Harry irruppe nell’ufficio del Preside (così, a random, giusto perchè cominciava a sentirsi un po' escluso dalla trama - d'altronde, fa così per quasi tutto il Sesto Libro).
Ginny tentò malamente di coprirsi col lenzuolo del letto di
Snape. “Harry!”, esclamò, affannata. “Che diavolo ci fai, qui?”
Anche Snape, seppur con una certa dignità e senza scomporsi
troppo, si tirò un lembo del lenzuolo fin sotto il mento. “Potter”, sibilò con la consueta lentezza.
“Che. Cosa. Vuoi?”
Potter guardò nel quadro – Ginny Weasley e Severus Snape, gli abiti sparsi
sul pavimento, cercavano con nonchalance di coprirsi con il lenzuolo. Un paio
di manette ricoperte di peluche rosa fluo scivolarono per terra con un delicato
tintinnio.
Harry guardò, e non capì.
Come al solito.
“Ho... hmm, sentito qualcuno che mi nominava e sono venuto a... ecco...”, disse, guardandosi i piedi.
Snape sbuffò. “Megalomane”, disse fra i denti.
Persino Albus, dalla sua cornice, gemette esasperato.
“Era lei che parlava di me, professor Snape?”
“Sì”
“Ah”. Potter aggrottò le sopracciglia, cosa che lo fece
sembrare ancora più simile ad un australopiteco del solito. A Ginny sfuggì un
mugolio – aveva sempre creduto che fosse suo fratello Ron, l’essere più stupido
dell’universo... ma ultimamente aveva dovuto cedere il primato.
“... E perchè parlava di me?”, chiese Potter, in un lampo inaspettato di
logica.
Snape sollevò un sopracciglio con deliberata lentezza.
“Mi stavo lamentando.”
“E di cosa?”
“Del fatto che sono morto”, disse con ancor più minacciosa, esasperante lentezza Snape, facendo
attenzione a porre un particolare accento sulla parola “morto”.
Ginny sospirò. Snapuccio aveva una voce cooosì sexy quando tentava di intimidire le persone!
“Oh”, commentò Potter, fissandosi le scarpe imbarazzato. “Che schifo,
eh, prof?”
Snape alzò gli occhi al cielo, spazientito. “Potter. Questo è
proprio il tipo di commento pirla che avrebbe fatto suo padre, lo sa? La scarsità d'intelletto e di proprietà di linguaggio dev'essere un male di famiglia, a quanto pare.”
Harry sollevò di scatto il viso, piccato. “Mio padre... mio padre non era
un pirla!”, disse, la voce rotta dall’ira. “Lei non ha nessun diritto di... di
parlare così di lui! James Potter era un eroe, le ha salvato la vita una volta...”
“Ah, sì?”, rispose Snape, sollevando anche l’altro
sopracciglio. “Potter, sia gentile, guardi su quella scaffalatura. Quella giusto sopra al Pensatoio. Sotto
l’etichetta “Severus, ricordi felici” c’è una fila di fialette piene di liquido
argentato.”
“... M-mi scusi?”
“Prenda la... Hmmm, quarta da destra, se ricordo bene, e mi
legga l’etichetta.”
Potter, perplesso e ancora irritato, andò verso il mobile e cominciò a
scorrere le boccette. Prese in mano la quarta e lesse, muovendo le labbra.
“Che cosa c’è scritto?”, chiese Snape, cercando di usare un
tono paziente.
“Gennaio 1973 - James Potter perde igno - ignomin - ignominiosamente la gara di rutti vomitando Burrobirra su Frank Longbottom”, lesse Potter, sillabando.
Snape agitò una mano, infastidito. “No, no, devo essermi sbagliato...
Proviamo con la fiala successiva.”
Potter ripose la boccetta e prese quella dopo. La bocca gli si spalancò. “Lily Evans, Miss Maglietta Bagnata 1974?!" Interdetto, Potter guardò Snape, che diventò vagamente roseo sulle guance. "Professore, ma cosa...?"
“No, accidenti, non è quella - Potter, la rimetta al suo posto - ma dov'è finita...? Beh, tenti con la prossima fiala, Potter”
“James Potter, rituale di corteggiamento”
Snape sorrise – vista insolita per tutti, qualche Preside sgomitò il suo vicino perché si sporgesse a guardare anche lui quella scena rara – e annuì
vigorosamente.
“Esattamente, Potter. Ora versi il liquido nel Pensatoio,
e...”
“Nel... cosa?”
“Pensatoio, Potter, il... il, la... la ciotola,
insomma!”
Albus sporse la testa fuori dalla sua cornice e si aggiustò
gli occhiali a mezzaluna sul naso. “Su, Potter, questo giochino te l’ho già
insegnato, no?”, disse in tono accondiscendente, tipo padre-saggio-bambino-ritardato.
“Ah, ok”, disse Potter, sollevato.
Stappò la bottiglietta e
versò il liquido opalescente nella ciot -- nel Pensatoio, poi vi immerse la
testa.
Un giovane James Potter, con un brutto taglio di capelli
alla Ralph Malph, una camicia anni ’70 e la cravatta della divisa scolastica annodata sulla fronte come
la fascia di un kamikaze, stava gonfiando a fiato un sacchetto vuoto di Api
Frizzole.
“Ehi, Evaaa-ns!”,
gridò.
Una bella ragazza con folti capelli rossi si voltò verso di
lui, inarcando le sopracciglia.
“Guarda qui!”, disse Potter Senior, e si schiacciò il sacchetto
pieno d’aria sulla fronte, facendolo scoppiare con un sonoro “pop”.
Un ragazzino snello a attraente coi capelli neri e un altro
basso e grassoccio dall’aria tonta, che stavano vicino a James, scoppiarono in
grasse risate, appoggiandosi l’un l’altro e dandosi vicendevolmente pacche
sulla schiena.
Un terzo giovanotto, dall’aspetto timido e gracile, malaticcio, si
allontanò invece scuotendo la testa e coprendosi la faccia con una mano. “Io
non vi conosco, ragazzi, se qualcuno me lo chiede io non vi conosco...”, mormorava, imbarazzato.
Lily Evans alzò gli occhi al cielo con un sospiro di
esasperazione. “Alice, Frank, venite via: lasciamo ‘sti tre poveri pirla ai loro giochini
idioti”.