Questa
storia partecipa alla challenge del #Writeptember2023
del gruppo Hurt and Comfort Italia.
Day 8:
2. La stanza in fondo
3. “Ti ho già perdonato”
Fandom: Netflix One Piece
Personaggi: Luffy, Zoro, a
little bit of Sanji
Era toccato a lui
stavolta: Luffy s’era ammalato.
Era riuscito a sfuggire al raffreddore di Usopp, al
virus gastroenterico di Sanji, al post sbornia più letale
di tutti i tempi di Zoro e alle controverse lamentele di Nami
sui suoi mal di testa cronici a cui affibiava la
colpa a tutti loro periodicamente.
Stavolta, però… non l’aveva scampata.
La febbre gli stava annebbiando la vista, gli aveva tolto le forze, drenandole
un poco alla volta fino a non permettergli nemmeno di alzarsi da solo per
andare in bagno. E di mangiare, neanche a parlarne. Proprio lui che idolatrava
il cibo, il suo sapore, la nostalgia, l’energia che era in grado di donargli…
niente da fare, stomaco chiuso, acidi a risalire in bocca, labbra secche e sete,
tanta tanta sete.
La seconda sera era il turno di Zoro di vegliare su di lui. Prima fu Nami, e Usopp durante il giorno;
turni a rotazione, anche perché la febbre pareva non scendere nemmeno di mezzo
grado.
«38.7, Luffy, è troppo alta…»
Il capitano si voltò verso il suo secondo, guardando con occhi lucidi e
sognanti: non aveva la forza di tenere sollevate le palpebre abbastanza da
mostrare le iridi scure, non ci provava nemmeno più.
«Te la senti di mangiare stasera?»
Scosse la testa in gesto di diniego.
Zoro sbuffò, non era colpa sua ma si stava irritando: una parte di sé,
razionale e immediata, avrebbe voluto prendere la zuppa e infilargliela
direttamente in gola, avrebbe aiutato. La parte che voleva tenere a bada quella
pessima idea invece spingeva verso la pazienza, la capacità di mediare. Poggiò
la ciotola sul davanzale avvicinandosi al letto: l’odore presente lì non era
certo dei migliori, comprensibile, e allora sparì nell’angolo della toeletta,
recuperò un catino, uno straccio e del sapone. Sollevò con delicatezza il corpo
bollente di Luffy, cominciò a strofinare la pelle
arrossata su più punti a causa dell’alta temperatura a si accorse di come fosse
poco responsivo: s’era letteralmente accasciato sul suo petto esposto,
scaldandoglielo a sua volta.
Fortunatamente Luffy non poteva notare l’espressione
di Zoro, ne avrebbe riso senza capirne un minimo il significato. L’unico che
poteva permettersi di essere arrossito in volto in quella stanza era quello
colpito dalla febbre, non lui, pensò scacciando il pensiero dalla testa subito
dopo. Spogliò definitivamente la parte superiore e continuò a passare con poco
vigore, in condizioni simili aveva davvero paura di fargli del male anche con
una minima pressione in più sul corpo. Se lo adagiò sulla spalla togliendo i
pantaloni e con essi la biancheria. Era un lavoro particolarmente imbarazzante
ma qualcuno avrebbe dovuto farlo… e strofinò, deterse, asciugò con cura senza
guardare, focalizzandosi sulla porta in fondo che dava sul corridoio, decisamente
il soggetto più interessante presente in quel momento. Fu delicatissimo, e
particolarmente nervoso.
