“Make
me into anything, but just love me.”
-
Chuck
Palahniuk
-
What
a lovely sin
1.
Si
inclina su di lui, cercandogli la bocca in un bacio languido, curioso
- un segreto sussurrato nell'oscurità, tra un ansito spezzato
e un gemito perduto.
Wesker
le prende il mento tra le dita, inclinandole il viso verso il suo -
le percorre le labbra con il pollice, spingendosi in lei con un
abbandono disperato, sofferente.
E
lo accoglie,
Alex;
risponde al suo bisogno con la medesima intensità,
consegnandogli ciò che resta di lei, del loro dolore.
Di
un sentimento innominabile
- impossibile.
Alex
viene,
lo trascina in un orgasmo feroce - spietato e violento come la
materia che compone i loro pensieri.
Wesker
la trae a sé e respira.
2.
Pallidi,
ieratici.
Simmetrici
nei profili, nella scintilla crudele che anima i loro occhi - nel
mezzo sorriso che taglia loro il viso.
Esperimenti, cavie, bestie:
nulla di più.
Allevati,
ibridati
per
essere animali da monta e riproduzione - il sogno putrefatto di un
vecchio ormai morto.
Un
progetto fallito, un'idea nutrita dall'ambizione e dall'avidità
- un potere che li aveva distrutti, ricostruendoli poi a Sua immagine
e somiglianza.
Alex
si raggomitola contro il suo fianco, baciandolo sul petto, poco sopra
il cuore.
Wesker
socchiude un occhio, sfiorandole la schiena con la punta delle dita.
"Nevica,
Al." gli dice, uguale alla bambina di anni prima.
Il
cielo diventa bianco e bianco.
3.
Si
aggrappano l'uno all'altro, distruggendo e massacrando e violando
ogni
cosa ci sia di buona e giusta al mondo.
Forse
è amore, forse un sentimento diverso, in cui bisogno e
solitudine si nutrono a vicenda - la triste storia di due bambini che
ancora gridano e urlano e forse
non siamo mai scappati da quei laboratori, Al.
Wesker
intreccia le dita nei suoi capelli, strattona - la osserva flettersi
in un arco di pelle e ansiti, offrendogli un corpo di cui conosce
ogni spigolo, ogni curva.
Alex
gli preme le unghie nelle cosce, facendolo sanguinare - rossa sulle
labbra, tra i seni.
Nei
loro occhi la verità libera e condanna.
4.
La
trova seduta al centro del letto, un libro tra le cosce e un eclair
in mano.
La
guarda e per un attimo - un tremendo istante - è una
malinconia dolente quella che gli schiaccia il respiro.
Alex
passa alla pagina successiva, nell'aria vaniglia e cioccolato - tra
le lenzuola stropicciate briciole e sangue.
Ed
è bella,
Alex: possiede l'eleganza degli idoli dimenticati, statue che il
vento ha levigato nei secoli, rendendole distanti e ieratiche.
È
bella e sta morendo - per colpa sua.
Wesker
preme le labbra in una linea sottile, Alex solleva lo sguardo - lo
trova, sempre.
“L'Uroboros
ti salverà.”
Fermarsi
non era mai stata un'opzione.
5.
Il
mondo non ha importanza.
L'umanità
non ha importanza.
Nulla
vale quanto il suo bisogno - la sua brutale volontà di averla
con sé, per sempre.
In
centinaia daranno la loro vita affinché una sola possa
sopravvivere.
Wesker
osserva Sushestvovanie, la neve scivolare lungo le vetrate del loft
della Torre - il mare scontrarsi con le rocce nere e aspre di una
terra inclemente come la sua padrona.
Un
fulmine strappa l'orizzonte, illuminando gli spigoli e le asperità
dell'isola - un luogo che era diventato rifugio per entrambi.
Alex
si porta il lenzuolo al petto, fissandolo con un'espressione
assonnata, quieta.
“Al.”
lo chiama.
Wesker
si volta e risponde - sempre.
6.
Si
porta la sigaretta alle labbra, inspirando e disegnando figure
immaginarie sul suo addome.
Alex
ridacchia, contraendo appena le dita dei piedi - un riflesso che
possedeva fin da quando erano bambini.
