ryoken
era bastato poco per sconvolgerlo in quello che credevi essere il modo
migliore possibile — e ti sentivi invincibile, inarrivabile.
Poi Ryoken se ne è andato, portando con sé una
parte di
te che non ti verrà mai restituita, o che forse vuole
restituirti proprio ora.
Come puoi essere legato così
tanto a qualcuno che è stato così poco
presente nella tua vita?
Come puoi aver sofferto tanto per qualcuno che se ne è
andato
senza dirti nulla? Tu lo sai. Lo sai fin troppo bene. Ed è
la
consapevolezza che alberga in te a spaventarti così tanto.
Cerchi di farti forza, di trovare le parole giuste. Deglutisci a fatica
mentre continui a fissarlo negli occhi
(e
ti fai un gran male).
«Dove sei stato per tutto
questo tempo?» domandi, trovando il coraggio di porre la
prima domanda.
Il sorriso di Ryoken si affievolisce, i suoi occhi si adombrano di
tristezza. «Lontano da qui» risponde, e la mano che
sorregge l'ombrello trema un poco. «In città mille
volte
più grandi di questa. Ho viaggiato il mondo intero, ma
nessun
posto mi ha mai fatto sentire veramente a casa».
Assimili ciò che ti ha detto parola per parola, non tralasci
nulla. Ogni sillaba che pronuncia ti distrugge interiormente, ma
stringi i denti e vai avanti: «Perché te ne sei
andato
senza dirmi nulla?»
«Yusaku...»
«Dimmelo».
Ryoken sospira. Poi chiude gli occhi e del cielo azzurro non rimane
nulla, solo un'enorme chiazza nera che porta con sé pioggia
e
distruzione. «È successo all'improvviso. Mio padre
mi ha
svegliato nel cuore della notte, dicendomi che dovevamo andarcene. Io
non capivo, gli ho chiesto spiegazioni più e più
volte,
ma non mi ha mai risposto, come se non avessi voce in capitolo. Sai,
Yusaku, ancora ricordo cosa ti ho detto il giorno prima di
andarmene».
(“Ci
vediamo
domani, Yusaku. Stesso posto e stessa ora. Porta un ombrello con te,
perché probabilmente pioverà”).
Anche tu ricordi quelle parole. Sono rimaste impresse sotto
l'epidermide per dieci anni e hanno rimbombato nelle tue orecchie ogni
notte.
(“Ci vediamo
domani, Yusaku”. La promessa più bella al mondo ti
si
è sgretolata davanti agli occhi quando hai realizzato che
non ci
sarebbe stato alcun domani, solo giorni che si susseguivano monotoni e
monocromatici, aridi di sentimenti e sorrisi spensierati).
Hai paura. Non vuoi porgli la terza domanda, ma sai che devi farlo.
«Perché mi hai
abbandonato?»
Credevi fosse la pioggia, e invece sono le tue lacrime. Sotto
l'ombrello bianco le gocce asettiche non possono scalfirti, ma le tue
lacrime sì e fanno male. Fanno male da morire.
«Non l'avrei mai fatto,
Yusaku. Fosse stato
per me, sarei rimasto al tuo fianco sempre, non ti avrei
lasciato».
Non riesci più a distinguere la sua figura. Le lacrime sono
talmente tante che ti offuscano la vista e il tuo cuore annega in quel
pianto quasi incontrollato.
«Mio padre ha fatto del male a
tantissime
persone. Quella notte ha deciso di fuggire portandomi con sé
e
io l'ho capito solo col passare degli anni. Te lo giuro, Yusaku, su
tutto quello che vuoi: io volevo restare. Ma non ho potuto nulla contro
la sua disperazione. Perdonami, se puoi».
Il filo rosso pizzica ancora una volta la tua epidermide. E questa
volta, Ryoken annulla qualsiasi distanza. L'ombrello bianco gira a
destra e sinistra, traccia una mezzaluna sulla strada bagnata e
improvvisamente avverti di nuovo la pioggia che si abbatte su di te.
