The last of the Starks

di bimbarossa
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“È una lunga caduta fino al fondo dei gradini a spirale, uccelletto. Vuoi che ci ammazziamo entrambi? Forse è quello che vuoi.”

Era riuscito ad afferrarla poco prima che cadesse, braccandole il polso sottile e profumato con la sua presa rozza ma solidissima.

Quelle scale a serpentina erano forse la parte più pericolosa della Fortezza, si diceva che il Signore delle Maree dopo che i draghi dei Targaryen si erano ammazzati a vicenda fosse proprio morto lì, mentre altri, compresa una poppante di cui Sandor non ricordava il nome si fossero rotti qualche osso nell'usarle.

Avvolta in un mantello grigio, la piccola Stark pareva un fantasma pieno di segreti, gli occhi di un azzurro ciano incredibile, denso come polle di acqua innocente, che solo a guardarlo faceva sembrare le ustioni sul suo viso più fresche, più pulite.

Se si aspettava che il menzionare quello che era accaduto sul ponte, quando le aveva impedito di tirare lei stessa e Joffrey giù con sé nel cortile sottostante, le avesse messo paura o disagio, il Mastino si sbagliava.

“No, mio lord, chiedo scusa, non vorrei mai questo.”

Gli rifilò la storia di essere andata a pregare quei suoi fottuti Dei gelati, che non solo non gli interessava ma non riusciva nemmeno a distrarlo dall'osservarla, notare i dettagli del suo corpo, di come la sua pelle luccicasse sotto la luna come acqua bianca.

“Sembri quasi una donna… la faccia, le tette. E sei anche più alta, quasi… ah, ma sei ancora quello stupido piccolo uccelletto, non è così? E canti le canzoncine che loro ti hanno insegnato… Cantala anche a me, una canzone, perché no? Forza. Canta. Una di quelle belle canzoni su prodi cavalieri e belle fanciulle. A te piacciono i cavalieri, no?”

Barcollo e cincischiò mentre la riportava al fortino di Maegor, anche se non era così ubriaco. O forse lo era, perché lei era una bambina, una bambina del nord che aveva avuto come balia asciutta un metalupo morto, una bambina che presto avrebbe sposato il suo re.

E lui era un uomo che un tempo per giocare ai cavalieri aveva barattato il proprio nome con quello di un animale.





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