Le lenzuola cambiate, Luffy nudo sotto una coperta
leggera: la finestra era schiusa e l’aria rinnovata, sembrava tutta un’altra
cosa ora la sua stanza. Zoro adagiò Luffy sul cuscino
sollevato e prese a servirgli la zuppa tiepida, niente da fare però: non
riusciva a ingoiare nulla, neanche riprovandoci e anzi, s’era sporcato
nuovamente. Il ragazzo imprecò ad alta voce, spazientito da qualcosa che non riusciva
minimamente a controllare, insultò Luffy e lasciò la
stanza. Sarebbe andato a chiedere il cambio a qualcun altro, magari il cuoco
imbecille sarebbe riuscito a imboccarlo meglio. Gliel’avrebbe chiesto, sì,
avrebbe raggiunto la stanza in fondo al corridoio e l’avrebbe anche costretto
ad andare al posto suo perché non era ancora riuscito a levarsi dalla testa
l’idea di ciò che aveva dovuto – voluto – fare per potere aiutare il suo
capitano in un momento di debolezza.
Sanji lo sostituì senza ribattere in alcun modo,
contento anzi di poter dare una mano a modo suo: dire a un cuoco che il suo
cliente preferito non era in grado di nutrirsi dopo aver cucinato per lui era
come un colpo indirizzato all’altezza del cuore. Ne andava del suo orgoglio,
non solo della preoccupazione.
L’amaca dondolava ma Zoro non riusciva a prendere sonno, si sentiva strano, un
insolito movimento di stomaco che si irradiava a tutto il petto lo stava
infastidendo dal momento in cui Sanji l’aveva
guardato male per il motivo per cui aveva mollato anticipatamente il turno. Si
sentiva in colpa?
Chissà.
La sensazione non regrediva e anzi, più pensava alle parole usate e al modo in
cui era uscito dalla stanza di Luffy, più si sentiva
un emerito stronzo. Dopo il primo combattimento di Mihawk
il suo capitano aveva passato del tempo con lui, gli aveva parlato, gli aveva
regalato frasi incoraggianti come solo lui sapeva fare… per ricevere cosa in
contrario, a parti rovesciate? Si alzò di scatto, avrebbe ripreso il suo posto,
avrebbe centellinato le dosi, atteso di più, si sarebbe morso la lingua ma
sarebbe riuscito a portare a termine quello che Luffy
meritava di ricevere in un momento di tale debolezza.
«Sono i sensi di colpa ad averti portato qui?» Sanji
lo squadrò dall’alto in basso, la ciotola vuota per tre quarti in grembo, «ho
quasi finito, signor ‘ricevo ma non ricambio.’»
«Sta’ zitto, stronzo.»
«Uhhh siamo di buon umore, ragazzino? Vattene, non ha
bisogno di chi non vuole prendersi cura di lui.»
Zoro si spazientì definitivamente, caricò Sanji di
peso e lo lanciò sul ponte dalla finestra aperta, incurante delle sue
condizioni effettive. Non gliene poteva fregare minimamente, tanto concentrato
su ciò che avrebbe dovuto dire ora. Si sedette sul letto accanto a Luffy, steso con gli occhi chiusi, la pelle più pallida
rispetto a prima; stava sudando maggiormente, probabile gli fosse stata
somministrata un’altra dose di antipiretico. Sospirò, andava detto ciò che
andava detto.
«Mi spiace. Davvero, Luffy, scusa.»
Il ragazzo mugugnò qualcosa nel sonno, incomprensibile a Zoro che si abbassò
per sentire meglio ciò che stava dicendo.
«… ato…»
«Come?»
Poco più di un sussurro il suo.
«T-ti ho… già… perdonato…»
Per qualche motivo inspiegabile Zoro sentì pungere gli angoli degli occhi, una
sensazione fastidiosa che faticava a ricordare; forse una rimembranza lontana
di quando era ragazzino, chissà, così disabituato a lasciare spazio alle
proprie emozioni in modo razionale.
«Vie… vieni qui…»
Lo abbracciò tremando, stringendolo debolmente, appiccicandosi al suo volto con
la guancia e riaddormentandosi così, mezzo seduto, con le labbra di Zoro a meno
di un centimetro di distanza.
«Pervertito!» Urlò Sanji da fuori la finestra.
Zoro lasciò cadere Luffy sul cuscino, raccolse la
ciotola del pranzo e la lanciò con tutta la forza che possedeva contro il
cuoco, minacciandolo di affogarlo in mare.