È fredda e insensibile, ma le tue labbra percepiscono anche
un
calore intenso che ustiona e fa tremare al tempo stesso.
Ryoken è così vicino che lo puoi sentire.
Ha poggiato le labbra sulle tue e ora ti sta baciando con tutto
quell'amore che non avete potuto vivere e condividere nei dieci anni in
cui non siete stati insieme. Le sue braccia ti stringono forte
(è cresciuto tanto ed è più alto di
te, come sempre)
e il suo petto aderisce perfettamente al tuo.
I sussulti dei vostri cuori sarebbero in grado di coprire il
martellante suono della pioggia.
Piangi ancora mentre ti alzi sulle punte e avvolgi le braccia attorno
al suo collo; e lui ti lascia fare e ti stringe ancora più
forte
a sé.
Ryoken non voleva andarsene. Ryoken voleva restare. La vita
è
stata ingiusta, il destino avverso e avete perso dieci anni di
esistenza che non vi saranno mai restituiti.
Ma avete tacitamente deciso di ripartire insieme proprio in
questo momento.
6
Quando
apri gli occhi, non piove più. Non sai per quanto tempo tu e
Ryoken vi siete baciati e abbracciati sotto la pioggia e poi sotto al
sole pallido. Non sai quante parole vi siete sussurrati, quante lacrime
avete versato e quanto i vostri corpi abbiano tremato.
I vestiti sono ancora un po' umidi, il venticello fresco vi strappa
qualche fremito, ma il calore ustionante che avverti nel petto
(e nel suo, ne sei più che certo)
compensa tutto.
Lo guardi negli occhi e ancora non riesci a smettere di piangere.
«Mi sei mancato»
sussurri, cercando
ancora una volta le sue labbra. «Tanto» ripeti tra
un bacio
e l'altro. «Tanto, tanto, tanto...»
Non hai vissuto senza di lui. La tua era solo esistenza, nulla di
più. Esistevi, ma non vivevi. E appassivi giorno dopo giorno.
Le sue mani calde ti carezzano il volto. E ti guarda, ti ammira e i
suoi occhi sono pieni di tutto. Sono pieni del mondo.
«Anche tu, Yusaku. Anche tu mi
sei mancato tanto».
Eravate bambini quando vi siete incontrati l'ultima volta. Eravate
troppo piccoli per comprendere che ciò che vi legava
esisteva e
non ha mai smesso di esistere: il filo rosso che avvolge i vostri
mignoli e pizzica l'epidermide splende baciato dal pallido sole.
C'è sempre stato, anche se era invisibile.
I vostri ombrelli sono rotolati via, ai piedi del ponte. Hanno
tracciato qualche mezzaluna incontrandosi e allontanandosi, poi si sono
fermati.
Forse li lascerete lì, ancora non lo sapete. Per il momento,
decidete di lasciarvi cullare dall'aurora del vostro nuovo inizio
insieme.
||
Sunrise ||
1
Un
piccolo sospiro di piacere evade dalla tua bocca nel momento in cui le
labbra di Ryoken si posano sul tuo collo. Sono calde e morbide, quasi
ustionanti, e saggiano la tua pelle con fare malizioso, a tratti
affamato.
Avete da poco fatto l'amore e senti che potresti scioglierti nel giro
di qualche istante: una supernova è esplosa nel tuo petto e
le
labbra di Ryoken sono una leziosa tortura a cui è
impossibile
resistere, un dono che vuoi tenerti stretto per tutta la vita.
Ti lasci cullare da quelle attenzioni che tanto ami e una bruma
distensiva inizia ad aleggiare intorno a te, suadente. Socchiudi gli
occhi e lasci che Ryoken ti stringa forte a sé in uno di
quegli
abbracci che solo lui riesce a dare, nei quali non hai mai paura di
sprofondare perché, in abbracci del genere, se non ci
sprofondi per bene
non li puoi nemmeno definire tali.
