Per quanto riguarda Harry

di Scribbling_aloud
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Il silenzio è di ritorno lasciandoci avviliti. Non posso scegliere. È impossibile. Lo zio ha ragione? Non mi scoccia rischiare la mia di pelle ma Rose? È veramente in pericolo se continua a uscire con me? Tutte queste domande mi frullano nella testa ma sono interrogativi senza risposte.
Sposto il mio sguardo su papà e nuovamente mi trovo a voler dire qualcosa, ma non so che cosa, ma comunque sto per parlare. Voglio rassicurarlo che non lo lascerò solo, nonostante tutto, non lo farò.
In qualche modo risolvo con Rose, non mi permetterà di distanziarla, so che non lo farà. Non di nuovo. Le scrivo subito, deve essere informata di quello che sta succedendo nonostante mi spiaccia riportare il comportamento dello zio verso papà, ma deve sapere che una guerra in famiglia è cominciata. Ci vedremo in segreto, questo è quello che faremo. Sì. Sono sicuro che non vorrebbe che abbandonassi papà, le è sempre piaciuto nonostante i momenti difficili. Dice sempre che si sente di potersi confidare anche se non sa perché. Ha un modo di dire le cose che ti fa stare bene dopo. Come James.
Quindi, sto per parlare, ma in quel momento la cavolo di infermiera entra nella stanza. Non è vestita come un’infermiera, ha indosso una giacchetta elegante, una gonna, tacchi alti e tutta la sua chioma in onde perfetta è lasciata sciolta sulle spalle. Ha quel sorriso stucchevole che non mi piace per nulla.
‘Il mio turno è finito. Ho pensato di passare prima di andare a casa nel caso aveste bisogno di qualcosa’ ridacchia per coprire una smorfia irritata che aveva assunto istintivamente vedendomi.
‘Non abbiamo bisogno di nulla!’ sto per sbottare innervosito ma papà mi precede ‘Sì; infatti, avevo bisogno di te’ afferma facendomi sussultare. Non è la stessa voce esitante di prima. Questa volta è ferma e fredda, anche i suoi occhi sono diversi, hanno ripreso della lucidità, la sua testa non è più chinata.
‘Albus, esci’
‘Ma papà…’
‘Esci!’ mi ordina severo.
Tiro uno sguardo velenoso alla cavolo di infermiera che ha un visetto tutto compiaciuto e non si dà neanche pena di nasconderlo.
‘Chiuditi dietro la porta’ papà aggiunge una volta che ho raggiunto la soglia.
E l’ultima cosa che vedo è il sorriso vittorioso dell’infermiera e papà, il suo sguardo duro e freddo, fisso davanti a sé.
 
 
Col cazzo che me ne vado. Sto qui fuori dalla porta per cercare di origliare tutto quello che posso. E maledetto me per non aver portato delle orecchie estendibili. Lo zio George ha ragione, non si sa mai quando potrebbero servire!
Visto che non le ho, premo l’orecchio contro la porta sperando di riuscire a distinguere qualcosa. Ma è solo un basso ronzare quello che mi arriva.
Dopo un tempo piuttosto breve sento il rumore dei tacchi che si avvicinano. Mi lancio a tutta velocità dietro un trolley giusto in tempo per non essere visto. La vedo che gira un angolo con un’aria decisa, quindi, non lascio il mio posto. Sono sicuro che tornerà e so di averci visto giusto neanche cinque minuti dopo. Una borsa marrone le ciondola dalla spalla e guardandosi attenta a destra e a sinistra, scivola nuovamente nella stanza di papà.
Raggiungo speditamente la porta. Sento dei clangori, un po’ come se stessero maneggiando delle bottiglie, un altro ronzare e poi il silenzio, un silenzio un po’ troppo prolungato poi un altro rumore di bottiglie e nient’altro per un po’.
Dopo quello che mi sembra un tempo molto lungo, sento di nuovo i tacchi. Veloce come un lampo sono di ritorno al mio nascondiglio.
La cavolo di infermiera ha un’aria così soddisfatta, un sorriso talmente ampio, che faccio una fatica allucinante a tenere a bada la frustrazione.
Si tira indietro i capelli voluminosi e pescando dalla borsa un piccolo specchietto, si controlla il viso.
Soddisfatta di quello che vede, lo lascia cadere nuovamente nella borsa e se ne va. Appena gira l’angolo, mi rendo conto che non ha più la borsa marrone.
Aspetto qualche minuto per andare sul sicuro anche se so dall’aria soddisfatta che aveva che non tornerà.
In punta di piedi mi dirigo alla porta che è stata lasciata socchiusa e do una sbirciata dentro. Non è che ci sia niente di ché da vedere. Papà sta semplicemente dormendo.
Spingo la porta ed entro. Non scorgo la sacca marrone da nessuna parte.
Mi dirigo alla scrivania per scrivere una lettera a Rose ma mentre lo faccio mi rendo conto che non riesco a concentrarmi; la testa mi pesa sul collo; la mente è così confusa che riesco a malapena a capire cosa sto scrivendo. E so che non va bene. Devo farmi una dormita se voglio scrivere qualcosa di decente. Le emozioni del mattino mi hanno lasciato distrutto.
Mi lascio cadere sulla poltrona coprendomi con una coperta, le mie palpebre così pesanti. Mi arrendo al comando di chiuderle sapendo che mi addormenterò subito una volta che l’ho fatto.
Molte immagini e pensieri confusi si affollano dietro quelle palpebre prima di potermi addormentare, ma è Rose è l’unica che riesco a vedere chiaramente prima che succeda.




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