—Under
The Rose–
“I've been burning in
water and drowning in flame
To prove you wrong and scare
you away.
I admit my defeat and want back
home...
In your heart under the
rose…”
*
PRIMO
CAPITOLO
-Condannato-
La folla di curiosi si
alzò sulle punte dei piedi e scosse il capo a destra e a
sinistra per cercare lo spiraglio migliore da cui assistere allo
spettacolo. Tutti gli occhi erano rivolti al palco in legno costruito
al centro della piazza principale, la più grande, la
più capiente. I bisbigli aumentarono quando si intravidero
sulle scale della struttura alcuni individui incappucciati. Procedevano
a passo lento e misurato, come in una processione. Una volta saliti sul
patibolo la folla si scaldò ed espose in grida e parole
urlate nella confusione.
Tre soldati erano ora
davanti al pubblico impaziente, con indosso la divisa e accuratamente
coperti in viso. Si avvicinarono al quarto e ultimo uomo presente sulla
scena, facendolo inginocchiare con prepotenza. Rassegnato e debole, le
sue ossa incontrarono il pavimento con un sordo tonfo, accompagnato dal
rumore metallico delle catene che gli legavano mani e piedi. I polsi,
insanguinati dallo strofinare del metallo sulle sua pelle, non si
posero in avanti per frenare la caduta, ma rimasero stretti al busto,
come se stesse pregando.
Un altro soldato gli si
avvicinò e gli strappò il cappuccio dal capo,
afferrandogli anche delle ciocche di capelli e costringendolo
così a piegare all’indietro la testa. Per qualche
attimo i suoi occhi furono visibili alla folla che rimase in un anomalo
silenzio nel momento in cui gli fu mostrato il condannato. Ma la testa
tornò a ripiegarsi in avanti servendosi dei lunghi capelli
neri per nasconde il viso.
-il consiglio ha
deciso- tuonò la voce potente di uno dei soldati,
rivolgendosi alla massa e portandosi contemporaneamente accanto al
prigioniero -è stato giudicato colpevole-
In quel momento la
grande moltitudine di gente si agitò ulteriormente,
cominciando a scuotere nell’aria bastoni e forconi. Il
soldato si spostò quando cominciarono a volare frutta e
verdura marcia indirizzata al prigioniero. Lasciò che
venisse punito così indegnamente e andò ad
assistere divertito con gli altri compagni messisi al riparo. Non lo
videro muovere un muscolo per difendersi, né per ribellarsi:
come se fosse già morto, lasciava che qualsiasi cosa lo
colpisse e lo ferisse.
-smettetela! Gli fate
male così!-
Una acuta voce fuori
dal coro stonò con i pesanti insulti che piovevano addosso
al condannato, richiamando l’attenzione dei soldati.
Esattamente di fronte al palco, una ragazzina si sbracciava e sbraitava
affinché la gente smettesse di lanciare uova marce. Il
soldato che aveva parlato, allora, si mosse verso di lei e si
abbassò per poterle parlare.
-sai chi è
quest’uomo?- le chiese e lei si voltò, scuotendo
la testa negativamente -è un assassino. Non pensi che meriti
tutto questo per aver strappato la vita a una persona innocente?-
-ha già la
sua condanna- ribatté con coraggio l’altra -non
serve sottoporlo a questa umiliazione-
-è un
assassino- ripeté infastidito l'uomo -meriterebbe di peggio.
Vattene se non vuoi guai-
-io non l’ho
uccisa- la voce roca e soffocata del condannato interruppe la loro
conversazione. La ragazzina alzò lo sguardo sorpreso verso
di lui e poté finalmente vedere parte del suo viso,
sollevato apposta per parlare. Gli occhi chiari come il ghiaccio si
riaprirono, paradossalmente audaci e irriverenti.
-sta zitto tu- lo
bacchettò il soldato -è inutile che lo ripeti.
Sei stato giudicato colpevole, chi credi di convincere?-
A quel punto il
prigioniero spostò lo sguardo verso quella ragazzina
impertinente che aveva osato andare contro la massa. La vide
sussultare, con la bocca semiaperta per l’apprensione, ma i
suoi occhi non mostravano né paura né
pietà: solo dolore. Osservò le sue iridi marroni
finché un calcio sul viso lo fece barcollare dal lato
apposto, mandandolo a terra con il labbro insanguinato.
-finiscila!- gli
gridò lo stesso soldato, dirigendosi poi verso la folla
-signori, questi sono gli ultimi momenti che avete a disposizione.
Scatenatevi-
Un’altra
ondata di pomodori e uova marce cadde sul condannato steso a terra.