È una giornata grigia e insipida, quantomeno nel mondo
esterno;
tra le vostre quattro mura, invece, regnano il profumo del pane tostato
e del caffè, i colori tiepidi del mobilio e delle pareti, la
freschezza delle stoviglie lavate e la morbidezza delle lenzuola che
avvolgono i vostri corpi tappezzati da succhiotti e piccoli morsi.
(La realtà
nella quale vivete sembra un sogno a occhi aperti, di quelli dai
contorni sfumati, soffici come una distesa di piume candide e bianche
come la neve).
In giornate come questa desideri solo rimanere a letto, tra le braccia
di Ryoken, e sonnecchiare tutto il tempo; non c'è niente di
male
in questo, ogni tanto è giusto lasciarsi andare al dolce far
niente — te l'ha insegnato Ryoken, facendoti capire che
nessuna
giornata è sprecata applicando questo pensiero.
Per questo, nel momento in cui avverti uno spostamento e poi il vuoto
accanto a te — seguito a ruota da una folata di gelo spietata
e
pungente —, non puoi fare altro se non aprire gli occhi di
scatto, alzare il busto e sporgerti verso Ryoken, abbracciandolo da
dietro e implorandolo tacitamente di non andarsene.
«Yusaku» ti chiama,
ma la sua voce ti appare ovattata, lontana chilometri.
(E
tu non vuoi perderlo ancora. Non di nuovo).
Ti stringi più forte a lui e un orribile tremore inizia a
sconquassarti le membra. Ryoken poggia le mani sulle tue e le carezza
con garbo, rimane seduto sul bordo del letto e ti parla con dolcezza:
«Non temere, sono qui. Sono sempre
qui».
2
Odi
questo lato di te. Quello più vulnerabile, insicuro e a
tratti
ancora tanto immaturo della tua essenza. Quello che ti fa passare per
ciò che non sei, che ti serra la bocca dello stomaco in una
morsa spietata e che ti mozza il respiro stringendoti forte la gola con
mani spettrali e avvizzite.
Sono trascorsi tre anni da quando tu e Ryoken vi siete ritrovati. Tre
anni in cui alla gioia sconfinata di averlo di nuovo accanto a te si
è aggiunta anche la paura atavica di perderlo all'improvviso
un'altra volta ancora. Sai che è irrazionale,
perché
Ryoken non ha nessuna intenzione di andarsene, ma alcune volte il tarlo
nocivo dell'incertezza divora ogni tuo pensiero positivo e ti porta ad
agire in maniera impulsiva ed esagerata.
Da quando vi siete trasferiti per frequentare l'università e
avete iniziato a convivere, circa un anno addietro, le crisi sono
diminuite, ma non si sono ancora del tutto estinte. E questo non lo
sopporti, perché l'ultima cosa che desideri è
apparire
possessivo agli occhi di Ryoken, perché
non lo sei.
Ryoken è riuscito a liberarsi dalla prigionia di suo padre e
ha
anche deciso di testimoniare contro di lui, aiutando così la
polizia a raccogliere prove a sufficienza sui crimini che ha commesso, non vuoi che ora si senta
nuovamente in trappola a causa tua. Sarebbe impossibile da
sostenere.
E vorresti liberarlo dalle catene del tuo abbraccio, permettergli di
alzarsi dal letto e lasciarlo andare, ma non hai ancora smesso di
tremare e il tocco di Ryoken sulle tue mani riesce un poco a
tranquillizzarti — e per questo ti senti un grande egoista.
«Perdonami…» sussurri. Un
orribile groppo si è materializzato nella tua gola e ti
impedisce di respirare. Gli occhi bruciano di tutte quelle lacrime
salate che stai trattenendo a fatica. Senti che manca pochissimo a un
punto di rottura irreparabile.
«Non ti devo perdonare di
nulla» ti
risponde Ryoken, e dal tono di voce pare davvero tranquillo, per niente
infastidito o arrabbiato dal tuo atteggiamento. «Anche io ho paura di
perderti».