“Funzionerà.”
le dice, espirando una nube di fumo.
Alex
libera un hum
condiscendente,
stiracchiandosi sotto la sua mano - nuda, un filo biancastro
intrappolato nella sottile peluria bionda tra le cosce.
“Non
sono compatibile." ribatte, ma non c'è acrimonia nella
sua voce, risentimento.
Wesker
getta la sigaretta nel bicchiere vuoto, curvandosi su di lei - enorme
al confronto, una bestia in pelle umana.
Alex
lo guarda, occhi trasparenti, artici.
Quando
la bacia mormora una promessa e una speranza.
7.
“Il
tasso di mortalità è troppo alto.”
Nessuna
risposta.
“Non
resterà nessuno, Al.”
Wesker
la ignora, cancellando i messaggi non letti dal telefono.
“È
questo quello che vuoi?” gli chiede, posandogli una mano sulla
schiena e il mento sulla spalla.
Wesker
scivola con il pollice sullo schermo del cellulare, le suppliche di
Excella perdersi in un silenzio assordante.
“Che
muoiano tutti?” insiste, ma c'è un'inflessione eccitata
nella sua voce - estatica.
Wesker
inclina il viso verso di lei, nei suoi occhi un baluginio feroce,
possessivo.
“E
se non dovessi tornare?”
“Allora
aspettami.”
“Il
mondo è malato, Alex, non tu. Lo renderò compatibile.”
Alex
si raccoglie attorno a lui e sorride.
8.
C'è
una cicatrice sul petto di Alex, poco sotto il seno sinistro.
È
un reticolo biancastro, liscio: fili sottili che si schiudono come le
zampe di un ragno, sfiorandole il capezzolo.
Wesker
lo percorre con la punta delle dita, ricordando il momento in cui le
aveva squarciato la pelle, raggiungendo un cuore che batteva allo
stesso ritmo del proprio.
Alex
si distende sotto la sua mano, punzecchiandogli un fianco con il
piede.
“Non
fa male, Al.” mormora, ma tutto in loro fa male - tutto ferisce
e scarnifica e uccide e libera.
Wesker
la guarda, negli occhi una richiesta - una supplica.
Alex
si solleva verso di lui e morde.
9.
Sono
la manticora velenosa del mito, il mostro sotto al letto.
Sono
il Babadook della storia, il sorriso tutto denti e sangue che
galleggia nell'oscurità - la bestia, l'incubo.
Il
profilo di Alex è sottile, spigoloso: un insieme di linee e
curve che combaciano con le sue, facendolo sentire finalmente,
finalmente,
completo.
Inclina
il mento verso di lui, sul fondo della pupilla un baluginio furbo,
divertito.
“E
così il mondo morirà.”
Wesker
tace e Alex si umetta le labbra, scivolando con lo sguardo lungo il
suo corpo - nudo, tra le cosce un'erezione evidente, quasi dolorosa.
“Per
me.”
Silenzio.
Negli
occhi di Alex il dubbio è diventato una gioia crudele.
10.
Sorge
un'alba lattiginosa su Sushestvovanie, pallida e fredda.
Alex
respira piano nell'incavo del suo collo, le gambe mollemente
intrecciate alle sue e una mano sul petto, vicino al cuore.
Wesker
le sfiora la tempia con il pollice, toccandola con una delicatezza di
cui nessuno lo crederebbe mai capace.
La
Torre si sveglia in un ronzio quieto, lontano: un mormorio che si
confonde con il rumore della pioggia.
Si
china su di lei, baciandole la fronte - sulla pelle argan e maninka,
tra le cosce un miscuglio di entrambi.
Alex
sorride nel sonno, arrotolandosi più vicina al suo corpo.
Wesker
chiude gli occhi e promette a se stesso che non fallirà.
”You
are still the colour of my blood.
You
are my
blood.
When
I look in the mirror it’s not my own face I see.
Your
body is twice. Once you once me.
Can
I be sure which is which?”
-
Jeanette
Winterson
-
Note
dell'autore: questa storia partecipa al contest "In sole 110
dieci parole... o quasi! [III edizione]" indetto sul forum Torre di Carta
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