Addio, Tom

di Fiore di Giada
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Una nuova, forte contrazione dilania il ventre di Merope.
La giovane spinge, mentre la stanza vortica attorno a lei. Suo figlio chiede di nascere.
Non può arrendersi alla fatica e al dolore.
Non morirai con me, bambino mio…, si dice. Almeno lui sarebbe sopravvissuto.
Un’ulteriore, forte contrazione squarcia le sue membra, come la lama di una spada.
Lei si inarca e un lungo grido, come il lamento di un animale morente, esce dalla sua bocca.
Un liquido caldo infradicia le sue gambe, mentre una massa compatta esce dal suo corpo.
Un forte vagito riempie la stanza e la strega, sopraffatta dalla fatica, chiude gli occhi.
Poco dopo, una mano pesante si posa sulla sua spalla.
Merope, a fatica, solleva le palpebre e il suo sguardo si posa su una donna robusta, che stringe tra le braccia un neonato, avvolto in una coperta.
Con un cenno del capo, la giovane strega annuisce. Certo, vuole vedere suo figlio…
L’altra, cauta, le appoggia il bambino sul petto.
Merope scruta la testa, nera di una lieve peluria. In quella creatura, risplende la bellezza del suo unico, vero amore.
E ora deve dirgli addio.
Posa un bacio sulla fronte del bambino, mentre le lacrime bagnano le sue guance. E’ condannata dalla sua stessa, infame debolezza.
‒ Addio, Tom Orvoloson Riddle… ‒ mormora lei.
Ad un tratto, il suo cuore si ferma e il suo corpo si abbandona inerte sul letto, come una bambola rotta.




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