E ora piangi. Piangi perché, arrivato a questo punto, non
riesci
a fare altro. Sono lacrime silenziose che solo Ryoken riesce a sentire,
singulti che sbatacchiano disperati contro le pareti della vostra
camera da letto.
«Ci sono tre motivi per cui mi
è
impossibile andarmene» continua Ryoken. «Primo:
fuori piove
e non mi voglio bagnare. Secondo: sono quasi completamente
nudo».
Al secondo punto, lo senti ridacchiare sommessamente. Incurvi le labbra
in un sorriso e avverti le gote scaldarsi lievemente nel rammentare
ciò che avete vissuto solo pochi minuti addietro.
«E terzo: tu sei qui. E se tu sei qui, ci
sono anch'io. Perché la mia casa sei tu».
Un senso di amore incondizionato si fa strada in te, caldo e
avvolgente, lenitivo. Rilassi i muscoli e sciogli la presa, liberandolo
dal tuo abbraccio, e Ryoken nel voltarsi verso di te si porta appresso
così tanta meraviglia che è impossibile da
quantificare.
Ti asciuga le lacrime con garbo e ti bacia con dolcezza, facendoti
capire che non hai nulla da temere.
«Torno subito, va
bene?» dice alzandosi, prima di chinarsi e baciarti un'altra
volta ancora.
«Va bene» sussurri,
completamente
inebriato da tutte quelle effusioni e con il cuore molto più
leggero.
3
Ryoken
è di parola e torna in camera poco dopo con un bicchiere
d'acqua. Ti vergogni un po' nel constatare che voleva solo andare in
cucina per dissetarsi — mentre tu l'hai stretto
così forte
per timore che sparisse da un momento all'altro — e lo
ringrazi
quando ti porge il bicchiere, rendendoti conto solo in quel momento di
avere la gola riarsa.
Bevi a piccoli sorsi e in un attimo ti senti meglio, come rinato.
Mentre poggi il bicchiere vuoto sul comodino, il materasso si abbassa
di qualche centimetro e subito dopo Ryoken ti attira a sé,
abbracciandoti forte.
Ti lasci cullare e amare per un tempo indefinito. Cerchi le sue labbra,
le trovi, ne saggi la morbidezza e un fremito di piacere ti percorre la
spina dorsale quando le vostre lingue si incontrano un'altra volta
ancora. Le vostre pelli accaldate sfregano tra loro, i vostri sospiri
diventano una cosa sola e un senso di completezza vi avvolge come una
cupola invisibile e profumata.
(Stretti
l'uno all'altro come mai siete riusciti a fare sulla torre dello
scivolo quando ancora eravate due bambini).
Capisci, dal modo in cui Ryoken cerca un contatto intimo sempre
maggiore, che
desidera fare nuovamente l'amore con te. E lo desideri anche tu.
Nel momento in cui diventate una cosa sola
(una
sublime unione di anime)
avverti un leggero pizzicore lambirti il mignolo sinistro: il filo
rosso che ti lega a Ryoken sfrigola e sussulta, più vivo
e forte che mai.
Assecondi le sue spinte e lasci che ti faccia suo
un'altra volta ancora; è tutto ciò di cui hai
bisogno in
questo momento.
Per la prima volta da quando vi siete svegliati, i vetri della finestra
imperlati di gocce di pioggia riflettono un pallido raggio di sole che
entra con garbo nella camera da letto, puntando come un piccolo
riflettore la scrivania ordinata. Le due carte da gioco dai bordi
sgualciti
poggiate sulla superficie liscia e pulita sfarfallano di un migliaio di
colori diversi, di nuovo unite.
E una seconda aurora
sboccia nei vostri petti.
From time to time
there arise among human
beings
people who seem to exude
love
as naturally as the sun
gives out heat
(Di tanto in tanto
sorgono tra gli esseri
umani
persone che sembrano
emanare amore
nello stesso modo
naturale con il quale il sole emana il suo calore)
|