Passivo e inerme, ancora una volta non provò a sottrarsi
alla tortura collettiva. La sua testa si spostò leggermente
solo quando vide una rosa rossa cadergli di fronte agli occhi.
Osservò il suo florido colore e respirò il
profumo fresco, prima di spostare lo sguardo verso la mano che
l’aveva lanciata. Ancora una volta, la ragazzina se ne stava
in prima fila e lo fissava con le braccia lungo ai fianchi, sconfitta.
Dopo di che se ne andò facendosi largo tra la folla e
lasciandolo solo.
L’uomo allora
tornò a guardare la rosa rossa caduta di fronte al suo viso
e con un gemito tentò di distendere le braccia. I passi
decisi del soldato lo fecero affrettare e urlò per il dolore
quando le sue mani afferrarono il fiore e tornarono a distendersi.
Soddisfatto, sospirò e non fece caso alle spine che si
conficcarono nelle sue dita già martoriate.
-Neji Hyuga- gli disse
il soldato mettendosi di fronte a lui -ora sarai consegnato alla tua
famiglia. Essa deciderà la pena che ti spetta
così come concordato con l’Hokage-
Dopo di che fu
sollevato a forza da terra dagli altri due uomini, che scesero dal
patibolo con poca cura delle sue ossa rotte. Fu sbattuto
nell’angolo di una cella umida e puzzolente di urina, ma non
passò molto tempo che la porta di legno spesso si
riaprì e comparve sulla soglia una figura che ben conosceva.
-Hiashi Hyuga-
mormorò -che piacere vederla-
-Neji- disse
l’altro -insolente come al solito-
L’uomo alto e
dal portamento nobile squadrò il ragazzo steso a terra senza
un briciolo di pietà negli occhi. Quando il viso, fino a
quel momento imperturbabile, assunse una smorfia di disgusto,
alzò una mano e fece un cenno alle sue spalle. Subito due
uomini, vestiti della medesima divisa, gli si avvicinarono.
-prendetelo- disse loro
scansandosi.
I due obbedirono e
afferrarono Neji per le braccia, costringendolo a trattenere un lamento
di dolore. I piedi ancora incatenati gli impedivano di reggersi sulle
sue gambe ed evitare di essere trascinato bruscamente per i corridoi
della prigione. Hiashi Hyuga se ne stava davanti a loro e faceva luce
con una torcia, impassibile.
-malauguratamente non
ti possiamo uccidere- disse poi -l’Hokage ha esplicitamente
vietato la pena di morte per i minori. Così abbiamo dovuto
pensare a un’altra condanna che fosse all’altezza
del tuo crimine-
-il vostro, vorrete
dire- lo corresse Neji e a quel punto Hiashi si fermò e si
girò, illuminando sia il suo volto severo sia quello gonfio
e tagliato dell’altro. I loro occhi così simili si
fissarono con odio per qualche istante, fin quando l’uomo
più anziano ritrovò la calma e
ricominciò a camminare.
-ti sarà
applicato un nuovo sigillo- continuò con maggiore durezza
-ma stavolta non sarà definitivo: ti ucciderà
all’età di ventitre anni se non riuscirai a
dimostrare di esserti pentito e redento dal crimine che hai commesso.
Nel frattempo sarai mandato in isolamento alla nostra tenuta nella
foresta di Kurushimi**. Addio Neji-
Hiashi si
fermò accanto al portone di ingresso della prigione,
lasciando libero il passaggio per i due uomini che trasportavano Neji.
Questo fu sbattuto dentro una carrozza che li aspettava di fronte alla
gradinata d’ingresso, munita di sbarre di ferro e di sigilli.
Una volta rinchiuso, il cocchiere frustò i cavalli e
partì.
Nel bel mezzo della
notte dell’equinozio d’autunno, Neji Hyuga
lasciò Konoha per non farvi più ritorno.
*Him, “Under
the rose”
**traduzione:
“dolore”
ANGOLO AUTRICE:
Dopo secoli e secoli mi sono decisa a pubblicare questa FF, e
probabilmente è stato il notevole calo di NejiTen che mi ha
convinto a buttarmi. Questo è un capitolo introduttivo, dopo
di che la storia procederà in maniera un pò
diversa, ovvero comparirà ufficialmente Tenten. IL titolo
è preso da una stupenda canzone degli Him, Under the rose
appunto, e bisogna anche dire che alcuni spunti sono presi dalla Bella
e la Bestia, di cui sono dipendente dall'età di cinque anni.
Ecco, ho finito le spiegazioni ^^. Spero che vi abbia incuriosito!
Bye!
Dryas
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